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L’evoluzione della scuola in senso inclusivo: pensieri e proposte.

IL PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE/INCLUSIONE NELL’ESPERIENZA ITALIANA

3.4 L’evoluzione della scuola in senso inclusivo: pensieri e proposte.

Giunti a questo punto dell’approfondimento dell’evoluzione dei principi di integrazione e inclusione nell’esperienza italiana, risulta particolarmente utile il riferimento ad una pubblicazione che, sebbene si collochi in una cornice internazionale, rimane un elemento importante per la progettazione inclusiva nelle scuole.

Il lavoro in questione è quello di Tony Booth e Mel Ainscow pubblicato nel 2000 dal Centre for Studies on Inclusive Education, dal titolo “Index for Inclusion: developing learning and participation in schools”, che è stato oggetto di analisi e raffronto con la situazione specifica del nostro Paese da parte di numerosi studiosi, due dei quali, Fabio Dovigo e Dario Ianes, ne hanno curato l’edizione italiana 140.

La scelta di soffermarsi brevemente su tale lavoro è dettata dalla considerazione che i contenuti dello stesso, con riferimento all’evoluzione storico-legislativa del profilo dell’insegnante specializzato per il sostegno, ed in relazione al confronto della didattica in Italia e in Gran Bretagna, possano rappresentare una proposta per lo sviluppo del contesto scolastico italiano.

L’Index per l’inclusione va considerato come una raccolta strutturata di “indicatori di inclusività” della scuola e come uno strumento per definirne il “grado di inclusività” della stessa, per analizzarne i punti di forza, eventuali elementi che vanno migliorati e sviluppati, e per monitorarne e valutarne i cambiamenti. Questa formulazione lascia emergere come lo scopo primario del testo non sia semplicemente quello di produrre una descrizione, ma anche quello di promuovere un reale cambiamento degli aspetti culturali, organizzativi

140 T. Booth, M. Ainscow, Index for Inclusion: developing learning and partecipation in

schools, CSIE, Bristol; tr. It. F. Dovigo, D. Ianes (a cura di), L’index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola, Erickson, Trento, 2008.

e pedagogici interessati nel processo di trasformazione inclusiva141. Il richiamo è, dunque, ad una scuola dell’inclusione che, per essere tale, necessita di un ampio rinnovamento, esteso a tutta la società. Non a caso, Fabio Dovigo rileva come l’Index aiuti, attraverso le sue domande, a dotarsi di strumenti per “vedere di nuovo”, per “rompere l’insidioso diaframma della routine e far così emergere gli elementi inattesi della vita scolastica, nuovi non perché introdotti dall’esterno [...] ma perché emergenti da un’attenzione più precisa alle persone e alle risorse nascoste” 142.

Un’attenzione rappresentativa di una nuova idea della scuola, un’idea che ribalta i vecchi assunti ponendo al centro dell’analisi il tema della disabilità e, più in generale, dell’esclusione, sostenendo l’esigenza che il soggetto, portatore di specificità, divenga parte attiva nella scuola, prima, e nella società, poi. Ad essere rovesciato è quindi il modello cosiddetto “integrazionista” che, a distanza di oltre trent’anni dall’emanazione della Legge 517/1977, ha evidenziato i propri limiti, dovuti essenzialmente alla tendenza a far riconoscere e comprendere le situazioni problematiche solo in funzione del loro inquadramento all’interno di una specifica categoria, senza mettere realmente in discussione il cosiddetto paradigma assimilazionista e della normalizzazione. Il principio sotteso all’idea di integrazione, come dichiara Fabio Dovigo 143 nel confronto tra Italia e Gran Bretagna, proposto anche da un punto di vista strettamente terminologico, rinvia infatti ad un approccio che si fonda essenzialmente sull’adattamento dell’alunno alla scuola, la quale rimane strutturata in funzione degli studenti cosiddetti “normali” e dove, di conseguenza, l’integrazione diviene sostanzialmente l’attuazione di strategie

141 F. Dovigo, L’index per l’inclusione: una proposta per lo sviluppo inclusivo della scuola, in F. Dovigo e D. Ianes (a cura di), L’index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la

partecipazione nella scuola, Trento: Erickson, 2008.

142 F. Dovigo, L’index per l’inclusione: una proposta per lo sviluppo inclusivo della scuo-

la, op,cit.,p. 29.

per portare l’alunno disabile ad essere il più possibile come gli altri.

Dario Ianes, in relazione all’evoluzione positiva dell’integrazione verso l’inclusione, ne propone, invece, una visione che non colloca la prima in un confronto con il modello assimilazionista, ma vede un’integrazione che, se ben fatta, può essere in grado di costruire quella che viene definita come “speciale normalità” 144 in cui “[…] la normalità cambia e si arricchisce di competenze tecniche che la rendono più speciale e accogliente per tutti gli alunni” 145. Per il secondo curatore dell’edizione italiana dell’Index per l’inclusione, dunque, l’evoluzione dall’integrazione all’inclusione si gioca nei confronti dei soggetti interessati, nei processi di individualizzazione dell’offerta formativa.

Si prefigura, così, un sistema educativo, una scuola e, conseguentemente, una classe, non più visti come il luogo in cui c’è un alunno “speciale” tra gli alunni “normali”, ma il luogo in cui ci sono delle specificità, nel senso che ogni alunno può avere a monte una sua particolarità che può scaturire da disagi sociali, da condizioni socioeconomiche svantaggiate, dalla solitudine o da una fragilità psichica.

Tale riconsiderazione implica, a sua volta, l’idea di inclusione non più assunta come un dato a priori, bensì come una costruzione, un processo, come una sfida che esige una revisione dei mezzi d’azione in modo da poter così realizzare una concreta trasformazione e con essa cambiare anche gli sguardi sulle differenze. L’approccio inclusivo così definito può anche contribuire, con riferimento alla posizione del’insegnante di sostegno nella classe e

144 Franco Larocca, con riferimento al concetto di normale specialità che introduce nel 1991 (F. Larocca, Handicap indotto e società, Verona: Cooperativa “Il sentiero”, 1991) spiega come sia stato indotto ad utilizzare tale concetto sulla base della necessità di vedere, nelle persone con bisogni speciali, i bisogni di tutti. “È la norma pedagogica ad evidenziare la diversità e a sottolinearne la ricchezza. La norma statistica individua invece in modo estrinseco nelle code della curva gaussiana le diversità, senza coglierne i valori che accomuna i diversi ai normali” (F. Larocca, La scuola e gli insegnanti di fronte alle sfide Dell’inclusione....op.cit, p.

82)

nella relazione con gli altri docenti, a favorire la collaborazione trasformando la nozione stessa di sostegno, superando la dicotomia tra la gestione dell’alunno “speciale” (affidata, appunto, al docente di sostegno) e quella della classe “normale”, che da sempre ha determinato una forma di esclusione nella scuola. Tale condizione rinvia inevitabilmente ad una riflessione su come affrontare il problema delle differenze in quanto, come già rilevato in precedenza, nel panorama scolastico italiano perdura un’oggettiva difficoltà nel definire e riconoscere i differenti contributi che ciascun docente apporta all’attività scolastica. Infatti, “[...] lavorare con le differenze degli alunni significa inevitabilmente ammetterne l’esistenza anche tra gli insegnanti, e quindi dare un adeguato riconoscimento (economico e non solo) a chi più investe sul piano professionale, poiché tale investimento non può reggersi solo su una motivazione ideale sul piano personale” 146.

Tale riconoscimento deve essere parte integrante anche di un processo di corresponsabilizzazione dei tanti attori coinvolti nei processi educativi, nonché dell’attivazione di un quadro più ampio che coinvolga anche le risorse scolastiche ed extrascolastiche. Infatti, così come indicato da molti studiosi, uno dei punti maggiormente qualificanti di un’integrazione scolastica “sufficientemente buona” è proprio la partecipazione collettiva, fondata sulla corresponsabilizzazione, appunto, delle prassi inclusive, che non possono essere delegate esclusivamente al personale specializzato.

L’azione educativa va dunque interpretata come processo di costruzione partecipata, in cui il soggetto in formazione svolge un ruolo attivo e centrale. Questo processo va inserito in un contesto più ampio, che vada oltre le tradizionali suddivisioni delle aree disciplinari e di ricerca, adottando un metodo transdisciplinare che, partendo dal concetto di inclusione coinvolga

la Pedagogia speciale, quella sociale, l’interculturalità, gli studi di genere, gli approcci metodologici e sperimentali, gli aspetti storici e legislativi, la progettazione didattica ecc.

Il lavoro di costruzione partecipata implica, inoltre, il superamento degli ostacoli all’apprendimento che possono “dipendere dal contesto educativo o sorgere dall’interazione degli alunni con l’ambiente, ossia con le persone, le regole, le istituzioni, le culture e le caratteristiche socioeconomiche che influenzano le loro vite” 147. Non a caso, nell’Index viene posto al centro della riflessione e dell’analisi il riferimento agli “ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione”, evidenziando come la disabilità sia soprattutto il prodotto del contesto in cui si opera, scolastico e generale, lasciando emergere, di conseguenza, la numerosità e l’eterogeneità degli alunni a rischio di esclusione.

L’idea di fondo è, dunque, proprio quella dello sviluppo umano, la cui realizzazione non può prescindere dalla libertà di scelta e di azione, mediante un’interazione costante e complessa tra fattori individuali e fattori sociali.