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I dispositivi pedagogici per l’integrazione e l’inclusione.

IL PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE/INCLUSIONE NELL’ESPERIENZA ITALIANA

3.2 I dispositivi pedagogici per l’integrazione e l’inclusione.

La normativa esaminata, con i testi di legge citati ed in particolare la Legge 104/92 e il D.P.R. 24 Febbraio 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap), ha definito le specifiche competenze dei diversi operatori che sono chiamati a garantire e a supportare il processo di integrazione dell’alunno disabile, attraverso i seguenti strumenti:

Fig. 3.2: Gli strumenti per l’integrazione. Schema proposto da C. Barzaghi in

L’integrazione scolastica: una questione di relazioni (2005).

Come si evince dallo schema sopra riportato, l’Accordo di Programma è uno strumento che stabilisce le competenze e gli impegni a livello interistituzionale in materia di integrazione scolastica.

Il comma 5 dell’art. 12 della legge 104/1992 elenca i passaggi necessari al processo finalizzato all’integrazione scolastica degli alunni disabili:

- individuazione dell’alunno come persona “handicappata”; - definizione di una diagnosi funzionale;

- predisposizione di un profilo dinamico-funzionale; - formulazione di un piano educativo individualizzato.

La definizione di una diagnosi funzionale e la successiva predisposizione di un profilo dinamico-funzionale costituiscono sostanzialmente le modalità attraverso le quali si delinea un quadro utile per avviare il processo di integrazione dell’alunno disabile. In particolare, con riferimento alla diagnosi funzionale 124 , si individuano i bisogni specifici del soggetto e, allo stesso tempo, la loro complessità, richiamando anche la necessità di attivare un lavoro di rete in cui l’intervento scolastico dovrebbe giocare un ruolo fondamentale poprio nel consolidare l’identità del soggetto e il suo apprendimento, tenendo conto dei ritmi personali. All’articolo 4 della Legge-quadro, ad esempio, si legge: “[...] la diagnosi funzionale, essendo finalizzata al recupero del soggetto, deve tenere particolarmente conto delle potenzialità registrabili in ordine ai seguenti aspetti: cognitivo, affettivo relazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia personale e sociale” (art. 4, lett. a-g). Pertanto, la diagnosi funzionale dovrebbe costituire “un quadro sul quale costruire una serie percorribile di obiettivi e di attività concrete per quel soggetto, in quella specifica situazione e con le risorse realisticamente a disposizione” 125 . Con il profilo dinamico-funzionale 126 avviene in un certo senso la “costruzione 124 La Diagnosi Funzionale è così definita nel D.P.R. 24/2/1994: Per diagnosi funzionale si intende la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico dell’alunno in situazione di handicap al momento in cui accede alla struttura sanitaria per conseguire gli interventi previsti dagli artt. 12 e 13 della legge 104/1992 (art. 3, comma 1). 125 L. Cottini, Didattica speciale e integrazione scolastica, Roma: Carocci editore, 2004, p.29.

126 Il Profilo Dinamico Funzionale, ai sensi del D.P.R. 24/2/1994, è atto successivo alla Diagnosi Funzionale e indica in via prioritaria, dopo un primo periodo di inserimento scolastico,

operativa” della Diagnosi Funzionale, un momento di scambio di informazioni (dalle difficotà nei vari ambiti, alle relazioni reciproce, alle esigenze di tipo ecologico, psicologico, medico, fino alle risorse disponibili) tra la famiglia, la scuola ed i servizi socio-sanitari, al fine di fissare gli obiettivi educativi generali e, successivamente, tradurli in obiettivi più specifici, cioè in singole azioni che si intendono fare apprendere all’alunno per il quale si vuole realizzare tale percorso. All’individuazione degli obiettivi, segue necessariamente la definizione degli strumenti operativi, delle strategie, dei mezzi e dei tempi per raggiungerli; il piano educativo individualizzato 127 rappresenta proprio lo “strumento operativo di tipo interistituzionale, globale, integrato, multidisciplinare, che ha la funzione di dare congruenza e senso alla disomogeneità degli approcci e alla distanza di formazione e competenze che, storicamente, separano il mondo della scuola da quello della sanità e del sociale” 128 riguardando non solo il progetto didattico, ma anche quello riabilitativo e di socializzazione.

Facendo riferimento agli strumenti per l’integrazione, dettagliati nello schema sopra riportato, all’elaborazione del piano educativo individualizzato segue la programmazione educativo-didattica personalizzata messa a punto dai docenti della classe, i quali analizzano lo stato dell’allievo servendosi di diversi strumenti e metodologie (es. liste di rilevazione strutturate o osservazione del comportamento), definiscono gli obiettivi (sia i macro-obiettivi relativi ai traguardi formativi più generali, sia i micro-obiettivi, riguardanti i livelli di apprendimento auspicati anche in relazione alle finalità specifiche di ogni disciplina o ambito) e fissano i contenuti e le strategie di intervento; in sostanza il “cosa fare” e il “come proporre” agli alunni le diverse attività.

il prevedibile livello di sviluppo che l’alunno in situazione di handicap dimostra di possedere nei tempi brevi (sei mesi) e nei tempi medi (due anni) (art. 4, comma 1).

127 Secondo il D.P.R. 24/2/1994, è il documento nel quale vengono descritti gli interventi, integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno disabile, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione (art. 5, comma 1). 128 C. Barzaghi, L’integrazione Scolastica...op.cit.,p. 226.

La disamina relativa ai dispositivi per l’integrazione scolastica mette ancora più in evidenza la necessità di un impegno a livello interistituzionale per darne una più efficace e concreta attuazione.

L’azione a favore dello studente con disabilità, facendo anche riferimento a quanto affermato da Lucio Cottini sull’importanza del Piano educativo individualizzato, pone in evidenza la necessità dell’adozione di una prospettiva che sia in grado di ripensare tale strumento non limitandolo all’ambito scolastico, così come stabilito dalla normativa, ma di estendere il monitoraggio oltre i limiti previsti per legge, facendo in modo che il Pei possa assumere la connotazione di Progetto di Vita 129.

Si tratterebbe di rivedere, per questi aspetti, lo stesso patto sociale, allargando la sfera di incidenza dell’inclusione a tutte le forme esistenziali, senza differenziazioni tra disabili e non, estendendo la rete sociale di copertura a tutti gli eventi che potrebbero verificarsi nella vita di ogni soggetto.

3.3 Il ruolo e la formazione dell’insegnante di sostegno in una prospettiva