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J.M.Gaspard Itard: andare oltre ciò che appare.

LA DIMENSIONE STORICA DELLA PEDAGOGIA SPECIALE Riprendendo alcuni dei principi contenuti negli atti normativi più important

2.1 J.M.Gaspard Itard: andare oltre ciò che appare.

Le strategie attuate per il superamento del disagio nei confronti della diversità trovano riscontro nella storia di Victor, il ‘sauvage’ dell’Aveyron, al quale si fa riferimento in quanto, tra i diversi e numerosi casi di ‘ensauvagement’, è quello più noto su cui si posseggono diverse prove documentali.

Tra la fine del 1799 e l’inizio del 1800 venne ripreso nelle foreste dell’Aveyron il ragazzo selvaggio che già in precedenza, era riuscito a sfuggire ad una prima ‘cattura’ e che, da un esame fisico, sembrava avere circa dodici anni. Fu l’Abbé Bonaterre, zoologo e Professore di storia naturale all’ École Centrale du Département dell’Aveyron, ad effettuare il primo esame fisico, presentandone le caratteristiche come quelle tipiche dell’Homo ferus, con facies scimmiesca, assenza di linguaggio articolato, deambulazione prevalentemente quadrupede ecc. 68, e fu lo stesso Bonaterre ad occuparsi del selvaggio per circa un anno prima dell’incontro con J.M.Gaspard Itard.

L’incontro, però, avvenne in un momento successivo alla diagnosi di ‘sospetta imbecillità’ formulata da Bonaterre, poi confermata e rafforzata dai membri della Societé des observateurs de l’homme di Parigi, in particolare dallo psichiatra Philippe Pinel.

Fu proprio quest’ultimo ad elaborare una severa diagnosi ‘appiattita’ sulle cose

67 A. Canevaro, J. Gaudreau, L’educazione degli handicappati...op.cit. p.42 68 A. Canevaro, J. Gaudreau, Ivi, p.48

che il ragazzo non era in grado di fare:

“[...] Incapace di attenzione, ad eccezione per gli oggetti dei suoi bisogni, e conseguentemente incapace di tutte quelle operazioni della mente che essa comporta, sprovvisto di memoria, di giudizio, di attitudine all’imitazione [...]; infine, sprovvisto di qualsiasi mezzo di comunicazione [...]; insensibile a qualsiasi specie di sentimento morale; il suo discernimento era soltanto un calcolo dettato dall’ingordigia, il suo piacere una gradevole sensazione degli organi del gusto, la sua intelligenza una suscettibilità di produrre alcune idee incoerenti, relative ai suoi bisogni; tutta la sua esistenza, in una parola sola, una vita puramente animale” 69.

È proprio a partire da tale analisi che Itard progettò un percorso. L’incontro di Itard con il selvaggio avvenne nell’estate del 1800 e fu un incontro dal profondo valore e significato perché ad incontrarsi furono, figurativamente, le identità dei due protagonisti, nonché la filosofia sensitiva e la medicina vacillante degli inizi del XIX secolo 70.

Più tardi, Itard chiamò Victor il selvaggio, confermando, così, la nascita della sua identità civile e sociale e formulando delle obiezioni rispetto alle precedenti affermazioni di Pinel. In relazione a tali obiezioni, però, come rileva Goussot, si è in presenza “di un paradosso nella posizione assunta da Itard ed è proprio in questo che doveva nascere l’esperienza educativa innovativa di Victor; Itard non metteva in discussione la tesi di Pinel secondo la quale un ‘idiota’ non poteva essere educato, ma negava lo stato di idiotismo del giovane ‘selvaggio’”71.

L’interesse di Itard nei confronti della diversità di Victor e della sua educabilità mette in evidenza le motivazioni che sono alla base del riconoscimento dello studioso quale mito fondatore della Pedagogia Speciale. Itard, infatti, “imposta un processo che è educativo non tanto per gli effetti, [...], ma per il quadro teorico che lo sorregge, che è un quadro pedagogico, di teoria dell’educazione.

69 A. Brauner, F. Brauner, Le “sauvage” psychotique de l’Aveyron, in “La tribune de l’enfance”, no. 61, mars 1969, p. 42.

70 A. Canevaro, J. Gaudreau, L’educazione degli handicappati...op.cit., p. 53.

71 A. Goussot, Storia e handicap: fonti, concetti, problematiche, in A. Canevaro, A. Goussot, La difficile storia degli handicappati, Roma: Carocci, 2000, pp. 49-50.

Itard ‘crea’ il rapporto educativo, l’oggetto educazione, immaginandolo come un costrutto teorico costituito dall’intreccio sensi-idee-linguaggio (significati). E per stimolare tale intreccio e produrre significati, Itard escogita mezzi e strategie d’intervento a livello sperimentale: giochi, marchingegni i più disparati, controllandone costantemente la funzionalità per i fini da raggiungere. Si pongono così le basi della pedagogia e dello sperimentalismo in pedagogia”72. Tale impostazione emerge soprattutto dalla lettura dei due Rapport nei quali Itard ha messo in risalto i metodi, gli interventi e i progressi, seppur modesti, di Victor. Il percorso educativo tracciato da Itard sarà quello di partire essenzialmente dalla comprensione dei bisogni e delle abitudini di Victor:

“[...] d’après un examen de quelques minutes, ils l’ont jugé digne d’être envoié aux Petites-Maisons; comme si la societé avait le droit d’arracher un enfant à une vie libre et innocente, pour l’envoyer mourir d’ennui dans un hospice, et y expier le malheur d’avoir trompé la curiosité publique. Je crus q’il existait un parti plus simple e sourtout plus humain; c’était d’user envers lui de bons sentiments et beaucoup de condescendance pour ses goût et ses inclinations. Madame Guérin, à qui l’administration a confié la garde speciale de cet enfant, s’est acquittée et s’acquitte encore de cette tâche pénible avec toute la patience d’une mère et l’intelligence d’une institutrice éclairée. Loin de contrarier ses habitudes, elle a su, en quelque sorte, composer avec elles, et remplir par là l’objet de cette première indication [...]” 73.

In questo passaggio ci sono diversi elementi che vanno evidenziati, tra cui due, in particolare, meritano attenzione. Il primo relativo agli obiettivi pedagogici, cioè l’introduzione alla vita sociale rispettando, però, l’identità di Victor, pur nella

72 G. Genovesi (a cura di), Rileggendo Itard. Problemi educativi e prospettive pedagogiche

dei Memories, Bologna:Pitagora, 2000, p.146.

73 Citazione in lingua originale, traduzione della scrivente: “[...] Dopo un esame di alcuni minuti lo hanno giudicato degno di essere inviato alle Petites-Maisons. Come se la società avesse il diritto di strappare un bambino a una vita libera e innocente per mandarlo a morire di noia in un ospizio, a espiarvi la disgrazia di avere deluso la curiosità pubblica. Io credetti che esistesse un’alternativa più semplice e soprattutto più umana: si trattava di usare con lui buone maniere e di avere molta condiscendenza per i suoi gusti e le sue inclinazioni. La signora Guérin, alla quale l’amministrazione ha affidato la cura speciale di questo ragazzo, ha svolto e svolge tuttora questo compito penoso con tutta la pazienza di una madre e con l’intelligenza di una maestra illuminata. Lungi dal contrariare le sue abitudini, essa ha saputo in qualche modo accettarle e raggiungere così l’obiettivo indicato da questo primo punto [...]”, J.M.Itard, Le « sauvage » de l’Aveyron : Mémoire et Rapport: édition intégrale, Chicoutimi: Bibliothèque Paul -Émile Boulet de l’Université du Québec à Chicoutimi 2003, p.17.

consapevolezza che si sarebbero alternati momenti di frustrazione; il secondo è l’importanza del ruolo di M.me Guérin che Itard riconosce attribuendole il merito di aver fatto degli importanti progressi riguardo agli obiettivi educativi, nei quali, talvolta, egli fallisce. M.me Guérin sembra infatti incarnare tutte quelle caratteristiche indispensabili per l’apprendimento e per l’acquisizione di comportamenti utili e necessari per vivere; Itard valorizza così le conquiste che il ragazzo fa nella quotidianità, sottolineando proprio come il percorso educativo e relazionale di Victor si sia svolto in quei luoghi non ufficialmente deputati alla sua istruzione e, quindi, non pre-determinati.

Il lavoro di Itard si connota, pertanto, come un lungo e lento lavoro fatto di negoziazioni tra l’interiorità e l’esteriorità74 e che, proprio per questo, lo ha visto inserito in una prospettiva che gli permettesse di interpretare l’altro come capace di sviluppo, in un divenire variabile di bisogni, fatto di relazioni aperte, incomplete e flessibili; apertura che si ricollega al già citato paradigma interazionista e, soprattutto, che richiama l’uso dei cosiddetti gesti interrotti, comportando l’attesa di compiere un gesto, una determinata azione e di completarli insieme all’altro: è proprio quanto ritroviamo, soprattutto, nella vita quotidiana con M.me Guérin.