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L’evoluzione delle teorie sulla differenziazione: il post modernismo e il consumatore liquido

direzioni per la ricerca futura

5.3 L’evoluzione delle teorie sulla differenziazione: il post modernismo e il consumatore liquido

Nei capitoli precedenti è stata evidenziata la progressiva evoluzione dei modelli e delle pratiche di differenziazione. Si è passati, infatti, da processi essenzialmente guidati dall’impresa ad attività gestite congiuntamente da impresa e cliente, fino a situazioni ancora più estreme, in cui i contenuti della differenziazione sono significativamente generati e/o manipolati dal cliente.

Questa evoluzione del ruolo del cliente deriva da un più complesso mutamento nei valori, negli stili di vita e nelle pratiche di consumo degli individui nella società postmoderna (Sherry, 1991; Brown, 1995; Mick e Fournier, 1998). La prospettiva postmoderna all’analisi e all’osservazione della società enfatizza la crescente frammentazione del contesto socio-culturale e la rilevanza assunta dalle leve simboliche ed estetiche nelle scelte individuali (Firat e Venkatesh, 1995; Addis, 2005; Simmons, 2008), con consumatori che, in piena autonomia, attribuiscono segni e significati ai prodotti delle imprese anche al di là delle intenzioni di queste ultime.

I cambiamenti derivanti da globalizzazione e progressiva terziarizzazione dell’economia determinano, peraltro, condizioni di volatilità, complessità e frammentazione che Bauman (2000) ha efficacemente sintetizzato nel concetto di società liquida. Nella società liquida i canoni dominanti sono l’instabilità, l’erraticità,

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l’emancipazione, l’affermazione dell’identità e dell’apparenza, contrapposti alla stabilità e ai vincoli religiosi, affettivi e familiari della società “solida”. In tal senso, prevalgono negli individui il camaleontismo e il costante tentativo di soddisfare desideri, non bisogni, traendo piacere più dal processo che dal risultato degli sforzi profusi (Bauman, 2001). La ricerca di desideri da realizzare porta le persone a preferire il cambiamento sistematico, fino a una paradossale meta-abitudine: “l’abitudine di cambiare abitudine” (Bauman, 1999, p. 91). L’individuo nella società postmoderna deve essere, secondo Bauman, soprattutto un consumatore sistematico di sensazioni, emozioni e simboli, che viva pienamente l’attesa della realizzazione di un desiderio, ma non indugi in posponimenti delle esperienze e delle gratificazioni personali.

Il passaggio dalla società moderna a quella postmoderna (o, à la Bauman, liquida) coinvolge significativamente i processi di consumo e scambio. Integrando la prospettiva sociologica (Fabris, 2003) a quella della ricerca interpretivista sul consumatore (Firat e Venkatesh, 1995) è possibile sintetizzare alcune transizioni rilevanti per la consumer research e la teoria sulla differenziazione (tabella 5.1). Tabella 5.1 La transizione dal modernismo al postmodernismo (adattata da Firat e

Venkatesh, 1995 e Fabris, 2003)

Fabris (2003) enfatizza come la società moderna fosse caratterizzata da elementi di stabilità e pragmatismo, mentre quella postmoderna si basi su indeterminatezza ed eterogeneità nelle realtà e nelle esperienze. È interessante notare che, in linea con gli aspetti generali descritti, la transizione delle motivazioni e del ruolo del consumatore concernono la partecipazione ai processi di creazione di valore nella forma soprattutto di simboli e di identità personale (Firat e Venkatesh, 1995).

Modernismo Postmodernismo

Forma chiusa Forma aperta

Finalità Gioco

Progetto Caso

Gerarchia Eterarchia

Opera finita Processo

Distanza Partecipazione

Sintomo Desiderio

Determinatezza Indeterminatezza

Trascendenza Immanenza

Realtà Iper-realtà (realtà multiple e virtuali) Conoscenza essenziale Conoscenza evocativa

Mente Mente e corpo

Vita compresa Vita vissuta

Consumatore che consuma Consumatore che produce Sistema di consumo economico Sistema di consumo simbolico

Valore di scambio Valore dei segni

Unione Frammentazione

La descrizione del consumatore postmoderno che ne deriva può essere sintetizzata utilizzando alcune etichette divenute molto popolari negli studi più recenti sul tema, in cui vengono descritti figure di consumatori eclettici (Codeluppi, 2000), camaleontici (Dubois, 2000; Simmons, 2008) ed esperienziali (Holbrook, 1999; Schmitt, 1999; Addis, 2005). Si tratta di consumatori che ricercano esperienze e oggetti di consumo in modo spesso contraddittorio e caotico, orientandosi alla fruizione di emozioni e sensazioni sempre nuove e sorprendenti. Il continuo cambiamento nelle preferenze e nei benefici ricercati caratterizza un consumatore sempre più spesso irrazionale nelle scelte, a volte anche in modo consapevole (Fabris, 2008). La ricerca di mezzi per affermare la propria (o le proprie) identità nel gruppo di riferimento rendono il consumatore un’entità di sempre più difficile interpretazione, da soddisfare con approcci situazionali, comunque orientati alla realizzazione di esperienze ricche di simboli ed emozioni.

Lo studio del consumatore, fino a pochi anni fa dominato dalle teorie cognitiviste e comportamentiste (Dalli, 2004) e da modellizzazioni rigide dei comportamenti e delle scelte degli individui, si è arricchito di analisi concettuali sulle motivazioni del consumatore postmoderno, orientate verso l’estetica, le emozioni e l’edonismo. In tal senso, i contributi seminali di Elizabeth Hirschman e Morris Holbrook (1982) hanno indicato nelle 3F (fantasie, divertimento ed emozioni) gli aspetti fondanti le esperienze di consumo, che, secondo alcuni autori (Pine e Gilmore, 1999; Schmitt, 1999) possono essere utilizzati per disegnare efficaci strategie di marketing nella società postmoderna.

Pine e Gilmore (1999) sostengono che l’economia americana è basata principalmente sulla vendita di esperienze. Secondo gli autori, attraverso adeguate attività di marketing esperienziale ogni prodotto può essere trasformato in una esperienza memorabile da “mettere in scena”. Seguendo tale prospettiva, Schmitt (1999) sostiene che orientare la gestione dell’impresa alla creazione di esperienze costituisce uno specifico orientamento strategico nei confronti del mercato, per il successo del quale diventa critica l’analisi in profondità della mente e del cuore dei propri clienti.

I caratteri del consumatore postmoderno tendono verso la partecipazione attiva nei processi di differenziazione, volta alla ricerca di esperienze sempre più coinvolgenti. In tal senso, i modelli di co-creazione del prodotto descritti nei capitoli precedenti rappresentano una direzione evolutiva della differenziazione coerente con le motivazioni che guidano il consumatore nella società postmoderna. La definizione di prodotti personalizzati in modo attivo consente non solo il consumo di oggetti capaci di trasferire significati sull’identità e la personalità del cliente, ma anche di far vivere al prosumer (dalla crasi di producer e consumer - Fabris, 2008) un’esperienza unica in cui esprimere le sue capacità e la sua creatività (Bendapudi e Leone, 2003). In tal senso, i modelli di personalizzazione collaborativa permettono di rispondere – in termini di modelli di differenziazione – ai cambiamenti socio-culturali intervenuti negli ultimi anni, soprattutto con riferimento alla ricerca di individualismo e affermazione personale.

È importante notare, comunque, che il consumatore postmoderno ricerca tanto esperienze di consumo volte alla comunicazione della propria unicità, quanto attività

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di asserzione dell’appartenenza a gruppi o a tribù di individui (Cova, 2003). Coerentemente con quanto proposto da Brewer (1991) e dalla teoria sull’unicità (Snyder e Fromkin, 1980), gli individui mirano a distinguersi moderatamente dagli altri in alcuni ambiti sociali e allo stesso tempo ad assimilarsi al gruppo di riferimento a cui si aspira ad appartenere. Ciò comporta la difesa della propria identità e individualità, ma, allo stesso tempo, l’impegno a partecipare alle attività di gruppi di cui si condividono i valori e le finalità.

Intimamente connesso con queste due motivazioni apparentemente contrastanti è il fenomeno del web 2.0, diffusosi in modo vertiginoso negli ultimissimi anni soprattutto grazie al successo di siti come Wikipedia, MySpace e YouTube (O'Reilly, 2007; Beer e Burrows, 2007). La generazione di contenuti di siti da parte degli utenti (e non di un soggetto gerarchicamente sovra-ordinato come l’impresa) è risultata una delle attività più apprezzate dal popolo di Internet, che riesce, nell’ambito di comunità virtuali, a perseguire obiettivi di affermazione della propria personalità all’interno di un gruppo di peer. L’aspetto del fenomeno che appare estremamente rilevante per i processi di differenziazione e innovazione riguarda l’appropriazione da parte degli utenti/consumatori dell’“intelligenza progettuale e produttiva” (Micelli, 2000) e della creatività che, fino all’avvento e alla diffusione dei modelli di co-creazione e di generazione dei contenuti da parte degli utenti, erano state di esclusivo dominio dell’impresa.

È interessante notare come dall’analisi attenta dei contenuti e delle dinamiche che si sviluppano in siti web 2.0 le imprese possano trarre direzioni per l’innovazione di prodotto e di design secondo un processo bottom-up capace di cogliere i segnali provenienti dal consumatore immerso in una realtà a lui congeniale, piuttosto che intervistato in contesti artificiali (Fabris, 2008).

In definitiva, le teorie sociologiche e interpretiviste sul consumatore mettono in luce aspetti sul contesto socio-culturale postmoderno che enfatizzano ulteriormente la rilevanza dei modelli di personalizzazione, anche estrema, per la soddisfazione di desideri e bisogni di natura simbolica dei consumatori immersi nella società liquida. La proposizione di esperienze di co-creazione e intimization, fino alla deriva dei contenuti generati dagli utenti, rappresenta una risposta adeguata alla ricerca di un individualismo creativo e attivo tipico del consumatore postmoderno. In questa prospettiva, i fenomeni descritti contribuiscono ad arricchire gli approcci alla differenziazione alimentando soprattutto la tendenza verso le forme più estreme di reverse marketing. In tal senso, le imprese devono ricercare la differenziazione non solo facendo leva sui “classici” canoni della rilevanza, della percepibilità e della sostenibilità, bensì sviluppando competenze e capacità volte a entrare in sintonia valoriale, simbolica ed emozionale con gli individui e comunità di consumatori. Questi ultimi avranno il compito di differenziare realmente l’offerta con i propri interventi e il loro coinvolgimento attivo nella generazione di contenuti e valore.

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