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L’interazione tra modelli di personalizzazione e brand

4 La valutazione dei modelli d

4.1 L’interazione tra modelli di personalizzazione e brand

Come descritto nel capitolo 2, l’intimization rappresenta il modello di personalizzazione tramite cui i clienti integrano il prodotto con segni e simboli propri, arricchendolo di significati intimi e inimitabili (Miceli, Raimondo e Farace, 2008). È stato messo in evidenza come l’intimization sia legata al self-concept, cioè la percezione che un individuo ha di sé stesso, che è in grado di influenzare i suoi comportamenti di acquisto (Sirgy, 1982). I prodotti, infatti, veicolano valori e significati e vengono acquistati e consumati sempre più spesso proprio per il valore simbolico che sono in grado di esprimere (Levy, 1959; Hirschman e Holbrook, 1982). I significati simbolici dei prodotti generano valore per i consumatori contribuendo a perseguire gli obiettivi di creazione di un senso di identità personale, oltre che per il loro potere di comunicazione di tale identità agli altri (Belk, 1988). Il consumo e il possesso di prodotti partecipano alla definizione del self concept, in quanto essi contribuiscono a creare un’estensione del concetto di sé (extended self – Belk, 1988), costituendo il complesso sistema di comunicazione sociale dei consumatori, impiegato nelle relazioni interpersonali e nelle diverse reti sociali. I prodotti, quindi, consentono agli individui di affermare la loro immagine e di proiettare sé stessi verso l’esterno.

I segni possono essere interpretati dai riceventi e possono essere depositari di significati di diverso tipo (Mick, 1986). Le icone sono segni rappresentativi

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dell’oggetto che descrivono (e.g., un diagramma che rappresenta le fasi di un processo produttivo è un segno iconico); gli indici sono, invece, segni che causano l’oggetto che descrivono (e.g., la soddisfazione è indice di un obiettivo realizzato); infine, i simboli sono segni che descrivono in maniera convenzionale un oggetto agli occhi dell’interprete (e.g., una giovane coppia abbracciata simboleggia l’amore). Oltre a proporne i concetti basilari, Mick (1986) ha introdotto l’uso della semiotica – lo studio dei segni (Eco, 1975; Semprini, 1992) – nella ricerca sul consumatore, specificandone gli ambiti di applicazione e di ricerca. In particolare, Mick ha discusso il ruolo della sintassi – lo studio delle relazioni tra segni, della semantica – lo studio delle relazioni tra segno e oggetto – e della pragmatica – lo studio delle relazioni tra segno, oggetto e interprete. L’autore enfatizza come diversi strumenti di marketing rappresentano esempi di uso esplicito della semiotica (e.g., comunicazione, marca), che spesso sono accompagnati da fenomeni di uso implicito attivati anche dai consumatori (e.g., significati associati a simboli, consumo esperienziale).

La marca, in particolare, rappresenta l’elemento del marketing mix con il potenziale più rilevante di trasmissione di significati (Keller, 1993; Busacca, 2000). Tramite le sue proprietà di sintesi, la marca permette al consumatore di ottenere una serie di benefici informativi e simbolici legati al posizionamento del brand e alle associazioni connesse al sistema di simboli a esso riconducibile (Holt, 2002). In tal senso, i consumatori tendono ad acquistare prodotti di marca con l’obiettivo di ottenere vantaggi di natura relazionale (e.g., soddisfazione, fiducia, qualità) e di tipo psico-sociale (e.g., comunicazione di significati tramite il consumo “sociale” della marca). I consumatori possono fare proprie le associazioni legate a una marca, come le caratteristiche dell’utilizzatore tipo o la personalità del brand (Aaker, 1997), e incorporarle nel loro self-concept.

Considerando il potenziale legato all’intimization, in termini di costruzione e comunicazione di significati auto-prodotti da parte del consumatore, risulta di grande interesse, sia per gli studiosi che per il marketing management, il legame tra questa forma di personalizzazione e il brand. Come evidenziato da Bendapudi e Leone (2003), i consumatori non sono sempre passivi ricettori delle identità di marca progettate dalle grandi imprese (Aaker, 1996), ma possono essere attivi co-produttori dei significati di marca. Wind e Rangaswamy (2001) sono stati i primi autori a preconizzare che alcuni consumatori possano preferire la creazione di una marca personale (branding personalizzato o self-branding), ad esempio inserendo il prefisso “my” nel dominio del sito o utilizzando il proprio nome come marca.

L’intimization è una forma di personalizzazione che può generare processi di self- branding. Infatti, aggiungendo al prodotto segni e simboli propri, i consumatori riproducono l’idea più generale di branding. Essi creano immagini o testi che vengono utilizzati per sintetizzare uno stile di vita, un tipo di personalità, un significato (Keller, 1998). La letteratura sull’egotismo nei processi di consumo (Jones et al., 2004; Brendl et al., 2005) sostiene che le persone preferiscono oggetti, luoghi ed attività che contengono elementi personali come le lettere del loro nome o i numeri delle loro date di nascita. Brendl et al. (2005) hanno definito questo fenomeno come “name letter effect”. Tali preferenze scaturiscono da un egotismo innato che caratterizza tutti gli individui, anche se in misura differente. Ciò contribuisce ad

aumentare il livello di stima (self-esteem) che ciascuno ha verso sé stesso con la convinzione che anche gli altri possano percepire tale miglioramento. Questo fenomeno potrebbe caratterizzare i prodotti “intimizzati”, includendo nel “name letter effect” gli oggetti di consumo che incorporano simboli o segni che richiamano aspetti della propria personalità o del proprio vissuto.

Alla luce di queste considerazioni, appare probabile che l’intimization sia legata con le pratiche di self-branding, ossia che l’integrazione dei prodotti con elementi del sé possa guidare la creazione di marche personali che, in qualche misura, entrano in competizione con i brand più noti. Coerentemente con questa idea, è possibile sostenere che i consumatori tendano a preferire il brand oppure l’intimization. Ciò suggerisce che i consumatori che valutano positivamente l’intimization non preferiscono il brand, mentre coloro che valutano meno positivamente l’intimization preferiscono il brand. In altri termini, tanto più il consumatore attribuisce valore simbolico e valenza comunicativa ai suoi segni personali, ritenendoli coerenti con i suoi obiettivi di consumo e con i suoi valori di fondo, tanto meno troverà soddisfazione nell’uso di segni e simboli progettati per un mercato di massa. Il bisogno degli individui di comunicare propri simboli, piuttosto che simboli apprezzati dalla generalità dei consumatori (Wind e Rangaswamy, 2001), può generare, quindi, un trade-off tra uso di segni personali e uso di segni di marche note (Mick, 1986).

È possibile ipotizzare, quindi, un’interazione negativa tra intimization e brand. Formalmente:

H1: Brand e intimization interagiscono negativamente del determinare la

valutazione dei prodotti.

Applicando la teoria del bilanciamento di Heider (1958) alla triade “individuo- segni personali-segni di marche note”, è possibile assumere due situazioni alternative (figure 4.1a e 4.1b).

Segni

personali marche note Segni di Individuo

H1:

-

+

-

Legame

ego-sintonico ego-distonico Legame

Figura 4.1a L’applicazione della teoria del bilanciamento di Heider (1958) al caso in cui gli individui preferiscano i segni personali

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Ipotizzando un’interazione negativa tra segni personali (i.e., intimization) e segni di marche note (i.e., brand noti), un legame ego-sintonico tra individuo e segni personali comporta un bilanciamento cognitivo mediante l’instaurarsi di un legame ego-distonico tra individuo e segni di marche note; in alternativa, un legame ego- sintonico tra individuo e segni di marche note determina un bilanciamento cognitivo consistente in un legame ego-distonico tra individuo e segni personali.

Segni

personali marche note Segni di Individuo

H1:

-

-

+

Legame

ego-distonico ego-sintonico Legame

Figura 4.1b L’applicazione della teoria del bilanciamento di Heider (1958) al caso in

cui gli individui preferiscano i segni di marche note

È importante notare che gli altri modelli di personalizzazione (e.g., mass customization, co-creation) non generano simboli paragonabili a una marca come succede nell’intimization. Di conseguenza, non esistono basi teoriche ed empiriche che suggeriscono un’interazione tra gli altri modelli e il brand nella valutazione dei prodotti da parte dei consumatori.

4.2 L’interazione tra modelli di personalizzazione e tratti

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