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La segmentazione della domanda di personalizzazione

dei client

3.2 La segmentazione della domanda di personalizzazione

Il profiling dei clienti fa riferimento alla descrizione dei clienti che può essere finalizzata alla proposizione di contenuti personalizzati. Un ulteriore ambito di analisi di estrema rilevanza riguarda la scelta del modello di personalizzazione – tra quelli descritti nel capitolo 2 – da proporre al target di clienti interessati a customizzare il prodotto. È intuibile che non tutti i clienti siano disponibili o interessati alla personalizzazione del prodotto; ancora, è prevedibile che esista una sostanziale eterogeneità rispetto alla capacità di remunerare gli sforzi di personalizzazione

dell’impresa e alle competenze necessarie a gestire processi potenzialmente complessi e in cui il raggiungimento di un risultato positivo può avere rilevanti implicazioni sull’attribuzione assegnata dal cliente all’impresa (Bendapudi e Leone, 2003). I modelli presentati nel capitolo 2 sono caratterizzati, con modalità e intensità diverse, da gradi di complessità notevoli e richiedono, pertanto, un’attenta valutazione finalizzata alla proposta del “corretto” approccio alla personalizzazione per ogni cliente.

Nei processi di mass customization, infatti, il tentativo di predefinire e progettare un numero molto elevato di alternative, al fine di soddisfare esigenze specifiche di ogni cliente, rischia di condurre all’esplosione della varietà e di generare una percezione di “confusione”, senza peraltro avere certezza che il processo d’acquisto si concluda con la scelta del prodotto più confacente alla configurazione del valore atteso. D’altro canto, i modelli estremi di customerization e co-creation presuppongono una profonda conoscenza tecnica da parte del cliente, che dovrebbe essere in grado di comporre in modo autonomo e originale gli attributi del prodotto e le componenti del sistema d’offerta, facilitato o guidato da strumenti interattivi adeguati.

In tal senso, l’evoluzione più recente dei modelli sulla personalizzazione prevede che la decisione sull’approccio da proporre possa essere moderata da caratteristiche ed esigenze del cliente, nel tentativo di attenuare da un lato i rischi della mass confusion, dall’altro i pericoli insiti nell’investire il cliente del ruolo di ingegnere di prodotto. Si pone, quindi, un problema di segmentazione della domanda di personalizzazione.

Questo ambito analitico fa riferimento alla necessità di capire quali modelli e quali strumenti di personalizzazione devono essere adottati nelle specifiche relazioni. L’approccio moderato dalle caratteristiche dei clienti induce lo sviluppo di modelli ibridi, ossia di combinazioni intermedie dei modelli descritti, condotte a partire da idonei processi di gestione delle informazioni e della conoscenza sui clienti. A tal fine, e con particolare riferimento alle esperienze negli ambienti digitali, sta emergendo la rilevanza della funzione di infomediazione (Sawhney, Prandelli e Verona, 2003). Tale funzione si configura quale insieme di attività di raccolta ed elaborazione di dati sui clienti e di successiva intermediazione di informazioni volta a indirizzare il consumatore verso la scelta della più opportuna modalità di personalizzazione.

L’infomediazione sta assumendo un ruolo critico nei processi di differenziazione volti alla personalizzazione in quanto consente di prevenire fenomeni di overload informativo, di fornire supporto ai consumatori nelle attività di ricerca ed elaborazione dell’informazione e di sviluppare, per tale via, relazioni di mutuo e reciproco apprendimento fra imprese e clienti. La funzione di infomediazione integra i dati raccolti a fini di profiling dei clienti rispetto ai prodotti e contenuti ricercati con quelli relativi alle attitudini, alle conoscenze, alla tendenza relazionale, alla capacità di remunerazione, al coinvolgimento del cliente. L’insieme di queste informazioni, gestito in modo coordinato e sistematico, permette di operare una segmentazione su due stadi: il primo riguardante cosa il cliente cerca e il secondo concernente come lo stesso cliente preferisce interagire con l’impresa nella realizzazione dell’esperienza

Processi di personalizzazione: analisi e profiling 81

personalizzata (Miceli, Ricotta e Costabile, 2007). La scelta della forma di personalizzazione da proporre al singolo cliente deve fondarsi, quindi, su basi di conoscenza adeguate, che tengano conto dei suoi processi cognitivi tanto rispetto ai contenuti ricercati quanto alle modalità di interazione e di relazione più coerenti al suo profilo. La personalizzazione dinamica e interattiva dell’offerta impone, pertanto, l’analisi dell’eterogeneità della domanda rispetto a un set di variabili rilevanti e richiede un sistema informativo di marketing orientato a svolgere attività di infomediazione.

L’evoluzione dei modelli di personalizzazione, soprattutto in ambienti digitali, necessita, dunque, di ulteriori sforzi di ricerca e sperimentazione nelle attività di profilatura e segmentazione della clientela. Ciò è necessario per attivare un’efficace interazione comunicativa, con l’obiettivo ultimo di scegliere il grado e la modalità di differenziazione più coerenti con il profilo di ogni singolo consumatore e con gli obiettivi strategici e reddituali dell’impresa.

È importante notare che le forme di mass customization possono, attraverso ulteriori sforzi tecnologici e organizzativi, virare verso le tipologie più avanzate di personalizzazione come la customerization e la co-creation; in questa prospettiva, il cliente viene investito della carica di co-progettista del suo prodotto, grazie all’interazione intensa e alla flessibilità dei sistemi di produzione, adattabili perfettamente alle esigenze della domanda. È evidente che la scelta della configurazione organizzativa e strategica deputata a definire il modello di personalizzazione da offrire al mercato dipende anche dalla capacità di reazione della domanda. Come detto, non tutti i consumatori saranno interessati o in grado di alimentare processi estremi di personalizzazione. È possibile ipotizzare, quindi, un continuum nelle forme di personalizzazione attivabili, i cui estremi sono, da una lato, la mass customization e, dall’altro, le forme basate sulla customerization e la co- creation, che alcuni autori definiscono sinteticamente approcci al reverse marketing, enfatizzando il capovolgimento delle posizioni di impresa e cliente nel processo di definizione dell’offerta (Sharma e Sheth, 2004; Ulwick, 2002). Posto tale continuum, emerge chiaramente l’esigenza di far accedere gradualmente i clienti alle opportunità di personalizzazione, indirizzandoli verso il modello più adatto sulla base delle informazioni che dinamicamente vengono raccolte da un sistema operativo di infomediazione (figura 3.5).

E’ intuibile che le caratteristiche di queste due forme estreme di personalizzazione possono essere moderate in approcci ibridi volti ad attenuare, da un lato, i rischi della confusione generabile dall’eccessiva varietà proposta e, dall’altro, i pericoli insiti nell’investire il cliente del ruolo di ingegnere di prodotto. Le soluzioni intermedie, tuttavia, risultano percorribili con efficacia solo attivando idonei processi di gestione delle interazioni comunicative a fini informativi, tanto per l’impresa quanto per il cliente.

In tal senso, gli ambienti digitali costituiscono il campo di sperimentazione ideale per la differenziazione dinamica, fondata sullo sviluppo della funzione di infomediazione. Sotto il profilo strutturale, infatti, gli ambienti digitali sono in grado di agire sulle modalità di interazione modificando direzione e intensità delle transazioni tra impresa e utente-cliente. In particolare, il livello di coinvolgimento – e

quindi del connesso orientamento cognitivo (Dholakia e Bagozzi, 1999) – e la sensibilità marginale a componenti edonistiche o esperienziali del prodotto (Childers et al., 2001) rappresentano aspetti che vengono alimentati negli ambienti digitali in modo tendenzialmente più naturale. Su queste basi, i comportamenti d’acquisto on line assumono connotazioni particolari, non paragonabili, per alcuni punti di vista, alle dinamiche in ambienti tradizionali (Hoffman e Novak, 1996; Wolfinbarger e Gilly, 2001).

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