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3.2.9.1. Distribuzione storica e attuale nel Parco Nazionale dello Stelvio

Specie sedentaria nel Parco Nazionale per la quale sono disponibili numerose osservazioni storiche nei tre settori del Parco (Moltoni in Cagnolaro et al. 1969). Il Fagiano di monte è probabilmente la specie più numerosa tra i galliformi presenti nel Parco Nazionale e occupa ampie porzioni forestali a differente tipologia e altitudine. La specie frequenta boschi misti di conifere a basse densità, con larice, pino cembro e abete rosso e sottobosco a rododendro ferrugineo, mirtillo nero, graminacee e salici. Inoltre è presente nelle formazioni a pino mugo associate a ricco strato arbustivo e, nei boschi radi di abete rosso al limite della vegetazione arborea, con aree aperte a rododendro ferrugineo, ginepro nano, mirtillo nero e rosso intervallate da gruppi di larici.

Le informazioni più attendibili sulla sua distribuzione provengono dall’archivio del PNS in cui confluiscono tutte le osservazioni occasionali e frutto di censimenti condotti dagli Agenti Forestali operanti nei tre settori (in particolare dal 1998).

Dall’analisi distributiva delle osservazioni casuali emerge una presenza abbastanza omogenea in ampi settori forestali del settore trentino (Val Maleda, Val del Monte e Val de la Mare) e lombardo del Parco (Valfurva, Val Vezzola, Valdisotto e Valle delle Messi).

Nel settore trentino la specie è oggetto di censimenti mirati primaverili a partire dal 1990 (interrotti nel 1992) e dal 1998 a oggi. In questo periodo, nel corso di 94 controlli, sono state identificate e localizzate nella sola Val di Peio, 15 arene, storiche e attuali, a testimonianza della sua ampia diffusione.

In Val di Peio, la maggior parte di queste arene non è più oggetto di verifica da parte degli Agenti Forestali poiché si è preferito condurre i censimenti ordinari in un’unica area campione (“Saroden - Saline” di 79 ha). La specie è ancora uniformemente distribuita nelle zone idonee ma il numero totale di individui è probabilmente inferiore al passato come sembra confermare l’andamento registrato sull’arena di “Saroden - Saline”. I risultati del censimento condotto per un periodo di 13 anni, su questa arena di canto, mostrano una media stagionale di 1.9 maschi adulti/arena, sostanzialmente invariato mentre è diminuito il numero totale degli individui (Tab. 9).

Considerando che la specie sulle Alpi può formare anche gruppi numerosi fino a 15-20 galli/arena (De Franceschi 1992), tale valore risulta in accordo con quelli riscontrati in altri settori delle Alpi italiane come, ad esempio, 1.9-2 maschi/arena registrato nel Verbano Cusio Ossola (Pompilio 1999) e di 1-2 maschi/arena in Lombardia (Scherini & Tosi 1986) ma è inferiore con quanto registrato

sulle Alpi Carniche (3-4 maschi/arena, 1981) e in provincia di Sondrio dove, dal 2001 al 2006, è stata registrata una media di 4.8 maschi su 80 arene censite (Ferloni 2007).

Tab. 9 - Risultati dei censimenti primaverili del Fagiano di monte nell’area campione di “Saroden - Saline” nel periodo 1990-1992 e 1998-2006 (Archivio PNS).

Anno N giorni bassissimo successo riproduttivo dovuto più a difficoltà legate all’individuazione delle covate che a una reale scarsità dei soggetti.

Dall’analisi dei principali parametri rinvenuti sulle 15 arene note per la Val di Peio (Archivio PNS, Bassi 2007), emerge che esse sono prevalentemente esposte verso E (50%), S-SE-SW (33.3%), N-NE-NW (8.4%) e W (8.3%) a una quota media di 2.158 m s.l.m. (min: 1.800, max 2.300) superiore a quella in cui si riscontrano le arene del Gallo cedrone ( valore medio 1.891 m s.l.m. con minimo 1.700 m e massimo 2.040 m).

Le arene, generalmente distribuite lungo versanti, conche e impluvi, sono poste per il 79.2% su pendii moderatamente inclinati (compresi tra 10° e 35°), su versanti ripidi > 35° (10.4%) e in aree pianeggianti come, ad esempio, in conche (10.4%).

La pendenza dei versanti differisce dunque notevolmente con quanto rilevato per le arene di Gallo cedrone che sembra prediligere pendii a maggiore inclinazione come anche riportato da Angeli &

Pedrotti (2008) per la Val di Sole (TN).

Dall’analisi vegetazionale effettuata dagli Agenti Forestali risulta che il grado di copertura offerto dal Larice è notevolmente superiore a quello offerto dall’Abete rosso e dal Cembro (rispettivamente 74.9%, 14.6% e 14.1%) mentre la presenza di Ontano verde è trascurabile. La densità arborea della formazione forestale in cui si collocano le arene di Fagiano di monte è, nel 63% dei casi, scarsa (grado di copertura 20-50%), media nel 16% dei casi (grado di copertura: 50-80%). Solo nel 13%

dei casi le arene sono poste in radure. Infine, alcune arene (8%) si trovano in aree completamente prive di vegetazione arborea (8%). Le arene sono, nella grande maggioranza dei casi, associate alla presenza di uno strato arbustivo ed erbaceo (92.1%).

Dal 2008 ha preso avvio nell’area protetta il progetto “Status e conservazione dei Galliformi nel Parco Nazionale dello Stelvio” il cui scopo principale è quello di accrescere le conoscenze distributive anche su questa specie di particolare interesse conservazionistico nonché di definire un protocollo di censimento per avviarne il monitoraggio periodico.

3.2.9.2. Principali minacce per la specie

Come gli altri tetraonidi forestali, questa specie risente negativamente del disturbo e delle alterazioni ambientali provocate dall’attività selvicolturale da altre attività umane in periodo riproduttivo (Office National de la Chasse 1998; Pedrini et al. 2005) quali turismo, sci alpinismo e cavi sospesi di funivie, funi a sbalzo, ecc.

3.2.9.3. Status di conservazione attuale

Il Fagiano di monte ha generalmente subito riduzioni su tutto l’arco alpino ma attualmente sembra stabile e a un livello accettabile nonostante la caccia intensa e le continue manomissioni dell’ambiente in cui vive (Brichetti et al. 1992). In assenza di dati quantitativi non è possibile definire un quadro preciso sul suo status di conservazione all’interno del Parco Nazionale, anche se localmente la facilità di osservazione lo fa ritenere presente con buone densità. L’analisi della serie storica dell’arena campione in Val di Peio, farebbe ritenere una sostanziale stabilità delle consistenze, comunque probabilmente ridotte rispetto agli ultimi decenni del secolo scorso.

Anche il Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Sondrio mette in luce un andamento positivo, evidenziato dai censimenti e confermato anche dal trend dei prelievi, indicando una situazione di leggero incremento su gran parte del territorio provinciale (Ferloni 2007).

fattore stato

range Stabile, localmente in aumento? Favorevole Favorevole

popolazione Non conosciuta Sconosciuto Cattivo

habitat della

specie Complessivamente stabile Favorevole Inadeguato

complessivo Favorevole Cattivo

VERDE

3.2.9.4. Indicazioni per la conservazione

Evitare preferibilmente i tagli a raso e i lavori di utilizzazione del bosco nelle aree di riproduzione prima del 30 luglio o del 30 giugno (misura minima). Selvicoltura naturalistica, con particolare riguardo all’articolazione strutturale del bosco, per mantenere e creare arene di canto e conservare l’habitat preferenziale del Fagiano di monte.

Per la conservazione delle aree trofiche favorire le essenze baccifere autoctone, la conservazione dei formicai e della necromassa vegetale al suolo e in piedi; queste ultime azioni avvantaggiano anche i Picidi e, in un secondo tempo, gli Strigiformi (Civetta nana e Civetta capogrosso) a essi legati per il reperimento della cavità nido. Si suggerisce inoltre di mantenere la maggior diversità di specie compatibile con l’orizzonte considerato, sia nel piano arboreo sia in quello arbustivo con una struttura disetanea soprattutto presso il margine tra aree pascolive e forestali. Questo obiettivo può essere perseguito, compatibilmente con le esigenze produttive, con:

- tagli a buche su ridotte superfici, creazione di margini di bosco a tracciato fortemente strutturato, definendo un margine irregolare a “dente di sega”. Tale accorgimento aumenta notevolmente la lunghezza del confine marginale, la disponibilità trofica e di nicchie per il rifugio.

Diradamento nella fascia degli arbusti contorti (ontano verde e pino mugo) e di rododendro al di sopra della vegetazione arborea e realizzazione di radure nelle mughete, alnete e rodoreti (non eduli). Ostacolare il rimboschimento delle zone di covata e allevamento pulli promuovendo attività di pascolo estensivo e, laddove necessario, tramite l’intervento umano (decespugliamento a mosaico).

Ripristino del caricamento estivo sugli alti pascoli, soprattutto bovino ed equino evitando il sovrappascolo. Rivitalizzare la funzione ecologica dei pascoli abbandonati a uno stadio residuale, intervenendo dove si individua ancora un residuo cotico erboso in cui sia evidente la possibilità di crescita dei mirtilli. Vietare la caccia fotografica e l’osservazione diretta non a scopo scientifico nei pressi delle arene di canto. Definizione di vincoli per l’utilizzo di motoslitte, sci fuori pista, quads e di altri veicoli fuoristrada in aree interessate dalla presenza della specie, con limitazioni più rigorose relative al periodo pre-riproduttivo e di nidificazione (es. divieto di transito con mezzi a motore fino alle ore 9 del mattino nei mesi di aprile e maggio). Ostacolare la pratica di lasciare cani vaganti e incustoditi (soprattutto tra giugno e agosto). Prosecuzione del monitoraggio primaverile ed estivo ed infine sono raccomandati studi per valutare gli effetti delle azioni di tutela e gestione forestale.