Tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento i gonfaloni erano dunque unità interclassiste, che, pur raccogliendo famiglie di diverso livello sociale, costituivano tuttavia un motivo di unione e alleanza. Al loro interno i clan si impegnavano a rafforzare il proprio potere e godevano del prestigio raggiunto. I gonfaloni inoltre offrivano l’opportunità di mantenere un regime fiscale continuo e soprattutto la possibilità di contare (o meno) su un elettorato stabile, la qual cosa determinava la fortuna di una famiglia. I complessi rapporti di vicinato dunque servivano anche per garantire al ceto dirigente sostegno tanto politico quanto economico.
Al rientro di Cosimo de’ Medici vennero esiliati oltre 90 cittadini appartenenti alla fazione antimedicea. Nella cronaca del Priorista Petriboni si legge infatti:
Sabato a vespro, a dì ij d’ottobre 1434, essendo Proposto de’ Signiori Baldassarre d’Antonio di Santi, insieme co’ suo compagni e collegi e tutti quegli della Balìa, confinorono per otto anni misser Rinaldo di misser Maso di Lucha del popolo di San Piero Maggiore di Firençe e Ormanno suo figliuolo ischosto da Firençe miglia cento infra dugento, e fra tre dì
49
Brown offre una interessante analisi sulla composizione degli Uffici; sebbene aumentasse la percentuale di coloro che potevano essere eletti, in modo inversamente proporzionale diminuiva quella di chi effettivamente veniva eletto in carica: «La reazione oligarchica dopo il 1382 introdusse il paradosso della crescita delle nomine agli uffici e la contrazione di gente nuova nel governo, cioè, dopo una diminuzione da 6000 nomine nel 1378 (c. 54% dalle arti minori) a ca. 5350 nel 1382 (c. 29% dalle arti minori), il numero di nomine salì continuamente dal 1393 al 1480 mentre la quota relativa alle arti minori registrò una costante diminuzione: si passò così da 6310 nomine nel 1393, delle quali il 27% appartenevano alle arti minori, a 6354 nomine nel 1433 (26% minori), e a c. 8000 nel 1484 (c. 20% minori). Allo stesso tempo la proporzione di nomine approvate crebbe dal 16% e 9% nel 1382 e 1383 al 32% nel 1433, mentre la quota di gente nuova e di artefici appartenenti alle corporazioni minori diminuì – nel 1433, per esempio, soltanto il 16% dei nomi approvati proveniva dalle arti minori. Altri meccanismi, come il ‘borsellino’ e l’uso di accoppiatori per influenzare i risultati degli scrutini, contribuirono al processo di controllo»: BROWN 2006, pp. 207-208.
50
Per un’attenta riflessione in merito ai problemi istituzionali della politica fiorentina in questa fase e a un loro raffronto con quelli legati all’ascesa dei Medici si veda FUBINI 1994, pp. 27-57.
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avessino passato il terreno di Firençe et fra x dì passato le c miglia. Et di poi, fra ogni otto dì, rapresentarsi per carta di notaio pubricho, et fra due mesi rapresentarsi per istrumento pubricho dove fussino, et sodare fra sette dì di f. 4M aprovato per la Signioria, e tutti i loro figliuoli per detti otto anni a sedere, et non potere asercitare uficio, ma le poliçe rimesse nelle borse quando tratte fussino. Ormanno perdè l’uficio de’ Sei e Tommaso Podestà d’Areçço.
Domenicha, a dì iij d’ottobre partì misser Ormanno a ore xx per la porta di Faença, et uscirono di Santa Maria Novella per la porta della Piaçça Vecchia.
Detto dì e ora i detti della Balìa confinorono per tre anni Ridolfo di Bonifatio pello populo di Sa Iacopo tra lle Fosse, et puosono a sedere per detti tre anni Donato suo fratello e tutti i suoi figliuoli, et se fussino tratti siano rimessi. Et fra tre dì fussi Ridolfo fuori del terreno di Firençe et tragghine carta per notaio, et fra dieci dì fialli passato le c° miglia et traghasi charta, a ogni otto giorni si traghi carta dove si truova, et fra due mesi si rapresenti alla Signioria di Firençe dette carta et sodassi di f. xM fra sei dì d’osservare i confini.
Domenicha, a dì iij d’ottobre partì Ridolfo a ore xviiijj° per la porta del Papa di Santa Maria Novella, e andò per la porta di Sancto Niccholò. […]
Et feciono per balìa di porre a ssedere e anullare tutte le borse del 1433 degli ufici di fuori et così anchora tutte l’altre borse vecchie di fuori, et che ssi faciessi nuovo schuittino, et chi llo otterrà dagli undici ufici in su sia imborsato per due poliçe, et chi ssi truova nelle borse de’ 27 degli undici ufici in su vi debba essere lasciato per una poliça et non più. E un’altra volta si trarrà del ’27 e l’altra 1434.
Porrassi a ppiè tutti i confinati a tempo de’ detti Priori a dì viiiij° d’ottobre e per il Capitano:
Bernardo di Salvestro Belfredelli ch’era Ghonfaloniere
Matteo di Bernardo de’ Bardi ch’era Capitano di Parte Ghuelfa, per x anni.
Lodevicho de’ Rossi
Ser Niccholò di Simone Biffoli, a dì 9 d’ottobre Giovanni, era Ghonfaloniere, a dì xxj d’ottobre
Ser Antonio Pieroçço era Ghonfaloniere, a Vinegia per x anni. Iacopo di Simone Salviati
Piero di Manetto di Tuccio Schambrilla, a Chastello et poi a Monte Varchi a dì xxj d’ottobre, per anni vj.
Antonio di Lionardo Raffachani
Piero del Chiaro, armaiuolo, per x anni a Padova. Mariotto di misser Niccholò Baldovinetti
Antonio di Vieri Altoviti, era de’ Dodici
Giovanni di Piero d’Arigho Bartoli, per x anni a Raghugia a Cianfolonia.
Michele d’Allessandro Arrighucci, per dieci anni a Palermo. Lorenço di Giovanni Bulletta, per x anni a Udine.
Bernaba di Bartolo di Nofri Bischeri, per x anni a Napoli.
Oddo di Francesco d’Andrea Francieschi a Chamerino, per cinque anni.
Antonio di Gheçço della Chasa, a Vignione per x anni. Uscì di Santa Maria Novella, giovedì, a dì 14 d’ottobre, a ore xviiij°.
Ricoldo di ser Pagholo Riccoldi, a Roma per x anni et non v’andò, rimase rubello.
24 Niccholò Barbadoro
Terrino di Niccholò Manovelli a Perugia per *** anni. Era Ghonfaloniere.
Michele di Ghaleatto Baronci
Bartolomeo di Lorenço di Cresci, morì in chasa il Chapitano della Balìa.
Seghuita confinati:
Francesco di Giovanni Bucielli per x anni a Ravenna; non ne osservò i confini.
Ruberto di Lionardo dell’Antella per x anni inn Anchona. Iacopo di Bernardo di misser Biagio Ghuaschoni.
[…]
Essendo Proposto Pietro del Benino feciono pello j/iij della Balìa: Tutti e Peruççi de’ grandi, etcietto Rinieri e Luigi e altri loro figliuoli. Tutti i Ghuaschoni, e disposti degli ufici di vichariati dintorno in Valdarno. Misser Çanobi in lui ed altri ufici tutti gli altri dentro e di fuori. Andrea di Veri Rondinelli confinato, e llui e’ frategli a sedere.
Piero di Giovanni Panciatichi condannato in f. mille, paghògli infra xv dì e a sedere egli e’ discendenti.
Iacopo di misser Rinaldo
Baldassarre di Francesco di misser Rinaldo Gianfigliaççi, confinati per x anni loro, e tutti i figliuoli di misser Rinaldo e discendenti de’ grandi. Bardo di Francesco di misser Allessandro de’ Bardi fatto de’ grandi e confinato.
Simone di Bindello de’ Bardi arcigrande
Bernardo di Cipriano e ʼl fratello de’ Bardi arcigrandi
Misser Rinaldo di misser Maso degli Albiçi de’ grandi, e ʼ figliuoli et discendenti, e radoppiati e confini: a misser Rinaldo a Napoli, a Ormanno suo figliuolo a ***.
Tutti i Signiori che ssi trovorono a chacciar Chosimo, etcietto Iacopo di Giorgio Betti et Piero di misser Marcho Marchi, tutti gli altri amoniti, et loro disciendenti, e confinati.
A dì vj detto, confinorono: Smeraldo degli Stroççi Çanobi d’Adovardo Belfredelli
Piero di Neri Ardinghelli Piero di misser Vanni Castellani Otto di misser Michele Castellani A dì viiij° e a dì x detto confinorono:
Misser Palla di Nofri degli Stroççi et Nofri suo figiuolo per cinqaue anni a Padova.
Matteo Beniçi Matteo da Pançano
Attaviano di Chiricho Pepi Sandro di Vieri Altoviti Ghuido di Soletto Baldovinetti
Giovanni di misser Rinaldo Gianfigliaççi Stefano di Salvi di Filippo
Matteo di Simone degli Stroççi51.
51
25
Tra le famiglie citate nella lista degli esiliati di Giovanni Cambi52, troviamo anche altri nomi che si aggiungono ai precedenti:
Questi sono e’ Signori chonfinorono Choximo de’ Medici e gli altri, che tutti furono confinati, ecietto che due, cioè Iachopo di Giorgio Berlinghieri per S. Croce, e Piero di Mess. Marcho di Cienni Marchi per AR. per S. Gio.
S. Spirito
Donato di Cristofano Sanini Giovanni di Matteo dello Scielto S. Croce
Corso di Lapo Corsi Setaiuolo S.M. Novella
Bartolomeo di Bartolomeo Spini Mariotto di Mess. Nicholò Baldovinetti S. Giovanni
Iachopo di Gio. Luti Chalzolaio AR
Bernardo di Vieri Ghuadagni Gonf. Di Giust.53.
Nelle liste compaiono nomi eccellenti di famiglie appartenenti all’élite di governo.
Gli Albizzi, la famiglia simbolo per eccellenza del reggimento, furono allontanati dalla città durante il tumulto dei Ciompi e vi rientrarono con la caduta di tale regime. Si dedicarono principalmente alle attività commerciali e furono membri dell’Arte della Lana54. I loro palazzi si trovavano nel quartiere di San Giovanni, nelle attuali zone di Borgo Albizzi, San Pier Maggiore e Via dell’Oriuolo, nel gonfalone Chiavi.
Maso Albizzi (1343–1417), affidato allo zio Piero, intraprese fin da giovanissimo una brillante carriera politica, che venne tuttavia interrotta con i provvedimenti presi dalla Signoria nel 1372 contro la sua famiglia55. Una volta rientrato in patria, seppe sfruttare al meglio le
52
Giovanni Cambi riprende, infatti, le informazioni proprio dal Priorista Petriboni, ma aggiunge altri nomi che deve aver ricavato da un’altra fonte o direttamente dalla Balìa del 1434. CAMBI 1785-86, vol. XX, pp. 198-201.
53
CAMBI 1785-86, pp. 200-201.
54
Numerosi sono gli studi sull’economia toscana in generale e fiorentina in particolare, relativi a questo periodo. Per un approfondimento specifico sulle attività economiche della famiglia Albizzi, si vedano ad esempio l’articolo di Hoshino sugli Albizzi e il loro ruolo all’interno dell’Arte della Lana e l’ articolo di Fabbri sulle gualchiere di Remole, HOSHINO 1980, pp. 305-327; FABBRI 2004, pp. 507-560. All’interno dell’archivio Albizzi, inoltre, nella sezione ‘storica’, resta un registro di debitori di Rinaldo e Luca Albizzi, che copre gli anni dal 1421 al 1429.
55
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proprie capacità di diplomatico e di politico, riuscendo a eliminare l’agguerrita concorrenza degli Alberti e facendone arrestare i capi nel 1392, mentre ricopriva la carica di gonfaloniere di Giustizia. Dalle numerose lettere che gli venivano scritte si deduce che molti facevano affidamento sulla sua amicizia per risolvere controversie, ottenere favori, chiedere appoggi per candidature pubbliche, domandare indicazioni per questioni politiche; questo anche nei periodi in cui né Maso né membri della sua famiglia furono rappresentati ufficialmente all’interno delle magistrature56
.
Rinaldo (1370 - 1442) non ebbe la stessa levatura politica del padre ed era inoltre dotato di un temperamento molto più aggressivo57. Nel catasto del 1427 si collocava tra i primi 25, in ventiduesima posizione58. Sia Maso che Rinaldo furono coinvolti in alcuni eventi spettacolari; ad esempio il primo, nel 1384 partecipò come armeggiatore ai festeggiamenti per la presa della città di Arezzo e nel 1389 fece il suo ingresso in Firenze come Cavaliere dopo aver ottenuto tale dignità a Rodi59; Rinaldo nel 1420 accompagnò in corteo per le strade cittadine papa Martino V in partenza da Firenze e partecipò in qualità di giudice alle giostre del gennaio 1428, insieme a messer Giovanni di messer Luigi di messer Piero Guicciardini, messer Agnolo di Iacopo di messer Donato Acciaiuoli e messer Matteo di Michele Castellani60.
I Castellani furono un’ influente famiglia affermatasi già a partire dal XIII secolo61; Vanni Castellani ricoprì per diverse volte l’incarico di Console dell’Arte della Lana e lo stesso fu per suo figlio Michele62
. I loro palazzi erano situati nel Quartiere di Santa Croce, nel gonfalone
56
BRUCKER 1982, pp. 312-313.
57
Brucker in merito a Rinaldo scrive che «Aveva ereditato il ruolo del padre di capo nominale, ma non possedeva le capacità politiche di Maso, la sua capacità di riconciliare punti di vista divergenti, il suo fine senso dell’opportunità»: BRUCKER 1982, p. 574.
58
MARTINES 2011, TABELLA VI, p. 369.
59
Cfr. Cronologia, in appendice e doc. 41.
60
Cfr. Cronologia, in appendice e doc. 291 e 368.
61
Riguardo i Castellani molto interessanti sono gli interventi di Martines e Ciappelli. MARTINES 2011, pp. 199-209; CIAPPELLI 1995, pp. 219-231.
62
27
del Carro, e comprendevano l’imponente Castello d’Altafronte63. Nel corso del Quindicesimo secolo ben quattro della famiglia ricevettero la dignità cavalleresca: messer Lotto, messer Vanni64, messer Michele e messer Matteo. I Castellani, fra le sette famiglie che avevano più di un rappresentante nel gruppo dirigente, furono quelli che ne detenevano il maggior numero: ben cinque65. In base alle informazioni contenute in un Estimo del 1390 messer Vanni Castellani e i suoi fratelli pagavano le tasse più alte per il Carro, ciononostante a partire dal 1400 sembrò iniziare il loro declino66. Nel catasto del 1427 infatti messer Matteo di Michele di Vanni Castellani risultava possedere 13.234 fiorini, che pur non essendo un importo di poco conto, lo fece comunque scendere in undicesima posizione all’interno del quartiere di Santa Croce. I Castellani strinsero rapporti commerciali con ‘parenti’ e ‘amici’, come Peruzzi, Ricasoli, Rondinelli e Barbadori67 e presero parte a molteplici eventi: nel febbraio del 1382 messer Vanni (metà XIV sec. - 1426) durante la processione per le strade cittadine all’indomani dei rivolgimenti politici che portarono alla caduta del governo dei Ciompi, portò l’insegna di Parte Guelfa spostandosi magnificamente a cavallo68
. Michele armeggiò con Maso durante i festeggiamenti per la presa di Arezzo e due anni più tardi, nel febbraio 1386 organizzò una imponente brigata. Alcuni giovani rampolli della famiglia parteciparono alla giostra del marzo 1392. Anche Matteo (? - 1429) fu tra coloro che accompagnarono Martino V nella sua partenza da Firenze; alla sua morte furono organizzate solenni esequie durante le quali il figlio Francesco (1417 - 1494) fu fatto cavaliere da messer Lorenzo Ridolfi,
63
Nel 1439 ospitò Demetrio, il fratello dell’Imperatore Giovanni di Costantinopoli durante il Concilio.
64
Vanni Castellani fu insignito del titolo di cavaliere il 20 gennaio 1382 insieme a numerosi altri cittadini. Cfr. Cronologia, in appendice e doc 1.
65
Brucker scrive infatti che «Soltanto sette avevano più di un rappresentante in quest’elité: i Castellani cinque, i Guasconi tre, gli Ardinghelli (i fratelli Tommaso e Francesco), i Guadagni (i fratelli Vieri e Bernardo), gli Albizzi (Maso ed il figlio Rinaldo), i Gianfigliazzi (Rinaldo ed il figlio Jacopo) e gli Strozzi due ciascuno». BRUCKER 1982, p. 307.
66
ASF, Estimo, 183, f. 3r.
67
KENT 1978, p. 159. Cfr. Tabella II. ASF, Catasto, 28, ff. 562r, 813r, 836r, 993r; 68, ff, 102v, 146v, 269r, 300v, 309v; 444, ff. 31r, 567r, 660r, 759r, 767r; ff. 215r, 276r, 308r, 314r, 370v.
68
28
messer Palla di Nofri degli Strozzi, messer Giovanni di messer Luigi di messer Piero Guicciardini69.
Nel Carro70, vicino al Castello d’Altafronte in via Vacchereccia, vivevano anche i Baroncelli e i Raugi, due famiglie legate tra loro e con i Peruzzi, sia da legami parentali che da motivi economici, dato che i loro membri ricoprirono un ruolo importante proprio nella Compagnia dei Peruzzi71. Francesco d’Angelo Baroncelli prese parte all’armeggeria per Costanza de’ Bardi nel 1423. I Baroncelli furono privati dei diritti politici, ma non esiliati72; infatti Francesco di Iacopo Baroncelli prese parte alla giostra in onore di Francesco Sforza, organizzata a Firenze nel 143573.
Sempre nel Carro, vicino alla chiesa di Santo Stefano al Ponte, vivevano i Lamberteschi; nel catasto del 1427 Bernardo di Lamberto Lamberteschi (1366–1433) risultava il cittadino più ricco di Santa Croce74. Un membro della famiglia Lamberteschi fu presente in ciascuna delle giostre negli anni Venti del Quattrocento75.
I Gianfigliazzi, pur avendo meno appoggi degli Albizzi, erano legati per matrimonio a famiglie di antico lignaggio come i Bardi76, i Ricasoli77, gli Altoviti78 e i Panciatichi79. Rinaldo Gianfigliazzi (1335 -
69
Cfr. Cronologia in appendice e doc. 387.
70
Cfr. TABELLA I in appendice.
71
KENT 1978, p. 159. ASF, Catasto, 28, f. 899r.
72
RUBINSTEIN 1999, p. 25. Cavalcanti scrisse infatti «Ancora levarono la speranza a tutti i Baroncelli (eccetto a quelli che erano in nome, e non in fatti, di loro)»: CAVALCANTI 1838-39, p. 192.
73
Cfr. Cronologia in appendice e doc. 368, 369, 377.
74 MARTINES 2011, TABELLA V, p. 365. 75 Cfr. Cronologia in appendice. 76 ASF, Catasto, 458, ff. 621r – 624r. 77 ASF, Catasto, 40, ff. 951r – 954r. 78 ASF, Ancisa, f. 767r. 79
ASF, Ancisa, AA, f. 767r. I Gianfigliazzi appartenevano alla nobiltà di torre; possedevano infatti con i Mazzinghi una torre a porta San Pancrazio, SANTINI 1887, p. 33 e 189; KENT 1978, p. 163. «I Gianfigliazzi, iscritti all'arte dei mercanti, una delle arti maggiori, erano una delle più antiche e potenti casate di Firenze, tra le fondatrici del partito guelfo. Nel secolo XIII e nei primi decenni del successivo avevano praticato l'attività bancaria, specializzandosi nei grossi mutui a principi e signori feudali e operando, oltre che a Firenze, nel Sud della Francia; presumibilmente nel corso del Trecento il raggio d'azione e la portata della loro attività finanziaria diminuirono, dal momento che, a differenza di quanto era accaduto in precedenza, non erano più considerati tra le famiglie più ricche di Firenze» ARRIGHI 2000. Un Gianfigliazzi, Bernardo, fu abate dell’abbazia di Vallombrosa dal 1400 al 1422; proprio di Bernardo esistono diverse lettere scritte al cardinale fiorentino Angelo Acciaiuoli, VASATURO 1973, p. 91 e ss.. Cfr. anche BRUCKER 1982, p. 313.
29
1425) fu insignito della dignità cavalleresca nel gennaio del 1382 per volontà della Parte Guelfa e il 1 marzo fu nominato gonfaloniere di Giustizia80; egli aveva una personalità estremamente articolata: buon oratore, fedelissimo del regime, giudice intransigente, interventista in guerra81; alla sua morte nel settembre del 1425 furono organizzati solenni funerali82. Anche il cugino Jacopo (1358–1426) partecipò attivamente alla vita politica dell’epoca e a diverse operazioni diplomatiche in qualità di ambasciatore83. Tra i loro mallevadori84 risultano annotati Cavalcanti, Panciatichi, Rossi e Ricci85.
80
Cfr. Cronologia in appendice. Rivestirà tale cariche in altre tre occasioni: dal 1° luglio 1401, dal 1° luglio 1411 e dal 1° luglio 1419; ARRIGHI 2000.
81
Il Cavalcanti lo descrive in maniere molto vivace e colorita in questi termini: «[rubrica] Il cavaliere Rinaldo Gianfigliazzi, che fu poi si reputato cittadino, era stato nella sua gioventù dissolutissimo, insino a perderne il lume della ragione, i futuri biografi leggeranno con piacere questa novelletta, dove se non il carattere, almeno il suo umore, faceto e un po’ scettico, trasparisce.
[testo] Consumato lo illustre cavaliere di messere Rinaldo Gianfigliazzi la sua gioventute in ogni trasordinamento di stemperata vita, e travalicato in ogni disonesti costumi, non seguitò nè modo nè ordine che a civiltà s’appartenesse. Per li quali così trasordinati modi nella sua garzonitade uscì del sentimento naturale; per lo quale mancamento dal vulgo era giudicato pubblicamente pazzo. Ma poi pervenendo nella sua più convenevole età, riconobbe i suoi usati costumi d’onde era proceduta la sua pazza vita: perli conoscimenti riebbe il vero lume del suo intelletto, e seguitando di venire nel naturale conoscimento, venne il più solenne cavaliere e il più reputato di tutta la Repubblica nostra. Questo cavaliere abbondò tanto di fama d’essere eccellente, che non meno dalle strane condizioni degli uomini era disiderato, che si fusse nella nostra Città reverito per li suoi buoni costumi ed ottimi consigli. La sua autentica eloquenzia il faceva degnamente essere chiamato il gallo. Costui passò tutti gli altri uomini di grazia e di umanità; e sopra tutte le cose, avanzava catuno altro cittadino in perdonare le offese. E questo assai manifestamente si pubblicò nella sua cittadinesca vita e condizione quando una serva di Lionardo di Stoldo Frescobaldi affatturò un suo figliuolo, il quale, per avere tolto donna, il cavò della memoria. Ed essendo alla madre del detto insano dato per rimedio di sì iniquo accidente che dal detto eccellente milite domandasse di quel medesimo rimedio pel suo figliuolo che fece per lui, dal materno amore fu spinta che, come semplice donna, a domandare il detto cavaliere che rimedio aveva usato il perchè fussecosì ottimamente tornato nel naturale conoscimento. Questo sì ottimo uomo cominciò un lampeggiamento di riso, ed aggiunse con un piacevole modo la sua risposta, dicendo: O donna, volete voi a questo vostro figliuolo gran bene come voi mi mostrate? A cui la donna rispose: Non ne domandate, che mai non vi potrei dire tanto, chè molto più è lo infinito amore che gli porto: dal quale tanto maggiore desiderio ho della sua sanità. A queste sì ferventi parole, il cavaliere la consigliò molto cautamente, dicendo: Or lasciatelo stare, e lasciatelo usare la sua vita come la sua fortuna lo mena: però che mentre ch’io stetti in quello sì fatto accidente, mai non ebbi il più bello tempo, però che tutte le cose che io facevo m’erano lecite; conciossia cosa che io non cercavo se non quelle cose di che più mi dilettavo, ed ora m’è negato quello che allora m’era conceduto»: CAVALCANTI 1839, II, pp. 461-462. Brucker scrive in merito a Rinaldo che «L’importanza di Gianfigliazzi era riconsciuta da amici e nemici»: BRUCKER 1982, p. 314.
82
Cfr. Cronologia in appendice e doc. 127 e 360.
83
ARRIGHI 2000.
84
Ovvero chi garantisce l’adempimento di una obbligazione assunta da un’altra persona, una sorta di garante del pagamento.
85
30
Vicino alle case dei Gianfigliazzi, di fronte alla chiesa di Santa Trinita, abitava la famiglia di banchieri degli Spini86. Tramite matrimoni essi si legarono ai Ricasoli87, agli Altoviti, ai Guasconi88. Giovani rampolli degli Spini parteciparono alla giostra del 1392; Cristofano Spini consegnò lo sprone d’oro al signore di Cortona