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Feciono una ricca e bella festa di ballare.

2.2 “Bene a chavallo e belli armeggiatori” 22

2.4 Feciono una ricca e bella festa di ballare.

I balli erano connessi con la spettacolarità in quanto accompagnamento di giostre e armeggerie. Essi, patrocinati generalmente dalle famiglie o dal Comune, venivano organizzati all’interno di eventi che coinvolgevano la presenza di ambascerie e rappresentanti stranieri.

I balli si svolgevano principalmente in Mercato Nuovo e in Piazza della Signoria: si trattava del cuore pulsante della Firenze del reggimento, nel quartiere Santa Maria Novella. Vicini erano il Palazzo della Signoria e il

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Binomio coniato da Fubini. Cfr. FUBINI 1987, p. 119.

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«L’individualismo festivo era la migliore garanzia che il Comune avesse contro il potere familiare. Di fatto l’individualismo ed il potere governativo erano due facce della stessa medaglia»: TREXLER 1988, p. 87.

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palagio di Parte Guelfa, unitamente a una serie di palazzi privati come Palazzo Strozzi, Palazzo Spini, le abitazioni degli Altoviti e dei Buondelmonti.

Niente era lasciato al caso: da un lato la scelta di chi potesse essere ammesso a frequentare tali balli nelle case nobiliari rispecchiava una volontà di selezionare e di escludere, dall’altro lo spostamento frequente del ballo nelle strade cittadine lo rendeva aperto alla partecipazione di tutti gli abitanti.

È presente nelle cronache il riferimento a un ballo nel giugno del 1389 per i festeggiamenti dell’investitura a cavaliere di Maso degli Albizzi138; venne consumato un convito in Santa Croce, e a seguire fu tenuto un ballo proprio a casa degli Albizzi, al quale parteciparono anche numerose dame riccamente vestite:

A d’ XX di giugnio entrò i·Firenze il nobile chavaliere messer Maso di Luca degli A[l]biçi, chavaliere novello, fatto chavalliere a Rodi conbattendo per la santa fede chontra a’ saracini chani, e sopra il chorpo d’uno re saraino ch’egli ucise, fatto fu chavaliere.

Ed entrando dentro alla città di Firenze cho uno schudiere inançi, il quale portava lo schudo alla ghuisa saraina e·lla lancia chon che egli avea conbattuto, ed andato a Santo Giovanni e fata la debita reverençia a l’altare, quivi nuovamente sposò la donna sua. E rimontato a chavallo, chon tutta la citadinança se n’andarono versso Santa Croce, a luogho de’ frati minori, dove quivi magnifichamente la sua nobilissima corte era proveduta per li nobili cittadini ad essa corte invitati.

Era bene fornita di preçiosi e nobili confetti e somamente di nobili vini cholle molte e magnie vivande. E missosi quivi alla prima tavola centotrenta taglieri, i chiostri adornati di nobili chapoletti e di panni lavorati e di molte sarge e grande copia di vasellamenti d’ariento, chome a simile corte si richiede. A casa sua, da casa gli A[l]biçi, si fe’ la corte delle venerabili e vaghe e adorne donne i·grande quantità, fornite magniamente d’ogni oportuna cosa, di suoni, di canti, di dançe e di tutte quelle cose che a simile festa si richiede139.

Nel settembre del 1391 l’occasione per organizzare un grande ballo fu la vittoria di Giovanni Acuto sui soldati di Giangaleazzo Visconti:

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Investitura, come è stato evidenziato, molto discussa e che causò problemi a Maso, il quale fu accusato di tradimento.

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A dì XXV di settembre, lunedì mattina, tre ore inanzi dì, vene uno chavalaro a Firenze cho novelle che la domenicha sera dopo le XXII ore la gente de·conte di Virtù avea levato canpo per andarssene, e che messer Giovanni Aghuto chapitano il sepe, e cholle schiere che avea fatte cho una di IIIᴹ lancie percosse drieto a costoro alla schiera grossa, e dà e togli, finalmente gli ruppe e ucisene asai e presene molti e furovi morti molti fanti a piede, sanesi, pisani, perugini. L’altra brighata si ricolse i Monte Vettolino e per lo paese. E giunta questa novela, nonestante che fusse inanzi dì, tutto il popolo di Firenze si levò gridando: «Vetoria», e subito tutte le vie furono piene di falò e di gran fuochi per somma letizia. Lunedì sera a vespro ci furono le novelle chiare chome quella gente s’era partita e passata su quello di Lucha e preso il Monte San Genaio.

La gente nostra apreso di loro, e gli sbanditi ànno preso il Colle delle Donne, e tutti altri passi erano presi per la gente de l’arme, e sperasi di loro avere gra·vettoria se si vorrano partire. Sonci questa sera lettere de’ morti e de’ presi: per infino a tterza erane già trovati morti CCCCLXIIII uomini e presine CLX gente d’arme e pedoni, che v’erano di buoni chaporali, fra’ quali furono Vanni di ser Iacopo d’Apiano, Papino nipote di ser Iacopo detto, pisani, messer Tadeo del Vermo fratello del chapitano, messer *** da Chamerino. E in questa sera si fecie nella città di Firenze molti falò d’alegreçça per tutte le vie, e ʼl palagio de’ Signiori e·lla torre al palagio del Podestà e quello della Parte Ghuelfa e ʼl campanile della Badia e di Santa Maria del Fiore e di Sancto Lorenzo, e molti balli e danze si feciono per la città di nobile donne, a lume di torchi, per questa somma e gra·vettoria aùta140.

In questo caso le danze si svolsero in generale per le strade della città e si inserirono in un contesto di festeggiamenti assai più ampio; restarono tuttavia fissi alcuni riferimenti alla topografia cittadina: i ritrovi con falò e balli toccarono Palazzo della Signoria, Palazzo del Podestà, Palazzo della Parte Guelfa, Santa Maria del Fiore, San Lorenzo.

A partire dall’inizio del Quattrocento si intensificano le notizie riguardo a balli importanti141, come quelli di cui riferirono il Del Corazza e Francesco di Tommaso Giovanni:

Memoria che addì 10 di febbraio 1414 si fece in Mercato Nuovo una festa di danzare, di donne e di giovani, per una brigata chiamata la brigata della Galea, della qual è messer Carlo di Matteo dello Scelto. Fecesi uno steccato intorno a Mercato; furonvi, si disse, circa a secento donne e gran quantità d’uomini: fu ricca e bella festa. Il dì medesimo la detta brigata feciono bandire una giostra per la domenica di Lazzero vegnente142.

Ricordo che addì 23 di febraio la brigata del Fiore ordinorono una festa: fu la vigilia di berlingaccio. Per danzare in Mercato Nuovo feciono fare lo

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ANONIMO PANCIATICHI 1986, pp. 112-113. Si riferisce al settembre 1391.

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Per le testimonianze relative al Trecento si veda CIAPPELLI 1997, pp. 148-149, in particolare n. 121.

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steccato; e tutti i giovani della brigata, che furono 14, si vestirono d’una divisa, cioè di panno di colore di fiore di pesco, vestiti poco di sotto a·ginocchio, con maniche a gozzi: la manica manca ricamata di perle, cioè un braccio ch’usciva d’una nuvoletta, e gittava fiori su pella manica, e così erano seminati fiori, coi ramoscelli di perle su per la manica manca; le calze del medesimo panno, salvo che la manca era mezza rossa, drentovi ricamato un ramo di fiori di perle.

Il dì sopradetto non feciono niente, però che piovve tutto il dì; e poi che furono vestiti e aconcio il Mercato, feciono levare tutt’i pancali e ogni cosa, e andorono a sollazzo per la terra143.

In entrambi i casi sopra citati i balli furono organizzati all’interno del periodo carnevalesco e secondo alcune ipotesi potevano avere proprio cadenza annuale144. Anche il ballo del 1420 (s.f./1421 s.c.) si svolse in febbraio. Si trattò, in questo caso di una danza estremamente organizzata, che coinvolse numerosi giovani e fanciulle nelle vesti di ballerini e parecchi adulti nel ruolo di giudici dell’evento. I balli prevedevano dunque una struttura complessa che conferiva loro un aspetto di competizione oltre che di spettacolo: vi erano i partecipanti e i giudici che stabilivano chi dovesse risultare vincitore145. Furono predisposti anche dei doni per i vincitori: una ghirlanda su bastone con fermaglio per il miglior danzatore e una coroncina d’argento per la miglior ballerina. I partecipanti erano splendidamente vestiti con stoffe e tessuti preziosi, studiati fin nei minimi dettagli.

E addì 2 di ferraio ‹1420> una brigata di giovani cittadini feciono una ricca e bella festa di ballare: in su la piazza de’ Signori feciono uno isteccato grandissimo; feciono due doni: una grillanda di cremusi in sun un bastone grosso, éntrov[v]i un fermaglietto: e quella si donò a chi meglio danzò de’ giovani; e una grillandetta a modo d’una coroncina d’ariento dorata, overo 143 DEL CORAZZA 1991, pp. 31-32. 144 Cfr. CIAPPELLI 1997, pp. 148-149. 145

«Probabilmente il ballo era di solito limitato ai componenti della brigata e ad un eguale numero di ragazze, ma in almeno una circostanza, per il ballo del Carnevale del 1415, la brigata ospitò circa seicento donne ed un gran numero di uomini. Questi balli erano competitivi e la brigata stessa provvedeva ai premi. In occasione di un ballo organizzato nel 1419, la brigata scelse alcuni uomini per giudicare la danza maschile e quattro donne per giudicare quella femminile. I giudici sedevano al di sopra dell’area del ballo proprio come qualsiasi autorità. La scena attorno alla zona recintata rappresentava così una struttura gerarchica all’interno della quale venivano giudicati i movimenti ed i gesti, socialmente prescritti, del ballo»: TREXLER 1988, p.88. Si segnala una discordanza sulla data: secondo Trexler si tratta del 1419. Secondo la cronologia approntata per questa tesi, i riferimenti portano a considerare valida la data 1420 (s.f./1421 s.c.). Anche Ciappelli nel suo saggio avvalora questa ipotesi. Per una chiarificazione esaustiva in merito al computo delle date di questo ballo e degli altro sopra citati si veda CIAPPELLI 1997, p. 150 n. 123.

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collare: e quella donorono a chi meglio danzava delle giovani e fanciulle. Elessono quattro donne che avessino a giudicare l’onore delle donne, e stettono a sedere alte come giudicatori; e così elessono chi avesse a giudicare quello de’ giovani. Quello delle donne dierono alla figliuola di Filippo …d’Amerigo del Bene, e quello de’ giovani al figliuolo di Bernardo Gherardi. Questa brigata furono 14, e vestirono di cremusi foderati di dosso di vaio, e rimboccato di fuori più di 1/2 braccio, con un grillo grande di perle in sul braccio manco, con cappucci grandi frappati bianchi e rossi e verdi, e calze divisate con nuove divise bianche e rosse e verdi, ricamate di perle. El signor fu … di Agnolo di Filippo di ser Giovanni; venne con un vestire di cremusi ispandiante, aconcio a sedere dalla Mercantìa, molto signorilmente con molti capoletti e tapeti.

E per molto ballare dierono due volte bere con confetti:venivano giovani 22 con 22 confettiere piene di treggea e pinocchiati, e con nobili vini, e poi feciono l’ultima volta, cioè la terza volta, con zuccherini. Poi, dato l’onore, feciono giostrare in sulla detta piazza con lance lunghe, senza iscudo, con elmetti e armadura da soldati. I pinocchiati furono la prima volta inarientati, e la seconda furono dorati. Il lunedì seguente addì 3 andorono tutti insieme a cavallo per Firenze, in su cavalli grossi. Dicesi che questa fussi delle bell’e ricche feste che si facessi mai a Firenze, di simile cose, cioè di ballo146. Ricordo come fino adì [vacat] di febraio 1420 (1421 s.c.) io Francesco Giovanni fui della brigata del Papagallo che ne fu signore Filippo di Filippo di messer Simone Tornabuoni et fummo in tutto 9 giovani. Vestimoci di domaschino verde con rachami di perle in sulla manicha et con calze a divisa con perle. Facemo uno ballo in Mercato Nuovo et la sera armeggiamo quivi et in più luoghi per Firenze ciascuno alla dama sua147.

Questo ballo, che si tenne in concomitanza dell’armeggeria d’amore, fu organizzato dalla brigata del Pappagallo, di cui fu signore – e dunque finanziatore – Filippo di Filippo di messer Simone Tornabuoni. Le opinioni su chi finanziasse i balli sono tuttavia contrastanti e si dividono tra coloro che sostengono che essi avessero un carattere strettamente privato e coloro invece che propendono per la tesi del finanziamento per la maggior parte pubblico148.

Nel Francesco di Tommaso Giovanni si trova successivamente il riferimento a un ballo organizzato per l’arrivo di Francesco Sforza. In questo caso egli specificò come l’ente promotore del ballo fosse proprio la Signoria:

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DEL CORAZZA 1991, p. 33.

147

Francesco di Tommaso GIOVANNI, strozz. II 16, c. 3v.

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Il riferimento è in particolare a Trexler, il quale riconosce ai balli come alle armeggerie una connotazione prettamente privata, e a Ciappelli, il quale obietta che non si possa attribuire carattere privato ai gruppi e alla brigate che organizzavano questo generi di eventi. Cfr. TREXLER 1980 (b), pp. 225-230 e CIAPPELLI 1997, pp. 150-152.

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Ricordo che adì [vacat] d’ottobre 1435 io Francesco in compagnia con Antonio d’Amerigo de’ Medici, Iacopo di Cino Rinuccini et Bartolomeo di ser Benedetto Fortini, fumo diputati da nostri signori sopra ordinare una festa per honorare il magnifico conte Francesco Sforza.

Ordinamo uno ballo in sula piaza de’ Signiori et inducamo a vestirsi di zetani chermisi a una divisa 17 giovani cioè: Filippo di Francesco della Luna, che fu il signiore, Piero di Cosimo de’ Medici, Piero d’Andrea de’ Pazi, Piero di [vacat] Panciatichi, Antonio di Lorenzo della Stufa, Adovardo di Giovanni Portinari, Nerozo di [vacat] degl’Alberti, Nofri di Nicholò Busini, Bonsignore di [vacat] Foraboschi, Francesco di Benedetto di Lippaccio de’ Bardi, Nicholò di Piero di messer L. Ghuiciardini, Iacopo di Giovanni Teghiacci da Siena, Francesco di [vacat] Quaratesi, Francesco di Iacopo Baroncelli, Ruberto di Giovanni Altoviti et [vacat] di Giovanni Luigi dal Fiesco. Pagamo loro, alle spese del comune, per lo stecato fiorini 10, et libbre 245 di pinochiati arientati et dorati et fiaschi 90 di trebiano et tutte spese di portatori et altre cose necessarie.

Era ordinato il ballo in sulla piaza de’ Signiori domenica adì 13 di novembre, dipoi perché piovve s’andò nella logia et ivi a grande fatica si fe’ un poco di festa presenti i signiori e il conte F. Sforza e fessi solo una collatione. Dipoi ordinamo nella sala de’ Servi et mercoledì adì 16 vi vennono molte donne et il conte et molti forestieri et fevisi bella festa. Dipoi giovedì la detta brigata misse in campo 2 giostranti sotto uno stendardo che fu Nerozo degli Alberti et Adovardo Portinari, covertorno di valescio rosso con ragnatele di stagno. Ebbe il dono uno compagno del conte149.

A dì *** d’ottobre venne in Firençe il conte Francesco di Sforça con più huomini d’arme, et per lo Comune et Signioria di Firença gli si fé le spese in venire a stare et in andare per lo terreno de’ Fiorentini. Ballossi in sulla piaçça de’ Signiori, nella sala de’ Servi, et di donne le più onorate et vestite della città, et giostrossi due volte in sulla piaçça di Sancta Crocie, la prima per dono uno bello elmetto con ***giostranti di famiglia e onorati huomini della città, e il secondo***150.

Addì 12 <novembre> 1435 feciono un ballo, in sulla piazza de’ Signori, una brigata di giovani: furono 16; il messere fu il figliuolo di Francesco di Pierozzo della Luna. Feciono lo steccato in su detta piazza, dalla Mercatantìa: i Signori e il conte Stefano alla porta del Duca. Fuvi gran quantità di donne. Piovve e non poterno compiere il ballo. Andorone in la loggia i Signori, il conte e tutte le donne e ʼl messere; non diènno l’onore quel dì. I giovani vestirono zetani pieno in cremusi foderati di dossi di vaio, con l’orlo di fuori, lungo un terzo di braccio, con calze a divisa di più colori, con ricamati e con perle151.

Questo riferimento relativo all’intervento della Signoria, unitamente alla mancanza di riferimenti nominativi alle eventuali famiglie organizzatrici e al ricorso a nomi di fantasia per le brigate partecipanti,

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Francesco di Tommaso GIOVANNI, strozz. II 16, c. 11v.

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PETRIBONI 2001, p. 272. Si riferisce all’ottobre 1435.

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hanno fatto propendere per l’idea del finanziamento pubblico152

. Nondimeno questo cambiamento nella gestione dell’organizzazione dell’evento, che si nota nella descrizione di Francesco di Tommaso Giovanni, potrebbe essere riconducibile proprio a un avvicendamento di potere al vertice, con l’inserimento da ormai un anno di Cosimo de’ Medici.

Difficoltoso quindi alla luce delle fonti a disposizione poter chiarire quale delle due ipotesi sia più attendibile o se ci sia una alternanza tra le due; quello che si può affermare con certezza è che il ballo rappresentava comunque un momento aggregante/aggregativo in quanto dimostrazione di unione tra giovani che, futuri membri della classe politica, davano un’idea di unità ma anche di una sorta di collegialità del potere: ethos aristocratico – ethos civico153. Le tensioni venivano fatte confluire nell’ethos civico della costruzione del potere, in una sorta di Versailles ante temporum, intendendo con ciò garantire una protezione ai sostenitori del regime, e non condividere il potere all’interno del regime stesso. I balli pertanto costituivano un’ulteriore rappresentazione a più livelli della stratificazione politica. In virtù di ciò vi era chi poteva accedere alla gestione della struttura civica, chi poteva usufruire di una protezione da parte di essa, chi invece poteva essere osteggiato e chi radicalmente allontanato. È interessante il concetto di regime inteso come famiglia. In questo senso ci sono membri di maggiore e minore spessore, fazioni ed elementi isolati.

Ancora da approfondire è il contributo della donna a questo tipo di feste: la scarsità di riferimenti nei cronisti dell’epoca, più interessati alle figure e al ruolo maschile, documenta in maniera del tutto marginale la partecipazione femminile e causa una difficoltà nell’apprezzare il valore e

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CIAPPELLI 1997, p. 151.

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Trexler commenta che i giovani rampolli delle famiglie preminenti che partecipavano ai balli «vedevano nella uniformità espressa dalla livrea la non-individualità d’immagine della generazione politica del domani. Erano giovani che, vestiti da un signore, eseguivano giochi onorevoli in armonia e senza rancore. Benché nella danze fossero a contatto con le donne, essi mantenevano comunque il proprio

decorum, e si poteva ben sperare che questo si sarebbe rafforzato nella più virile pratica dell’armeggeria e

nelle loro future vite di cittadini adulti»: TREXLER 1988, p. 89. Parallelamente Neville riflette sul rapporto politica- arte, instaurando un parallelismo per quanto riguarda politica e danza, infatti «the same lack of distinction applied to dance and politics during this period: dance was part of the political process in a way that is often difficult to appreciate today, when the two are viewed as distinct worlds. Dance, especially when combined with music and poetry, was seen as a reflection of the harmony of the universe»: NEVILLE 2008, p. 1.

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la portata di queste presenze effimere eppure di grande spessore sociale (e in seguito anche politico). La presenza femminile, che era comunque numerosa a tali eventi, lascia pensare inoltre che si trattasse di occasioni adatte alle fanciulle da marito affinchè si sposassero nel giro di breve tempo. Il ballo era forse la migliore opportunità per sancire legami matrimoniali che riflettessero alleanze familiari ed avessero, conseguentemente, una funzione di «socializzazione ritualizzata»154. Questo tuttavia potrebbe essere un ulteriore indizio dell’interesse da parte delle famiglie nell’organizzazione di tali eventi e nella selezione dei partecipanti155.

La donna infatti aveva il ruolo di allietare la società e questo dovette essere ben chiaro a Lorenzo e Cosimo de’ Medici quando essi sovvenzionarono un banchetto per il principe di Salerno e il conte di Urbino, in concomitanza agli eventi ufficiali organizzati dal reggimento. Il palazzo dei Bardi fu il luogo deputato a ospitare questa festa ‘privata’, alla quale vennero invitate le undici donne più belle di Firenze; esse evidentemente rappresentavano nel migliore dei modi la città stessa, luogo di nascita del Dolce Stil Novo e della più soave poesia d’amore:

Domenicha, a dì xxvj di giugnio 1429 Larione di Lippaccio de’ Bardi nel palagio de’ Bardi in Firençe convitò xl donne delle più belle e nominate della terra, et dette mangiare la mattina e sera al principe di Salerno, e al conte d’Urbino, e a molti signiori che allora si trovorono in Firençe, e alle dette donne. E tutto il dì feciono bella festa insino alla sera. E il dì piovve due volte grande acqua, et convenne che in chasa stessono tutti; alle spese di Cosimo et Lorenço de’ Medici si tiene si faciessi la spesa et convito che ssi fé in nome del Larione156.

Il quale Ilarione era stato precedentemente omaggiato di un’armeggeria rivolta alla propria figlia Costanza nel febbraio del 1423157

.

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CIAPPELLI 1997, p. 153.

155

Contrariamente a quanto sostenuto da Ciappelli e in concordanza invece con la tesi di Trexler.

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PETRIBONI 2001, pp. 222-223.

157

«Ricordo che adì 8 di febraio 1422(s.f./1423 s.c.) io Francesco Giovanni primo feci una armegeria