2.2 “Bene a chavallo e belli armeggiatori” 22
3. CERIMONIE SOLENNI E FESTE RELIGIOSE.
3.5 Fugli fatto grande honore: la celebrazione funebre tra valenza cavalleresca e affermazione politica.
La civiltà fiorentina degli anni del reggimento si prospettava come una società tesa verso la ricerca di una normalizzazione e omogeneizzazione della rappresentazione di se stessa e del proprio corpo politico.
La presenza infatti dell’entourage del potere nei momenti salienti della vita cittadina è stata mostrata attraverso una ricchezza di documentazione, spaziando dalle feste cavalleresche a quelle civiche, a quelle più strettamente ecclesiastiche. Fin dalla fine del Trecento, anche il momento della morte diventò occasione cerimoniale importante, in cui si fissarono elementi e forme a scopo autocelebrativo ed encomiastico della città che si rappresentava, e più in particolare dei clan preminenti123.
Nella descrizione delle esequie di messer Giovanni Acuto, comandante delle truppe fiorentine nella guerra contro i Visconti e morto nel 1394, emergono tutti gli elementi che si sarebbero consolidati e ripetuti negli anni a venire, ogni volta che fosse stato necessario celebrare la morte di un personaggio preminente per la città. Il corpo fu esposto in San Giovanni; il venerdì mattina venne collocata in Piazza
123
Questo dato è messo chiaramente in evidenza dall’opera di Strocchia, che considera i cambiamenti e la distribuzione del potere, i modelli del patronato politico e le relazioni complesse che emergono tra uomini e donne, stato e famiglia, e nei vari strati sociali, illustrando «the ways in which ritual constructed and communicated a variety of social and cultural categories and understandings, ranging from definition of kinship and gender roles to forms of patronages and political domination»: STROCCHIA 1992, pp. xiv- xv. Considerazioni sul rapporto tra la morte e i suoi riti come occasione di celebrazione delle famiglie e di ostentazione dello status raggiunto sono presenti nel saggio di Mineo relativo ai rapporti tra morte e aristocrazia, MINEO 2007, pp. 153-180. Altri aspetti che coinvolgono la sfera della morte e dei riti ad essa connessi nella Firenze rinascimentale, che tuttavia non possono essere presi in considerazione in questa sede, sono il ruolo svolto dai fanciulli e dai giovani. Si rimanda allo studio di Ciappelli, il quale esamina il fenomeno polisemico della violenza che i giovani fiorentini mostrano nei confronti dei cadaveri di uomini giustiziati, in particolare di quelli accusati di tradimento; CIAPPELLI 1997, pp. 244- 256.
178
della Signoria la bara predisposta per ospitare la salma, riccamente adornata con drappi dorati e rossi, e con bandiere recanti l’arme del Comune, del Popolo e della Parte Guelfa. I Signori e i membri dei vari Collegi si riunirono nella suddetta piazza, mentre i rappresentanti del clero in Santa Maria del Fiore, da cui partirono in processione attraverso Via Calimala, Mercato Nuovo e Via Vacchereccia. In questo modo gli ecclesiastici si ricongiunsero con i presenti in Piazza della Signoria e da lì la bara vuota fu infine portata in processione verso San Giovanni.
Mercoledì a dì XVIII di marzo morì i·Polvirosa il venerabile chavaliere messer Giovanni Aghuto. Fecieli il Comune grandissimo honore di bandiere e di chavagli choverti, e di cera. Rechossi il corpo suo in Firenze il giovedì sera, e stette la notte i·Santo Giovanni i·sun uno palcho, il quale si fe’ sopra la fonte grande de·batessimo, e sopra il palcho uino descho cho·molti vai e drapi, sopra i quali istette il corpo suo per infino al venerdì mattina, e senpre su questo palcho arsono trenta doppieri. E ’l giovedì sera tutte le chanpane delle chiese di Firenze sonarono tre doppi a morto di comandamento de’ Signiori Priori, e così il venerdì mattina. E ’l ve[ne]rdì mattina a dì XX di marzo, s’enpié intorno alla piaza de’ Signiori di panche da morti, e quivi si raghunò la moltitudine de’ cittadini, e’ Signiori cho’ loro Cholegi in su la ringhiera, e nella logia i cavalieri e’ giudici e’ medici, e ’n sulla piaza uno gran descho coperto di molti vai, e ’ntorno al descho di molti tapeti, e sopra il descho una bara coperta di molti vai e drappi ad oro, e molti drapeloni intornovi apichati. E tutto il cherichato si raunò a Santa Maria del Fiore, tutti cholle chotte indosso, nel numero di dugento fra prelati e preti, e tutti e’ riligiosi delle reghole di Firenze, che furono per numero trecento religiosi, e tutto il coro di Santa Maria del Fiore pieno di torchietti, e a piè de l’altare magiore una grandissima chapanna piena di torchietti grossi e picholi. E partendosi il cherichato da Santa Maria del Fiore cholla croce, ne venono per Chalimala tutti ordinatamente, e a lo ’ntrare di Mercato Nuovo erano molte zane di torchietti e di grosse chandele, e ‹a› ciaschuno sechondo il grado gli era porta la cera i·mano. E passando per Vachereccia su pe·la piaça a piè della ringhiera, sciesero dalla Mercatantia, e oltre dal palagio del Podestà versso Santo Giovanni n’andorono. E passato il chericato la piaça, molti venerabili chavalieri presono la bara che era in sulla piaza e chon essa in collo seghuirono il chericato, e dopo la bara e’ Cholegi con tutta l’altra cittadinanza. E giunti a Santo Giovanni presono il detto corpo e misolo ne la bara e portarolo in Santa Maria del Fiore, e inanzi al corpo dugentocinquanta doppieri accesi, e quivi messer lo veschovo Nofrio fecie l’uficio al detto chorpo, e sopelissi nel mezo del choro, a piè dello altare, ed ebevi XIIII chavalli choverti124.
124
179
Anche la cronaca dello Pseudo Minerbetti ricorda le esequie con dovizia di particolari:
CAPITOLO XXVIII. – Come messere Giovanni Acuto, capitano di guerra del Comune di Firenze morì e fugli fatto dal Comune grandissimo onore e fu seppellito in Santa Maria del Fiore.
Del mese di marzo, essendo messer Giovanni Acuto capitano di guerra de’ Fiorentini, il quale allora era a uno suo luogo fuori della città malato, e a dì sedici di marzo d’un subito accidente che gli venne, si morì. E per li Fiorentini fue diliberato di fargli grande onore di sepoltura per molte cagioni, e li Priori si elessono cittadini, li quali avessono a ordinare di fargli il più onore che si potesse non riguardando a niuna spesa; e così comandaro loro che facessono. E ancora ordinaro li Signori che fosse sepolto allora nel coro di Santa Maria del Fiore, e che poi si facesse nella detta chiesa una sepoltura di marmo con molti intagli onorevole, alta nel muro della chiesa; e così po…. Li cittadini eletti a fare gli onori ordinaro che a dì venti di marzo tutti li cherici della città fossono nella detta chiesa, e che la detta chiesa fosse nel coro e negli altri luoghi atti a ciò tutta piena di torchi accesi, quando il corpo vi fosse recato, e che ancora l’arca fosse grandissima e tutta piena di torchi accesi; poi ordinarono che ’l figliuolo fosse vestito di nero, come si convenía, e la moglie e le figliuole e tutta la sua famiglia, che fu grandissimo numero. Poi fu posta su la piazza de’ Signori la bara, la quale fu adornata di drappi a oro ricchissimi e di velluti vermigli tutti, e li Signori vi mandarono tre bandiere e nell’una era l’arme del Comune e nell’altra l’arme del popolo, e uno stendardo dell’arme del Comune e le targhe che a quello si confaceano e un elmo con un cimiero ch’era uno lione d’oro con uno giglio in mano, e cento grandi doppieri accesi di cera. E li Capitani della Parte Guelfa gli diedono un pennone coll’arme della Parte Guelfa e uno elmo con uno cimiere coll’arme della Parte Guelfa e venti doppieri. E li Sei della Mercatanzia vi mandaro venti doppieri e poi vennero colle capitudini al corpo, e li suoi feciono più bandiere dell’arme del detto messer Giovanni Acuto e pennoni e l’elmo col cimiere, e ’l pennone dell’arpia e la spada e la sua targa, e tutte le cose feciono onorevoli quanto si possono fare, e feciono tutti i cavalli covertati colle sopra dette cose portavano a numero quattordici. E tutte queste cose raunate in su la piazza de’ Signori, fue la bara da’ cavalieri di Firenze, ché tutti v’erano raunati, portata là dov’era il corpo del detto messer Giovanni, e fu posto in su la detta bara, scoperto il corpo suo vestito d’un drappo d’oro, e poi ne fu levato e recato da loro e posto in su la fonte di San Giovanni, come era ordinato; e quivi fu pianto dalle donne in presenza di tutto il popolo di Firenze, però che gente assai v’era venuta a vedere, e serrate tutte le botteghe per la terra; e la fonte di San Giovanni era tutta coperta di drappi a oro. E di quindi fu portato il corpo in Santa Maria del Fiore: quivi posto sotto l’arca; e fu per la chericeria detto l’officio de’ morti e predicato di lui grandissime cose che fatte avea; e poi, ogni onore compiuto, fue il corpo seppellito nel luogo per allora ordinato; e li Signori e ’l popolo si tornaro a casa con atto viso125.
125
180
Una delle consuetudini che si affermarono assai precocemente fu l’esposizione della bara vuota su un palco coperto di drappelloni e circondato da candele e ceri accesi. L’uso di questi oggetti di devozione non era casuale in quanto segnale evidente di ricchezza: la cera infatti, molto costosa durante tutto il Medioevo, rappresentava una delle voci più sostanziose nelle spese delle cerimonie funebri126. Drappi e bandiere si trasformarono ben presto in un’occasione per mostrare armi e insegne cavalleresche. Era evidentemente importante per le varie istituzioni comparire ed essere riconoscibili di fronte al popolo riunito: si trattava infatti del segno di un potere in grado di curarsi dei propri cittadini dalla nascita alla morte, capace di garantirne il benessere in vita e assicurarne una degna sepoltura. Le esequie di uomini illustri divennero in questo modo, uno dei mezzi per costruire una rappresentanza politica, grazie alla partecipazione e al coinvolgimento delle diverse componenti sociali: le magistrature, il clero, i privati cittadini, ciascuno per la propria parte contribuiva con omaggi ad onorare la memoria del defunto127. Un intervento così incisivo dei Signori, dei Capitani di Parte Guelfa, dei membri della Mercanzia ribadiva i legami di tali istituzioni con il defunto, che aveva onorato la Repubblica fiorentina con le sue imprese, e di riflesso ne celebrava la potenza e ne confermava la validità delle scelte politiche. I funerali
126
Per un approfondimento sulle spese di cera nelle celebrazioni funebri, interessante è il saggio di HENDERSON 1988, pp. 383-394, in particolare p. 386. Per il costo che i vari tipi di cera avevano, si vedano invece SAPORI 1967, vol. III, p. 51 e MELIS 1972, p. 306.
127
La Strocchia, prendendo in considerazione la costruzione di una forma rituale delle Esequie a Firenze nel tardo Trecento, sottolinea il ruolo fortemente drammatizzato dei partecipanti che intervengono non come ascoltatori ma come attori, scrivendo in merito alla funzione delle celebrazioni della morte dell’Acuto: «His funeral crystallized the major themes of ceremonial politics in the final decades of the Trecento. As a celebration of communal pride, Hawkwood’s death rites posed a lesson in loyalty and civic legitimacy against outside threats, as well as quelling those dangers closer to home. This cooperative venture, in which an aggregate of honors resulted in a spectacular sum, strenghtened and made visible a corporate ethos. Hawkwood’s funeral was a high moment in an emergent civic ritual by which the commune created its heroes and reinvested meaning in significant civic spaces. Central to this event was a procession in which the penchant for excess created an ideal image of communal power, a striking picture both of the triumph of flamboyance and of the commune triumphant. It was also a ceremony in which verbal discourse, whether in square or church, played only a minimal role. Civic ritual of the late Trecento embodied its rhetoric less in the formal discourse of orations than in the discourse of custom, gesture, and action. In contrast to the nascent humanism that would soon transform Florentine culture, Hawkwood’s civic tribute was an enactment in which the whole polity participated not as listeners but as actors»: STROCCHIA 1992, pp. 81-82.
181
dell’Acuto rappresentarono un momento di solidarietà comune che coinvolse tutta la cittadinanza, anche in virtù degli spazi scelti: Piazza della Signoria e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, dove fu sepolto. La cerimonia fu un tentativo su larga scala di mostrare strategicamente le componenti sociali, che si confrontarono riconoscendo e accettando le posizioni di ciascuno.
La stessa sequenza rituale individuata per le esequie di Giovanni Acuto si ripeté pochi anni più tardi nel 1395 in occasione della morte di Vieri di Cambio de’ Medici. La bara venne prima esposta in Mercato Vecchio e poi fu portata a casa di Vieri in Borgo San Lorenzo, con un nutrito seguito di persone «tutti valenti e gran cittadini», oltre ai quali si susseguirono cavalli e cavalieri con le bandiere e le insegne delle varie parti: una vera e propria immagine vivente della città, una corrispondenza fondamentale per il disegno politico, fondativo, dei vari clan. Il Comune, i Signori, i Capitani di Parte Guelfa furono coinvolti nella creazione di una cerimonialità pubblica in grado di suscitare un sentimento di commozione, compartecipazione collettiva e appartenenza cittadina. Così ricorda queste esequie l’Anonimo Panciatichi:
Domenicha a dì XII di sette[m]bre morì messer Veri di Canbio de’ Medici, per lo quale si fa grande aparechiamento di fare onore al corpo suo.
Lunedì sera a dì XIII dopo la grossa sonorono molte chanpane di molte chiese per la vigilia sua, e massimamente Sancta Maria del Fiore detta Santa Liperata.
Martedì a dì XIIII e’ Medici puosono una bara in sun uno descho in sul canto loro, i·Mercato Vechio, fornita di molti drappi ad oro, cho·molti drapeloni intorno, d’arme di Comune e di Parte Ghu[e]lfa e la loro. Poi intorno alla bara otto uomini vestiti di nero, suoi famigli. Poi a Santo Tomaso erano molti chavalieri, e a piè di loro, due suoi figliuoli picholi, vestiti di nero, e i·loro conpagnia XVI loro consorti tutti vestiti di nero, e otto famigli a chasa, intorno al chorpo. E pocho stante venne uno maçi[e]re de’ Signiori in sun uno chavallo chovertato de l’arme del popolo e una targia e una bandiera delle dette arme, e drieto a lui uno, sun uno chavallo choverto de l’arme della Parte Ghu[e]lfa chon una targia e uno gran penone delle dette arme della Parte Ghu[e]lfa. Poi drieto a loro sei chavagli: due covertati delle loro arme chon due bandiere, e uno chovertato cho uno penone e uno chol cimiero suo, ciò era la morte, e uno a chavallo con tutte l’arme sue, e uno a chavallo con pano scarlatto con
182
una fodera di vaio, che·ssi puose in Orto San Michele chome mercatante. Poi giunse XXIIII torchi acesi, cho inumerabile numero di gente, tutti valenti e gran cittadini, poi i chalonaci di Duomo con tutto il cherichato. E g[i]unti a casa sua in Borgho Santo Lorenzo, ivi trovarono il corpo suo sun uno richo letto, chon una cioppa di sciamito indosso e una beretta di scharlatto foderata di vaio in chapo e una cintura fornita d’ariento orata, chon una choltelessa chon ghiere d’ariento orate e cogli sproni dorati i·piè. E così fatto il misono nella bara, poi molti chavalieri presono la bara e portarolo i·Santa Maria del Fiore, dove ivi era una chapanna tutta piena di torchietti acesi, e tutto il coro pieno di torchietti acesi, e tutto il chericato e’ reli/giosi cho’ torchietti acesi i·mano. E giunti quivi, misono il corpo sotto la capanna e, fatto l’uficio, si sopellì.
Mercoledì mattina a dì XV si fe’ l’uficio suo, al quale furono molti cherici e riligiosi a dire le messe e l’uficio, e tutti co’ torchietti in mano, di meza libbra o di più sechondo il grado suo, e poi molti cittadini e molte donne al detto uficio, e l’archa sua nel mezo del choro choperta d’uno drappo ad oro ed intorno e’ drapeloni e IIII stanghe in quadro piene di torchietti acessi e XXIIII dopieri acesi intorno alla detta archa, XVI famigli vestiti a bruno intorno alla detta archa, e tutto il coro pieno di torchietti acesi, e da l’altra parte moltissime donne, fra le quali erano le figliuole e·lla moglie sua. E furono e’ vestiti a bruno, fra uomini e donne, sesantaotto, e chonpiuto l’uficio, ciascheduno si tornò a chasa sua e fu compiuto l’onore128.
I funerali di Giovanni Acuto e di Vieri di Cambio de’ Medici offrono numerose analogie con gli ingressi solenni di personalità importanti o di reliquie sacre, sia per quanto riguarda la presenza dei cavalieri, che per la pratica dei doni e delle offerte129. Stendardi, pennoncelli, spade, cavalli bardati, emblemi corporativi, giovani abbigliati secondo un criterio preciso e riconoscibile si trovarono sia nelle processioni ecclesiastiche che nelle cerimonie di pubblica investitura130.
128
ANONIMO PANCIATICHI 1986, pp. 179-181. Si riferisce all’anno 1395.
129
Questa prospettiva passerà anche ai secoli successivi. Ricci, ad esempio, ha studiato le circostanze della morte di Ercole II d’Este (1559) e ne ha analizzato ogni particolare, tra cui la processione funebre, la cui pompa è messa in rapporto proprio con le cerimonie di intronizzazione. Cfr. RICCI 1998. Questo fatto viene sottolineato anche da Mamone, la quale scrive che «Nella civiltà fiorentina, infatti, il cerimoniale della vita e quello della morte sono identici, lo spettacolo della vita e quello della morte vengono trattati con gli stessi strumenti (e con scopi non dissimili)»: MAMONE 2003, p.108, e da Strocchia che commenta in questo modo «Political considerations also played a role in the selection of symbols. The symbolic power of a funerary object was determined less by its material value than by the recognized messages of public authority and legitimacy it communicated, primarily by means of the corporate insignia and family coats of arms emblazoned on objects. The importance of these makings to both funerary practices and Florentine social relations more generally can hardly be overstated»: STROCCHIA 1992, p. 32.
130
Un esempio di processione ecclesiastica è quella organizzata per l’arrivo del Cardinale Orsini: «A dì 30 di marzo <1426> ci venne il cardinale degli Orsini: andorongli incontro tutte le processioni de’ frati e di Santa Maria del Fiore, i confalonieri, e molti grandi cittadini e molti giovani a cavallo, l’arcivescovo di Firenze, il vescovo di Fiesole, l’abbate di Sant’Antonio e molti abbati. I Signori gli donarono uno