2.2 “Bene a chavallo e belli armeggiatori” 22
2.3 Le giostre e i tornei: l’immagine guerreggiante delle famiglie.
Ferir torniamenti: torniamenti si faceano, quando si convenivano volentorosamente li cavalieri a combattere dentro ad uno palancato, fatto a modo di steccato, per acquistare onore, nel quale torniamento l’uno ferisce l’altro a fine di morte, se non si chiama vinto; e questo ancora vide l’autore nostro. E correr giostra: giostra è quando l’uno cavaliere viene contra l’altro, o ver corre, con l’asti broccate col ferro di tre punte, ove non si cerca vittoria se non dello scavallare l’uno l’altro; et in questo è differente dal torniamento, ove si combatte a fine di morte molti insieme contra molti insieme; e queste cose vide tutte fare l’autore57
.
Il torneo definito come un combattimento collettivo (torneare dal francese tourner: girarsi intorno) aveva luogo in uno spazio piuttosto ampio: uno scontro armato tra squadre o coppie di cavalieri, durante il quale veniva messa in mostra l’abilità coreografica dei contendenti58
. Esso si svolgeva generalmente all’interno di un recinto in modo tale che lo spazio del combattimento fosse ben circoscritto. Venivano lateralmente allestiti palchi e gradinate per il pubblico, i giudici e gli eventuali ospiti d’onore.
Le squadre percorrevano lo spazio del campo, venivano esaminate dall’araldo delle armi e infine iniziavano lo scontro. Il torneo sembrava prevedere dunque una successione di sequenze che seguivano un codice prestabilito e noto sia ai torneanti che al pubblico in base al quale, secondo alcuni studiosi, si può parlare di andamento narrativo59.
L’unico torneo definito come tale nelle fonti del periodo analizzato fu quello che si svolse in Piazza Santa Croce il 12 maggio 1392:
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Brano tratto dal commento alla Divina Commedia scritto da Francesco di Bartolo da Buti (1324 - 1405; egli ultimò il suo commento nel 1395, dopo un ciclo di lezioni iniziate nel 1385): cfr. Francesco DA BUTI 1858, p. 569. Esso è riferito ai versi 1-6, Canto XXII dell’Inferno: «Io vidi già cavalier muover campo,/ e cominciare stormo e far lor mostra,/ e talvolta partir per loro scampo;/ corridor vidi per la terra vostra,/ o Aretini, e vidi gir gualdane,/ fedir torneamenti e correre giostra». Cristoforo Landino, altro commentatore quattrocentesco (1424 - 1498), scriveva così: «Torniamenti e giostre sono esercizi militari, fatti per feste e giuochi, per dare diletto a’ popoli. Torniamento è quando le squadre vanno contra l’una a l’altra, e representano una spezie di battaglia. Giostra è quando l’uno va contro all’altro a corpo a corpo e representa battaglia singulare» Il Comento sopra la Comedia è stato edito da Paolo Procaccioli (Cristoforo LANDINO,Comento sopra la Comedia, I-IV, 2001, p.801).
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BARBER 1989.
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E in questo dì60 a suono di tronbe si prolunghò il torniamento, il quale si dovea fare a dì XXI d’aprile prosimo pasato, e prolunghossi per infino a dì XII di magio prossimo che viene; e questo prolunghare s’è fatto perché quello dì s’era fatto uno altro torniamento i Lonbardia e perché molti signiori lonbardi debono venire a torniare i·Firenze61.
[…]
Domenicha a dì XII di magio si fe’ i·sulla piaça di Sancta Croce il bandito torniamento, e furono e’ torniatori quaranta uomini tutti bene armati e bene a chavalo, cioè XX per parte, l’una parte vestiti con sopraveste di drappo vermiglio, e l’atra parte di drappo biancho. E giunti dentro a’ serragli, l’una parte pose sua bandiera da l’una parte dello stechato, e l’atra parte da l’altra, e quivi cominciorono la çuffa cholle spade i·mano. E sopra gli stechati era una bertescha, dove stettono e’ giudichatori del torniamento, e’ quali furono questi: messer Ruberto Aldobrandini, e i·Reda de’ Bardi e Alesandro di Francescho Nelli e ser Lore notaio. E durò il detto torniamento dalle XVIIII ore i[n]fino alle XXI ora. Poi i sopradetti giudichatori si ritrovorono co’ Signiori Priori, i quali tutti erano stati presenti al detto torniamento. E insiememente d’uno pari volere, chome che molti ve ne avesse che feciono bene, giudicorono che l’onore del detto torniamento avesse, e che a loro s’apartenessono i doni, a messer Churado Prospero tedescho ed a Gianellino tedescho. E i lunedì seghuente, cho molti stormenti, furono alle loro abitaçioni portati i doni con gran festa, cioè a ciascheduno una lancia cho uno cerchello d’ariento dorato appichatovi, ed al detto cerchiello apichatovi uno lione di perle, ciaschuno di valuta di fiorini cento d’oro. E con questi doni si tornorono a Bolognia, perché soldati bologniesi erano62.
Il passo è ricco di informazioni utili da contestualizzare insieme a quanto emerge nelle narrazioni delle giostre. In primo luogo il riferimento al bando del torneo stesso: venne stabilita una proroga sulla data per permettere a «signiori lonbardi» di torneare anch’essi, dato che altrimenti sarebbero già stati impegnati. Evidentemente la loro presenza era considerata un elemento indispensabile per il successo dell’evento.
Quindi il brano prosegue con la descrizione dello spazio dedicato al torneo e la scelta del luogo in cui ospitare l’evento, Piazza Santa Croce63; viene riferita anche la presenza di una struttura lignea apposita,
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Dalla lettura dell’Anonimo si deduce che il giorno in cui viene bandito il torneo fu il 18 aprile 1392. Cfr. ANONIMO PANCIATICHI 1986, p. 138.
61 ANONIMO PANCIATICHI 1986, p. 138. 62
ANONIMO PANCIATICHI 1986, pp. 138-139.
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La preferenza per Piazza Santa Croce non è del tutto casuale. In merito a ciò si parlerà più diffusamente nel seguito del paragrafo.
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la bertesca, destinata ad ospitare i giudici. La posizione dei giudici infatti doveva essere in un luogo idoneo affinché essi avessero una buona visuale di quanto stava accadendo e potessero assegnare il loro punteggio64. In secondo luogo la descrizione dei partecipanti, riccamente vestiti e chiaramente riconoscibili tramite i colori indossati e del successo ottenuto al torneo da quelli stranieri, in questo caso tedeschi. Anche in questa occasione la vittoria, stabilita unitamente dai giudici e dai Priori, sembrò non essere casuale e l’evenienza che i vincitori delle manifestazioni potessero essere proprio membri di delegazioni straniere si ripeté più volte.
Anche nella prima giostra di cui si ha una descrizione dettagliata, cioè quella del giugno 1387, risultò vincitore una straniero, l’inglese messer Iacot:
Domenicha a dì VIIII° di giugnio fecino e’ Signiori Priori fare una nobilissima e magnia giostra di nobili giovanni cittadini e di gente forestiera, e bandita fu che ogniuno potesse andare a giostrare con cavagli di meça taglia, e feciono si donasse a chi facesse meglio una belissima targia cho uno lione d’oro i·sun uno prato nel canpo bincho, e una lancia e uno bacinetto di fine acciaio bene ghuernito. Fu lodato per li giudicatori della giostra che messer Iacot inghilese avesse fatto meglio e furogli donati le soprascritte donora65.
La giostra rispetto al torneo era un combattimento individuale che derivava il suo nome da junxta vicino, da cui junxtare, giostrare. Si svolgeva solitamente in uno spazio delimitato e meno vasto e poteva essere talvolta parte di un torneo, dato che esso prevedeva dei
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Ciappelli in merito alla bertesca inserisce un interessante riferimento ai cassoni nuziali: «La “bertesca” per i giudicatori è raffigurata nelle due immagini che possediamo di giostre o tornei ambientate, secondo la critica, in piazza Santa Croce, e si trova in un caso davanti alla chiesa, nell’altro al centro di uno dei lati lunghi della piazza. In entrambi i dipinti i giudicatori sono raffigurati nell’atto di consultarsi sull’assegnazione del punteggio; la persona rappresentata davanti a un tavolino, in posizione più bassa, è il notaio incaricato di segnare i punti. I dipinti, pannelli decorativi di cassoni nuziali attribuiti per lo più alla bottega di Apollonio di Giovanni (ca. 1440-1470), sono conservati rispettivamente a Londra, National Gallery (catalogo n. 4906), e a New Haven, Yale University Art Gallery (accessione 1871.33)»: CIAPPELLI 1997, n. 93, p. 143. In relazione al punteggio scrive che «Trattandosi di spettacoli competitivi, veniva tenuto un conteggio dei punti ottenuti dall’uno o dall’altro concorrente, riconoscibili dalle forme e colori delle divise e dalle diverse insegne araldiche da essi ostentate. Tale attività arbitrale, che poteva richiedere, come in alcuni casi è espressamente testimoniato, l’intervento di un notaio, era necessaria per poter procedere alla fine alla premiazione del vincitore»: CIAPPELLI 1997. Sull’attività dei giudici e dei notai, sulle regole di assegnazione dei punteggi si veda sempre CIAPPELLI 1993, pp. 250-274.
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preliminari con combattimenti individuali; essa era una esibizione contro un bersaglio inanimato o uno scontro tra due cavalieri singoli, con lo scopo di dimostrare l’abilità nel cavalcare o la precisione atletica degli stessi nell’uso delle armi. Esistevano due tipologie principali di giostra: la giostra in campo aperto, cioè senza perimetro obbligato e sbarramenti a separare i cavalieri che si fronteggiavano, oppure la giostra in campo chiuso, cioè quella delimitata da corde o staccionate. In questo caso il campo poteva essere ulteriormente suddiviso con diversi tipi di oggetti: si avevano così la giostra alla barriera o sbarra quando i due cavalieri che si attaccavano erano separati da una barriera lignea oppure alla tela, quando per separare i contendenti si ricorreva, oltre che a divisori lignei, anche a stoffe66. La giostra all’anello era invece quella nella quale il cavaliere doveva infilzare con la propria asta un anello o qualche altro oggetto circolare sospeso a mezz’aria. Infine erano particolarmente diffuse anche la quintana e una sua sottocategoria, la giostra del Saracino. La quintana era un’esibizione molto spettacolare, nella quale il cavaliere doveva colpire un bersaglio imponente, generalmente un essere mostruoso, in grado di ruotare su se stesso grazie alla presenza di un perno, evitando il contraccolpo del bersaglio in movimento: conseguentemente qualora il cavaliere non fosse riuscito nell’intento, il bersaglio stesso avrebbe colpito il giostrante. Nel caso del Saracino il bersaglio era rappresentato da un soldato musulmano con il viso dipinto di scuro e abbigliato secondo il costume orientale67.
Le lizze venivano inizialmente allestite fuori dalle mura cittadine, ma ben presto, fra i luoghi deputati al loro svolgimento, fu annoverato
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Un esempio di giostre alla tela sono quelle presenti nelle Ricordanze di Francesco di Tommaso Giovanni disputate il 28 febbraio e il 5 marzo 1454 (Francesco di Tommaso GIOVANNI, Strozz. II serie 16 bis, c.18v). Cfr. La Società in costume 1986, catalogo, pp. 71-72.
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Nel periodo i costumi di foggia orientaleggiante erano molto in voga, soprattutto nella copia dello stile dei copricapi e dei ricami, come è evidente negli affreschi coevi. Un esempio, anche più tardo è offerto dagli affreschi della Cappella Sassetti, in particolare ne Il miracolo del fanciullo di casa spini resuscitato dove numerosi personaggi indossano copricapi a turbante e nel quale è presente tra quelle del gruppo raffigurato alla sinistra dell’opera, una donna di colore abbigliata in modo orientaleggiante nel gruppo di donne alla sinistra.
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sempre più spesso il centro della città stessa, che offriva ambienti idonei quali piazze, spazi antistanti i palazzi principali e infine anche luoghi sacri.
A Firenze le giostre e i tornei venivano organizzati principalmente in Piazza Santa Croce e in Piazza della Signoria, con tuttavia una netta prevalenza della prima. Piazza Santa Croce era in effetti uno dei luoghi più adatti per ospitare palchi, gradinate, scenografie e apparati effimeri all’interno dei quali si muovevano i cavalieri riccamente e simbolicamente adornati: si trattava quindi di strutture che richiedevano uno spazio sufficientemente ampio. Ma è indubbio che essa costituisse anche un luogo simbolico per il potere e le famiglie del reggimento: era il cuore pulsante intorno al quale confluivano molti membri del governo albizzesco68. Tale area diventò quindi specializzata in questo tipo di manifestazioni, luogo privilegiato di osservazione e ritrovo. Santa Croce era tuttavia un punto focale anche dell’opposizione filo-medicea e proprio per questo è interessante vedere come essa sia stata al centro delle rappresentazioni e degli scontri del potere69. Procedendo a una mappatura in senso cronologico delle occasioni per cui tali
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Se è pur vero, come è stato evidenziato in precedenza, che la distribuzione delle famiglie preminenti seguiva ramificazioni molto ampie e tali da poterle collocare all’interno di tutto il centro cittadino, è peraltro evidente una concentrazione di esse nel quartiere di Santa Croce: «The higest density of exile families is to be found largely in the quarter of Santa Croce. […] the quarter of Santa Croce was a particularly anti-Medicean enclave; at least a third of those exiled came from this area , while only a sixth of Medicean partisans were resident there»: KENT 1978, pp. 151-152. Per esiliati si intendono le famiglie del partito anti-mediceo, che furono punite con l’esilio o con la regressione allo stato di ‘magnati’ dopo il rientro di Cosimo nel 1434.
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Sempre citando la Kent: «Not only did the area of Santa Croce and the adjoining gonfaloni of Vipera and Unicorno represent the greatest physical concentration of anti-Mediceans; the district also provided a directive focus for the opposition»: KENT 1978, p. 152. Cardini sottolinea come queste forme spettacolari diventino effettivamente modi di controllo e di esercizio di diplomazia, ma individua anche una sorta di slittamento di contenuti: «Bisogna dire che giostra, torneo, spettacolo cavalleresco erano ormai, nel XV secolo, non più soltanto un modo di organizzare il consenso, di mostrare (anche a scopo più o meno implicitamente intimidatorio) il fasto e la ricchezza di una parte o di una famiglia; ma anche un modo di esercitare un controllo sulle élites e, al tempo stesso, di far diplomazia. Il libro delle cerimonie e degli addobbamenti cavallereschi della Repubblica di Firenze, scritto dall’araldo Filarete e recentemente pubblicato da Trexler, è prova lampante di come le “cerimonialità di corte” andassero ritualizzando e stilizzando in gradi e in simboli tutta una serie di tensioni interne alla società e al tempo stesso trasformandole in altrettante componenti d’un apparato pubblico che si aveva interesse a mostrare ai visitatori e agli oratori stranieri. Così, la controversia tra arma e leges, fra milites e doctores, veniva spogliata dei suoi contenuti socio-politici nella misura in cui entrambe le categorie, un tempo pilastri dei ceti emergenti-dirigenti comunali e specchio della loro autocoscienza, si andavano gradualmente riducendo a solenni attributi onorifici e ornamentali del potere oligarchico già avviato del resto a una soluzione assolutistica»: CARDINI 1997, pp. 117-118.
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manifestazioni venivano indette è possibile rintracciare una serie di circostanze chiave, intorno alle quali si configurava un modus operandi che poi si affermò in forma definitiva . Le giostre del 1392 furono esemplari da questo punto di vista:
Domenicha a dì X di marzo si fe’ in Firenze una grande e bella giostra di molti giovanni fiorentini, bene armati e bene a chavallo, e durò dalla mattina alla sera sulla piaçça di Santa Croce. Ebe l’onore della giostra messer Raspa, uno gran chaporale tedescho70.
Domenicha a dì XVII di marzo si fe’ anche i Firenze una grande e bella giostra di molta gente, fra’ quali fu il conte Churado, tedescho, eʼl conte Ugho e molti giovanni fiorentini, Stroççi, Chastelani, Ispini, Gianfigliaççi e molti altri. E durò la giostra tutto dì, e tutti bene a chavallo e bene armati, co’ chavalli choverti di nobili drappi, e belle sopraveste e be’ cimieri. Ebe l’onore Bernardo di messer Çanobi di Cione Meçola da San Felice in Piaçça, e fugli donato la lancia perchè fe’ meglio di tutti.71
Domenicha a dì XXVIII d’aprile si fe’ i·sulla piaça di Santa Croce la dinançi bandita giostra per molti valenti uomini forestieri e cittadini, fra’ quali fu il conte Ugho eʼl conte Churado72, tedeschi. Ebe l’onore della giostra messer Rappa overo Raspa, tedescho, ed a lui fu donata la lancia e lla ghirlanda, chome che molti v’ebe che gi[o]strassono bene73.
La prima e la terza giostra si tennero in Piazza Santa Croce, ma è presumibile che anche la seconda si svolse lì. Proprio nella descrizione di quest’ultima sono elencate le famiglie fiorentine che vi parteciparono: Strozzi, Castellani, Spini, Gianfigliazzi.
La presenza straniera era nutrita e i condottieri tedeschi ottennero una duplice vittoria nella prima e nella terza giostra. A questa altezza cronologica costoro, in quanto capitani di ventura, potevano forse possedere maggiore capacità e dimestichezza con le armi rispetto ai cittadini fiorentini, che avevano invece perso la quotidianità nell’arte della guerra e privilegiavano l’uso di truppe mercenarie; ciononostante la vittoria di personalità straniere ebbe sicuramente una valenza simbolica, e il discorso è valido anche per diverse altre giostre degli
70 ANONIMO PANCIATICHI 1986, p. 136. 71 ANONIMO PANCIATICHI 1986, p. 136. 72
Il conte Churado, citato anche nel ricordo precedente, è il condottiero di ventura Corrado di Prosperg, italianizzato in Corrado Prospero. Egli era giunto in Italia nel 1385 e aveva preso parte a diverse guerre locali, al soldo ora dell’uno ora dell’altro signore locale. Nel luglio del 1391 battè Jacopo del Verme nella battaglia di Paterno, meglio nota come battaglia di Alessandria, e fu armato cavaliere da Giovanni Acuto, di cui sposerà la figlia nel 1393. Per Jacopo del Verme si vada RENDINA 1985, pp. 112-120.
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anni successivi; ciò si deduce dal fatto che chi vi partecipava, come Francesco di Tommaso Giovanni, raccontava stizzito tanto l’evento, quanto la vittoria scontata da parte degli ospiti stranieri74.
Tutti gli elementi finora individuati si ritrovano nella descrizione tratta dal diario dell’Anonimo Panciatichi la quale, essendo estremamente particolareggiata, può assumere per la presente analisi la funzione e il valore di un paradigma comparativo:
Domenicha a dì XXVI di genaio si fe’ in Firençe una solenissima e magnificha giostra di nobili ed orevoli cittadini, fra’ quali n’ebe XIII tutti coverti di nobili drappi di diverssi colori, loro e’ chavagli, infino in terra. I quali il sabato dinançi si raunorono i·sulla piaça di Santa Maria Novella e di quivi partendosi co molti stormenti inançi, poi quelli colle lance i·mano, tutte dipinte di vari colori nel numero di LXXV, poi quelli che portavano l’e[l]mi e li schudi, e dopo costoro i giovani giostranti, tutti l’uno dopo l’altro. E chosì ordinati n’andarono sulla piaça de’ Signiori cho·molto popolo di cittadini drieto, a vedere questa magnificentia. E fatta la mostra intorno alla piaçça due volte, feciono la mostra per la città, e per la sera ciaschuno si tornò a chasa sua chon sua brighata. La domenicha mattina i sulla terçça, ciaschuno vene cholla brighata sua i sulla piaça di Santa Croce, bene a chavallo e co molti stormenti. E oltre a questi tredici che feciono la mostra il sabato sera, vi venono quatordici giovani giostranti, bene armati e bene a chavallo e con belissimi cimieri sopra gli elmi. Poi vi giu[n]sono dodici armegiatori tutti vestiti a biancho e rose vermiglie sopra le veste bianche, i quali fatto la mostra su pe’lla piaçça, si rechorono da parte, per none impedire i giostranti. E durò la giostra dalla mattina a tterça i[n]fino alla sera sonate le XXIII ore. E molti nobili giostratori v’ebe che feciono di nobili colpi. E ne fine per li giudicatori della giostra fu dato i·lodo che avesse fatto meglio Pieracino Chavalchanti, e fugli donato una lancia cho uno penoncello e una targia coperta di drappo porporino75.
Anche in questo caso la giostra, che ebbe luogo nel gennaio 1398 (s.f./1399 s.c.), si svolse in Piazza Santa Croce. Il cronista si dilunga sulle note di costume che contraddistinguevano gli schieramenti: scudi, gualdrappe, cimieri, erano esposti bene in vista proprio per l’importanza che essi rivestivano nella qualificazione dei giostranti e nella determinazione dell’appartenenza a uno schieramento piuttosto che a un altro. Accollarsi le spese per l’organizzazione di questi eventi aveva un ritorno favorevole in senso economico ma soprattutto politico.
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Cfr. doc. 292.
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La città viveva i preparativi in modo febbrile: schiere di artigiani, carpentieri, fabbri, armaioli si mettevano all’opera per realizzare quanto necessario per tornei o giostre. Ma non mancava neppure il contributo delle particolari specializzazioni femminili esercitate da tessitrici, ricamatrici, filatrici. Fervevano i preparativi per l’allestimento dell’evento che coinvolgeva quindi l’intera città nel suo complesso: ogni ambito metteva in mostra le proprie capacità e i punti di forza. Era la città tutta che si animava e prendeva vita: una giostra, come del resto una armeggeria, costituendo il simbolo di Firenze stessa ne mostrava la forza e la gloria e ne celebrava la grandezza, restituendole una propria immagine. Gli artefici di tanta ricchezza e capacità di conquista facevano esibizione di loro stessi; la scelta di un particolare cerimoniale e la costruzione della sua struttura costituivano necessariamente un passaggio chiave perché permettevano di chiarire a chi appartenesse il potere, attraverso uno sfoggio collettivo di competenze e gusto.
Quindi mentre all’interno era evidente la necessità di creare un