• Non ci sono risultati.

3. LA CAPACITÀ COMPETITIVA DEL SISTEMA AGRO-ALIMENTARE ITALIANO: ALCUNI DATI A CONFRONTO

3.3 La competitività delle aziende agricole attraverso il territorio: i distretti agro-industriali e i farmer’s markets

3.3.3 I farmer’s markets

Il cambiamento delle logiche organizzative della distribuzione moderna ha portato a una contrazione dei soggetti operanti lungo la supply chian e un processo di minimizzazione dei costi. Pur tuttavia, questo pro- cesso ha in molti casi determinato un’estrema compressione dei margini di guadagno dei produttori a mon- te e, tutto ciò, non si è sempre tradotto in una riduzione dei prezzi di acquisto dei consumatori finali. Partendo da questa ultima considerazione si capisce come in molti paesi del Nord Europa, ormai da alcuni an- ni, si sia dato avvio alla realizzazione di “nuove” forme di distribuzione al fine di accorciare, la supply chain agro-alimentare e offrire garanzie di reddito alle imprese agricole (fig. I.8). Lo strumento utilizzato prati- camente ovunque nei Paesi del Nord Europa, ma anche negli Stati Uniti, è stato quello della vendita diretta.

Figura I.8 - Forme di distribuzione sulla base della numerosità degli operatori coinvolti

Lo scopo dichiarato in pressoché tutti i Paesi che hanno cercato di mettere in campo un tale sistema per ac- corciare la filiera è di dare un’opportunità in più, sia agli agricoltori sia ai cittadini (Starr, 2003; Bertrand, Mo- quay; 2004). In particolare: per i primi l’obiettivo è di dare un mercato di sbocco sicuro e un prezzo equo per i prodotti agricoli venduti; per i secondi invece si cerca di proporre un sistema capace di fornire vantaggi, ol- tre che sul fronte della convenienza, anche relativamente alla garanzia di acquisto di prodotti di assoluta freschezza.

D’altro canto la vendita diretta rappresenta una risposta importante per molte aree marginali dove l’agri- coltura soffre la concorrenza di produttori molto organizzati (fornitori privilegiati della grande distribuzione) (Stocker, 1998). Nelle società post-industriali l’obiettivo dello sviluppo di forme di vendita diretta (mercati dei

Produttore

Ad es. vendita diretta

Consumatore

diretto corto lungo

Produttore Produttore

Dettaglianti

Consumatore

Ad es. canale con gdo

P P P

C C Consumatore C

D

Ad es. canale tradizionale

Grossisti G Grossisti G Grossisti G Dettaglianti D

contadini, vendita in azienda, ecc.) è stato anche quello di dare uno strumento per portare la cultura rurale nelle zone molto urbanizzate (Colleyn, 1988; Arfini, Mora, 1998; Becattini, Zorini; 2003).

Detto ciò come possiamo definire la vendita diretta e come nasce? La vendita diretta è una tipologia di ven- dita che si sostanzia nel rapporto diretto tra produttore e consumatori. Dal punto di vista della spiegazione del fenomeno, molti studiosi sono concordi nel definirlo, come il tentativo di superamento dell’”astrazione” dell’economia mondiale più che come ritorno alla tradizione.

Concettualmente l’impegno del produttore nella vendita diretta può essere molto diversificato (Verhaegen, Van Huylenbroeck, 2001). Esistono diversi livelli possibili tra agricoltori totalmente indipendenti, per i quali tutto il loro reddito deriva esclusivamente dalla vendita diretta, e agricoltori che sia pure già inseriti nel com- mercio tradizionale, realizzano forme di vendita diretta su piccole dimensioni.

L’incontro tra produttori e consumatori, tra l’altro, si realizza in contesti e circostanze anche queste estre- mamente diversificati. Senza andare nel dettaglio delle differenti tipologie di vendita diretta, che possono es- sere diverse a seconda degli individui interessanti e delle situazioni locali, si possono tuttavia distinguere al- cune relazioni possibili sulla base delle principali specificità. Esistono, in particolare, livelli di confidenza nel contatto a seconda che la transazione sia realizzata in azienda, su un mercato o mediante la vendita a do- micilio. Molti sociologi sono concordi nel ritenere che tale sentimento di confidenza sia in realtà inversamente proporzionale dalla distanza dell’atto d’acquisto dal luogo di produzione verso la città.

Nella vendita in azienda il consumatore si reca nel luogo di produzione. Spesso la conoscenza dell’azienda avviene mediante consigli di conoscenti che hanno già fatto questo tipo d’esperienza. Con l’acquisto si ha generalmente la possibilità di visitare i luoghi dove avviene la produzione (orti, frutteti, stalle, ecc.). La ven- dita diretta su mercati locali, fiere, feste patronali e così via, invece, si pone a metà strada, simbolicamente, tra la vendita in campagna e quella più normalmente realizzata in città. In genere tali manifestazioni, sono l’occasione per gli agricoltori di far conoscere i propri prodotti. Infine, la vendita diretta a domicilio si so- stanzia come un movimento dei produttori verso i consumatori, che perde un po’ della confidenza rispetto al- la prima forma di vendita diretta dato che il contatto tra il produttore e il consumatore è più limitato, anche se la fiducia reciproca rimane molto alta (il produttore deve essere sicuro di non fare un viaggio inutile e ri- cevere il giusto compenso per i propri prodotti e il consumatore deve essere sicuro che i prodotti acquistati ri- spettano le caratteristiche di qualità attese). In ogni caso, si osserva, come quest’ultima forma di vendita di- retta sia, nei fatti, la più “silenziosa”.

In riferimento, invece, alle caratteristiche della commercializzazione, si evidenzia come i prodotti della ven- dita diretta si distinguano da quella della grande distribuzione per diversi motivi: la tipologia di prodotto e la varietà proposta, i modi di produzione e di condizionamento, la stagionalità dei prodotti che determina il paniere offerto ai clienti. Inoltre, ciascun produttore normalmente è abbastanza specializzato in una tipolo- gia di produzione e molto di rado un allevatore, ad esempio, produce anche ortofrutta.

Dal punto di vista economico la vendita diretta propone un nuovo approccio di “filosofia economica” che tro- va ragione di essere non soltanto dal punto di vista del profitto ma anche, e soprattutto, nella circolazione dei valori culturali e sociali messa in atto al momento della transazione tra produttore e consumatore.

La vendita diretta in Italia risulta molto meno sviluppata rispetto agli Stati Uniti e a molti paesi del Nord Eu- ropa. In particolare, negli Stati Uniti il fenomeno è in rapida espansione e, a oggi, si segnalano oltre 4 mila farmer’s market (termine anglosassone con cui si è soliti definire la vendita diretta), di cui una quota signi- ficativa nella sola California.

Solo negli ultimi anni, di fatto, l’argomento ha iniziato a interessare gli studiosi e il policy maker. In parti- colare il Mipaaf, con l’emanazione del Decreto sui mercati riservati all’esercizio della vendita diretta da par- te degli imprenditori agricoli (entrato in vigore dal 1 gennaio 2008), ha dato una decisa accelerata al feno- meno anche in Italia. L’obiettivo del Decreto è permettere lo sviluppo di mercatini dedicati ai produttori nel- le città italiane. L’intento è di realizzare già nel corso di quest’anno ben 100 mercati per arrivare nel 2010 a 400-500, per un totale di 6000-8000 imprese agricole coinvolte.

Figura I.9 - I farmer’s markets in Italia

assenti (6)

da 1 a 2 (6) da 3 a 9 (6) 10 e oltre (2)

La logica che sta dietro all’interessamento a questo strumento da parte dell’organo politico è che la vendita diretta di fatto è un modo per accorciare la filiera e per abbassare conseguentemente i prezzi. Inoltre l’ac- corciamento della filiera garantisce al consumatore un prodotto fresco, di qualità e del territorio.

I primi farmer’s market in Italia sono nati in Alto-Adige (con 16 mercati contadini) e via via si stanno svi- luppando in molte altre Regioni. Esperienze interessanti sono state realizzate in Toscana, Sicilia, Puglia. La To- scana, in particolare, con il progetto “rete regionale della filiera corta” ha messo a disposizione del territo- rio oltre 3 milioni di euro per avviare 36 iniziative, 16 mercati, 14 spacci con apertura quotidiana, 3 nego- zi nei musei e 3 accordi fra categorie per corner shop in ristoranti, alberghi e negozi della Toscana. Di fatto, a oggi in Toscana sono presenti all’incirca 12 mercati contadini.

PARTE II

POLITICHE NAZIONALI