L‟art. 391 octies c.p.p. - sebbene rubricato “Il fascicolo del
difensore” - disciplina sia la formazione ed il contenuto di
quest‟ultimo, sia il regime di utilizzabilità degli atti di investigazione difensiva in seno alle varie fasi del procedimento. L‟aver previsto e
disciplinato il fascicolo del difensore è sinonimo di quella simmetria tra organo pubblico e parte privata che conferma l‟idea di un processo di parti.
Il comma 3 del medesimo articolo si occupa segnatamente del fascicolo del difensore, sebbene si limiti a disporre che “la
documentazione di cui ai commi 1 e 2, in originale o se il difensore ne richiede la restituzione, in copia, è inserita nel fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso l‟ufficio del giudice per le indagini preliminari”.
Il materiale di investigazione difensiva che confluisce nel fascicolo del difensore è ovviamente determinato a discrezione dello stesso difensore, a seconda e della strategia difensiva impostata e della sede al cui interno tale materiale potrà esser presentato.
Il comma 3 dell‟art. 391 octies c.p.p., non a caso, nell‟accennare alla documentazione inserita nel fascicolo del difensore, richiama i commi 1 e 2 della stessa norma, i quali individuano i canali di ingresso delle risultanze investigative difensive all‟interno del procedimento.
Gli elementi probatori acquisiti dal difensore e documentati ex art. 391 ter c.p.p. acquistano rilevanza procedimentale mediante la loro presentazione o al pubblico ministero o direttamente al giudice per le indagini preliminari.
Per quanto attiene il primo canale di comunicazione, l‟art. 391 octies, comma 4, c.p.p. prevede che il difensore “può in ogni caso
presentare al Pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito”. Questo strumento di veicolazione - considerando
che il difensore può anche presentare direttamente gli elementi difensivi al giudice come diremo a breve -, ha lo scopo di incidere sulle scelte dell‟organo dell‟accusa in relazione all‟esercizio
dell‟azione penale. Pertanto, essendo in questo caso i risultati delle indagini presentati all‟organo dell‟accusa, questi faranno il loro ingresso nel procedimento penale attraverso il fascicolo delle indagini preliminari: il fascicolo del difensore, infatti, confluirà in quello del pubblico ministero “come sottofascicolo con una sua autonomia,
come si desume dall‟art. 433, comma 3 c.p.p.”184 .
La possibilità di presentare le risultanze dell‟attività investigativa difensiva al pubblico ministero costituisce una facoltà destinata ad incidere su quelle che saranno le possibili scelte del pubblico ministero circa l‟esercizio o meno dell‟azione penale: il pubblico ministero, infatti, una volta esaminate le risultanze dell‟attività investigativa difensiva, ben potrebbe determinarsi nel senso di non esercitare l‟azione penale per assenza di elementi penalmente rilevanti e procedere alla richiesta di archiviazione.
Si tratta però di una facoltà che può rivelarsi un‟arma a doppio taglio. Se da un lato, infatti, è possibile incidere sulle valutazioni e le scelte dell‟accusa, dall‟altro, qualora il pubblico ministero ritenga di dover comunque esercitare l‟azione penale, il presentare a quest‟ultimo elementi a difesa dell‟indagato comporta il rischio di una discovery anticipata e di vanificare la strategia difensiva che sarà poi seguita in sede dibattimentale.
L‟acquisizione all‟interno del procedimento penale degli elementi difensivi può avvenire ex art. 391 octies, commi 1 e 2 c.p.p., anche attraverso la presentazione diretta degli stessi al giudice per le indagini preliminari ovvero dell‟udienza preliminare. La norma in
184
L. GRILLI, La procedura penale, CEDAM, 2010, pag. 856. Recita infatti il comma 3 dell‟art. 433 c.p.p. che “nel fascicolo del pubblico ministero ed in quello del difensore è
altresì inserita la documentazione dell‟attività prevista dall‟articolo 430 […]”, da cui si
desume che i due fascicoli sono pur sempre distinti ancorché quello del difensore confluisce in quello del pubblico ministero.
questione ha una portata generale, rispondendo a qualsiasi esigenza dove si renda necessario l‟interloquire in vista dell‟adozione di un determinato provvedimento giurisdizionale185 a seguito di contraddittorio fra le parti.
La presentazione degli elementi difensivi può avere come destinatario diretto anche il giudice del riesame. Lo si evince implicitamente dallo stesso art. 391 octies, comma 1 c.p.p., che nel disporre che “nel corso
delle indagini preliminari e nell‟udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l‟intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito”, non si riferisce espressamente
al giudice delle indagini preliminari, lasciando così intendere che il difensore possa presentare gli elementi di prova acquisiti e utili al proprio assistito anche al giudice del riesame ed al giudice dell‟appello cautelare186
. Sul punto, peraltro, si è espressa in senso favorevole anche la giurisprudenza, la quale, nell‟indicare anche un limite temporale di presentazione degli elementi di investigazione difensiva, ha stabilito che ”le dichiarazioni acquisite a seguito di
investigazioni difensive devono essere trasmesse al giudice del riesame entro il termine di cui all‟art. 309, comma 5, c.p.p., purché contengano elementi sopravvenuti a favore dell‟indagato, intendendosi per tali quegli elementi fattuali di natura oggettiva che siano idonei a contrastare a caducare o attenuare gli indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari”187.
185
Si fa riferimento sia alla sede delle indagini preliminari che dell‟udienza preliminare. Così, ad esempio, il difensore potrà presentare le risultanze delle indagini difensive a sostegno di una richiesta di incidente probatorio formulata al giudice per le indagini preliminari, in sede di udienza di convalida dell‟arresto o di opposizione all‟archiviazione, etc.
186
In tal senso, L. SURACI, Le indagini difensive, Giappichelli 2014, pag. 319.
187
La possibilità di presentazione degli elementi difensivi favorevoli all‟assistito - per ragioni logico-sistematiche - è riconosciuta anche alle procedure incidentali instaurate nel corso del giudizio, in quanto
”il giudice chiamato a provvedere sull‟istanza di revoca di una misura cautelare personale, formulata da un imputato già condannato in primo grado, ha l‟obbligo di valutare gli elementi nuovi emersi dalle investigazioni difensive anche successivamente alla sentenza di condanna”188
.
Qualora gli elementi di prova favorevoli all‟assistito emergano a seguito della conclusione delle indagini preliminari, a norma dell‟art. 391 octies, comma 1 c.p.p., l‟acquisizione degli stessi mediante la presentazione diretta al Giudice dell‟udienza preliminare, attraverso il meccanismo di cui all‟art. 421 comma 3, c.p.p. secondo il quale “il
pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell‟art. 416 comma 2, c.p.p. nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell‟inizio della discussione”.Pertanto la
presentazione delle risultanze investigative difensive deve avvenire prima dell‟inizio della discussione in udienza preliminare in quanto, dopo l‟inizio della stessa, le parti non potranno più chiedere l‟ammissione di atti o documenti non prodotti in precedenza. Tuttavia la Corte di cassazione - in linea con il principio di continuità delle indagini -, ha dichiarato che, qualora le risultanze delle indagini difensive siano depositate il giorno successivo alla prima udienza, è“illegittimo il provvedimento con cui il giudice dell‟udienza
preliminare dichiari l‟inutilizzabilità delle indagini difensive […] considerato che il principio della continuità delle indagini trova
188
applicazione anche con riguardo alla parte privata”189
. Di conseguenza gli elementi di prova successivamente depositati, non potendo essere acquisiti dal giudice in sede di udienza preliminare oramai conclusa, potranno però essere presentati a quest‟ultimo al fine di sollecitare i suoi poteri di integrazione probatoria ex art. 422, comma 1 c.p.p. rispetto a quelle prove “[…] delle quali appare
evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere”.
Il comma 2 dell‟art. 391 octies c.p.p., nella sua formulazione un po‟ “ridondante” rispetto al comma 1 dello stesso articolo, apre le porte alla possibilità, per il difensore, di presentare direttamente al giudice per le indagini preliminari anche le risultanze delle attività di investigazione difensiva preventiva. La norma in parola, difatti, recita che “nel corso delle indagini preliminari il difensore che abbia
conoscenza di un procedimento penale può presentare gli elementi difensivi di cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l‟intervento della parte assistita”. L‟uso della
locuzione “nel corso delle indagini preliminari […] il difensore che
abbia conoscenza di un procedimento penale […]” fa infatti
riferimento a quei casi in cui vi sono delle indagini in corso inerenti fatti penalmente rilevanti ma rispetto ai quali, ancora, non è stato individuato un indagato.
Pertanto le risultanze dell‟attività investigativa preventiva svolte in favore di un soggetto che, seppur non ancora indagato, teme di poterlo diventare, potranno essere presentate direttamente al giudice per le indagini preliminari affinché ne tenga conto nel momento in
189
cui, a vario titolo, sarà chiamato ad adottare provvedimenti che eventualmente dovessero riguardare l‟assistito190
.
Sempre per quanto attiene l‟utilizzabilità delle risultanze dell‟attività investigativa difensiva, il legislatore ha dettato una disciplina d‟uso dibattimentale degli atti stessi. Difatti, in tempi antecedenti alla riforma sulle indagini difensive, l‟utilizzabilità in sede dibattimentale degli atti di indagine compiuti da parte della difesa ha sempre suscitato delle perplessità. In particolare, l‟attenzione era focalizzata sulle garanzie di autenticità dei dati conoscitivi di natura dichiarativa. In realtà la problematica sul punto veniva risolta da una lettura sistematica degli artt. 503, comma 4, 512 e 513 c.p.p. in relazione all‟art. 430 bis c.p.p., lettura che permetteva di ricomprendervi i verbali aventi ad oggetto le dichiarazioni assunte dal difensore e poi confluiti nel fascicolo del pubblico ministero attraverso le modalità di acquisizione previste dagli artt. 415 bis o 38 disp. att. c.p.p.191.
In tal senso si è era espressa anche la giurisprudenza di legittimità - che seppur non risolvendo l‟allora problema inerente le forme di documentazione delle dichiarazioni assunte dal difensore -, riteneva che, sull‟assunto di quanto disposto dall‟art. 38 disp. att. commi 2 bis e ter c.p.p. introdotti con legge n. 392 / 1995, “il difensore in sede di
procedimento cautelare ha diritto di presentare direttamente al giudice […] gli elementi raccolti indipendentemente dal carattere “rappresentativo” o “dichiarativo” degli stessi”, specificando che
nonostante “[…] l‟attività di indagine difensiva non era regolata
dalla legge il difensore è pur sempre un esercente un servizio di pubblica necessità”192
per cui le dichiarazioni da lui raccolte e da lui
190
In tal senso, L. GRILLI, La procedura penale, CEDAM 2010, pag. 856.
191
In tal senso, L. SURACI, Le indagini difensive , Giappichelli 2014, pagg. 332- 334.
192
firmate non potevano dirsi prive delle necessarie garanzie di autenticità. Questo orientamento giurisprudenziale segnò una delle grandi novità in tema di indagini difensive e consentì di arrivare ad un punto di contatto tra gli atti investigativi difensivi di natura dichiarativa e la sede dibattimentale.
Oggi, a seguito dell‟intervento legislativo operato con la l. 397 /2000, a norma dell‟art. 391 decies,comma 1 c.p.p. - disposizione che completa la disciplina di cui all‟art 391 octies c.p.p. riguardante l‟utilizzabilità degli atti di investigazione difensiva nella fase delle indagini preliminari e dell‟udienza preliminare -, gli atti d‟investigazione difensiva inseriti nel fascicolo del difensore sono utilizzabili nei limiti posti dagli artt. 500, 512 e 513 c.p.p.
Il richiamo operato dall‟art. 391 decies c.p.p. all‟art. 500 c.p.p. -
“Contestazioni nell‟esame dibattimentale” - permette che la
documentazione avente ad oggetto gli atti di investigazione difensiva entri nel fascicolo del dibattimento secondo le diverse modalità contemplate dalla norma.
In primo luogo, a norma dell‟art. 500, comma 4 c.p.p., le dichiarazioni documentate assunte dal difensore potranno essere acquisite al fascicolo del dibattimento laddove “vi sono elementi
concreti per ritenere ch e il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offesa o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso”.
In secondo luogo, ex art. 500, comma 7 c.p.p., sempre ai fini di contestazione ma al di fuori dei casi di cui al comma4, previo accordo delle parti, le dichiarazioni assunte dal difensore potranno essere acquisite al fascicolo del dibattimento.
Nessun problema per quanto attiene la lettura degli atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione, poiché il legislatore, attraverso il rinvio operato dall‟art. 391 decies c.p.p. all‟art. 512 c.p.p., consente l‟applicazione di quest‟ultima norma anche in relazione agli atti di indagine difensiva. Di conseguenza, su richiesta di parte, sarà possibile dar lettura degli atti assunti dal difensore qualora “per ragioni o circostanze imprevedibili, ne è divenuta
impossibile la ripetizione” in sede dibattimentale.
Analogamente, il rinvio operato dall‟art. 391 decies c.p.p. all‟art. 513 c.p.p., che disciplina la “Lettura delle dichiarazioni rese
dall‟imputato nel corso delle indagini preliminari o nell‟udienza preliminare”, consente, su richiesta di parte, che sia data lettura in
dibattimento delle dichiarazioni rese dall‟imputato in sede di indagini preliminari o di udienza preliminari allorquando l‟imputato sia assente ovvero si rifiuti di sottoporsi all‟esame.
Occorre infine dar conto di due (presunti) vuoti legislativi, che sembrano palesarsi per via del mancato richiamo, da parte dell‟art. 391 octies c.p.p., ad altre due norme inerenti l‟utilizzabilità in sede dibattimentale di atti formatisi in una fase precedente.
Il primo mancato richiamo riguarda l‟art. 512 bis c.p.p., che consente la lettura delle dichiarazioni rese dal cittadino italiano o straniero residente all‟estero, nel caso sia impossibile procedere al loro esame in sede dibattimentale. Il secondo, invece, attiene all‟art. 503 c.p.p., rubricato “Esame delle parti private”, il cui mancato richiamo potrebbe portare a pensare che sono inutilizzabili, da parte della difesa, gli elementi raccolti in sede di investigazione difensiva a fini di contestazione.
In realtà il mancato richiamo dell‟art. 391 decies c.p.p. agli articoli sopra citati non può esser considerato come voluto dal legislatore, altrimenti il risultato sarebbe quello di dar vita ad uno squilibrio tra le facoltà del pubblico ministero e quelle del difensore in relazione alla generale disciplina sull‟utilizzabilità degli atti assunti o comunque formatisi nelle fasi precedenti al dibattimento.
Tutto ciò, peraltro, sarebbe in contrasto con le finalità e gli obbiettivi prefissati dalla legge sulle investigazioni difensive.
11. (cenni) L’utilizzabilità delle risultanze delle
investigazioni difensive all’interno del rito abbreviato
Occorre dar conto brevemente di quella che, attualmente, è la posizione giurisprudenziale in ordine alla utilizzabilità della documentazione relativa all‟attività investigativa difensiva all‟interno del giudizio abbreviato.
Il tema è stato oggetto di un‟attenta riflessione, sia a livello di giurisprudenza costituzionale che di legittimità, che ha cercato di risolvere il problema di fondo che sorge dal rapporto tra le modalità di richiesta e di svolgimento di questo rito alternativo e l‟utilizzabilità del materiale di investigazione difensiva in seno allo stesso.
Il problema si è posto nel momento in cui il difensore, in sede di udienza preliminare, dopo aver prodotto il proprio fascicolo delle indagini, formula per conto dell‟imputato richiesta di giudizio abbreviato. Una volta verificati da parte del giudice i presupposti di cui all‟art. 483 c.p.p. per l‟accesso a questo rito alternativo, il pubblico ministero si trova a dover sostenere l‟accusa senza aver modo di articolare una prova contraria in relazione al materiale probatorio appena prodotto dal difensore.
Ci si è dunque chiesti se questa (apparente) asimmetria fosse in contrasto con l‟art. 111 della Costituzione e sul punto è intervenuta la Corte costituzionale193, la quale però ha dichiarato inammissibile la questione di incostituzionalità sostenendo che una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento sarebbe stata sufficiente a risolvere la problematica. Più in particolare, osservava la Corte, non bisogna dimenticare che anche in sede di rito abbreviato è necessario assicurare a ciascuna parte la possibilità di esercitare il contraddittorio anche rispetto a prove “inaspettate”, mediante un semplice differimento dell‟udienza di svolgimento del rito alternativo. In tal caso, difatti, si darebbe tempo e modo al pubblico ministero di predisporre ed adeguare la propria linea accusatoria sulla base degli elementi probatori prodotti “a sorpresa” dal difensore in sede di udienza preliminare.
Sulla scia di questa pronuncia, la giurisprudenza di legittimità, nel 2015194, ha affrontato la questione cercando di mettere un punto fermo sul tema. Posto che lo svolgimento delle indagini difensive è consentito in ogni stato e grado del procedimento e che a norma dell‟art. 442, comma 1 bis c.p.p., ai fini della decisione in sede di rito abbreviato, il giudice può utilizzare “[…] gli atti contenuti nel
fascicolo di cui all‟art. 416, comma 2 c.p.p., la documentazione di cui all‟art. 419, comma 3 c.p.p. e le prove assunte nell‟udienza”, si ha
che il materiale in base al quale il giudice deciderà è costituito da tutto ciò che è stato acquisito in seno all‟udienza, ivi compreso il materiale proveniente dal difensore.
193
Corte costituzionale, sentenza del 24 giugno 2005, n. 245.
194
Di conseguenza – sostiene la Corte di cassazione – “il materiale
probatorio utilizzabile dal giudice per la decisione non può che comprendere anche i risultati delle indagini difensive depositati in sede di udienza preliminare”195
.
Peraltro la Corte di cassazione, nella medesima pronuncia196, si è premurata di specificare anche che l‟utilizzabilità delle risultanze delle investigazioni difensive debba essere riferita non solo in caso di rito abbreviato condizionato, ma anche di rito abbreviato “puro”. E ciò in quanto la stessa disciplina prevista per il rito abbreviato condizionato ex art. 438, comma 5 c.p.p. prevedere che, nonostante il subordinare lo svolgimento del rito alternativo all‟integrazione probatoria, rimangono utilizzabili, ai fini della prova, “[…] gli atti
indicati nell‟art. 422, comma 1 bis” e dunque anche quelli
provenienti dal difensore, sulla base di quanto affermato dalla stessa Corte e riportato poc‟anzi.
195
Ibidem.
196
CONCLUSIONI
La legge 397/2000 ha sicuramente compiuto un passo in avanti verso una più effettiva parità di armi tra i soggetti dell‟accusa e della difesa, diminuendo quel divario tra organo pubblico e privato che la riforma del processo penale del 1989 - con la quale si è passati da un sistema inquisitorio ad uno tendenzialmente accusatorio - non era riuscita a colmare.
Un divario che era emerso con maggior enfasi a seguito della modifica dell‟art. 111 della Costituzione, che ha introdotto nel nostro impianto costituzionale i principi attraverso i quali si realizza il giusto processo, primo tra tutti quello della parità delle armi che deve essere garantita in seno alla dialettica processuale basata sul contraddittorio. E‟ proprio in tale ottica che si è inserita la disciplina sulle indagini difensive, che consente ad una persona, per il tramite del proprio difensore, di “difendersi investigando” e dunque di difendersi con maggior effettività non appena viene avviato un procedimento penale a suo carico, se non addirittura in una fase precedente ad esso grazie all‟istituto dell‟investigazione preventiva.
Tuttavia, nonostante la legge in parola abbia il pregio di fornire una disciplina organica sulle indagini difensive – superando la genericità dell‟oramai abrogato art. 38 disp. att. c.p.p.197
-, non può essere considerata il punto di arrivo di un lungo percorso articolatosi nel corso di più di dieci anni. Sono infatti ancora molti i punti di criticità che talvolta rischiano di vanificare – se non addirittura di
197
In particolare l‟art. 38 non offriva una tipizzazione delle modalità di acquisizione della prova e della relativa documentazione, nonostante attribuisse al difensore la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e individuare elementi di prova.
compromettere – l‟attività investigativa svolta dal difensore in favore del primo assistito.
Probabilmente il vizio di fondo che la disciplina sulle investigazioni difensive è destinata a scontare riguarda l‟inevitabile diversità che caratterizza il ruolo del pubblico ministero e quello del difensore. Due soggetti che perseguono non solo finalità contrapposte, ma addirittura ontologicamente diverse sul piano della rilevanza all‟interno dell‟ordinamento: il pubblico ministero, rappresentante dello Stato nella veste dell‟accusa, agisce perseguendo interessi di ordine pubblico che comportano per esso un obbligo di conduzione delle indagini a 360° e cioè finalizzate non solo alla ricerca di elementi a carico dell‟indagato atti a sostenere l‟addebito penale (con conseguente obbligo di esercitare l‟azione penale), ma anche a discarico, idonei a determinare l‟archiviazione del procedimento proprio su richiesta del pubblico ministero. Ed è proprio in virtù del