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I soggetti legittimati al compimento di atti d’investigazione

Nel documento Le indagini difensive (pagine 39-48)

rappresentata dall‟art. 327 bis c.p.p., la quale attribuisce al difensore la facoltà di “ricercare ed individuare elementi di prova a favore del

proprio assistito” e disciplina altresì aspetti generali relativi

all‟esercizio della stessa. La norma assume dunque un ruolo fondamentale e si presenta in particolare sintonia con il dato costituzionale di cui all‟art. 24 Cost., garantendo infatti a ciascuna persona l‟inviolabile diritto di difesa che si estrinseca nella possibilità di compiere, per il tramite del proprio difensore, attività d‟indagine distinte ed autonome rispetto a quelle dei soggetti pubblici.

Difatti, in analogia a quanto recita l‟art. 24, comma 2 Cost., l‟art. 327, comma 2 bis c.p.p. dispone che la facoltà di svolgere indagini difensive “[…] può essere attribuita per l‟esercizio del diritto di

difesa, in ogni stato e grado del procedimento”.

L‟art. 327 bis c.p.p., che nella sua formulazione fa uso del termine “assistito”, consente di compiere un‟estensione soggettiva dei soggetti legittimati al compimento di attività di indagine, riconoscendo così non solo al difensore dell‟indagato e dell‟imputato la possibilità di svolgere attività di investigazione difensiva, ma anche a quello degli altri soggetti e parti private (persona offesa, parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria).

La configurabilità di tale facoltà in capo alle altre parti private è altresì rafforzata da ulteriori dati normativi. Il primo è rinvenibile nell‟art. 391 octies c.p.p., rubricato “Fascicolo del difensore”, nel disciplinare il regime di quest‟ultimo, fa espresso riferimento alla parte privata. Il secondo, invece, si ricava dall‟art. 512 c.p.p., rubricato “Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione”. La norma consente l‟acquisizione in sede dibattimentale di atti formatisi in una fase precedente allorquando questi “per fatti o circostanze imprevedibili” non siano ripetibili durante l‟istruttoria. Tra questi atti vengono ricompresi anche quelli compiuti “dai difensori delle parti private”, lasciando così intendere che anche questi ultimi soggetti sono ammessi a svolgere attività di investigazione difensiva.

Tuttavia, il compimento di attività di indagine per le parti private è strettamente legato ai tempi che scandiscono il loro intervento nel procedimento. Di conseguenza, la loro legittimazione a svolgere attività investigativa difensiva scatta nel momento in cui questi soggetti assumono la qualifica di parte privata in seno al procedimento, di talché sembra potersi escludere la possibilità per essi di svolgere attività investigativa preventiva58.

Altresì, l‟uso del termine “assistito” da parte dell‟art. 327 bis c.p.p., dovrebbe poter consentire di estendere il compimento di attività di indagine anche al difensore della persona offesa.

Ma in dottrina il punto non è pacifico. Una parte di essa è favorevole al riconoscimento della possibilità di compiere attività di indagine anche in capo alla persona offesa, sull‟assunto che, in tale maniera,

58

L‟attività investigativa preventiva, a norma dell‟art. 391 nonies c.p.p., consente al difensore di svolgere attività d‟indagine “[…] nell‟eventualità che si instauri un

procedimento penale” e dunque in un momento prodromico ad esso. Di conseguenza, i

soggetti che in via potenziale potrebbero assumere la qualifica di parti private, non sono, in questa fase, legittimati a svolgere investigazioni difensive di carattere preventivo.

questo soggetto “[…] può porsi in una posizione qualificata nella fase del procedimento dedicata alla raccolta di elementi d‟indagine, assumendo un ruolo di supplenza rispetto ad eventuali lacune che il pubblico ministero […] non intende colmare”59 nemmeno se sollecitato dalla stessa persona offesa in virtù del potere d‟impulso ad essa riconosciuta dall‟art. 90 c.p.p.

Diversamente, altra parte della dottrina60 esclude che la persona offesa possa compiere atti di indagine difensiva in ragione del ruolo della stessa all‟interno del procedimento penale e delle sue modalità di intervento in rapporto all‟esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito dall‟art. 24 Cost. Si ritiene infatti che i poteri di indagine ex art. 327 bis c.p.p. siano strumentali all‟esercizio del diritto di difesa. Diritto di difesa inteso sia come diritto alla prova, sia come diritto di difendersi nel contraddittorio fra le parti di fronte ad un addebito penale. Queste due estrinsecazioni del diritto di difesa, pertanto, devono fare i conti con quelle che sono le modalità ed i tempi di intervento della persona offesa, che non acquista il ruolo di parte processuale – e dunque legittimata ad un pieno esercizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost. – se non nel momento in cui si costituisce parte civile. Il momento di costituzione di parte civile diventa pertanto il discrimine tra un ruolo di partecipazione al procedimento della persona offesa (con i poteri di sollecitazione ad essa riservati nei confronti del pubblico ministero) ed un ruolo attivo di contraddittore in seno al processo penale, dove si vengono a contrapporre le diverse posizioni soggettive: quella dell‟imputato, da un lato e della pubblica accusa dall‟altro, cui si affianca quella della

59

L. SURACI, Le indagini difensive, Giappichelli, 2014, pag. 95.

60

G. SANTALUCIA, Persona offesa e attività di investigazione, in Giustizia Penale 2001, pag. 450 e ss.

parte civile. In altre parole, il diritto di partecipazione al procedimento penale della persona offesa segue delle “[…] modalità attuative che non necessariamente devono modellarsi su quelle del diritto di difesa dell‟indagato/imputato”61

. Di conseguenza, se si ammettesse la possibilità per la persona offesa di svolgere attività d‟indagine difensiva, non si spiegherebbe “il valore della progressività processuale”62

in virtù del quale la persona offesa parte da un ruolo partecipativo al procedimento per arrivare (eventualmente) a quello di contraddittore nel momento in cui si costituisce parte civile.

Peraltro, nonostante l‟intervento normativo del legislatore del 2015 che ha ampliato il coinvolgimento della persona offesa all‟interno del procedimento penale, la facoltà per essa di svolgere attività investiga difensiva rimane ancora una meta lontana da raggiungere. Più in particolare, con il d. lgs. 212/201563 - che in relazione alla persona offesa ha introdotto gli artt. 90 bis, 90 ter e 90 quater c.p.p. –, si è inteso “[…] rafforzare la protezione di tale figura „dal processo‟ e „nel processo‟”64, nonché “[…] attribuire maggiore organicità all‟assetto di tutele e diritti della persona offesa, dedicando a quest‟ultima una maggiore attenzione sistematica in tutti gli stadi del procedimento penale”65. L‟art. 90 bis c.p.p., infatti, introduce un elenco di informazioni66 che devono essere fornite alla persona offesa nel

61 Ibidem, pag. 457. 62 Ibidem, pag. 456. 63

D. lgs. 212/2015 in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 3 il 5 gennaio 2016.

64

D. VISPO, La riscoperta del ruolo della persona offesa nel sistema

processualpenalistico italiano:prime riflessioni a margine del d. lgs. 212/2015, pag. 1,

reperibile su www.legislazionepenale.eu

65

Ibidem, pag. 9.

66

Più precisamente, l‟art 90 bis c.p.p. dispone che alla persona offesa siano fornite, da parte dell‟autorità procedente ed in una lingua a lei comprensibile, informazioni circa (a)

momento in cui questa entra in contatto con l‟autorità procedente, informazioni volte a consentire a tale soggetto una più ampia e consapevole partecipazione nella fase prodromica all‟eventuale dibattimento. Non vi è però alcun accenno, nell‟elenco di cui all‟art. 90 bis c.p.p. – né nelle due norme successive –, alla facoltà per la persona offesa di svolgere attività difensive, che rimane ancora preclusa per questo soggetto.

Occorre poi soffermarsi su un aspetto interessante dell‟art. 327 bis c.p.p. Come è noto, l‟attività d‟indagine pubblica svolta dai soggetti preposti ad essa si pone in termini di necessarietà, nel senso che il pubblico ministero, di fronte ad una notitia criminis, è chiamato ad attivarsi – indagando - al fine di verificare la fondatezza o meno della stessa. Diversamente, sul versante dei soggetti privati, l‟art. 327 bis c.p.p. formula in termini di “facoltà” lo svolgimento delle investigazioni difensive finalizzate alla ricerca ed all‟individuazione di elementi di prova.

Orbene, se da un lato la norma processuale concepisce l‟attività d‟indagine difensiva come una facoltà, dall‟altro, sul versante deontologico, il compimento di attività d‟indagine difensiva viene

le modalità di presentazione degli atti di denuncia o querela, (b) al ruolo che assume nel corso delle indagini preliminari, (c) la facoltà di essere informata dello stato del procedimento, (d) di avvalersi di un legale e di poter usufruire del patrocinio a spese dello Stato, (e) le modalità di esercizio del diritto all‟interpretazione ed alla traduzione degli atti del procedimento, (f) le eventuali misure di protezione che possono essere disposte in suo favore, (g) i diritti riconosciuti dalla legge qualora risieda in altro Stato dell‟UE, (h) le modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti, (i) le autorità cui rivolgersi per ottenere informazioni sul processo, (l) le modalità di rimborso delle spese sostenute per la partecipazione al procedimento, (m) la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni conseguenti al reato, (n) la possibilità di rimettere querela, (o) la possibilità che, laddove consentito, l‟imputato formuli richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova o che si possa far applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, (p) le strutture sanitarie presenti sul territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza e le case rifugio.

concepito in termini di “dovere” soggetto però alla “valutazione” da parte del difensore in relazione al caso di specie67.

In altre parole, la “facoltà” di cui all‟art. 327 bis c.p.p. sembra lasciar intendere che vi sia un margine di discrezionalità rispetto alla scelta, da parte del difensore, di svolgere o meno di attività d‟investigazione difensiva. Questa discrezionalità viene “influenzata – per così dire – dall‟art. 3 delle Regole di Comportamento del Penalista nelle Investigazioni Difensive. Tale norma prevede che il difensore, per tutta la durata dell‟incarico, “ha il dovere di valutare, in relazione alle

esigenze e agli obbiettivi della difesa, la necessità o l'opportunità di svolgere investigazioni”. Ne consegue che la previsione di natura

deontologica svolge una funzione integrativa del dato normativo codicistico, nel senso che il difensore, laddove ravvisi l‟opportunità di ricorrere ad attività d‟investigazione, non potrà sottrarsi al loro svolgimento “se non per ragioni imprescindibili, soprattutto correlate alla indisponibilità di adeguati mezzi, anche economici, sì da rendere impossibile l‟esecuzione proficua delle investigazioni”68

.

L‟esercizio della facoltà investigativa viene riconosciuta al difensore

“fin dal momento dell‟incarico professionale”69

, il quale deve risultare da atto scritto. A riguardo, è importante osservare come all‟attività di ricerca di elementi di prova, per via del richiamo all‟atto scritto, “sembrerebbe essere posta una condicio sine qua non, ovvero l‟assunzione formale della qualità di difensore nelle forme previste

67

Va tuttavia precisato che il dovere del difensore di valutare l‟opportunità di svolgere attività difensive non può tradursi in un agire contrario alla volontà del proprio assistito. Il rapporto difensore-assistito, infatti, deve basarsi sulla reciproca fiducia e collaborazione ed anche quando l‟attività del difensore venga svolta nell‟interesse dell‟assistito, questi,

ex art. 99, comma 2 c.p.p. può “togliere ogni effetto (ad essa) con espressa dichiarazione contraria” laddove sia stata posta in essere contro la sua volontà.

68

C. DE LUTIO, Le investigazioni dell‟Avvocato – Contributi e garanzie nell‟esercizio

del diritto di difesa, collana a cura dell‟Autore, 2015, pag. 85.

69

dall‟art. 96 comma 2, c.p.p”70

. Pertanto, posto che l‟art. 96, comma 2 c.p.p. subordina l‟efficacia della nomina a difensore alla sua comunicazione all‟autorità procedente, sembra doversi ritenere che anche ai fini dello svolgimento di indagini difensive sia necessario adempiere ad analoghe formalità.

In realtà il dubbio sembrerebbe essere risolto grazie a quanto disposto dall‟art. 2 delle Regole di Comportamento del Penalista nelle Investigazioni Difensive, il quale sancisce che “il conferimento

dell‟incarico professionale, rilasciato con atto scritto, legittima il difensore a svolgere investigazioni difensive senza necessità di specifico mandato”. Di conseguenza, ai fini della legittimazione allo

svolgimento di indagini, sembrerebbe sufficiente la sola nomina a difensore, purché l‟atto scritto di nomina abbia data certa, prescindendo così dalla effettiva assunzione della qualità processuale di difensore nel procedimento, che come sappiamo avviene con il deposito o con la comunicazione alla stessa all‟autorità giudiziaria procedente. In buona sostanza, “il conferimento dell‟incarico professionale, rilasciato con atto scritto, legittima il difensore a svolgere investigazioni difensive senza necessità di specifico mandato” 71

.

Sul punto è quindi da ritenersi condivisibile l‟analisi offerta da ampia parte della dottrina, la quale ritiene non necessario il rispetto delle formalità poste dall‟art. 96, comma 2 c.p.p. osservando che “se il legislatore avesse voluto subordinare l‟esercizio delle attività investigative del difensore ad un preventivo onere di comunicare la

70

S. TOMASETTI, Le indagini difensive, in Studi Urbinati di scienze giuridiche, politiche ed economiche, Anno 2004/2005, Vol. 56, n. 2, pagg. 253-302.

71

Così V. DOMINIONI, Le regole di comportamento del penalista, in A. GARELLO – S. SCUTO, Le indagini difensive. Legge 7 dicembre 2000, n. 397, Milano, 2015, pag. 265.

nomina all‟autorità giudiziaria procedente, non avrebbe richiesto la redazione di un atto scritto da cui far risultare l‟incarico professionale”72.

In altre parole, l‟art. 2 delle Regole di Comportamento del Penalista nelle Investigazioni Difensive fornisce un‟interpretazione estensiva del disposto normativo, andando ad eliminare così quel carattere “eccezionale” alla facoltà d‟indagine difensiva, fin‟ora attribuitagli, in quanto lo svolgimento di atti di indagine è naturale espressione dell‟attività di difesa tecnica, ecco perché non necessita di un mandato

ad hoc (fatta eccezione, come vedremo, per l‟attività investigativa

preventiva ).

Diversamente, per altra parte della dottrina, la quale fornisce un‟interpretazione letterale dell‟art. 327 bis c.p.p., la facoltà di svolgere indagini da parte del difensore necessiterebbe di un espresso conferimento dell‟incarico, se non addirittura di un accordo aggiuntivo rispetto all‟atto di nomina73

.

L‟art. 327 bis comma 3 c.p.p. inoltre consente al difensore di delegare ad altri soggetti - quali ausiliari, sostituti, investigatori privati (preventivamente autorizzati dall‟organo prefettizio) - il compimento di attività di indagine, e laddove si ritenga necessario di avvalersi di consulenti tecnici. Delega che deve risultare da atto scritto, il quale ne specifichi l‟oggetto.

La ratio di quest‟ultimo istituto, oltre quella di soppesare i diversi e più ampi strumenti attribuiti all‟accusa74

, è quella di fornire alla difesa

72

V. CASTIGLIONE, Art. 7 l.397/2000, in La difesa penale. Commento alle leggi 7

dicembre 2000 n.397, 6 marzo 2001 n. 60, 29 marzo 2001 n.134 e alle successive modifiche, diretto da Chiavario- Marzaduri, Torino 2003, pag. 53.

73

G. SPANGHER, Trattato di Procedura Penale – Tomo I – I Soggetti, UTET, 2009, pag. 153.

74

degli strumenti idonei all‟esercizio dell‟attività di indagine, che a seconda “della necessità e delle caratteristiche dell‟investigazione può richiedere l‟intervento di soggetti variamente specializzati”75

.

Sul punto, il dato codicistico viene integrato dall‟art. 4 delle Regole di Comportamento del Penalista nelle Investigazioni Difensive, rubricato “Direzione delle investigazioni”, il quale fornisce una serie di indicazioni alle quali gli ausiliari devono attenersi, nel rispetto degli obblighi posti dalla legge e dal segreto professionale76.

Al comma 5, lett. c) del medesimo articolo, i soggetti delegati al compimento di indagini difensive hanno il dovere di rifiutare altri incarichi, su richiesta di altri difensori, aventi ad oggetto la stessa vicenda, al fine di evitare la fusione degli elementi acquisiti durante le indagini77. Dovere che dovrà essere reso noto dal difensore agli stessi mediante una comunicazione scritta.

Occorre precisare, come stabilito dalla giurisprudenza, che qualora le indagini siano svolte da soggetti incaricati da un privato e non dal difensore e “al fine non di svolgere accertamenti su un fatto di reato

che si assume già perpetrato ma di verificare eventuali futuri comportamenti illeciti […], ne consegue l‟inapplicabilità della normativa in tema di investigazioni difensive”78

.

In ultima analisi, un altro importante raccordo tra l‟art. 327 bis c.p.p e le previsioni di carattere deontologico è rappresentato dall‟art. 6 delle Regole di Comportamento del Penalista nelle Investigazioni, il quale sottopone a segreto professionale gli atti di investigazione, almeno

75

L. SURACI, Le indagini difensive, Giappichelli 2014, pag. 93.

76

Attinenti l‟inizio, il termine delle investigazioni, la scelta sull‟oggetto, le modalità e le forme di esse.

77

Così E. RANDAZZO, Per un corretto funzionamento del processo sedici articoli

operativi dal 15 maggio 2001, in Guida al dir., 2001, Pag. 112.

78

fino a quando il difensore non intenda utilizzarli nel procedimento, nonché all‟attenta conservazione degli stessi per un tempo necessario utile alla strategia difensiva.

L‟art. 327 bis, c.p.p., come appena osservato, riconosce al difensore ampia facoltà d‟indagine, ma pur essendo egli il titolare del diritto di investigazione - al pari degli organi inquirenti - tuttavia, le indagini dal lato del difensore scontano un vizio di fondo alla radice, riguardante l‟aspetto puramente economico a cui segue necessariamente quello pratico. Difatti il compimento di attività investigativa richiede dei costi elevati - basti solo pensare al personale coinvolto ed alle possibili difficoltà di ricerca della prova scientifica -, che potrebbero scontrarsi con una insufficiente disponibilità economica dell‟assistito, il quale potrebbe non avvalersi dello strumento delle indagini difensive per il tramite del proprio difensore, vedendo pregiudicato il proprio diritto di difesa.

Nel documento Le indagini difensive (pagine 39-48)