Lo sviluppo della città di Roma è stato condizionato, sia in senso positivo che negativo, dalle caratteristiche del territorio e tra queste anche quelle geologiche descritte nei paragrafi precedenti. Il territorio della città può essere diviso in quattro zone, distinte in base alle loro caratteristiche geologiche, alle modalità di evoluzione dello sviluppo urbano e alle differenti tipologie delle pericolosità naturali presenti (FUNICIELLO & COLOGGI, 2008). In ognuna di queste zone le caratteristiche geologiche, geotecniche e geomorfologiche del territorio hanno determinato l’incidenza di specifiche pericolosità e hanno di conseguenza indirizzato la crescita urbanistica della città nel corso della storia (fig. 2.12)
Fig. 2.12 - Zonazione del territorio del comune di Roma in base alle caratteristiche geologiche, geotecniche e geomorfologiche e alla presenza di specifiche pericolosità (da FUNICIELLO &COLOGGI, 2008).
Per ognuno dei molteplici fattori di pericolosità presenti nella città di Roma, che sono strettamente correlati alle caratteristiche geologiche del territorio, sono stati attribuiti i tempi di ritorno e collocazione geografica (tab. 2.1).
Tab. 2.1 - Fattori di pericolosità incidenti nel territorio della città di Roma (da FUNICIELLO &COLOGGI, 2008).
Nell’ambito della presente tesi, attraverso l’esame di alcuni casi di studio significativi, è stata approfondita l’analisi relativa ai fattori di pericolosità connessi a movimenti gravitativi quali subsidenza, frane e sinkholes.
Subsidenza
I fenomeni di subsidenza a Roma sono localizzati all’interno delle zone alluvionali del fiume Tevere e suoi affluenti e sono stati messi in relazione alle caratteristiche geologico-tecniche delle alluvioni, e in particolare alla presenza di sedimenti fini ricchi in materiale organico, sottoconsolidati e altamente compressibili (FUNICIELLO et alii, 2005; FUNICIELLO et alii, 2006;
CAMPOLUNGHI et alii, 2007, 2008; BOZZANO et alii, 2008; STRAMONDO et alii, 2008).
CAMPOLUNGHI et alii (2007; 2008) hanno effettuato, in base alle caratteristiche geomeccaniche dei
depositi alluvionali, una zonazione della pericolosità associata alla presenza di tali depositi nell’area centrale della città (fig. 2.13).
Le zone maggiormente esposte al pericolo di subsidenza sono risultate quelle situate allo sbocco nel Tevere degli affluenti di sinistra (Fosso della Caffarella, F. di Grottaperfetta, F.della Cecchignola, F. di Malafede e Fosso di Vallerano).
Fig. 2.13 - Zonizzazione del pericolo connesso alle aree occupate da depositi alluvionali nella città di Roma (da CAMPOLUNGHI et alii, 2008).
Tale zonazione ha trovato sostanziale conferma nelle delle mappe di spostamento elaborate sulle base dei dati interferometrici desunti dalle immagini radar acquisite dai satelliti ERS1/2 tra il 1991 e il 2000 (CAMPOLUNGHI et alii, 2007, 2008). Queste mappe hanno inoltre messo in evidenza che,
relativamente al periodo di osservazione, l’unica porzione della valle del Tevere, non soggetta o soggetta limitatamente a fenomeni di subsidenza è quella di Campo Marzio, dove il peso dei terreni di riporto (che hanno mediamente uno spessore di 10 metri) e quello delle strutture urbane, incrementatosi nel corso del tempo ma comunque attivo fin dalla fondazione della città, ha determinato la quasi completa consolidazione dei terreni alluvionali compressibili (FUNICIELLO et alii, 2005; CAMPOLUNGHI et alii, 2008; STRAMONDO et alii, 2008).
Relativamente alla subsidenza indotta dai carichi antropici MOSCATELLI et alii (2009) hanno
proposto un indice di suscettibilità al cedimento delle alluvioni pleistocenico-oloceniche del Tevere nell’area di Roma.
Fenomeni di cedimento differenziale di edifici moderni, dovuti alle scadenti caratteristiche geotecniche dei terreni alluvionali e all’inadeguatezza delle fondazioni, sono presenti in diverse zone della città.
Uno dei casi più noti, importanti e meglio studiati, anche attraverso tecniche di remote sensing, è quello dei fabbricati, posti lungo e nelle vicinanze di Viale Giustiniano Imperatore, le cui fondazioni sono intestate nelle alluvioni del Fosso di Grottaperfetta (CAMPOLUNGHI et alii, 2007,
2008; CAMPOLUNGHI & LANZINI, 2009; BOZZANO et alii, 2008; MANUNTA et alii, 2008; STRAMONDO et alii, 2008). I depositi alluvionali presenti in questa zona presentano una elevata
deformabilità ed una bassa resistenza al taglio a causa principalmente dell’alto contenuto in acqua dovuto all’elevata presenza di sostanza organica in alcune delle unità deposizionali riconosciute all’interno del corpo alluvionale. Tale corpo, sia pure con alcune differenziazioni legate alle diverse caratteristiche fisico-meccaniche delle unità che lo compongono, è complessivamente soggetto a cedimenti che interessano sia gli edifici che le infrastrutture idriche sotterranee presenti nella zona. Problemi strutturali agli edifici sono intervenuti fin dall’inizio dell’urbanizzazione dell’area, cominciata negli anni ’50, tanto da portare alla demolizione di più di un fabbricato.
In anni recenti il progressivo aumentare nel corso del tempo delle lesioni in alcuni edifici ha portato l'Amministrazione Comunale di Roma ad emettere, tra il 2001 e il 2004, numerose ordinanze di sgombero e a varare un programma di interventi urgenti comprendente un Piano di sostituzione edilizia nell’ambito del quale si è provveduto anche all’abbattimento di uno stabile giudicato pericolante sito in Via di Lucina.
Altro caso conosciuto e studiato è quello del quartiere Colli Aniene costruito sui depositi alluvionali del fiume Aniene (RISCHIA et alii, 2008). In questo quartiere, la cui urbanizzazione ha inizio nei
primi anni ’60, si riscontrano numerosi edifici interessati da lesioni. I dissesti nei fabbricati sono stati messi in relazione a cedimenti differenziali delle fondazioni, realizzate con pali, dovute alle scadenti caratteristiche geotecniche dei terreni che compongono il corpo alluvionale, all’interno del quale si riscontrano peraltro orizzonti torbosi ricchi di materiale organico.
Tra i fossi posti in sinistra idrografica ricade anche il fosso Labicano, obliterato già in epoca romana, il cui percorso originario scendeva lungo l’attuale Via Labicana per poi deviare, all’altezza del Colosseo, lungo Via di San Gregorio e sboccare nel Velabro maggiore (Circo Massimo).
Nell’ambito della presente tesi sono stati studiati, alla luce dei dati resi disponibili dal Progetto Urbisit, i caratteri geotecnici di tale fosso, prima non conosciuti nel dettaglio, e sono stati esaminati anche i fenomeni di cedimento differenziale riscontrabili in un antico monumento romano, il Septizodium, fondato sulle alluvioni di questo corso d’acqua e collocato in prossimità del suo sbocco nel Velabro maggiore.
Cavità sotterranee
Nella città di Roma sono presenti numerosissime cavità sotterrenee di origine antropica con diversa età e funzione: cave, catacombe, cunicoli idraulici, acquedotti, fognature e sotterranei di interesse archeologico (VENTRIGLIA, 1971; 2002, FUNICIELLO et alii, 2006). La stragrande maggioranza
delle cavità è costituita da cave in sotterraneo di materiali da costruzione, principalmente depositi vulcanici litoidi (Tufo lionato, Tufo rosso a scorie nere sabatino, Unità di Prima Porta, Unità di Tor dei Cenci) o pozzolanacei (Pozzolane rosse, Pozzolane nere, Pozzolanelle) e subordinamente ghiaie e/o sabbie della formazione di Ponte Galeria.
Nel tempo si è persa la memoria dell’esistenza e della precisa ubicazione di tali cavità e, in particolare durante l’intensa e disordinata espansione edilizia gli anni ’50-’70 del secolo scorso, al di sopra di esse si è costruito un tessuto urbano continuo non sempre con fondazioni adeguate alle caratteristiche del sottosuolo (fig. 2.14).
Nel corso dei decenni successivi si sono quindi verificate voragini e crolli in sotterraneo che hanno determinato interruzioni delle strade e delle reti dei sottoservizi (fognature, reti idriche, elettriche e telefoniche) e danni anche agli edifici determinando una reale condizione di rischio per la popolazione (CRESCENZI et alii, 1995; LANZINI, 1995).
Fig. 2.14 - Carta delle cavità sotterranee (da VENTRIGLIA, 2002 – modificata) Legenda: 1- Zone nelle quali è molto probabile l’esistenza di cavità sotterranee nelle rocce vulcaniche; 2 - Zone nelle quali è probabile l’esistenza di cavità sotterranee nelle rocce vulcaniche; 3 - Zone nelle quali è possibile l’esistenza di cavità sotterranee nelle rocce vulcaniche; 4 - Zone nelle quali è molto probabile l’esistenza di cavità sotterranee nelle rocce sedimentarie; 5 - Zone nelle quali è probabile l’esistenza di cavità sotterranee nelle rocce sedimentarie;
In base a un censimento effettuato tra il 2001 e il 2003 dal Dipartimento della protezione civile (CORAZZA, 2004; CORAZZA et alii, 2005) nella città di Roma tra il 1915 e il 2002 si sono verificati 96 casi di dissesto dovuti tutti alla presenza nel sottosuolo di cave per l’estrazione di materiali da costruzione (fig. 2.15). Di questi dissesti 90 sono dovuti a cave di prodotti piroclastici litoidi o pozzolanacei e 6 a cave di ghiaia e/o sabbia. In 14 casi i dissesti sono avvenuti in sotterraneo senza avere ripercussioni in superficie. A testimonianza della pericolosità dei fenomeni legati alle cavità sotterranee è la rilevazione di 4 casi con morti: nel 1929 a Monteverde; nel 1937 a Centocelle; nel 1994 e nel 1997 all’Appio Latino (gli ultimi due casi sono consistiti in crolli all’interno di cavità utilizzate come fungaie).
Fig. 2.15 - Ubicazione dei sinkholes (quadratino verde) avvenuti a Roma fino al 2003 (da CORAZZA et alii, 2005) Particolarmente esposto al rischio di sprofondamenti è il settore orientale della città, dove più diffusamente sono presenti i terreni vulcanici, pozzolanacei e/o litoidi, prodotti dall’attività vulcanica del Distretto dei Colli Albani che sono stati nel corso dei secoli oggetto di escavazioni in sotterraneo. Relativamente a tale settore MAZZA et alii (2001, 2008) hanno elaborato una zonazione di rischio di
crollo di cavità sotterranee per l’intero territorio di competenza del VI Municipio del Comune di Roma.
Indagini specifiche sul rischio legato alla presenza delle cavità sono stati condotti per il colle Aventino da SANTORO &FEDERICI (2002).
Nell’ambito della presente tesi sono stati messi in relazione i dati sui dissesti provocati dalla cavità sotterranee con i dati degli spostamenti del suolo derivanti dalle misure radar satellitari al fine di individuare possibili precursori di evento; a tale scopo è stato in particolare esaminato il caso di studio relativo alla voragine verificatisi nel 2008 a via Galatea.
Inoltre sono stati studiati, nell’ambito del Progetto Urbisit, i dissesti, sempre collegabili a cavità sotterranee di origine antropica, presenti nell’area archeologica del Colle Palatino.
Fenomeni franosi
Il territorio della città di Roma è caratterizzato, come descritto in precedenza, da una morfologia prettamente collinare, con rilievi di modesta altitudine che affacciano sulle piane alluvionali del Tevere e dei suoi affluenti. In ragione di tali lineamenti morfologici non si riscontrano movimenti franosi rilevanti anche se i dissesti rilevati sono numerosi (AMANTI et alii, 1995, 2008; APAT, 2008; FUNICIELLO et alii, 2006). Nella pubblicazione di AMANTI et alii (2008) vengono infatti
censiti bel 332 dissesti nel territorio comunale legati a movimenti di versante. Nella fig. 2.16 è rappresentata l’ubicazione di tali dissesti limitatamente alla zona del G.R.A.
La zona della città maggiormente esposta al rischio di frane è quella dei rilievi collinari posti in riva destra del Tevere e in particolare quella della dorsale Monte Mario – Vaticano – Gianicolo dove le quote altimetriche, le pendenze dei versanti, le caratteristiche geologico-tecniche dei terreni e l’azione dell’uomo hanno favorito l’innescarsi di diversi fenomeni franosi, conosciuti da molto tempo.
Sulla collina di Monte Mario numerosi sono infatti dissesti storici censiti (BOZZANO et alii, 2006;
BRANCALEONI et alii, 2003; AMANTI et alii, 2008) alcuni dei quali hanno subito recenti riattivazioni come le frane a Via Labriola - Via san Tommaso D’Aquino e a Via Teulada). I movimenti di tipo complesso coinvolgono prevalentemente i terreni argillosi della Formazione di Monte Vaticano e della Formazione di Monte Mario..
Dissesti storici sono anche quelli localizzati a Monteverde (FOSSA MANCINI, 1922; CORAZZA et alii,
2002; FUNICIELLO &TESTA, 2008). Molto nota e studiata è la frana situata in Via Aurelio Saffi -
Via Ugo Bassi (LEONE, 1986; SCIOTTI, 1986; AMANTI et alii, 1995, 2008) formatasi nei depositi sabbiosi della Formazioni di Monte Mario, adagiati sulle argille della Formazione di Monte Vaticano, interessando anche i depositi ghaiosi della sovrastante Formazione di Ponte Galeria. Sia pure in misura molto minore di quelli in riva destra del Tevere anche i rilievi collinari in riva sinistra sono afflitti da movimenti gravitativi di versante.
Tra questi vi sono i crolli che periodicamente interessano le pareti travertinose (Formazione di Valle Giulia) della collina dei Parioli. Note sono le ripetute frane di Viale Tiziano del 1963, 1972 e del 2007 (COLOSIMO, 1974; AMANTI et alii, 1995, 2008) e la frana di viale Pilsudsky.
Ampiamente citati anche da fonti storiche sono i crolli dalle pareti in Tufo lionato della Rupe Tarpea sul Campidoglio (AMANTI et alii, 1995, 2008). L'evento più recente risale al 1991 quando un
dissesto ha interessato anche il terrazzo dei giardini di M. Caprino.
Fenomeni di dissesto complessi interessano anche gli edifici romani, in particolare la Domus Tiberiana, posti in prossimità dei versanti occidentali del Colle Palatino (CALABRESI &SCARPELLI,
1998; CAVINATO et alii, 2010).
Nell’ambito della presente tesi sono stati studiati, nell’ambito del Progetto Urbisit, i movimenti franosi, da crollo ma anche complessi, che interessano le pendici settentrionali e occidentali del Colle Palatino e che hanno originato numerosi dissesti nei monumenti archeologici.
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