TIPO PIEZO LUNG
4.5 La valle del fosso Labicano: i cedimenti del Septizodium 1 Premessa
Per l’analisi dei problemi di stabilità riscontrati in edifici storici, in particolare in strutture archeologiche, posti in zone caratterizzate dalla presenza depositi alluvionali è stato individuato e preso in esame il caso di un monumento romano, il Septizodium, situato in prossimità dell’incrocio tra le attuali Via di San Gregorio e Via dei Cerchi. Per tale monumento le pubblicazioni archeologiche reperite facevano supporre possibile la sussistenza di cedimenti differenziali visto che, tra i dati resi noti, vi era quello relativo all’inclinazione delle fondazioni dell’edificio.
La possibile presenza di cedimenti differenziali era anche avvalorata dal fatto che le fondazioni di questo monumento poggiano sulle alluvioni del fosso Labicano, uno dei paleoaffluenti del Tevere, obliterato dall’espansione urbana già in epoca romana.
Per il dottorato sono stati raccolti ed esaminati i dati geognostici relativi a sondaggi eseguiti nella valle del fosso Labicano. In particolare sono stati esaminati quelli eseguiti a cura della Soprintendenza Archeologica di Roma sulle fondazioni dell’edificio.
Le conoscenze geologiche sulla zona del Septizodium derivano anche dagli studi condotti, sempre per il dottorato, sul Colle Palatino e aree limitrofe nell’ambito del Progetto Urbisit (vedi capitolo 6). I dati geognostici raccolti evidenziano la presenza nella zona del Septizodium di terreni argillosi, a volte molto ricchi di sostanza organica e quindi fortemente comprimibili.
Dall'elaborazione originale dei dati archeologici e di quelli geologico-tecnici si è arrivati alla conclusione che, pur con tutti i limiti che illustreremo in seguito, l’inclinazione delle fondazioni sia collegata a cedimenti differenziali dovuti, da una parte, alle scadenti caratteristiche dei terreni alluvionali di fondazione e, dall’altra, ad un carico eccentrico imposto dal monumento.
I risultati dello studio effettuato sono stati parzialmente presentati a Geoitalia 2009 – VII Forum Italiano di Scienze della Terra – Rimini 9-11 settembre 2009 (CORAZZA et alii, 2009). Rispetto ai
risultati presentati a Rimini è stato effettuato un aggiornamento delle analisi geotecniche attraverso l’utilizzo di modelli matematici agli elementi finiti. Tale aggiornamento è stato condotto con la collaborazione del dott. geol. Maurizio Lanzini e del dott. geol. Massimo Parente.
4.5.2 Storia del Septizodium
Il Septizodium era una fontana monumentale (un grandioso ninfeo) situata a Roma ai piedi del colle Palatino vicino alla via Appia (fig. 4.60). Il monumento venne costruito nell’anno 203 d.C. dall'imperatore L. Settimio Severo e se ne trova traccia anche in un frammento della Forma Urbis Marmorea severiana, realizzata pochi anni dopo. Con la sua collocazione a ridosso della Domus Severiana, nell’angolo sud orientale del colle, il Septizodium creava un imponente fondale di sbocco cittadino dell’asse viario appio, percorso dai visitatori provenienti dall’Africa, terra natia dell’imperatore.
Il nome deriva con tutta probabilità dal fatto che la costruzione era decorata con simulacri delle divinità raffiguranti i sette pianeti (CHINI &MANCIOLI, 1987). L’edificio venne chiamato dalle fonti
anche Septizonium, riferendosi ad una sua possibile ripartizione in sette parti o zone, o Septisolium, riferendosi invece al fatto che si trattava di un ninfeo con sette possibili vasche (solium = vasca). Niente della struttura dell’edificio posta sopra il livello del suolo sopravvive oggi ed è visibile solo l’impronta della base dello spiccato dell’edificio ricostruita dalla Soprintendenza Archeologica di Roma (figg. 4.61 e 4.62). Il corpo centrale del monumento era infatti crollato già nel VII secolo; la porzione verso il Circo Massimo (detta in epoca tarda Septem Solia Maior) era invece caduta intorno al 1257. La parte dell’edificio verso il Celio (detta Septem Solia Minor) nel XVI secolo era ancora in piedi tanto da essere, per l’imponenza della sua struttura architettonica, oggetto di attenti studi e rilevamenti da parte di architetti e antiquari del Rinascimento. Gli studiosi dell’epoca hanno
lasciato diverse rappresentazioni grafiche delle rovine del Septizodium corredate anche di annotazioni metriche sulle dimensioni delle varie parti del monumento (figg. 4.63 e 4.64).
Fig. 4.60 - Plastico Museo della Civilta’ Romana: vista dei colli Palatino e Celio (da http://www.museociviltaromana.it)
Fig. 4.61 - Stato attuale della zona (da http://maps.google.it)
SEPTIZODIUM
SEPTIZODIUM
Fig. 4.62 - Stato attuale della zona
Fig. 4.63 - E. Du Perrac (1574) – Vista della parte settentrionale (Septem Solia Minor) demolita nel 1588-89 dall’arch. Domenico Fontana su ordine del Papa Sisto V
Fig. 4.64 – Anonimo (1582) – Vista della parte settentrionale del Septizodium
Nel 1588-89, su ordine del papa Sisto V, l’architetto Domenico Fontana demolì l’ultimo troncone dell’edificio per recuperare materiale da costruzione da utilizzare in vari progetti edilizi papali a Roma. L’architetto, per potere essere pagato dal Papa, tenne un rendiconto estremamente dettagliato della tipologia dei materiali ricavati dalla demolizione e delle loro misure, fornendo informazioni molto utili per la ricostruzione delle porzioni in elevato dell’edificio ma anche di quelle sotto il piano dello spiccato della costruzione (PISANI SARTORIO, 1987).
4.5.3 La struttura dell’edificio e delle sue fondazioni
4.5.3.1 La ricostruzione plano-altimetrica dell’edificio
Gli studi, gli scavi archeologici e le indagini geognostiche eseguite a cura della Soprintendenza Archeologica di Roma negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso (fig. 4.65) hanno permesso di effettuare una ricostruzione architettonica delle parti in elevato del monumento e definire con precisione le sue strutture fondali (IACOPI &TEDONE, 1993).
Il Septizodium era un edificio di imponenti dimensioni, lungo circa 93 metri, largo circa 15 metri e alto circa 29 metri, con tre piani colonnati articolati in tre grandi esedre. Sul fronte dell’edificio vi era una grande vasca che raccoglieva le acque delle diverse fontane poste sulla facciata (fig. 4.66). L’analisi dei disegni e schizzi rinascimentali, dei rendiconti del Fontana unitamente agli esiti dello scavo archeologico SC1 hanno permesso in particolare di ricostruire in maniera dettagliata le
caratteristiche architettoniche della parte dell’edificio demolita nel 1588-89 su ordine del papa Sisto V (figg. 4.67 e 4.68; vedi anche fig. 4.63).
aratteristiche architettoniche della parte dell’edificio demolita nel 1588-89 su ordine del papa Sisto V (figg. 4.67 e 4.68; vedi anche fig. 4.63).
Fig. 4.65 - Localizzazione dell’edificio con ubicazione dei saggi di scavo (SC1 e SC2) e dei sondaggi geognostici (S1÷S10) eseguiti a cura della Soprintendenza Archeologica di Roma (modificato da IACOPI &TEDONE (1993)
Fig. 4.65 - Localizzazione dell’edificio con ubicazione dei saggi di scavo (SC1 e SC2) e dei sondaggi geognostici (S1÷S10) eseguiti a cura della Soprintendenza Archeologica di Roma (modificato da IACOPI &TEDONE (1993)
Fig. 4.66 - Ricostruzione del frontespizio del Septizodium (da DOMBART, 1922 – modificato)
S9 SC1 SC2 Limite fondazioni Limite edificio S5 S8 S4 S6 S3 S7 S10 S2 S1
3° ordine Travertino 2° ordine 1° ordine Peperino Podio Cassaforma lignea di fondazione Conglomerato cementizio
Fig. 4.68 - Ricostruzione grafica delle fondazioni e dell’elevato dell’edificio relativa al tratto demolito da Fontana (da TEDONE &JACOPI, 1993 – modificato).
4.5.3.2 Le fondazioni e la loro inclinazione
L'edificio venne realizzato su una fondazione in conglomerato cementizio (Opus caementicium) gettato all’interno di una cassaforma lignea fino ad una altezza di 1l,50 m ed entro una cassaforma formata da tre ricorsi di blocchi in travertino nella parte superiore (vedi fig. 4.68).
Il conglomerato cementizio risulta formato da grossi scapoli di roccia lavica leucititica, di dimensioni anche decimetriche, da qualche pezzo di travertino e da rari frammenti di tufo litoide lionato e di laterizi. Questo pezzame è cementato da una malta costituita da calce e pozzolana. La pozzolana, di colore rosa-violaceo, è granulometricamente eterogenea ed assume una grana anche molto grossolana. All’interno della malta sono presenti anche frammenti di laterizi. La malta contiene inoltre qualche raro frammento ligneo e tracce di resti vegetali la cui presenza deve essere presumibilmente dovuta alla loro casuale inclusione al momento della preparazione dell’impasto.
Il conglomerato si presenta a zone parzialmente decoeso ed il alcuni tratti il pezzame litoide è completamente sciolto. Tali zone di forte decoesione si possono determinare a causa della scarsa presenza di calce nella malta, riscontrata anche nelle porzioni di conglomerato prossime alle pareti disgregate.
All’interno del conglomerato di fondazione sono presenti delle discontinuità, rilevate nelle carote dei sondaggi, che risultano incrostate da depositi di carbonato di calcio derivanti dalle acque circolanti all’interno delle discontinuità stesse.
La fondazione del Septizodium ha grossomodo a forma di un parallelepipedo con le seguenti dimensioni:
- lunghezza compresa tra m 93 e m 95
- larghezza, in corrispondenza dell'asse mediano, pari a 15,40 m - altezza variabile tra 11.50 e 13.00 m circa.
Lungo l'intera facciata del monumento la fondazione mostra un andamento rettilineo mentre sul fronte posteriore presenta due rientranze in corrispondenza dei due avancorpi (uno dei quali è quello demolito da Fontana) e la larghezza delle fondazioni diventa di 11,95 m (vedi fig. 4.67).
Nel corso degli scavi archeologici SC1 e SC2 (figg. 4.69 e 4.70) è stato constatato che il piano di spiccato del monumento mostra una inclinazione del 5% verso ovest, ovvero verso il Palatino (CHINI & MANCIOLI, 1986, 1987; IACOPI &TEDONE, 1990,1993). Anche l’esame delle stratigrafie
dei sondaggi eseguiti sulle fondazioni, come vedremo meglio nel seguito, ha permesso di verificare che tutto il parallelepipedo di fondazione mostra analoga inclinazione.
Peperino
Fig. 4.69 - Saggio di scavo SC1 con ipotesi ricostruttive dell’alzato (da TEDONE &JACOPI, 1993 – modificato). La retta
A e B evidenzia l’inclinazione del piano superiore delle fondazioni verso il Palatino.
Conglomerato cementizio Travertino Pali di fondazione A B
Peperino
Fig. 4.70 - Saggio di scavo SC2 con ipotesi ricostruttive dell’alzato (da TEDONE &JACOPI, 1993 – modificato). La retta
A e B evidenzia l’inclinazione del piano superiore delle fondazioni verso il Palatino. Nel saggio SC2 tale piano, oltre che verso il Palatino, risulta inclinato anche verso il Circo Massimo.
4.5.3.3 Le parti in elevato
Sulla fondazione, come osservabile nella fig. 4.68, spiccava il podio dell'edificio, costituito da blocchi di peperino, che in corrispondenza degli avancorpi era largo 11,32 m e alto 5,27 m. Al di sopra di questo si elevavano i tre ordini sovrapposti di colonne corinzie il cui sviluppo in altezza, calcolato dal piano inferiore della base delle colonne del primo ordine fino al livello superiore della cornice del terzo, risulta pari a 24,15 m. Dalla stessa figura si nota come la superficie esterna sul retro dell’edificio (verso il Palatino) era costituita da blocchi, probabilmente bugnati, in travertino. Come accennato in precedenza, lungo il fronte anteriore era presente un bacino che, contenuto tra i due avancorpi, si sviluppava per tutta la sua lunghezza andando a raccogliere le acque che dall' alto, in corrispondenza delle tre esedre, vi si riversavano per mezzo degli elementi scultorei raffiguranti divinità fluviali (vedi fig. 4.66).
Una ricostruzione molto verosimile del Septizodium è quella contenuta nel Plastico esposto nel Museo della Civiltà Romana a Roma (fig. 4.71) dove viene rappresentata la città in età costantiniana (IV secolo d.C.).
PALATINO VIA DI SAN GREGORIO
Conglomerato cementizio Travertino
A
Fig. 4.71 - Plastico Museo della Civiltà Romana: particolare con il Septizodium (da http://www.museociviltaromana.it)
4.5.4 Caratteri geologici
4.5.4.1 Inquadramento geologico
Dal punto di vista morfologico, in epoca anteriore agli insediamenti antropici, l'area del Septizodium si trovava in corrispondenza dello sbocco nella cosiddetta Valle Marzia o Murcia (Vallis Murcia) del corso d’acqua che scendeva tra i colli Palatino e Celio.
Questo fosso proveniva dall’attuale via Labicana e in corrispondenza del Colosseo curvava verso Sud per seguire approssimativamente l'andamento dell’odierna via di S.Gregorio. LANCIANI (1975),
sia pure con alcuni dubbi, identifica questo corso d’acqua come il Nodicus o Nodinus. Più recentemente, nell’ambito di studi geologici sul Colosseo, il corso d’acqua viene denominato Fosso Labicano (FUNICIELLO et alii, 1995; BOZZANO et alii 1995).
Nella Valle Marzia il Fosso Labicano si ricongiungeva con un altro corso d’acqua proveniente dalla Valle Camena, il Fosso dell’Acqua Mariana, dando luogo ad una prima zona palustre (Lacus Servilius) e poi alla grande palude del Velabrum Maius collegata con il Tevere (vedi fig. 4.8). Le fondazioni del Septizodium sono state realizzate completamente all’interno dei terreni alluvionali (SFTba) depositati nel corso dell’Olocene dal Fosso Labicano. Gli studi condotti sul Palatino e aree limitrofe per il Progetto Urbisit (vedi cap. 6) hanno permesso di individuare nell’ambito del deposito alluvionale tre litotipi:
- Litotipo ghiaioso - SFTba1 - Litotipo sabbioso - SFTba2
Distinzioni analoghe erano state fatte per le alluvioni del Fosso Labicano nella zona del Colosseo da BOZZANO et alii (1995).
Il litotipo ghiaioso è presente alla base dei depositi alluvionali dove poggia direttamente sulle argille della Formazione del Monte Vaticano. E’ stato incontrato, per uno spessore di circa 4 metri, solo nel sondaggio 18 P, l’unico che nella zona raggiunge il substrato pliocenico (posto a quota - 10,8 m s.l.m.). Il litotipo diventa più potente nella vicina zona del Circo Massimo dove raggiunge uno spessore massimo di 12 m. Le ghiaie sono costituite da clasti calcarei e silicei e da frammenti tufacei con diametri pluri-centimetrici, provenienti dallo smantellamento parziale della Formazione di Santa Cecilia e delle formazioni vulcaniche affioranti nell’area del bacino imbrifero del Fosso Labicano.
Il litotipo sabbioso è stato riscontrato in alcuni dei sondaggi realizzati nella valle e mostra passaggi eteropici, sia laterali che verticali, al litotipo limoso-argilloso. Le sabbie fini o sabbie limose si rinvengono come lenti isolate, poco potenti, all’interno dei depositi argillosi; corrispondono probabilmente ai riempimenti dei paleo-canali, isolati nell’antica piana di inondazione.
Il litotipo limoso-argilloso è costituito da limi e argille organiche, intercalate a livelli di torba, di ambiente fluvio-palustre. La persistenza degli ambienti palustri è dovuta alla presenza di terreni argillosi impermeabili di fondovalle e alla prossimità di sorgenti naturali perenni. Inoltre le fonti storiche documentano nella zona la presenza in epoca romana di aree acquitrinose.
Lateralmente, verso il Palatino ed il Celio, i depositi alluvionali poggiano contro i versanti dei rilievi collinari del Palatino e del Celio costituiti dai sedimenti continentali pleistocenici della Formazione del Fosso del Torrino (FTR). Tale formazione, di ambiente fluvio-palustre, riempie una larga e profonda paleo valle orientata in direzione NW-SE (si veda cap. 6) ed è costituita da tre litotipi: uno ghiaioso (FTR1), uno sabbioso (FTR2) e uno limoso-argilloso (FTR3).
Al centro dell’incisione valliva i depositi alluvionali sono direttamente sovrapposti ai terreni argillosi pliocenici di ambiente marino della Formazione di Monte Vaticano (MVA).
La piana alluvionale e i versanti sono infine coperti da una spessa coltre di depositi antropici (h) di epoca recente.
Le unità sopraccitate vengono rappresentate negli elaborati cartografici riportati nella figura 4.72 (Carta geologica del substrato della Valle del Fosso Labicano) e nella figura 4.73 (profilo 2 – sezione geologica della valle del Fosso Labicano).
La Carta geologica e il profilo n. 2 sono stralci di analoghi elaborati grafici, prodotti per il Colle Palatino e aree limitrofe, riportati nella loro forma completa nel capitolo 6.
Fig. 4.72 - Carta geologica della valle del Fosso Labicano (stralcio della Carta geologica del Palatino ed aree limitrofe). Litostratigrafia e litotipi: SFTba3 - Depositi alluvionali. Litotipo limoso-argilloso, ricco in materia organica, poco consistente; AEL - Formazione Aurelia. Limi consistenti; VSN1b - Formazione di Villa Senni. Tufo pozzolanaceo argillificato; VSN1a - Formazione di Villa Senni. Tufo litoide fratturato; VSN0 - Formazione di Villa Senni. Depositi epiclastici basali; FTR3 – Formazione del Torrino. Litotipo limoso-argilloso, da consistente a mediamente consistente; FTR2 – Formazione del Torrino. Litotipo sabbioso, mediamente addensato; PPT – Unità di Prima Porta. Tufo litoide e semilitoide, localmente stratificato; PTI – Unità del Palatino. Tufo litoide, massivo; VGU2 – Formazione di Valle Giulia. Litotipo sabbioso-limoso, addensato.
Profilo 2
Acqua di Mercurio Septizodium
Fig. 4.73 - Profilo 2. Sezione geologica della valle del Fosso Labicano (stralcio del profilo 2 della Carta geologica del Palatino ed aree limitrofe). Litostratigrafia e litotipi: h – Deposito antropico. Materiali di riporto eterogenei ed eterometrici; SFTba3 - Depositi alluvionali. Litotipo limoso-argilloso, ricco in materia organica, poco consistente; SFTba2 - Depositi alluvionali. Litotipo sabbioso; SFTba1 - Depositi alluvionali. Litotipo ghiaioso; AEL - Formazione Aurelia. Limi consistenti; VSN1b - Formazione di Villa Senni. Tufo pozzolanaceo argillificato; VSN1a - Formazione di Villa Senni. Tufo litoide fratturato; FTR3 – Formazione del Torrino. Litotipo limoso-argilloso, da consistente a mediamente consistente; FTR2 – Formazione del Torrino. Litotipo sabbioso, mediamente addensato; FTR1 – Formazione del Torrino. Litotipo ghiaioso; PPT – Unità di Prima Porta. Tufo litoide e semilitoide, localmente stratificato; PTI – Unità del Palatino. Tufo litoide, massivo; VGU2 – Formazione di Valle Giulia. Litotipo sabbioso-limoso, addensato; CIL 2 – Formazione di Santa Cecilia, Litotipo sabbioso; CIL 1 – Formazione di Santa Cecilia, Litotipo ghiaioso; MVA – Formazione di Monte Vaticano. Argille e argille marnose molto consistenti con intercalazioni sabbiose
4.5.4.2 Stratigrafia nell’area del Septizodium
I dati stratigrafici del sottosuolo nell’area del Septizodium sono stati ricostruiti sulla base degli esiti della campagna geognostica effettuata nel 1988 sulle fondazioni del monumento, consistente in n. 10 sondaggi (vedi fig. 4.65) e dei sondaggi 18P e 26MS eseguiti nel 2010 nell’area del Palatino e zone limitrofe nell’ambito del Progetto Urbisit (vedi fig. 4.72).
Le unità litostratigrafiche presenti nella zona dove è stato costruito l’edificio sono quelle dei depositi antropici (h), dei depositi alluvionali olocenici (SFTba) e delle argille plioceniche della Formazione del Monte Vaticano (MVA)
Depositi antropici (h)
Sono stati incontrati in tutti i sondaggi eseguiti e raggiungono uno spessore massimo di 17,70 m. Questi terreni sono costituiti da frammenti eterodimensionali di laterizi, travertino, tufi vari, roccia lavica leucititica, vasellame, marmo, ossa, tasselli di mosaico, immersi in una matrice pozzolanacea di colore vario (marrone, grigia, rossastra, nocciola) presente in quantità variabile e a volte anche assente.
Nei sondaggi n. 1, 2, 4, 7, 10 (vedi fig. 4.65), si nota nei riporti, intorno a 4/6 m dal p.c., il passaggio a pezzame grossolano eterometrico di laterizi, travertino, marmo, tufi vari, peperino, roccia lavica leucititica con frammenti di vasellame e a volte ciottoli carbonatici.
Da segnalare nei terreni di riporto la presenza di cavità (sondaggi n. 3,5,9) presenti nella porzione grossolana e da mettere in relazione alla struttura caotica dei materiali dovuta alle modalità di messa in posto. Inoltre nel sondaggio n.8, intercalate nei riporti, sono state incontrate murature presenti anche nel sondaggio n.9 subito sopra le fondazioni del monumento.
Sulla base delle informazioni sulle stratificazioni storiche nella valle del Fosso Labicano riportate in CHINI & MANCIOLI (1986, 1987), IACOPI & TEDONE (1990,1993) e MOCCHEGGIANI CARPANO
(1984), vedi fig. 4.74, è possibile fare una distinzione tra i depositi antropici di epoca romana (rinvenibili nel Septizodium fino a circa 18,5 m s.l.m) e quelli di epoca successiva rinvenibili fino al piano campagna attuale.
20, 18, 63 13, 43 10, 49 60 m s.l.m.
Fig. 4.74 - Stratificazioni storiche in una sezione posta lungo Via di San Gregorio, non distante dal Colosseo (da MOCCHEGGIANI CARPANO, 1984 – modificato)
La fig. 4.74 mostra come il fosso Labicano, così come gli altri corsi d’acqua secondari di epoca romana, venne irregimentato tramite la costruzione di canali di bonifica, prima, e di condotti fognari, poi, che, unitamente alla messa in posto di terreni di riporto, ne hanno causato la scomparsa dalla superficie (MOCCHEGGIANI CARPANO, 1984).
Depositi alluvionali (SFTba)
Nell’area del Septizodium i sondaggi eseguiti riscontrano la presenza di depositi alluvionali di epoca storica (Allstor), evidenziate anche in altre zone della città (CAMPOLUNGHI et alii 2008), e di
sedimenti alluvionali olocenici riferibili al litotipo limoso–argilloso (SFTba3)
Le alluvioni storiche sono formate da limi-sabbiosi e sabbie-limose di colore grigio-nerastro che contengono frammenti di laterizi e di vasellame, anche ben conservato (sondaggio n. 8). Raggiungono uno spessore di circa 2,5 metri e sono presenti nel sottosuolo tra le quote di 6,0 e 8,5 m s.l.m.
Il litotipo limoso-argilloso rappresenta, per l’intero spessore indagato, i depositi alluvionali olocenici nei log stratigrafici del sondaggio 26 MS, fino a - 8,6 m s.l.m. (tab. 4.22) e delle perforazioni eseguite al Septizodium, fino a – 11,5 m s.l.m. nel sondaggio S3 (vedi fig. 4.75).
Tab. 4.22 – Stratigrafia sondaggio 26 MS Quota
m dal p.c. m s.l.m.
Descrizione
0,00 – 17,7 21,40 – 3,70 Terreni antropici (h)
17,7 – 30,00 3,70 – -8,60 Alluvioni – litotipo argilloso-limoso (SFTba3) Limo con argilla/limo argilloso, di colore bruno nerastro e a tratti grigio, organico, con livelli di torba; a luoghi sabbioso o con ghiaia silicea.
Campioni indisturbati prelevati a 19,00-19,60 e a 23,30 -23,70 m p.c.
La presenza del litotipo ghiaioso (SFTba1) non può però essere esclusa. Tale litotipo, riscontrato nel sondaggio 18P al letto dei depositi alluvionali e a diretto contatto con la Formazione del Monte Vaticano (vedi fig. 4.73), non è stato intercettato nelle perforazioni realizzate nelle vicinanze del Septizodium, che tuttavia non sono abbastanza profonde da raggiungere il substrato argilloso pliocenico.
Il litotipo argilloso-limoso è costituito da limi con argilla e limi argillosi di colore bruno-nerastro organici. Presenta zone torbose o in fase di torbidificazione. A tratti risulta debolmente sabbioso e con la presenza di noduli carbonatici. Mostra livelli di ghiaia silicea, evoluta di dimensioni centimetriche.
Come accennato nell’inquadramento geologico la presenza di depositi limosi e argillosi, organici e con strati torbosi è da mettere in relazione ad ambienti di tipo palustre, documentati nella zona da fonti storiche, la cui formazione è stata facilitata dai copiosi apporti idrici derivanti dalle sorgenti presenti alla base dei versanti come la fonte detta Acqua di Mercurio, posta peraltro a poca distanza dal Septizodium (vedi fig. 4.72).
Formazione del Monte Vaticano (MVA)
Si tratta di argille e argille marnose grigio–azzure molto consistenti con intercalazioni sabbiose. I depositi argillosi di età pliocenica sono stati incontrati per circa 900 m nel sondaggio eseguito al Circo Massimo (SIGNORINI, 1939).
Nella valle del Fosso Labicano il substrato pliocenico è stato incontrato a profondità mano mano crescenti procedendo verso lo sbocco nel Velabro maggiore. Nel sondaggio 18 P le argille della Formazione del Monte Vaticano sono state incontrate a 29,4 m dal p.c. ( -8,6 m s.l.m.).
La quota di rinvenimento di tale substrato dipende dalla posizione del sondaggio rispetto all’asse della paleovalle creatasi dopo l’intensa fase erosiva wurmiana (vedi fig. 4.73).
Nel sottosuolo del Septizodium, tenuto conto dei dati disponibili nella valle del Fosso Labicano e al Circo Massimo e delle ricostruzioni della superficie di letto delle alluvioni recenti (MARRA &ROSA,
1995), la quota presumibile delle argille plioceniche è posta a circa - 12/13 m s.l.m.
Nella tabella 4.23 si riportano i dati sintetici della stratigrafia nella zona del Septizodium indicando