SPSA APSA
J. Opt Soc Amer 4: 267-280.
4. PERICOLOSITÀ NELLE PIANE ALLUVIONALI 1 Introduzione
4.3 La piana del Tevere nel centro storico: falde idriche superficiali, subsidenza 1 Caratteri geologic
4.3.1.1 Inquadramento geologico
La pianura alluvionale del fiume Tevere nel centro storico costituisce uno degli elementi geomorfologici principali della città di Roma ed è delimitata da strutture collinari con distinte caratteristiche geologiche e geomorfologiche (fig 4.7).
Ad ovest la piana è delimitata dalla alta dorsale (quota max 139 m s.l.m.) formata dai rilievi di Monte Mario, Vaticano e Gianicolo, geologicamente costituiti nella loro parte basale e mediana dalle “argille” marine di età pliocenica della Formazione di Monte Vaticano e nella parte sommitale dai sedimenti eterogenei di età pleistocenica appartenenti alla Formazione di Monte Mario e della Formazione di Ponte Galeria. La dorsale si segue con continuità per circa 10 km in direzione nord - sud ed è interrotta solo da alcune strette incisioni legate all’azione erosiva degli affluenti di riva destra del Tevere quali il Fosso della Valle dell’Inferno (tra il rilievo di M.te Mario e quello del Vaticano – attuale Via A. Emo) e il Fosso della Valle del Gelsomino (tra il rilievo del Vaticano e quello del Gianicolo – attuale Via Gregorio VII).
Ad est della piana tiberina la morfologia dei rilievi è invece molto più articolata, con una serie di colline (i famosi “sette colli”) che raggiungono quote meno elevate rispetto a quelle dei rilievi in riva destra e che sono separate da depressioni vallive talora abbastanza ampie. Anche la geologia è diversa con i versanti che solo nella zona di Viale Tiziano mostrano in affioramento le argille della Formazione di Monte Vaticano e che nelle altre zone risultano costituiti da depositi pleistocenici di natura sedimentaria (Formazione di Santa Cecilia, F. di Valle Giulia e F. Aurelia) o vulcanica (Unità del Palatino, Successione di Sacrofano, Unità di La Storta, F.di Villa Senni).
Fig. 4.7 – Carta geologica (da APAT, 2008 a). Legenda: h – deposito antropico; SFTba – deposito alluvionale; VTN – F. di Vitinia; AEL – F. Aurelia; VSN1 – F. di Villa Senni -Tufo lionato; SKF – Tufi stratificati varicolori di La Storta;
PTI – U. del Palatino; VGU – F. di Valle Giulia; TDC – U. di Tor dei Cenci; CIL - F. di S. Cecilia; PGL – F. di Ponte Galeria; MTM - F. di Monte Mario; MVA – F. di Monte Vaticano.
Il potente pacco delle alluvioni del Tevere, che raggiunge spessori anche di 60 metri, risulta confinato lateralmente, in maniera pressocchè completa, dalle argille plioceniche marine e solo in riva sinistra, nella parte sommitale della successione, viene in contatto con i depositi continentali pleistocenici.
In tutta la Valle Tiberina i depositi alluvionali sono poi ricoperti da una coltre, anche di cospicuo spessore, di terreni antropici (riporti). Tale coltre si è formata in vari momenti della storia di oltre 27 secoli della città e maschera completamente l’aspetto originario dei luoghi .
Fino all’epoca repubblicana la valle era infatti caratterizzata da numerose sorgenti perenni e dai corsi d’acqua tributari del Tevere, il cui apporto idrico contribuiva alla presenza nelle zone pianeggianti del fiume e dei suoi affluenti di aree paludose anche abbastanza vaste (Palus Caprea, Velabrum Maius, Velabrum Minus) di cui oggi non rimane alcuna traccia (fig. 4.8).
Fig. 4.8 - Assetto idrografico originario della zona del centro storico di Roma. I pallini blu indicano le sorgenti (da CORAZZA &LOMBARDI, 1995)
Interventi quali gli sbancamenti per la costruzione di edifici e infrastrutture o per le attività di cava, gli accumuli di macerie e di rifiuti, i colmamenti a scopo di bonifica, le canalizzazioni e la successiva trasformazione in condotti fognari dei corsi d’acqua secondari hanno provocato il ricoprimento praticamente totale dell’area urbana con un manto di terreni di riporto, che in alcune zone supera anche i 20 metri di spessore, determinando spesso il seppellimento di strutture che originariamente si trovavano in superficie. Ai materiali di origine prettamente antropica si intervallano anche livelli di suoli antichi e depositi di alluvioni recenti.
I terreni di riporto rappresentano a tutti gli effetti il primo livello stratigrafico della pianura tiberina ed è principalmente con essi che vanno ad interagire tutte le nuove opere, sia in superficie che in sotterraneo.
4.3.1.2 Stratigrafia
Il complesso delle alluvioni del fiume Tevere è costituito da corpi sedimentari di diversa litologia (argille, limi, sabbie e ghiaie) caratterizzati da un assetto geometrico molto variabile nel quale, in
ragione della variabilità spaziale e temporale degli ambienti sedimentari presenti nella pianura alluvionale, si assiste a passaggi laterali e verticali, a volte netti e a volte eteropici, tra terreni dalle caratteristiche litologiche e idrogeologiche anche molto diverse fra loro (CORAZZA et alii, 1999,
BOZZANO et alii, 2000, 2008; FUNICIELLO et alii, 2004, 2006; RASPA et alii, 2008).
L’analisi delle stratigrafie di oltre 500 sondaggi (fig. 4.9) ha permesso di confermare la suddivisione del complesso alluvionale in unità con caratteristiche litologiche, geotecniche e idrogeologiche sostanzialmente omogenee proposta da CORAZZA et alii (1999) e da CAMPOLUNGHI et alii (2007,
2008).
Fig. 4.9 – Ubicazione dei sondaggi (con loro fonte) reperiti per l’area di studio e traccia delle sezioni geologiche. La successione, descritta dall’alto verso il basso, è la seguente:
• Riporti - I riporti comprendono terreni di scarico di origine antropica (pezzami a granulometria molto variabile costituiti da laterizi, marmi, malte cementizie, blocchi tufacei, ecc.) in matrice sabbioso e/o limosa e, localmente, murature e fondazioni di edifici romani. Verso la base dello strato di riporti sono a luoghi presenti depositi di alluvioni storiche, costituiti da sedimenti sabbiosi e/o limosi contenenti frequentemente frammenti di laterizi e di ceramiche fluitati, che si trovano localmente sovrapposti ad opere murarie di epoca romana.
• Limi argillosi verdastri (LAV) - Limi argillosi e argille limose con locali orizzonti sabbiosi, di colore grigio-verdastro. Presenti estesamente sotto la coltre dei riporti e in contatto
eteropico con le argille e limi grigi (AG) solo nella zona di Via del Gesù. Contengono anche materiali antropici e passano a volte in maniera poco distinguibile ai sovrastanti terreni antropici; gli spessori variano da pochi metri a 15 metri. Costituiscono gli ultimi depositi alluvionali del Tevere e comprendono i sedimenti di “alluvioni storiche” del fiume. Sono riferibili a ambienti a bassa energia tipici di una piana inondabile.
• Sabbie limose e limi sabbiosi verdastri (SLV) - Sabbie limose e limi sabbiosi grigio- verdastri. Presenti con continuità al di sotto e/o in contatto eteropico con i limi argillosi verdastri (LAV) e le argille e limi grigi (AG); gli spessori sono variabili da 4 a 15 m circa. Contengono anch’essi, a luoghi, materiali antropici e costituiscono i depositi alluvionali recenti, anche di epoca storica, del Tevere e presumibilmente dei suoi affluenti. Campioni organici delle sabbie limose prelevati a circa + 5 m s.l.m hanno dato un’età 14C di circa 2500 anni a.C. (BOZZANO et alii, 2008).
• Sabbie medio-grossolane e localmente medio-fini grigie e marroni-giallastre (S) - Depositi sabbiosi con granulometrie più o meno grossolane e a volte medio-fini, con locali livelli di ghiaietto di dimensioni da millimetriche a centimetriche, di colore vario da grigio fino a giallastro. Sono presenti al di sotto di SLV in tutta la zona compresa tra Borgo Pio e Piazza Vidoni mostrando dei contatti superiori e inferiori circa piano paralleli, con la superficie di letto posta intorno a – 10 m s.l.m. Andando verso la zona di Largo Argentina la superficie di letto si approfondisce fino a giungere a quota inferiore a - 43 m s.l.m. (quota a cui nei sondaggi vicini si riscontrano già le ghiaie G) e il deposito raggiunge lo spessore massimo di 28 metri. Si tratta di sedimenti deposti in un ambiente ad alta energia tipica dei canali fluviali. La geometria del deposito (vedi sezioni e diagrammi a recinto) fa ipotizzare una lunga fase in cui il canale fluviale del Tevere è rimasto più o meno fisso nella stessa posizione (zona di Piazza Argentina) per poi divagare fino alla zona di Borgo Pio presumibilmente secondo uno schema di migrazione laterale caratteristico di un fiume “intrecciato”.
• Sabbie limose e limi sabbiosi grigiastri (SLG) - Depositi sabbiosi più o meno limosi e argillosi generalmente di colore grigio e localmente marrone-giallastro; sono presenti anche con elevati spessori (fino a 40 metri) soprattutto in destra idrografica dove sono in costante contatto eteropico con le argille e limi grigi (AG). La geometria di tali depositi e la loro presenza soprattutto in riva destra indicano chiaramente un contributo alla loro genesi da parte dei materiali erosi sulle colline argillose e sabbiose della dorsale M.te Mario – Vaticano-Gianicolo dai fossi della Valle dell’Inferno e del Gelsomino. Campioni organici prelevati in sondaggio in questi depositi a -3,7 m e a -7,5 m s.l.m. sono stati sottoposti a datazioni 14C dando, rispettivamente, un’età di 4.990 ± 70 e 6.060 ± 40 anni a.C (BOZZANO
et alii, 2008).
• Argille e limi grigi (AG) - Argille limose e limi argillosi grigiastri, con variabile contenuto organico. Costituiscono praticamente l’intera serie alluvionale nelle zone marginali della valle (sia in destra che in sinistra idrografica) raggiungendo spessori di oltre 45 metri. Si incontrano in perforazione sempre sottoposti ai limi argillosi verdastri (LAV) ad eccezione del sondaggio SN25 (Via del Gesù) dove si ritrovano direttamente sotto i riporti a testimonianza di una continuità di deposizione di tali sedimenti fino in epoca storica. Come accennato in precedenza i contatti di queste argille e limi con i depositi SLG, SLV e LAV sono sostanzialmente di tipo eteropico. Le argille e limi sono riferibili a deposizione in ambiente tranquillo ed a bassissima energia di tipo palustre diffuso ai margini delle zone di canale attivo del Tevere e dei suoi affluenti. La presenza di tali ambienti nell’ambito della valle fluviale è nota fino ai tempi dei romani tanto che le fonti storiche riferiscono, come
visto precedentemente, l’esistenza di numerose paludi nella pianura alluvionale sia in destra che in sinistra idrografica del Tevere (Palus Caprae, Velabrum Maius, Velabrum Minus). L’età di questi depositi, è stata stimata con datazioni 14C effettuate su campioni prelevati a varie profondità (BOZZANO et alii, 2008): - 12,2 m s.l.m. (7.380 ± 40 anni a.C.); - 20,5 m
s.l.m. (9,140 ± 120 anni a.C.)
• Ghiaie sabbiose (G) - Alla base della serie alluvionale, si trovano i depositi ghiaiosi di base (G) dello spessore variabile da 3 a 10 m. Tale depositi sono presenti al di sopra del substrato argilloso (Apl) praticamente in tutta l’area studiata tranne ai piedi della collina del Campidoglio dove sopra Apl si incontrano le sabbie SLG. La morfologia del tetto delle ghiaie si presenta in alcune zone ondulata probabilmente a causa di fenomeni erosivi. La presenza continua delle ghiaie G al sopra del substrato argilloso Apl indica che nelle fasi iniziali la piana alluvionale era caratterizzata da canali fluviali intrecciati (modello braided) in un ambiente fluviale ad alta energia. Una datazione radiometrica fatta su un campione del livello ghiaioso prelevato a pochi kilometri a sud del centro storico ha dato un’età di circa 14.500 anni a.C. (BOZZANO et alii, 2008).
• Argille del Pliocene (Apl) - Depositi marini della F. di Monte Vaticano costituiti da limi argillosi di età pliocenica con frequenti orizzonti centimetrici e decimetrici sabbiosi, di colore grigiastro. Molto consistenti a causa dell'elevato grado di preconsolidazione e del contenuto marnoso. La superficie di tetto di questa formazione si presenta nell’area praticamente pianeggiante e posta a una quota di circa – 45 m s.l.m.
Ai piedi del Colle Palatino alla base del complesso alluvionale, sotto le sabbie SLG, è presente un ammasso (FT) di natura tufacea, semilapideo e di colore rossastro, caratterizzato al tetto da livelli vulcanici sabbiosi. Tale ammasso è riferibile ad una frana dei materiali vulcanici presenti sui versanti del Campidoglio avvenuta antecedentemente o contemporaneamente alle prime fasi di alluvionamento della valle, quando la superficie di base era ancora molto bassa e il dislivello tra le parti alte della collina e il fondovalle era quindi massimo.
La sequenza deposizionale appena descritta è caratterizzata da un assetto geometrico molto variabile nel quale, in ragione della varietà spaziale e temporale degli ambienti sedimentari succedutisi nella pianura alluvionale del Tevere, si assiste a passaggi laterali e verticali, a volte netti e a volte eteropici, tra litotipi a caratteristiche litologiche e idrogeologiche anche molto diverse fra loro (CORAZZA et alii, 1999; BOZZANO et alii, 2000, 2008; RASPA et alii, 2008).
Per la comprensione nelle due e tre dimensioni dell’assetto geometrico delle varie unità, in base alle stratigrafie dei sondaggi eseguiti per la Metro C (fig. 4.10) sono state quindi elaborate le sezioni geologiche A-A’ e B-B’ (figg. 4.11 - 4.12) e tre diagrammi a recinto (figg. 4.13 – 4.14 – 4.15). Le sezioni elaborate sono quelle dove si ha la maggior disponibilità di dati geognostici, con sondaggi che attraversano l’intero complesso alluvionale e arrivano fino alle argille plioceniche di base. Tali sezioni corrispondono a due differenti tracciati di progetto della linea C della metropolitana.
L’analisi degli elaborati permette di riconoscere come il profilo della valle prima della risalita olocenica del livello del mare e il conseguente riempimento con depositi alluvionali avesse una conformazione ad U, incisa quasi completamente nelle argille plioceniche, con un letto praticamente pianeggiante (immergente a sud) e bordi ripidi.
Il deposito ghiaioso di base relativo ad un tipico ambiente fluviale a canali intrecciati ricopre uniformemente, con spessori variabile da qualche metro a 10 metri, il letto di questo paleoalveo. Sopra le ghiaie, la valle è riempita con uno spessore di alcune decine di metri da depositi sabbiosi (unità SLG), corrispondenti alla parte di valle fluviale interessata direttamente dal corso d’acqua, e argilloso limosi (unità AG), corrispondenti ad ambienti a bassa energia al margine del canale attivo. Le sabbie S e le argille e limi AG sono in contatto eteropico fra loro.
I sedimenti dell’unità AG sono dominanti ai margini della valle, dove mostrano una maggiore continuità deposizionale e, in entrambe le sezioni, raggiungono uno spessore di circa 40 m.
I depositi SLG e AG vengono affiancati e/o ricoperti, con un contatto di tipo erosivo, da sabbie grossolane (unità S), tipiche di un ambiente fluviale ad alta energia. Le sabbie S sono presenti estesamente in riva sinistra e limitatamente in riva destra, dove si riscontrano solo nelle vicinanze dell’attuale corso del fiume.
La sezione A-A’ mostra come l’ambiente deposizionale di tali sabbie sia progressivamente migrato verso ovest, spostandosi dalla zona dell’attuale Largo Argentina verso quella dell’odierno corso del fiume. Si evidenzia inoltre come le sabbie ricoprano una superficie di erosione che è andata ad intaccare anche le ghiaie di base.
Al di sopra dei depositi sopra descritti il complesso alluvionale è composto da sabbie limose verdastre (SLV) a cui si sovrappongono o si affiancano (con un contatto di tipo eteropico) limi argillosi verdastri (LAV). Si tratta di depositi, dall’andamento abbastanza tabulare, relativi ad ambienti fluviali prossimi al canale attivo (SLV) o di bassa energia nella piana alluvionale (LAV). Mentre le sabbie SLV sono presenti nell’intera valle alluvionale i limi LAV si ritrovano più diffusamente in riva destra del fiume.
Nelle porzioni superiori di quest’ultime due unità sono presenti i sedimenti delle alluvioni storiche del fiume caratterizzati al loro interno da materiale antropico.
In entrambe le sezioni geologiche elaborate si osserva che nelle parti marginali della valle il complesso alluvionale, al di sopra le ghiaie di base, è composto esclusivamente dalle argille e limi AL a cui si sovrappongono i limi argillosi verdastri LAV. In riva destra l’unità AL ha spessori abbastanza uniformi, compresi tra 35 e 40 metri, mentre l’unità LAV ha spessori molto variabili, compresi tra 5 e 15 metri. In riva sinistra sia AL che LAV hanno spessori praticamente costanti: la prima di circa 40 metri e la seconda di circa 5 metri (mediamente inferiore a quello dell’analogo deposito sulla riva opposta).
In tutta l’area di studio il complesso alluvionale è ricoperto in maniera uniforme da una coltre di terreni di riporto principalmente di epoca romana e rinascimentale.
Fig. 4.11 – Sezione A – A’ . Legenda: R – Riporti; LAV – Limi argillosi verdastri; SLV – Sabbie limose e limi sabbiosi verdastri; S – sabbie medio-grossolane grigie e marroni- giallastre; SLG – sabbie limose e limi sabbiosi grigiastri; AG – argille e limi grigi; G – Ghiaie sabbiose; Ar – argille e limi della F. di Santa Cecilia; SG – Ghiaie della F. di Santa Cecilia; Apl - Argille plioceniche
Fig. 4.13 – Diagramma a recinto n. 1. Per la legenda vedi fig. 4.11
Fig. 4.15 – Diagramma a recinto n. 3. Per la legenda vedi fig. 4.11
4.3.2 Caratteri idrogeologici
4.3.2.1 Inquadramento idrogeologico
L’assetto idrogeologico dell’area romana e quindi anche quello della valle del Tevere è condizionato dall’andamento del bed-rock impermeabile costituito dalle argille plioceniche marine, presenti generalmente in profondità nel sottosuolo e affioranti solo in poche zone.
L’andamento del substrato, la litologia, la giacitura e lo spessore dei terreni che lo ricoprono creano condizioni idrogeologiche diversificate nei rilievi che delimitano la valle tiberina.
Nelle colline in destra idrografica le argille plioceniche affiorano fino a quote elevate e sono ricoperte dai terreni sabbiosi e/o ghiaiosi dell Formazione di Monte Mario, della F. di Ponte Galeria e di quella di Vitinia, che non raggiungono spessori elevati e che sono sede di modeste falde idriche.
Nelle colline in sinistra idrografica il bed-rock argilloso ha un andamento poco articolato, con quote che variano tra + 10 e – 10 m s.l.m., e viene ricoperto dai terreni sedimentari eterogenei (ghiaiosi, sabbiosi, limosi e travertinosi) delle formazioni continentali pleistoceniche (F. di Santa Cecilia e F. di Valle Giulia). Lo strato ghiaioso-sabbioso della F. di Santa Cecilia è sede di una importante falda idrica in pressione.
I depositi alluvionali del Tevere poggiano direttamente sulle argille marino plioceniche (Apl) e sono caratterizzati con continuità alla loro base da uno strato ghiaioso (G) che è sede di una falda idrica confinata e in pressione, la cui acqua è fortemente mineralizzata con un residuo fisso che supera i 2 g/l (CORAZZA &LOMBARDI, 1995, CORAZZA et alii, 1999).
Al di sopra di tale orizzonte il complesso alluvionale è costituito da terreni a diversa litologia (argille, limi, sabbie e limitatamente ghiaie), associati nelle più diverse proporzioni, ed è caratterizzato da frequenti passaggi eteropici laterali tra terreni con diverse caratteristiche geotecniche e idrogeologiche (CORAZZA et alii, 1999; BOZZANO et alii, 2000, 2008; RASPA et alii,
2008). In tali condizioni i terreni sabbiosi (S, SLG e SLV) e in particolare quelli più permeabili (S) costituiscono degli acquiferi che, in ragione dello spessore e dell’andamento dei litotipi meno permeabili (AG e LAV), possono essere completamente confinati (con acqua in pressione), semiconfinati o liberi.
I livelli piezometrici di tali falde sono condizionati dalla complessità dei rapporti giaciturali tra acquiferi e acquicludi e risentono, in particolari situazioni, delle oscillazioni del livello del fiume Tevere, seguendone l’andamento.
Gli acquiferi contenuti nelle alluvioni del Tevere non risultano in contatto idraulico con gli acquiferi contenuti nei depositi pleistocenici che caratterizzano i rilievi che bordano la valle: in riva destra tali acquiferi, sono collocati a quote molto più alte di quelle dei depositi alluvionali mentre in riva sinistra l’acquifero contenuto nelle ghiaie e sabbie (Sg) appartenenti alla Formazione di Santa Cecilia, è confinato lateralmente da depositi alluvionali limosi e argillosi a permeabilità molto bassa (AG e LAV).
Al di sopra dei terreni alluvionali è presente con continuità uno strato di terreni di riporto, ampiamente descritto i precedenza, anch’esso litologicamente molto eterogeneo, che è sede di una falda idrica riscontrata a pochi metri dalla superficie in tutta la piana tiberina (CORAZZA et alii,
2005). Tale falda, la cui alimentazione e andamento sono legati ad apporti meterorici ma soprattutto a fattori antropici quali le perdite delle reti idriche e fognarie, mostra potenzialità molto diverse da zona a zona ed evidenzia localmente problemi di inquinamento da idrocarburi.
4.3.2.2 - Permeabilità dei terreni
Per valutare la permeabilità dei diversi litotipi presenti nell’area di studio sono stati esaminate le prove eseguite durante le campagne geognostiche 1995, 1997 e 2002 per il progetto definitivo della tratta T2 della linea C della metropolitana. Sono stati esaminati i risultati di n. 69 prove a permeabilità di tipo Lefranc a carico variabile e, solo in pochi sondaggi, a carico costante. Nella tab. 4.1 per ogni unità litologica sono riportati valori (media, mediana, minimo e massimo) della permeabilità ricavata dalle prove.
Tab. 4.1: Prove Lefranc a carico variabile su depositi alluvionali del fiume Tevere Unità litologica
Valori R G S SLV SLG LAV AG
media 4,27E-04 9,69E-04 2,58E-04 2,41E-04 1,25E-05 3,17E-05
mediana 1,39E-04 6,69E-04 2,51E-04 1,27E-04 3,31E-06 1,00E-08 min 2,32E-05 2,85E-04 2,57E-05 2,58E-06 1,00E-08 1,00E-08
Tranne che per i terreni di riporto, dove nessuna prova è stata eseguita, i dati ottenuti sono statisticamente significativi e mostrano una discreta uniformità dei valori.
Sulla base dei risultati delle prove di permeabilità eseguite per la tratta T2 della linea C, di ulteriori dati relativi a valori di permeabilità ricavati da altre prove (Lefranc e test di emungimento) eseguite nella piana alluvionale è possibile suddividere le unità per classi di permeabilità così come riportato nella tabella 4.2.
Tab. 4.2 - Unità litologiche della piana alluvionale suddivise per classi di permeabilità
UNITÀ Classe di permeabilità K (cm/sec)
R Permeabilità molto variabile 10-3 - 10-6
G Permeabilità discreta 10-2 - 10-3
S Permeabilità da bassa a discreta 10-3 - 10-4
SLV, SLG Permeabilità bassa 10-4 - 10-5
LAV Permeabilità da bassa a molto bassa 10-4 - 10-6
AG Permeabilità molto bassa 10-5 - 10-7
Apl Impermeabile < 10-7
4.3.2.3 - Piezometria
Per l’analisi della piezometria sono stati analizzati i dati relativi ai rilievi piezometrici eseguiti nel 1997, nel 1999 e nel 2002 per la progettazione della linea C della metropolitana di Roma (Metro C). Rilievo piezometrico 1997
Il rilievo è stato effettuato per alcuni mesi (dicembre 1996 - marzo 1997) con letture settimanali dei livelli idrici in 78 piezometri installati nei sondaggi posti lungo il tracciato della sezione B-B’ (vedi fig. 4.10). I piezometri sono sia di tipo a tubo aperto (installati prevalentemente nei terreni di riporto) sia di tipo Casagrande (installati nei vari litotipi che caratterizzano il complesso alluvionale).
Durante il periodo del monitoraggio circa 1/3 dei piezometri non è stato più utilizzabile per varie cause (intasamento, rottura, ricopertura con asfalto, ecc) per cui i dati realmente fruibili si riferiscono a n. 43 piezometri (tab. 4.3).
L’analisi dei dati, spazialmente e temporalmente estesi, ha permesso di ricostruire con sufficiente attendibilità la piezometrica degli acquiferi sabbiosi SLG, SLV e S (CORAZZA et alii, 1999). Nel
periodo di monitoraggio la piezometrica scendeva da Piazzale Clodio (quota 15 m s.l.m.) verso Piazza Giovine Italia (quota 14 m s.l.m.) per poi mantenersi alla stessa quota fino a Via Scipioni dove si deprimeva bruscamente fino a 8 m s.l.m. in corrispondenza di Piazza Risorgimento, per poi