• Non ci sono risultati.

SPSA APSA

J. Opt Soc Amer 4: 267-280.

4. PERICOLOSITÀ NELLE PIANE ALLUVIONALI 1 Introduzione

4.2 Le piane alluvionali della città

La parte principale della storia geologica delle piane alluvionali della città di Roma avviene durante il glaciale Wurm quando l’area romana viene interessata da una fase erosiva che determina la formazione della superficie di unconformity alla base del Sintema Fiume Tevere.

Nell’ultima fase della glaciazione wurmiana, compresa tra 70 e 20 ka circa, il livello del mare scende progressivamente fino a raggiungere (in corrispondenza del picco freddo avvenuto 18 ka) una quota di circa 120 metri più bassa rispetto a quella attuale (BARD et alii, 1996). L’erosione dei

corsi fluviali subisce di conseguenza un’intensificazione e il Tevere e i suoi affluenti incidono profonde valli nei depositi vulcanici e pre-vulcanici, fino a raggiungere le formazioni marine plio- pleistoceniche (fig. 4.1).

Il fondo della valle del Tevere, nell’area urbana, si approfondisce sino a quota -45/-50 m s.l.m., e di conseguenza anche tutto il reticolo idrografico da questo dipendente si incide notevolmente, in particolare nei tratti di raccordo con il fiume. In questo periodo il fiume scorreva in una valle a fondo piatto con depositi alluvionali ghiaiosi ed un andamento a canali intrecciati.

La fine della fase glaciale e il successivo innalzamento del livello marino determina il progressivo colmamento delle incisioni fluviali con depositi fluviali e lacustre – palustri, prevalentemente argillosi e limosi, che raggiungono spessori di 60 m (CORAZZA et alii., 1999; BOZZANO et alii, 2000, 2008; RASPA et alii, 2008). Nella figura 4.2 è rappresentato l’aspetto dell’area romana alla

fine di tale fase (circa 10.000 anni fa), prima delle modifiche antropiche del territorio.

Il colmamento avviene con tassi di sedimentazione direttamente correlati alle velocità con cui il livello marino risale dopo l’ultimo low stand. Analizzando le facies del complesso deltizio del Fiume Tevere, diversi Autori (BELLOTTI et alii,1989, 1994, 1995, 2007; AMOROSI &MILLI,2001),

evidenziano come la risalita del livello del mare non è stata costante ma ha subito delle stasi più o meno significative (fig. 4.3).

L’andamento non costante ha prodotto variazioni sugli ambienti di sedimentazione alternando situazioni a bassa energia fluviale (fase di risalita) con situazioni a maggiori energia (fase di stasi).

Fig.4.1 - Morfologia dell'area romana alla fine del periodo glaciale Wurm (da PAROTTO, 2008). Legenda: 1.Depositi

alluvionali del Tevere e dei suoi affluenti. 2. Prodotti dell'attività del Vulcano dei Colli Albani. 3. Prodotti dell'attività del Distretto vulcanico sabatino. 4. Formazione di M. Mario. 5. Formazione del Fosso della Crescenza. 6. Formazione di M. Vaticano.

Fig. 4.3 - Curva della risalita locale del livello marino prodotta da BELLOTTI et alii (2007) sulla base di datazioni 14C

su sedimenti del delta del Tevere

Durante le fasi di stasi il Tevere e i suoi affluenti hanno cercato di ristabilire i loro profili di equilibrio, e hanno depositato prevalentemente sedimenti limosi e argillosi caratterizzati da contenuti più o meno importanti di sostanza organica. Durante le fasi di risalita, invece, i fiumi hanno teso a sedimentare, depositando successioni costituite in gran parte da sabbie limose e limi sabbiosi poco ricchi di sostanza organica.

A partire da circa 6000 anni fa, la risalita del livello del mare ha avuto un andamento costante e la sedimentazione fluviale è diventata più regolare e omogenea caratterizzata sostanzialmente da argille e limi a volte ossidati.

In quest'ultimo periodo la sedimentazione fluviale è stata influenzata dalla presenza dell’uomo tanto che nei depositi alluvionali superiori si riscontra la presenza di residui di industrie litiche, indizi di coltivazione (rilevabili sulla base di analisi dei pollini fossili), frammenti di terracotta e reperti vari. In alcuni casi l’abbondanza dei reperti rende difficile distinguere queste "alluvioni storiche" dai soprastanti terreni di riporto.

Gli interventi antropici sul territorio susseguitisi durante la storia bi-millenaria della città sono stati molteplici ed hanno, a volte, anche completamente cambiato il paesaggio morfologico. Sin dall’epoca repubblica i corsi d’acqua sono stati oggetto di interventi finalizzati, prima, alla bonifica dei fondovalle malsani e, poi, alla creazione delle famose cloache romane. Oggi dell’articolato reticolo idrografico originario, specie nelle zone centrali della città, rimane poco o nulla.

Nella figura 4.4 viene rappresentata la distribuzione dei depositi alluvionali all’interno della città riportando anche i nomi dei corsi d’acqua, molti dei quali non sono più visibili essendo stati obliterati dalla coltre dei terreni di riporto.

Fig. 4.4 - Localizzazione dei depositi alluvionali (aree azzurre) nella città di Roma (da CAMPOLUNGHI et alii, 2007)

Le alluvioni del fiume Tevere (che esamineremo nel dettaglio nel paragrafo successivo), così come quelle del fiume Aniene, sono costituite da un potente pacco di depositi alluvionali (spessore circa 50 metri) direttamente sovrapposto alle argille plioceniche. I depositi sono caratterizzati alla base da uno strato di ghiaie al di sopra delle quali il pacco delle alluvioni è costituito essenzialmente da limi e argille, a volte con orizzonti ricchi di sostanza organica, a cui si intercalano lenti e strati sabbiosi e ghiaiosi. Nelle alluvioni del Tevere la presenza di orizzonti organici è marginale e limitata alle zone bordiere della piana mentre nelle alluvioni del fiume Aniene, così come in tutti i tributari in riva sinistra del Tevere, tale presenza diventa più significativa e diffusa.

Le caratteristiche dei depositi alluvionali degli affluenti in riva sinistra del Tevere sono diverse da quelle dei depositi in riva destra (CAMPOLUNGHI et alii, 2007, 2008; FUNICIELLO et alii, 2004). Le alluvioni degli affluenti in riva sinistra del Tevere mostrano dei log stratigrafici abbastanza simili fra loro (fig. 4.5). Le colonne stratigrafiche evidenziano come i corsi d’acqua siano arrivati ad incidere profondamente, prima della risalita del mare dopo la glaciazione wurmiana, il substrato delle argille plio-pleistoceniche.

Su tale substrato si sono deposti i sedimenti alluvionali costituiti alla base da ghiaie e superiormente da una successione di sedimenti prevalentemente se non esclusivamente fini (argille e limi). La presenza di sedimenti fini è direttamente connessa all’alterazione dei minerali contenuti nei depositi vulcanici del distretto albano (CAMPOLUNGHI et alii, 2007, 2008).

Nei sedimenti fini sono presenti orizzonti torbosi o particolarmente ricchi di sostanza organica, potenti anche qualche metro. La serie stratigrafica è chiusa dai terreni di riporto che in tutta l’area urbana mascherano, con spessori che per i paleofossi nel centro storico superano i 10 metri, i caratteri morfo-idrografici originari.

Fig. 4.5 – Colonne stratigrafiche dei depositi alluvionali di alcuni degli affluenti di sinistra del fiume Tevere (modificato da FUNICIELLO et alii, 2004)

Le alluvioni degli affluenti in riva destra del Tevere mostrano invece dei log stratigrafici diversi fra loro. I depositi alluvionali sono principalmente sabbie, limi e ghiaie, di granulometria, media e sono caratterizzati, al contrario di quelli in riva sinistra, dalla quasi totale assenza di orizzonti con sostanza organica (fig. 4.6).

Fig. 4.6 – Colonne stratigrafiche dei depositi alluvionali di alcuni degli affluenti di destra del fiume Tevere (modificato da FUNICIELLO et alii , 2004)

La diversità delle caratteristiche dei depositi alluvionali degli affluenti di destra e di sinistra idrografica del Tevere sono sostanzialmente dovute a due fattori: il diverso assetto geologico e i diversi ambienti dei corsi d’acqua.

In destra idrografica prevalgono in affioramento i depositi sedimentari relativi alle formazioni di Monte Mario e Monte Vaticano, e secondariamente, i prodotti vulcanici del distretto sabatino e, in minor misura, albano. In ragione dell’alto strutturale di Monte Mario-Monte Vaticano-Gianicolo i corsi d’acqua, alimentati prevalentemente dalle precipitazioni, hanno pendenze e quindi energie tali che l’azione erosiva prevale su quella deposizionale. Le formazioni presenti risultano mediamente a granulometria grossolana o a coerenza elevata e di conseguenza sono meno alterabili da processi di erosione e di breve trasporto.

In sinistra idrografica prevalgono invece in affioramento le formazioni piroclastiche (in particolare quelle pozzolanacee) del distretto albano. I corsi d’acqua incidono colline poco o mediamente acclivi e sono caratterizzati da un flusso perenne alimentato da numerose sorgenti di subalveo. Le basse pendenze e la disponibilità costante di acqua hanno creato nell’Olocene le condizioni per la formazione di ambienti palustri a bassa e bassissima energia nei quali si sono andati a depositare i sedimenti prevalentemente fini prodotti dall’erosione e alterazione delle formazioni piroclastiche.

4.3 La piana del Tevere nel centro storico: falde idriche superficiali, subsidenza