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Fenna – Matthews – Olson protein (FMO)

Quantum Yield X-pos Y-neg

5.2 Fenna – Matthews – Olson protein (FMO)

In questa sezione saranno presentati i risultati di alcune analisi computazionali condotte sulla proteina fotosintetica nota come Fenna – Matthews – Olson protein (FMO). Per la precisione, si tratta del primo complesso fotosintetico la cui struttura cristallografica ad alta definizione (1.9 Å) è stata determinata [65]: pertanto, esso è storicamente servito come modello per approfondite indagini sulla relazione tra struttura e funzione dei complessi fotosintetici.

5.2.1 Presentazione del sistema

La Fenna – Matthews – Olson protein (FMO) è caratteristica dei batteri solfobatteri verdi, i quali utilizzano grossi apparati (detti clorosomi) per “catturare” efficacemente la radiazione solare;

Fig. 5.27

Illustrazione schematica della disposizione geometrica in cui i dipoli di transizione della peridinina 614 (donatore), del metallo e della clorofilla a sono tra loro paralleli.

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l’energia di eccitazione è poi trasferita al centro di reazione proprio grazie alla proteina FMO, situata tra i clorosomi e il centro di reazione stesso (vedi Fig. 5.29). Più nel dettaglio, tale proteina consiste in un trimero di subunità identiche, ciascunadelle quali contiene sette batterioclorofille a racchiuse in una struttura di foglietti (vedi Fig. 5.28). Recenti studi hanno inoltre evidenziato la presenza di un’ottava batterioclorofilla per subunità (vedi Fig. 5.30), la cui mancata identificazione pregressa è stata attribuita a una perdita verificatasi durante le procedure di isolamento della proteina [66].

Attualmente sono disponibili strutture cristallografiche ad alta definizione per la proteina FMO nei batteri sulfurei verdi Chlorobium tepidum e Prosthecochloris aestuarii: in particolare, si farà qui riferimento alla struttura recentemente determinata per il secondo (risoluzione pari a 1.3 Å) [47].

Tutte le analisi computazionali che saranno nel seguito presentate e discusse sono state condotte sui pigmenti (batterioclorofille a) contenuti in una singola subunità monomerica della proteina FMO. Più nel dettaglio, le sette batterioclorofille sono state estratte dal relativo file pdb (codice 3EOJ); da ciascuna di esse sono stati eliminati i sostituenti fitilici (vedi Fig. 5.31) e vi sono stati aggiunti gli idrogeni, le cui posizioni sono state poi ottimizzate (con livello di teoria b3lyp e con base 6-31G) vincolando tutti gli altri atomi a stare fissi.

Fig. 5.28

Vista dall’alto della proteina trimerica FMO contenuta nel batterio verde Prosthecochloris

aestuarii: la proteina è illustrata

in giallo e le batterioclorofille in verde. Tratto dal Rif. 26.

Fig. 5.29

Localizzazione della proteina FMO tra il sistema di cattura della luce (clorosoma) e il centro di reazione, con l’asse di simmetria C3 del trimero perpendicolare al piano del baseplate. Immagine tratta dal Rif. 26.

Fig. 5.30

Illustrazione delle 7 + 1 batterioclorofille contenute in ciascuna subunità monomerica della proteina FMO. Immagine tratta dal Rif. 66.

Fig. 5.31

Struttura della batterioclorofilla a. Il sostituente indicato con R corrisponde a un gruppo fitilico. Nel rettangolo è evidenziato lo specifico sostituente per la cui presenza la batterioclorofilla

a si differenzia dalla clorofilla a (vedi,

per confronto, Fig. 5.2). In rosso è rappresentato il dipolo di transizione relativo alla banda Qy.

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Per una trattazione estesa delle proprietà degli stati eccitati delle clorofille (rispetto a cui le batterioclorofille si differenziano solo per la presenza del sostituente acilico al posto di quello vinilico; vedi Fig. 5.31) si rimanda alla sezione 5.1.2.2. Qui preme solo evidenziare che l’energia della banda Qy della batterioclorofilla a è situata attorno agli 800 nm, valore variabile a seconda

delle caratteristiche dell’ambiente in cui essa si trova. In particolare, nella proteina FMO l’impaccamento relativamente compatto delle batterioclorofille determina forti accoppiamenti eccitonici tra di esse, i quali, insieme alle interazioni pigmenti – proteina, comportano una modulazione delle energie di eccitazione delle singole batterioclorofille: per la precisione, tale modulazione consiste nel blue shift delle batterioclorofille affacciate verso l’apparato di “cattura” della radiazione solare rispetto a quelle che fungono da collegamento con il centro di reazione. Si crea così un flusso diretto di energia di eccitazione che va dai clorosomi al centro di reazione stesso: in particolare, studi teorici pregressi sembrerebbero dimostrare che la Bchl 1 funge da porta di ingresso dell’energia, la quale rilassa poi verso la Bchl 3 lungo le diramazioni formate dalla Bchl 2 e dalle Bchl 4-7 [26, 43, 66, 67].

Nel presente studio, le energie di eccitazione delle singole batterioclorofille a nelle rispettive strutture cristallografiche sono state calcolate a livello cam-b3lyp/6-31+G(d) in vuoto (dati non mostrati) e nella proteina. Quest’ultima è stata trattata come un dielettrico continuo polarizzabile tramite impiego del modello PCM (vedi sezione 1.1), con costanti dielettriche statica e ottica pari rispettivamente a = 15 ed = 2: in tal modo, è stato introdotto l’effetto di tipo “bulk” del mezzo proteico sull’entità delle energie di eccitazione delle singole batterioclorofille. Peraltro, l’uso per queste ultime delle strutture cristallografiche non ottimizzate ha permesso di considerare anche gli effetti di ingombro sterico della proteina sulle relative geometrie. In Tabella 5.6 si riportano le energie di eccitazione calcolate: in particolare, si vede che la batterioclorofilla 3 è quella caratterizzata dall’energia di eccitazione più bassa. Ciò era già verificato in studi teorici precedenti, in cui il red shift di tale batterioclorofilla è stato attribuito all’effetto di stabilizzazione elettrostatica associato alla catena polipeptidica di due -eliche della proteina FMO [43,67].

5.2.2 Determinazione dei coupling elettronici in vuoto e nella proteina

I coupling elettronici sono stati calcolati, in vuoto e in ambiente proteico, tra tutte le possibili coppie di batterioclorofille a di una singola subunità della proteina FMO. A questo scopo è stato impiegato il modello quantomeccanico presentato in sezione 3.2, con uso del livello di teoria cam- b3lyp/6-31+G(d); per quanto riguarda l’ambiente proteico, esso è stato trattato come un dielettrico continuo polarizzabile secondo l’approccio PCM (vedi sezione 1.1), con impiego per le

BChl a a Eb fc d 1 752 1.65 0.50 12.34 2 741 1.67 0.54 13.13 3 777 1.60 0.54 13.74 4 773 1.60 0.52 13.28 5 775 1.60 0.54 13.73 6 773 1.60 0.51 12.97 7 760 1.63 0.52 12.98 Tabella 5.6

Proprietà del 1° stato eccitato delle batterioclorofille a della proteina FMO, calcolate in ambiente proteico a livello di teoria cam-b3lyp/6-31+G(d). a Lunghezze d’onda di eccitazione in nm. b Energie di eccitazione in eV. c Forze dell’oscillatore. d Dipoli elettrici di transizione in unità atomiche.

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costanti dielettriche statica e ottica di valori pari rispettivamente a = 15 ed = 2. I coupling così calcolati sono rappresentati, in funzione della distanza tra gli atomi di magnesio delle diverse coppie di batterioclorofille a, nei grafici di Fig. 5.32 (coupling coulombiano) e Fig. 5.33 (coupling totale). Da tali grafici si vede che: (i) l’interazione coulombiana costituisce il contributo al coupling nettamente dominante; (ii) il coupling coulombiano calcolato in ambiente proteico è più alto rispetto a quello calcolato in vuoto (in ciò consiste il cosiddetto effetto del campo di reazione del mezzo dielettrico; vedi sezioni 3.2 e 3.3); (iii) il coupling totale calcolato in ambiente proteico è ridotto rispetto a quello calcolato in vuoto (in ciò consiste l’effetto di screening del mezzo dielettrico; vedi sezioni 3.2 e 3.3). Infine, si noti che i coupling coulombiani determinati nel presente studio sono in ragionevole accordo con quelli calcolati in uno studio teorico precedente (con differenze percentuali attorno al 30%) [43].

L’effetto di schermo esercitato dal mezzo proteico sulle interazioni tra pigmenti può essere opportunamente visualizzato in termini del fattore di screening s (definito in eq. 3.26). Nel grafico di Fig. 5.34 l’andamento di quest’ultimo è illustrato in funzione della distanza tra gli atomi di magnesio di ciascuna coppia di batterioclorofille a (si precisa che in tale grafico non sono state incluse le coppie per le quali i coupling calcolati sono inferiori a 1 cm-1, per cui l’attendibilità dei valori determinati per il fattore di screening sarebbe inficiata dagli errori numerici sui coupling stessi). In generale, l’effetto di schermo risulta lievemente ridotto alle corte distanze (come

0 50 100 150 200 250 300 10 15 20 25 30 C o u p lin g co u lo m b ia n o ( cm -1) Distanza intercromoforica (Å)

Coupling coulombiano

Vuoto Proteina 0 50 100 150 200 250 10 15 20 25 30 C o u p lin g to ta le ( cm -1) Distanza intercromoforica (Å)

Coupling totale

Vuoto Proteina Fig. 5.32

Coupling coulombiani, calcolati a livello di teoria cam-b3lyp/6- 31+G(d), relativi all’interazione tra tutte le possibili coppie di batterioclorofille a contenute in una singola subunità della proteina FMO. L’effetto di tipo “bulk” della proteina è stato introdotto nei calcoli con l’uso del modello PCM.

Fig. 5.33

Coupling totali, calcolati a livello di teoria cam-b3lyp/6-31+G(d), relativi all’interazione tra tutte le possibili coppie di batterioclorofille a contenute in una singola subunità della proteina FMO. L’effetto di tipo “bulk” della proteina è stato introdotto nei calcoli con l’uso del modello PCM.

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risultato dell’esclusione del mezzo “solvente” dalla regione intercromoforica), sebbene i dati calcolati si aggirino attorno a un valore costante pari a poco più di 0.60. Peraltro, l’entità dell’effetto di schermo calcolato dipende dalle specifiche caratteristiche delle cavità molecolari, le quali variano in relazione alla distanza e alla mutua orientazione delle due molecole di batterioclorofilla di ciascuna coppia (si vedano, a tal proposito, gli esempi di Fig. 5.35).

I coupling elettronici sono stati anche determinati, in vuoto e in ambiente proteico, secondo il modello di Förster (vedi sezione 3.1), con impiego dei dipoli di transizione ricavati dai precedenti calcoli cam-b3lyp delle proprietà di transizione delle batterioclorofille (si veda eq. 3.24 per la definizione generale dei coupling di Förster in un mezzo di costante dielettrica nota). Nei grafici di

0.56 0.58 0.60 0.62 0.64 0.66 0.68 0.70 0.72 10 15 20 25 30 s Distanza intercromoforica (Å)

Fattore di screening

PCM Fig. 5.34

Fattore di screening, calcolato a livello di teoria cam-b3lyp/6- 31+G(d), relativo all’interazione tra le coppie di batterioclorofille

a contenute in una singola

subunità della proteina FMO. L’ambiente proteico è stato descritto con l’uso del modello PCM.

BChl 1 – BChl 2 BChl 2 – BChl 3 BChl 1 – BChl 3

Fig. 5.35

Cavità molecolari delle coppie BChl x – BChl y (x,y = 1, 2, 3) nelle rispettive strutture cristallografiche (estratte dal pdb 3EOJ). Si noti che la cavità può essere unita o disgiunta a seconda delle caratteristiche geometriche (distanza e orientazione relativa) della coppia. Immagine riprodotta con il software Geomview.

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Fig. 5.36 e 5.37 i coupling di Förster determinati per tutte le possibili coppie di batterioclorofille sono confrontati con i corrispondenti coupling calcolati a livello quantomeccanico (tramite il modello di sezione 3.2, applicato con il livello di teoria cam-b3lyp/6-31+G(d)). Da tale confronto emerge che l’approssimazione di interazione dipolare funziona piuttosto bene, fatta eccezione per le coppie in cui le batterioclorofille sono più vicine. Ciò dipende sostanzialmente dal fatto che nella proteina FMO i pigmenti, pur essendo relativamente impaccati, non lo sono così densamente come lo sono invece nella Peridinin – chlorophyll-a protein (per la quale era già stato elucidato in sezione 5.1.3.1 che il modello di Förster sovrastima i coupling elettronici calcolati rispetto al riferimento costituito dal modello quantomeccanico).

5.2.3 Effetto di nanoparticelle metalliche sull’Energy Transfer nella FMO

Nell’ultima parte del presente studio sulla proteina FMO, è stato ritenuto interessante indagare l’effetto della presenza di nanoparticelle metalliche sui fenomeni di di assorbimento, emissione ed Energy Transfer attivi in tale sistema. A tale scopo, il modello per l’Energy Transfer esposto in sezione 3.2 è stato combinato con il modello per il metallo presentato in sezione 2.2, esattamente come già fatto per le analisi sul PDI (vedi capitolo 4) e sulla PCP (vedi sezione 5.1.4). Il livello di

0 50 100 150 200 250 300 10 15 20 25 30 C o u p lin g e le tt ro n ic o ( cm -1) Distanza intercromoforica (Å)