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La filosofia dei rapporti impresa-lavoro proposta dalla sinistra non consente la partecipazione (1978)

La cogestione imperfetta: il pensiero di Felice Mortillaro

3. La filosofia dei rapporti impresa-lavoro proposta dalla sinistra non consente la partecipazione (1978)

«Partecipare equivale a “essere parte” o, più esattamente, a riconoscersi co- me un elemento di un tutto». Così Mortillaro (1978) a commento delle tesi esposte in occasione del convegno organizzato a Milano dall’Istituto Gram- sci su La partecipazione dei lavoratori al livello delle imprese, affronta l’argomento che, come abbiamo già avuto modo di vedere, è, a suo giudizio, «degno di attenta considerazione».

«Cominciamo perciò a dire», puntualizza Mortillaro (15), «che partecipare

vuol dire riconoscersi nel sistema in cui si interviene. Partecipare per di-

Giorgio Usai

struggere o per “cambiare” è cosa che non va proposta per rispetto dell’intelligenza di chi ascolta, così come sarebbe bene non parlare di “par- tecipazione conflittuale” perché “né pentére e volere insiem puossi per la contradizion che nol consente”. La democrazia parlamentare è (o dovrebbe essere) il sistema di governo partecipativo per eccellenza e il voto universale, diretto e segreto, lo strumento che realizza la presenza e la volontà dei citta- dini negli organismi amministrativi e legislativi».

«La Costituzione italiana del 1947 ha previsto e stabilito interventi del citta- dino nei meccanismi di governo politico ed economico assai più ampi di quelli tradizionalmente delineati dai sistemi di democrazia borghese, fino a riconoscere un vero e proprio diritto alla “partecipazione diretta” al potere decisionale del singolo e dei gruppi che si esprimono nelle “formazioni so- ciali”, nei partiti, nel sindacato e nelle organizzazioni produttive. Concetto non nuovo per il nostro Paese quello che viene indicato con il termine gene- rico di “partecipazione”, punto di forza – e di contrasto – delle due culture dominanti, la cattolica e la socialista, che se alla Costituente hanno trovato l’accordo necessario per farne una delle strutture portanti della Legge fon- damentale, hanno lasciato consapevolmente irrisolto il vero nodo del problema: se cioè la partecipazione sia strumento di collaborazione fra le componenti sociali o mezzo che una di esse assume per perseguire l’obiettivo dell’egemonia nei confronti delle altre» (16).

E partendo da questo assunto, Mortillaro individua già nella formulazione del titolo del convegno dell’Istituto Gramsci la posizione politica ed ideolo- gica scelta dai promotori.

«La chiave del discorso sta nelle due espressioni che reggono la frase: “i la- voratori” e “al livello delle imprese”. Nel suo piccolo la proposizione defini- sce quasi compiutamente la “democrazia di base” secondo la teorizzazione della sinistra. I “lavoratori” da un lato in quanto gruppo organizzato in ter- mini politici, vale a dire classe, dall’altro l’impresa a cui i lavoratori appunto partecipano a livello di, ponendosi cioè quale forza autonoma e contrapposta, così come, sempre a livello di, gli stessi lavoratori intervengono nelle attività di altre organizzazioni sociali: la scuola, le amministrazioni pubbliche, la giu- risdizione, ecc. Sarebbe bastato dire all’impresa o nell’impresa (e non voglio qui rinverdire questo canone distintivo, ben noto ai giuristi, in cui viene, o veni- va, individuata la linea di demarcazione fra lavoro impiegatizio e manuale) e il concetto di partecipazione sarebbe stato completamente rovesciato rispet- to a quello che il convegno intendeva far emergere».

(15) F.MORTILLARO, Perché lord Bullock non è iscritto al Pci, in Il Sole 24 Ore, 24 febbraio 1978,

ora anche in G.SAPELLI (a cura di), op. cit., 653. (16) Corsivo dell’A., ndr.

Scritti di Giorgio Usai

«Il conflitto fra le classi teso alla conquista di nuovi spazi, fino a raggiungere appunto la posizione egemonica, avrebbe ceduto all’accettazione della realtà pluralistica, da migliorare, da modificare anche, ma non da abbattere. Quan- to è stato esposto nelle relazioni ufficiali al convegno, invece, non si disco- sta un ette dalle posizioni che il “movimento operaio” ha assunto sulla que- stione e non da oggi».

«[…]. Per delineare il tema nel modo più possibile oggettivo, sarebbe peral- tro grave errore non guardare in profondità nella filosofia di rapporti impre- sa-lavoro che propone la sinistra storica italiana.

Non vi è dubbio che il conflitto rimane un dato fondamentale del sistema di relazioni che viene ipotizzato. A costo di turbare i sostenitori a oltranza del- la pace sociale sostenuta da storici (e improbabili) patti, dirò che non si vede come potrebbe essere diversamente in un contesto sociale dove da un lato esistono (e desideriamo continuino ad esistere) sfere di interesse legittima- mente contrapposte e dall’altro non si è ancora completata, anzi pare lungi dall’esserlo, la fase di assorbimento graduale delle tensioni indotte dalla rivo- luzione industriale che alcuni Paesi, come la Gran Bretagna, hanno superato prima dell’Italia, ma non meno drammaticamente, nonostante le solide strutture amministrative e le disponibilità economiche […] e un altro, la Germania, ha sostenuto giovandosi di un saldo sistema produttivo preesi- stente all’industrializzazione».

«Non sembra perciò possibile ritrovare e ricercare nell’idea di “partecipa- zione” che ci ha proposto l’Istituto Gramsci uno strumento anche solo di convergenza fra le due sfere di interesse. È Borghini, uno dei relatori al convegno, a centrare il problema affermando che “la linea di partecipazione si fonda su un preciso presupposto: che la classe operaia diventi classe di governo” e a porsi nella stessa prospettiva di Galgano che […] ha chiara- mente riproposto il tema del “governo dell’economia” quale espressione di un movimento in cui la classe operaia svolge un ruolo di direzione e di gui- da.

A ben vedere anche l’intervento di Trentin al convegno non è così “demoli- torio” della relazione di Borghini, come si è voluto far credere, perché una volta istituita l’equivalenza democrazia politica-democrazia economica, le relazioni industriali si pongono non come situazioni legate, per così dire, alla dialettica contrattualistica, ma come dato specifico delle relazioni politiche, fenomeno politico esse stesse. Sono i fili di un arazzo da cui i personaggi della scena emergono soltanto osservandoli ad una certa distanza».

Giorgio Usai

4. La partecipazione dei lavoratori al governo dell’economia ed i

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