Confindustria ed il Lavoro *
Il 25 marzo 1998 la lira italiana viene ammessa nell’euro La nuova si tuazione porta la presidenza D’Amato in Confindustria a insistere sul-
la necessità assoluta di rendere più flessibile il mercato del lavoro. Le polemiche sull’articolo 18 dello Statuto, sulla licenziabilità. I tre mi- lioni e mezzo portati in piazza dalla Cgil a marzo 2002. Nel luglio 2002 la Cgil non firma il patto per l’Italia.
Il 25 marzo 1998 l’Italia viene ammessa nell’euro preso atto dell’impegno di mantenere un saldo attivo del bilancio di parte corrente e di accelerare la ri- duzione del debito.
Nel mese di aprile del 1998 la situazione trova un principio di soluzione at- traverso un altro atto, sufficientemente originale nelle vicende di relazioni industriali. Confindustria e Cgil, Cisl e Uil infatti sottoscrivono una “dichia- razione comune” con la quale convengono di riaprire il dialogo con il Go- verno e quindi di:
• «avviare una discussione sulle nuove regole della concertazione da pro- porre al confronto con il Governo e con le altre parti interessate al fine di rafforzare e stabilizzare la politica dei redditi e la concertazione stessa;
Interviste e interventi
• chiedere congiuntamente al Governo l’avvio della prevista verifica dell’Accordo di luglio 1993 e degli assetti contrattuali con tutte le parti interessate;
• impegnarsi congiuntamente a favorire il rilancio dello sviluppo e dell’occupazione al Sud, a partire dalla verifica e dal completamento delle intese concordate nel Patto del lavoro del 1996 e dall’attuazione concreta dei contratti d’area e dei patti territoriali;
• favorire il regolare svolgimento della contrattazione collettiva nell’ambito delle regole dell’Accordo del 1993».
Una dichiarazione comune che rappresenta l’avvio di un confronto fra le parti che porterà poi all’intesa triangolare nota come Patto di Natale e nella quale, per l’appunto, saranno inserite le regole per il “metodo della concer- tazione” mentre la “verifica” del protocollo del 1993 si tradusse in una mera conferma degli assetti contrattuali che solo nel 2009 sono stati finalmente rivisti.
Nonostante il cedimento sulle 35 ore che aveva portato alla “rottura” con le parti sociali, il Governo Prodi non ottenne in seguito la fiducia dando così origine ad un nuovo Governo il primo a guida di un post-comunista, Mas- simo D’Alema. D’Alema cercò di riannodare le fila della concertazione. Propose quindi l’avvio di un negoziato a tutto campo per giungere ad un’intesa preliminare su alcuni temi come la formazione, l’apprendistato, la ricerca. D’Alema pensava di riuscire a fare un “patto sociale” anche perché aveva cercato di ammorbidire la contrarietà di principio della Cgil a discute- re di riforma delle pensioni e di flessibilità del mercato del lavoro come ri- chiesto dalla Confindustria di Fossa.
Il Patto di Natale non risolse le questioni di fondo.
Novità importanti si registrano nel corso del 2000 nell’ambito della contrat- tazione collettiva di categoria con l’avvio e, le prime conclusioni, per i nuovi contratti per i settori dei servizi a rete nei quali le imprese escono da situa- zioni di monopolio per aprirsi alla concorrenza in mercati ormai in via di completa liberalizzazione. La revisione interessa i trasporti ferroviari, la produzione di energia elettrica e gas, le imprese di telecomunicazione e tro- va pieno riscontro in una successione di fasi negoziali che vedono il premi- nente e diretto coinvolgimento di Confindustria.
Questi anni si caratterizzano dall’ultima fase dell’entrata in vigore dell’euro in sostituzione della lira e da un altro e più incisivo evento che segnerà pro- fondamente gli anni a venire: l’attentato alle torri gemelle, che provoca una rottura con il passato. L’euro si rivela il mezzo di stabilità comune che avvi- cina i Paesi membri della comunità e senza il quale le singole monete poco avrebbero contenuto l’impatto negativo della crisi.
Giorgio Usai
Per cercare di risalire la china, Antonio D’Amato era convinto che occorres- se trasformare la Confindustria in una sorta di cabina di regia per migliorare le potenzialità del sistema economico italiano.
Di qui l’idea di un piano d’azione a forti contenuti sociali in quanto figura- vano fra i suoi obiettivi, oltre ad una crescita dei livelli di produttività e di competitività, l’aumento del tasso di occupazione dal 53 al 60-65%, il di- mezzamento dell’economia sommersa, una drastica riduzione del divario del Mezzogiorno.
Un’ulteriore spinta al dibattito e soprattutto all’intervento per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro si ebbe nel marzo 2001 a Parma quando D’Amato presenta un documento, intitolato Azioni per la competitività. Le pro- poste di Confindustria per lo sviluppo del Paese. Nel documento Confindustria chiedeva la realizzazione di un mercato del lavoro più flessibile, quale pre- messa fondamentale per incrementare la capacità del sistema economico di generare occupazione.
La Confindustria non manca di criticare le iniziative legislative che in prece- denza il Ministro del lavoro Cesare Salvi aveva assunto in materia di part- time che, a dispetto delle finalità proprie della direttiva europea che si inten- deva recepire, anziché rimuovere le difficoltà che ne impediscono una mag- giore diffusione, introduce nuovi vincoli, rendendone più complicata l’utilizzazione.
Il progetto di Confindustria implicava la riduzione dei vincoli all’ingresso e all’uscita accompagnata dal potenziamento dei servizi all’impiego e da un si- stema di welfare e di politiche del lavoro orientato alla formazione e al reinse- rimento attivo delle persone che perdono lavoro. Non secondaria era la semplificazione del quadro normativo, con il passaggio da una stratificazio- ne di precetti vincolanti a un insieme di “norme leggere” con uno spazio si- gnificativo per la contrattazione collettiva ma anche individuale.
In tema di licenziamento individuale andava rimossa – secondo Confindu- stria – l’anomalia italiana della reintegrazione, uniformando la nostra disci- plina a quella degli altri principali Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna) nei quali, a fronte di un licenziamento ritenuto privo di giu- sta causa o giustificato motivo, l’impresa ha la libertà di scegliere tra la riso- luzione del rapporto di lavoro, accompagnata dalla corresponsione di un ri- sarcimento, e la reintegrazione nel posto di lavoro.
A maggio del 2001 si conclude intanto il negoziato per il recepimento della direttiva europea che riforma, liberalizzandola, la disciplina del contratto a termine. Viene raggiunta un’intesa con tutte le organizzazioni datoriali e sindacali, tranne la Cgil.
Interviste e interventi
Nel mese di settembre il Governo, completando il lavoro compiuto fra le parti sociali, trasferisce integralmente in un decreto legislativo l’accordo in- terconfederale.
Dalle elezioni del 13 maggio 2001 era uscita vincente la Casa delle Libertà. Il secondo Governo Berlusconi nel mese di novembre si propone di realiz- zare una riforma per la modernizzazione del mercato del lavoro presentan- do un Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia e subito dopo vara un disegno di legge delega che prevede una serie di sostanziali modifiche ed anche una sia pur temporanea riduzione del campo di applicazione dell’articolo 18 con l’obiettivo di verificare se una simile misura potesse tradursi in un incentivo all’accrescimento dimensionale delle piccole imprese e all’accrescimento oc- cupazionale stabile e garantito.
Il progetto determina una forte reazione da parte della Cgil e dei partiti di opposizione ma forma oggetto di un ampio negoziato che il Governo svol- ge con tutte le parti sociali ed al quale si sottrae solamente la Cgil. Tanto è il livello di tensione che al convegno organizzato da Confindustria a Torino il 22 febbraio 2002 dal titolo Progettare il futuro delle relazioni industriali, Sergio Cofferati intervenendo dal pulpito – presente Marco Biagi autore del Libro Bianco – afferma che quel “libro” piuttosto che “bianco” era “limaccioso”. Dopo meno di un mese, il 19 marzo, Marco Biagi fu assassinato dalle Briga- te Rosse mentre stava entrando a casa a Bologna di ritorno dall’Università di Modena.
Il 23 marzo una folla stimata in oltre 3 milioni di persone partecipò alla ma- nifestazione promossa solo dalla Cgil contro le riforme del lavoro varate dal Governo Berlusconi. Durante il suo comizio, Cofferati affrontò una molte- plicità di argomenti. La prima lunga parte fu dedicata alla difesa della demo- crazia e alla lotta contro il terrorismo. La critica al Governo fu quindi radi- cale e riferita a una serie lunga di politiche, sulla scuola, sul fisco, sul Mez- zogiorno. Arrivando a parlare del mercato del lavoro, Cofferati si disse pronto a qualunque negoziato con il Governo. Sottolineava tuttavia che con- ditio sine qua non per cominciare la discussione era lo stralcio da parte del Governo di qualsiasi proposta di modifica dell’articolo 18.
Dopo lo sciopero generale unitario di metà aprile, il Governo ritirò le dele- ghe e convocò i sindacati su una pluralità di “tavoli” per discutere a tutto campo delle riforme del mercato del lavoro, ma non stralciò la discussione sull’articolo 18.
Il confronto Governo-parti sociali termina con la sottoscrizione di tutti tranne che della Cgil, il 5 luglio del 2002, del Patto per l’Italia – Contratto per il Lavoro. Intesa per la competitività e l’inclusione sociale. Il Patto per l’Italia affronta una serie di temi quali la politica dei redditi e gli interventi sul sistema fisca-
Giorgio Usai
le, gli strumenti per favorire l’inserimento e il reinserimento nel mondo del lavoro, la riforma dei servizi per l’impiego, la formazione continua, la rifor- ma dell’indennità di disoccupazione, l’istituzione di strumenti volontari di integrazione dei trattamenti di legge in caso di disoccupazione involontaria, ulteriori sviluppi del dialogo sociale (non si parla più di concertazione bensì – secondo il modello europeo – di dialogo sociale), gli impegni per favorire investimenti ed occupazione nel Mezzogiorno. Con questo documento le parti condividono un testo che contiene misure temporanee e sperimentali di riforma dell’articolo 18 volte al sostegno dell’occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese. In sostanza la proposta vuole garantire ai piccoli datori di lavoro di poter assumere senza che, nel periodo speri- mentale di tre anni, sia loro applicabile la reintegrazione ma, in caso di licen- ziamento giudicato illegittimo, il solo risarcimento del danno.
L’intesa pone le premesse per portare a termine un’importante e fondamen- tale riforma del mercato del lavoro (la legge Biagi) e a mettere in moto un processo di cambiamento nel rapporto fra le forze sindacali costringendole a fare i conti con le proprie contraddizioni. Anche la contrattazione di setto- re registra infatti una fase di particolare turbolenza dovuta alle polemiche sollevate dai sindacati circa l’entità del recupero dell’inflazione tra quella rea- le e quella programmata.
Se il contratto degli alimentari richiede, per essere concluso, l’intervento del Ministero del lavoro, quello dei metalmeccanici vede, per la prima volta, la mancata sottoscrizione da parte della Fiom-Cgil.
Nel luglio del 2001 viene sottoscritto anche il primo contratto nazionale “unico” per il comparto elettrico cui fa seguito, nel marzo 2002, il contratto collettivo “unico” per il settore del gas e acqua mentre è nell’aprile del 2003 che giunge a conclusione anche la trattativa per il primo contratto di settore per le attività ferroviarie.
La tenuta del protocollo del 23 luglio 1993 diventa comunque sempre più labile.
A dicembre del 2002 il Consiglio direttivo di Confindustria deve formal- mente pronunciarsi per sottolineare come solo il rispetto dei criteri a suo tempo concordati da parte di ciascuno degli attori, nei settori pubblici e pri- vati, può consentire il raggiungimento di obiettivi quali la salvaguardia del potere d’acquisto, l’allargamento della base occupazionale, il rafforzamento della capacità competitiva. Soluzioni difformi rischiano solo di mettere in crisi i delicati equilibri esistenti tra gli effetti della contrattazione nazionale e di quella aziendale, innescando dinamiche inflative che in un sistema a mo- neta unica, penalizzano tutti i settori produttivi ed in specie quelli esposti a concorrenza.
Interviste e interventi
Poi, per la prima volta dopo 36 anni, nel mese di dicembre 2002 i sindacati dei metalmeccanici predispongono tre distinte piattaforme per il rinnovo del contratto quadriennale con quella della Fiom che, in una logica antagonista, si pone totalmente al di fuori delle regole del protocollo del ‘93.
Il 7 maggio 2003 viene raggiunta l’intesa separata.
E infine la storia si fa cronaca con le presidenze di Montezemolo e Marcegaglia.
Il 14 luglio 2004 Confindustria presenta ai tre sindacati uno schema di ra- gionamento sui principali temi per il rilancio dell’economia e la crescita della competitività, ivi compresi quelli riferiti alle relazioni industriali ed alla con- trattazione collettiva. Il confronto non decolla e resterà sulla pista per ben quattro anni fino alla presidenza di Emma Marcegaglia anche se la contrat- tazione collettiva nazionale di settore continuerà a svilupparsi in una par- venza di rispetto delle vecchie regole del 1993 messe definitivamente in crisi dalle polemiche sulla “credibilità” dell’inflazione programmata o sulla possi- bilità di anticipare la “produttività attesa”.
Il 22 settembre 2005 Montezemolo presenta alla Giunta il documento di Confindustria sulle relazioni industriali che il presidente si era impegnato ad elaborare senza più attendere la disponibilità dei sindacati ad affrontare l’argomento. L’obiettivo era avere un “codice” di relazioni industriali in cui vi fosse certezza ed affidabilità delle “regole del gioco” individuando anche le sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole concordate.
A differenza dei rinnovi che si svolgono in quel periodo e si concludono in un arco di 3-5 mesi, il rinnovo biennale per i metalmeccanici dura 13 mesi stante le richieste di aumenti economici che si ponevano al di fuori ed al di- sopra di ogni compatibilità con le regole del ‘93 e con la situazione del set- tore.
Nel corso del 2006-07 Confindustria nel confronto con sindacati ed istitu- zioni pone con decisione la necessità di apportare modifiche alle regole di relazioni industriali. Nella legge finanziaria si registra una prima risposta in materia di costo del lavoro sotto l’aspetto della riduzione del cuneo fiscale e contributivo.
Nella contrattazione collettiva di settore il sistema sembra bloccato. Da un lato una stanca e rituale parvenza di applicazione del protocollo del ‘93, dall’altro una impostazione ideologica da parte dei sindacati, questa volta unitari nei comportamenti in sede di categoria, ostacolano sostanzialmente
Giorgio Usai
la possibilità di introdurre le nuove opportunità previste per legge sia in ma- teria di mercato del lavoro che di orario di lavoro.
Nel corso del 2007-08, ultimo anno di presidenza Montezemolo, la scelta di Confindustria di individuare nella crescita il perno del confronto con Go- verno e sindacati, porta all’intesa del luglio 2007 sul protocollo del welfare. Si tratta di un negoziato complesso nel corso del quale Confindustria ha sapu- to ribaltare l’iniziale impostazione del Governo fortemente influenzata da quelle componenti che nell’Esecutivo e fra i sindacati, miravano principal- mente alla cancellazione delle riforme del lavoro intervenute negli anni pre- cedenti.
Di rilievo l’intervento con cui è stata integralmente abolita la contribuzione aggiuntiva sulle ore di lavoro straordinario non solo per l’interesse econo- mico che ne derivava ma soprattutto perché si comincia a scalfire quel mo- nolitico pregiudizio che portava a considerare il ricorso al lavoro straordina- rio alla stregua di un “peccato” e come tale da ostacolare con interventi dis- suasivi.
Rispetto all’andamento della contrattazione collettiva di settore, discorso a parte deve essere fatto per la trattativa per il rinnovo dell’industria metal- meccanica. Si partiva da una piattaforma onerosa e complessa non solo di “vecchio stampo” ma che, molto più che in altri settori, non teneva affatto in considerazione le necessità delle imprese impegnate nella sfida competiti- va e fortemente esposte alla concorrenza internazionale. Non solo gli au- menti economici richiesti si ponevano fuori dalle compatibilità, ma anche le altre richieste erano tutte finalizzate ad aumentare vincoli e rigidità nell’organizzazione del lavoro.
Alla fine del mese di ottobre, a fronte di una ennesima fase di stallo del ne- goziato, la Fiat e, subito dopo, numerose altre aziende piccole e grandi del settore, decidono di erogare un aumento mensile uguale per tutti i dipen- denti come anticipo dei futuri aumenti contrattuali. Un’iniziativa ispirata dalla volontà di innovare, dalla voglia di rompere gli schemi rigidi ed i rituali obsoleti che continuano a penalizzare imprese e lavoratori.
Si tratta di un atto di attenzione nei confronti dei lavoratori, coerente con l’impegno di Confindustria di rendere più moderne le relazioni sindacali. L’intesa è poi siglata a gennaio, ancora una volta con la mediazione del Mi- nistro del lavoro, al termine di un confronto durato 7 mesi e l’effettuazione di 52 ore di sciopero complessive che hanno fatto registrare anche gravi de- generazioni nelle forme di conflitto e nella convivenza civile a seguito dei ripetuti blocchi stradali.
In una logica tradizionale l’accordo raggiunto, anche se oneroso, può essere considerato accettabile. Se però l’attenzione si sposta su quel che accade ne-
Interviste e interventi
gli altri Paesi diretti concorrenti, si deve sottolineare che, a causa di un at- teggiamento ostruzionistico e conservatore dei sindacati, il rinnovo contrat- tuale del 2008 può annoverarsi fra le occasioni perdute. I sindacati metal- meccanici, infatti, mostrano, con le loro scelte, di non condividere l’obiettivo della crescita economica, l’unica strada possibile per aumentare le risorse a disposizione. I sindacati del maggior comparto produttivo naziona- le, si sono arroccati su scelte ideologiche contrarie all’interesse del Paese e degli stessi lavoratori. Hanno voluto limitare fortemente la possibilità di guadagnare di più lavorando di più e hanno rifiutato aumenti più consistenti in cambio di una durata triennale del contratto.
Nel primo anno della presidenza di Emma Marcegaglia 2008-09 la crisi glo- bale ha imposto un diverso ordine di priorità cercando di individuare tutti i provvedimenti mirati a far fronte all’emergenza occupazionale. A fronte del- la crisi, Confindustria ha, con forza e in tutte le sedi, sollecitato l’adozione di misure straordinarie ed immediate per rendere possibile il mantenimento dei livelli occupazionali attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali.
La particolare situazione ha richiesto uno sforzo straordinario, finalizzato ad ottenere interventi adeguati alle dimensioni della crisi. Il Governo ha così stanziato oltre 8 miliardi di euro per finanziare ammortizzatori sociali in de- roga destinati a lavoratori privi delle normali misure di sostegno al reddito e alle imprese che non avessero più possibilità di accesso agli ammortizzatori sociali tradizionali. È stato reso più agevole accedere alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi rendendola, nei fatti, un prolungamento del- la cassa integrazione ordinaria. È stato adottato dall’Inps un criterio di cal- colo delle settimane di cassa più favorevole alle imprese, a giorni e non più a settimane. Sono state impartite istruzioni operative alle sedi Inps per rende- re più celeri le procedure di autorizzazione e per il pagamento diretto dei trattamenti di cassa da parte dell’Istituto.
In aggiunta Confindustria ha sottoscritto un protocollo di accordo con l’Abi per favorire l’anticipazione dei trattamenti di cassa integrazione da parte del- le banche.
Il 15 aprile 2009 si conclude la riforma degli assetti della contrattazione col- lettiva.
Se si rileggono le vicende in materia negli ultimi dieci anni, emergono con chiarezza due elementi di continuità: la intenzione di Confindustria di ren- dere le relazioni industriali uno strumento di crescita della competitività del- le imprese; la decisa volontà della Cgil di non modificare niente in modo da garantire il permanere di una situazione di regole scritte ma non rispettate. Una situazione di ampia libertà di azione condizionata solo dai rapporti di forza. È questo uno dei principali motivi per capire perché il 15 aprile 2009
Giorgio Usai
si è dovuto concludere l’intesa senza la Cgil. Le linee-guida inizialmente condivise il 10 ottobre 2008 solo con Cisl e Uil tenevano conto di tutto il confronto che si era svolto in oltre 16 sessioni di incontro e naturalmente sullo sfondo c’era la “piattaforma” unitaria dei sindacati così come le nostre posizioni di partenza. Il documento di proposte che tutti gli organismi statu-