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Un ulteriore aspetto da indagare riguarda il fenomeno del finanziamento rivolto alle imprese che si caratterizzano come innovative, definibili come quelle imprese che introducono nuovi metodi produttivi (innovazioni di processo) oppure creano e/o commercializzano nuovi prodotti destinati sia al consumo finale sia a quello intermedio (innovazioni di prodotto)15. Questa particolare categoria di imprese, pur non essendo caratteristica del nostro tessuto imprenditoriale, è rilevante nella misura in cui si pensa alle possibilità e alle reali opportunità di crescita e sviluppo delle aziende italiane e agli strumenti esistenti sul mercato per favorire detta crescita.

Come noto, a causa delle loro caratteristiche (l’essere giovani, dotate di attività prevalentemente immateriali e poche garanzie, con conseguente difficoltà nel ricorrere all’autofinanziamento, e caratterizzate da costi di agenzia rilevanti), esse trovano scarso appoggio sul finanziamento bancario; in questi ultimi anni tuttavia, l’avvio dei nuovi mercati e lo sviluppo del venture capital rappresentano, in Italia come in Europa, passi rilevanti nell’ottica di facilitare il finanziamento di questa categoria di imprese.

In generale, è possibile dunque affermare che gli strumenti a disposizione per finanziarie gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese innovative italiane sono i seguenti:

1) l’autofinanziamento;

2) i programmi di finanziamento specifici (nazionali e EU) rivolti agli investimenti aziendali in R&S;

3) il credito bancario.

L’Indagine Capitalia citata in precedenza mostra che nelle imprese manifatturiere l’autofinanziamento rappresenta la forma più utilizzata (per l’83% dei casi) per il finanziamento delle spese in R&S. Seguono le agevolazioni pubbliche (al 10%) sotto forma di contributi pubblici nazionali e/o comunitari, di credito bancario a tasso agevolato e agevolazioni fiscali, e infine (al 5%) troviamo il credito a medio lungo termine a tasso di mercato.

Le ragioni di uno scarso utilizzo del credito sono sintetizzabili dunque in:

- presenza tra banche (finanziatrici) e imprese innovative (prenditrici) di rilevanti asimmetrie informative, il che implica che le banche si trovino

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in stati di oggettiva difficoltà nel valutare il rischio tecnologico insito nell’operazione di finanziamento;

- difficoltà nel valutare le potenzialità e lo spessore del mercato di tali prodotti e/o servizi, dato l’alto grado di innovazione e novità degli stessi;

- presenza di intangible e specific fixed assets poco idonei per loro natura a prestarsi a titolo di garanzia;

- lo spiazzamento operato dagli incentivi pubblici a scapito del finanziamento privato.

In casi come questi, dunque, e in presenza di tali specificità, la teoria finanziaria (già presentata sinteticamente nel capitolo 1) suggerisce di adottare soluzioni e forme tecniche di finanziamento appositamente mirate a fronteggiare tali elementi di peculiarità Nel caso delle imprese innovative, lo stadio di sviluppo del progetto rappresenta una dimensione di particolare rilevanza nella definizione delle fonti di finanziamento ottimali dell’innovazione: si è visto, infatti, che a ciascuno stadio di sviluppo è associato un livello tipico di fabbisogno finanziario, nonché di grado di rischio e opacità informativa dell’investimento. Alcuni progetti imprenditoriali caratterizzati da livelli di asimmetria informativa minori potrebbero essere finanziati con strumenti di mercato. Non tutte le imprese possono, tuttavia, raccogliere direttamente i fondi di cui necessitano sul mercato dei capitali, perché non vi hanno accesso oppure perché il mercato potrebbe non finanziare, o finanziare a costi penalizzanti, le iniziative che presentano elevati costi di agenzia.

Se da un lato dunque la strada del finanziamento bancario è complicata e poco percorribile, dall’altro occorrerebbe agire maggiormente sul lato dei fondi e mezzi propri, sostituendo l’autofinanziamento (anch’esso complesso per i fattori appena elencati) con altre forme – magari esterne – di equity quali appunto quelle fornite ricorrendo ai venture capitalist.

3.6.1 Le fonti per il finanziamento delle imprese innovative

Venendo alle fonti di finanziamento per le imprese innovative, possiamo sinteticamente elencare le seguenti:

I. il finanziamento informale attraverso business angel; II. il venture capital;

III. la raccolta sui nuovi mercati.

Ciascuna di queste fonti si rivela maggiormente adeguata in relazione allo stadio di sviluppo del progetto innovativo e alla dimensione dei fabbisogni coinvolti. In sostanza, dunque, i business angel si rivelano maggiormente adatti per il finanziamento iniziale di progetti che necessitano di risorse finanziarie limitate. I venture capitalist sono, infatti, poco propensi a investire in iniziative dimensionalmente molto contenute, per motivazioni riconducibili a diseconomie di scala nella gestione e nel monitoraggio dei progetti finanziati. I mercati mobiliari rappresentano una fonte tipicamente associata agli stadi avanzati di sviluppo dell’impresa, anche se, in particolare con lo sviluppo dei nuovi mercati, si assiste anche a casi di finanziamento tramite il mercato di iniziative imprenditoriali in fase embrionale.

Guardiamo dunque qualche dato sulle imprese italiane (cfr. tabelle seguenti). A livello di confronto con i dati storici, se si considera soltanto il cosiddetto “mid market”, ovvero l’attività al netto delle grandi operazioni di buy out (mega deal), gli investimenti del primo semestre 2006 risultano essere il secondo valore più alto registrato negli ultimi 5 anni e questo fa ben sperare anche per i dati di fine anno, sia alla luce delle importanti operazioni concluse a partire da luglio, sia per la tradizionale ciclicità del mercato che vede circa i due terzi dell'attività concentrarsi, in genere, nel secondo semestre.

Come per gli anni passati, nel corso dei primi sei mesi del 2006 la maggior parte delle risorse investite è stata destinata alla realizzazione di operazioni di buy out (acquisizioni di maggioranza o totalitarie), che hanno attratto capitali per circa il 54% dell’intero mercato e, in termini di numero, si sono mantenute tendenzialmente stabili rispetto al passato (34 operazioni rilevate, contro le 36 del primo semestre 2005).

Crescono notevolmente, invece, i capitali destinati alla realizzazione di operazioni finalizzate allo sviluppo di imprese esistenti (expansion), che con 276 milioni di Euro fanno registrare un incremento di circa il 60% rispetto ai 173 milioni di Euro del primo semestre 2005 e rappresentano una quota superiore al 33% del totale. In termini di numero di operazioni, con un'incidenza pari al 40% sul totale, gli expansion si confermano anche per il primo semestre 2006 la tipologia di investimenti più numerosa all'interno del mercato italiano del capitale di rischio. Ancora contenuta l'attenzione dedicata alle cosiddette operazioni di start up (avvio di

nuove imprese), per le quali sono stati impiegati poco più di 9 milioni di Euro (pari all'1% del totale), distribuiti su 24 investimenti.

Figura 11 – Evoluzione dell’attività di investimento in PE e VC.

Fonte: AIFI, Analisi relative al mercato italiano del Private Equity e Venture Capital, 1° semestre 2006.

Figura 12 – Distribuzione % del numero degli investimenti per tipologia.

Fonte: AIFI, Analisi relative al mercato italiano del Private Equity e Venture Capital, 1° semestre 2006.

IL FINANZIAMENTO TRAMITE CAPITALE DI DEBITO:

UN’INDAGINE SU PMI E MICRO IMPRESE