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2.1 Vantaggi e svantaggi del relationship lending

2.1.2 Gli svantaggi del relationship lending

Abbiamo visto che le imprese che hanno intensi rapporti con un numero limitato di banche dovrebbero ottenere un minor costo del credito e una maggiore disponibilità di fido accordato. Infatti, la stabilità della relazione di credito aiuta la banca a esercitare la funzione di controllo e le consente di ridurre col tempo il tasso applicato, grazie al minor rischio di comportamenti opportunistici.

Sebbene le relazioni di clientela possano ridurre il costo di produzione del credito attraverso la riduzione dei comportamenti opportunistici da parte dei debitori, non è detto che essa provochi automaticamente la diminuzione del tasso applicato.

Quest’ultima dipende anche dalla concorrenza esistente nel mercato del credito, cioè dalla capacità delle banche esterne alla relazione di ottenere le informazioni necessarie per valutare correttamente il merito di credito delle imprese affidate dalla banca interna.

Come visto in precedenza, il ricorso al relationship lending viene motivato alla luce delle possibili asimmetrie informative nei rapporti di debito-credito e dei connessi problemi di selezione avversa e di azzardo morale. Una conoscenza più approfondita del debitore permette alla banca di evitare il razionamento del credito (possibile risposta al rischio di selezione avversa) potendo così concedere prestiti alle imprese con buone opportunità di investimento nella giusta quantità e nel giusto costo. Da questo punto di vista lo sviluppo di relazioni di clientela determina effetti positivi per le imprese (minore rischio di razionamento).

Oltre a questa idea prevalente si pensa comunque che non sempre il credito di relazione si traduca in una maggiore disponibilità di fondi.

Il consolidarsi del rapporto consente alla banca di misurare meglio la rischiosità dell’affidato e di ridurre il rischio di credito a cui si espone. Questa maggiore conoscenza, come già detto, spingerà la banca a finanziare le imprese meritevoli senza razionare loro il credito e a un costo in linea con la loro minore rischiosità. La riduzione dei tassi alle imprese di buona qualità non è peraltro un effetto certo, dipendendo dalla possibilità degli affidati di ricorrere ad altre fonti di finanziamento.

Tanto più l’informazione prodotta durante la relazione è monopolio della banca che l’ha generata, quindi non disponibile da parte di altri potenziali finanziatori, tanto minori potrebbero essere i benefici per le imprese in termini di riduzione dei tassi pagati man mano che la relazione si consolida nel tempo.

Fare affidamento su di un’unica sola banca può dunque essere anche costoso. Connessi ai precedenti vantaggi, due sono infatti i principali problemi che ne derivano, e che in un certo senso possono determinare l’annullamento dei benefici:

• il cosiddetto “soft budget constraint”; • il cosiddetto “hold up problem”.

La causa di entrambi i suddetti problemi deriva dalla natura stessa dell’informazione tra banca e impresa. Trattandosi, infatti, di un informazione di tipo privato le parti non possono trasmetterla credibilmente all’esterno; tali informazioni inoltre potrebbero essere suscettibili di penalizzare l’impresa se pubblicamente diffuse, venendosi a creare in tal modo le condizioni di un possibile conflitto d’interessi, soprattutto quando la banca è in rapporto anche con concorrenti diretti dell’impresa stessa.

Questo genera nel primo caso, cioè nel “soft budget problem”, la possibilità per l’impresa di catturare la banca “costringendola” alla concessione di ulteriori finanziamenti anche quando non sarebbe ottimale farlo. Emblematico è il caso di un’impresa in difficoltà che spinge la banca a concedere ulteriori finanziamenti nella speranza di recuperare il vecchio credito. In questo caso, l’eccesso di credito per progetti rischiosi comporta una diminuzione in termini di efficienza del sistema finanziario nel suo complesso, dovuta ad una cattiva allocazione delle risorse tra i vari soggetti da finanziare; il sistema finanziario nel suo complesso vedrebbe ridursi, a causa dei troppo stretti legami tra banca e impresa, il proprio grado di efficienza nell’allocazione delle risorse tra i diversi soggetti economici finanziabili che non verrebbero infatti ordinati esclusivamente in base a valutazioni di rendimento-rischio.

Per quanto concerne l’“hold up problem”, invece, la questione è esattamente opposta. In altre parole è la banca che potenzialmente “cattura” l’impresa. Durante la relazione stabile e duratura, infatti, l’impresa conferisce una sorta di monopolio informativo alla banca. Essa, consapevole della stretta natura del rapporto, sarebbe in grado dunque di sfruttare la sua situazione di vantaggio imponendo, ex-post, tassi d’interesse più elevati o condizioni più onerose alle imprese, privandole anche della possibilità di ricevere altrove finanziamenti competitivi.

Se l’informazione generata nell’ambito dei precedenti rapporti di affidamento fosse osservabile, le banche esterne alla relazione potrebbero procedere facilmente alla valutazione del merito di credito delle imprese non ancora clienti e competerebbero ad armi pari con le prime. Poiché, però, la banca interna, grazie ad un maggior patrimonio informativo, finisce per acquisire un vantaggio competitivo sulle banche esterne, le imprese rischiano di rimanere catturate all’interno del rapporto con

la propria banca: può esserci il rischio che la traslazione del minor costo di produzione del credito sui tassi avvenga in minima parte o non avvenga affatto.

Tale situazione, originata come visto proprio dalla posizione di monopolio informativo acquisito dalla banca dovuto alla lungimiranza del rapporto, potrebbe essere ancora peggiore soprattutto a seguito della presenza di costi già sostenuti dalla banca sia in fase di screening che monitoring. Se l’informazione non è visibile all’esterno, anche gli affidati di un elevato standing creditizio hanno difficoltà ad abbandonare la banca, perché la loro capacità non viene riconosciuta dagli altri finanziatori per mancanza delle informazioni stesse.

Questo potrebbe, inoltre, indurre l’impresa a contrarre finanziamenti solo nel breve periodo, dal momento che una relazione di lungo periodo permetterebbe alla banca di estrarre dei profitti aggiuntivi (Von Thadden, 1992). E ancora, le imprese sarebbero meno incentivate ad investire in progetti di “alta qualità” poiché il maggior rendimento che ne deriverebbe sarebbe successivamente decurtato dalle banche a causa degli alti tassi di interesse. Si nota, pertanto, che anche nel caso dell’hold up si giunge ad un’allocazione delle risorse non efficiente.