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Finanziamento privato del sistema sanitario italiano

Capitolo 3 Esempi di Sistemi Sanitari Internazional

Capitolo 5. Il Finanziamento del Sistema Sanitario Italiano

5.3 Finanziamento privato del sistema sanitario italiano

Il finanziamento privato della sanità54, è costituito principalmente da due fonti:

dai pagamenti out of pocket sostenuti dalle famiglie e dal costo delle polizze assicurative private.

5.3.1 Pagamenti out of pocket sostenuti dalle famiglie

L'Italia ha attualmente due principali tipi di pagamenti out of pocket: il primo riguarda il cosiddetto ticket, ovvero la compartecipazione ai costi sostenuti per beni e servizi sanitari. Questo ticket può riguardare sia le prestazioni mediche,

Irap%e%Addizionale%Irpef 34,5% Fabbisogno%ex%D.Lgs.50/00%(Iva%e%Accise) 48,7% Uteriori%Trasferimenti%da%Pubblico%e%da%Privato 9,5% Ricavi%e%Entrate%Proprie%varie 2,7% FSN%e%Quote%Vincolate%a%carico%dello%Stato 3,6% Irap e Addizionale Irpef, 34,5%! Fabbisogno ex D.Lgs. 50/00 (Iva e Accise), 48,7%! Uteriori Trasferimenti da Pubblico e da Privato, 9,5%! Ricavi e Entrate Proprie varie, 2,7%! FSN e Quote Vincolate a carico dello Stato, 3,6%!

54 Qui considerato solamente come spesa delle famiglie e non come spesa sostenuta da organizzazioni no profit e imprese.

come l’accesso al pronto soccorso se il caso non è considerato grave, sia il pagamento per medicinali. L’altro pagamento di tipo out of pocket si verifica tutte le volte che una prestazione o una cura non è coperta dal SSN, o se il paziente decide di rivolgersi a strutture private. Quando fu istituito per la prima volta il sistema sanitario, era previsto che tutte le prestazioni e le cure fossero a carico del sistema pubblico, e che il cittadino non dovesse sborsare ulteriore denaro al momento dell’utilizzazione dei servizi sanitari. Tuttavia, le preoccupazione per la stabilità economica del sistema ha spinto a introdurre compartecipazioni al costo, in modo da razionalizzare la domanda di servizi. La spesa out of pocket è anche determinata dalle preferenze individuali, ed è legata al reddito: quanto più un individuo è ricco, tanto più si rivolgerà al sistema privato (anche accreditato) per la prestazione di servizi, in modo da evitare lunghe file d’attesa e poter scegliere il proprio medico curante. In termini economici, la compartecipazione al pagamento dei servizi e i pagamenti diretti dei cittadini privati costituiscono il 19% del finanziamento del sistema sanitario italiano. Questo è poi composto in maggioranza dai pagamenti out of pocket pagati per i servizi (circa il 75%), e per il restante 25% è finanziato dal settore delle assicurazioni private, di cui si discuterà di seguito. I pagamenti out of pocket, tuttavia, sono una modalità di finanziamento non equa, in quanto hanno carattere regressivo (le persone con basso reddito pagano proporzionalmente di più di un cittadino ricco).

5.3.2 Ticket sanitario e sistemi tariffari regionali

Il ticket sanitario è stato disciplinato per la prima volta dal D. Lgs. n. 502/1992, dove si prevede che il Servizio Sanitario Nazionale debba garantire i servizi previsti nei LEA a titolo gratuito o tramite la compartecipazione del paziente. Successivamente vi sono state nuove disposizioni che riguardano il ticket sanitario, le quali hanno di volta in volta modificato l’aspetto delle esenzioni, la quota da pagare e le prestazioni su cui vengono applicati.

delle esigenze di bilancio. Per questo, nel caso italiano, non si può parlare di sistema tariffario nazionale, essendo più corretto affermare l’esistenza di più sistemi tariffari regionali. Il ticket è uno strumento molto complicato da analizzare, sia per le differenze che intercorrono tra le regioni, ma anche per le implicazioni che derivano dalla sua introduzione. Il ticket, infatti, è nato (e dovrebbe essere utilizzato) per responsabilizzare l’utente che usufruisce del servizio sanitario in modo tale che, attraverso la sua compartecipazione al costo, sia incentivato a limitarne l’uso. Lo scopo principale è quindi limitare la fruizione dei servizi sanitari all’effettiva necessità dei pazienti. Tuttavia, nel caso dell’Italia, appare sempre più chiaro che il ticket sia stato utilizzato prevalentemente come mezzo di finanziamento del sistema sanitario, e non un solo mero strumento di contenimento della spesa (Rebba, 2011). Noto è ormai il trade-off tra equità ed efficienza che caratterizza il ticket: se da una parte si deve garantire l’efficienza economica del sistema sanitario, dall’altra parte è necessario tener conto del fatto che la salute è di primaria importanza e per questo dovrebbe essere garantita uniformemente ed equamente lungo tutto il territorio nazionale.

Accanto al ticket sono previste, a livello nazionale, le esenzioni e/o gli abbattimenti del prezzo: le esenzioni sono rivolte soprattutto alle fasce di reddito basse, oltre che a malattie croniche o rare55. Sono previste, inoltre,

esenzioni per invalidi e per la diagnosi dei tumori, e per alcune prestazioni rivolte alle donne in gravidanza. Per quanto riguarda le esenzioni per reddito, il D.M. 11.12.2009 prevede che sia il medico curante, su richiesta del paziente, a indicare nella prescrizione l’esenzione per reddito (prima vigeva il sistema dell’autocertificazione, con tutti i problemi di frode che ne seguivano). Inoltre, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS rendono disponibili le informazioni riguardanti i possessori di reddito basso, in modo che il medico e il sistema sanitario in generale, ne sia a conoscenza per una corretta valutazione delle esenzioni. Come già detto le Regioni hanno la facoltà di modificare sia l’importo dei ticket

55 Le esenzioni variano quasi annualmente a livello nazionale e differiscono, anche notevolmente, tra Regione e Regione, in quanto esse hanno la facoltà di modificarle. Per questo, non ci si sofferma puntualmente sulle esenzioni previste.

sia le esenzioni: per quanto riguarda le esenzioni, solitamente le modifiche riguardano ampliamenti delle categorie esenti (sia per reddito che per patologia o prestazione). L’importo dei ticket è fissato al massimo di 36,15€ a livello nazionale, importo che viene modificato solo da Calabria, Sardegna e Campania (in cui il ticket raggiunge in media i 45€). Da agosto 2011 è stato inoltre introdotto a livello nazionale il cosiddetto superticket di 10 € (era già stato previsto nel 2007 ma fu subito abolito). Questa maggiorazione non è però stata adottata uniformemente dalle regioni: alcuno lo hanno applicato senza porvi modifiche (Lazio, Liguria, Calabria, Puglia, Sicilia, Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche e Molise); un secondo gruppo ha fatto variare l’importo del superticket in base al reddito dei pazienti (Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Veneto); altre ancora non lo hanno applicato (Valle d’Aosta, Prov. Autonoma di Trento e Prov. Autonoma di Bolzano); un ultimo gruppo ha invece legato l’importo del superticket al tipo di prestazione (Lombardia, Piemonte e Basilicata). Un caso a parte è costituito dalla Sardegna la quale ha introdotto il superticket con importo fisso pari a 1€, anche se, a differenza delle altre regioni, il ticket a franchigia era già pari a 46,15€ (Fassari C., Fassari L. e Rodriquez, 2012)56.

Da sottolineare, inoltre, che le spese sostenute per il pagamento dei ticket sanitari possono essere detratte nella misura del 19% (per l’importo che supera i 129,11€) dalla dichiarazioni dei redditi IRPEF. Questa sua caratteristica appare, secondo alcuni autori, “irrazionale”. Dirindin (2011) sostiene che “da un lato il Servizio sanitario nazionale chiede una compartecipazione ai cittadini con lo scopo di contenere la spesa pubblica e moderare la domanda, dall’altro il sistema fiscale restituisce al contribuente parte del ticket pagato e rinuncia a una parte del gettito”. L’autrice, nello stesso articolo, critica anche l’introduzione del superticket, responsabile di far slittare parte degli utenti verso il sistema privato.

56 Per un’analisi più approfondita dei sistemi tariffari regionali si rinvia a Fassari et al. (2012), i quali hanno analizzato i differenti importi dei ticket nelle regioni italiane, per quanto riguarda le

5.3.3 Sistema assicurativo volontario

Per evitare, o ridurre, i pagamenti out of pocket i cittadini possono aderire a diversi programmi volontari di assicurazione sanitaria, fondi sanitari e mutue volontarie. Il sistema sanitario italiano, basandosi sul principio di accesso universalistico, ha lasciato poco spazio al settore delle assicurazioni sanitarie. Tali assicurazioni, che hanno un carattere meramente integrativo e volontario, coprono solo il 5% della spesa sanitaria nazionale, in linea con gli altri paesi europei come Belgio, Spagna e Portogallo. Le assicurazioni svolgono più un ruolo integrativo, e non sostitutivo come accade, ad esempio in Germania. Negli ultimi anni, inoltre, si sta verificando l’espansione di tali assicurazioni, che vengono molto spesso fornite dalle imprese ai propri lavoratori. L’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici, tuttavia, rileva come le assicurazioni sanitarie siano in continuo deficit, in quanto esiste un alto rapporto tra sinistri e premi; inoltre, mentre l’iscrizione presso una delle assicurazioni non è detraibile, lo è il costo dei servizi sanitari ottenuti, che quindi vengono paradossalmente rimborsati due volte, la prima dall’assicurazione sanitaria e la seconda dal fisco italiano.

Accanto alle assicurazioni, esistono le mutue, espressamente disciplinate e previste dalla legge 833/1978: hanno carattere integrativo, volontario e non sono a scopo di lucro (come invece lo sono le assicurazioni). Le mutue possono essere suddivise in società di mutuo soccorso, fondi di categoria, fondi aziendali e mutue territoriali, tutte accomunate dal principio solidaristico e dell’autogestione (Mapelli, 2012). Le caratteristiche degli iscritti presso le assicurazioni volontarie sono state descritte da Mossialos e Thomson, nel 2002: in Italia le assicurazioni sono in gran parte acquistate da persone benestanti e con un alto livello di istruzione, e la domanda varia notevolmente a seconda della zona di residenza e con l'età del capofamiglia, lo stato di occupazione, istruzione e reddito. Le polizze vendute dalle assicurazioni sanitarie commerciali e a scopo di lucro sono acquistate generalmente da persone con reddito medio-alto, mentre le polizze vendute dalle mutue prevedono generalmente premi più bassi e si rivolgono soprattutto ai cittadini con reddito

medio basso. Le politiche di premio dipendono dal tipo di acquirente: per gli acquirenti singoli i premi vengono calcolati in base al rischio, che tiene conto di età, sesso, stato di salute e l'area di residenza; gli acquirenti in gruppo sono invece valutati sulla base di età, sesso e area di residenza, con meno enfasi sullo stato di salute.