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Un padre nascosto ci affida ad una madre accogliente, ed ella, gravata dal peso, ci porta, attaccati ad un’asta. Non possiamo vivere molto a lungo,

e, se toccati lievemente, la triste vecchiaia ci incurva. Se ci imprimono baci d’amore,

Dopo la viola e la rosa, è la volta dei pallidi gigli. Plinio lo definisce il fiore che, per nobiltà, più si avvicina alla rosa.311 Pianta bulbacea perenne, rinomata per la sua

bellezza e per la delicatezza dei suoi petali, disposti in corolle bianche intensamente profumate, il giglio (Lilium candidum) condivide la sorte fulgida ed effimera delle rose. Il suo candore ne ha fatto una metafora della purezza e della verginità delle fanciulle, non ancora macchiate del sangue: nel Cantico dei Cantici, la sposa, circondata dalle altre giovani, è paragonata ad un fiore di giglio che spicca tra le spine.312

Nella simbologia cristiana, il giglio rappresenta il corpo del Cristo, macchiato poi del sangue purpureo sgorgato dalle ferite, simboleggiato invece dalla rosa.

1-2. Nos pater porrigit...hasta: L’aggettivo occultus sembra certamente riferirsi alla natura del bulbo, che si sviluppa sottoterra. La “madre patula” è sicuramente la terra, che accoglie il bulbo di giglio e ne permette la crescita. Il secondo verso descrive il sorprendente sviluppo della pianta (porregit hasta) che come ci dice Plinio, raggiunge particolari altezze: Nec ulli florum excelsitas maior, interdum cubitorum trium, languido semper collo et non sufficiente capitis oneri.313

3-4. Vivere nec...aegra senectus: Il giglio, come già la rosa, è simbolo della bellezza fuggevole, non duratura, destinata ad una rapida fine. Orazio lo definì breve lilium,314 Valerio Flacco ne magnificò il candente splendore, simile alla luce dell’alba, tanto fulgida quanto breve.315 La sua fragilità è descritta al verso 4, dove l’appassirsi dei fiori, afflosciati anche dal più lieve tocco, è espressa in una iunctura che ricorda Eugenio di

311 Cfr. Nat. Hist., XXI, 11, 22.

312 Cfr. Cant. Cant., 2, 2: <Sponsus> : Sicut lilium inter spinas, / sic amica mea inter filias

313 Cfr. Nat. Hist., ibidem.: “Non c’è fiore che raggiunga un’altezza maggiore dei gigli, talvolta

anche di tre cubiti; il collo è sempre afflosciato, perché non riesce a reggere il peso della testa”. 314 Cfr. Orazio, Carmina, I, 35, 16.

315 Cfr. Valerio Flacco, Argonautica, VI, 492 ss: “(...) lilia per vernos lucent velut alba colores/ praecipue, qui vita brevis totusque parumper/ floret honor, fuscis et iam Notus imminet alis.”

Toledo, nel lamento della propria vecchiaia.316

5-6. Oscula si nobis...labris: Nonostante la vasta simbologia cui è legato il fiore, la descrizione che lo vede protagonista, nel nostro enigma, resta prevalentemente naturalistica, ma non per questo meno poetica: in questi ultimi due versi si disegna una scena delicata, dove una fanciulla, portando il fiore al volto in un gesto amorevole, reca sulle labbra le tracce del polline dorato del giglio, quasi fosse il segno del bacio di due amanti.

316 Cfr. Eugenio di Toledo, Praefatio, XII, v. 1-2: Inpia iam miserum captat curvare senecta/ inde dolore novo carmina modesta cano.

36. DE CROCO

Paruulus aestiuas latens abscondor in umbras et sepulto mihi membra sub tellore uiuunt. Frigidas autumni libens adsuesco pruinas et bruma propinqua miros sic profero flores. Pulchra mihi domus manet, sed pulchrior infra modicus in forma clausus aromata uinco.

IL CROCO

Piccolino, sono nascosto, invisibile, nelle ombre estive, e le mie membra vivono seppellite sotto la terra. Volentieri mi abituo alle fredde brine dell’autunno E quando si avvicina l’inverno reco fiori meravigliosi. Mi resta una bella casa, ma, dopo, più bello,

Il croco (Crocus cartwightianus nella sua forma selvatica, oggi sconosciuta, sostituita dal Crocus sativus) è una piantina perenne, bulbosa, appartenente alla famiglia delle Iridacee, la cui fioritura si colloca nella stagione autunnale. Nella mitologia classica, Krokos era il nome di un giovane, perdutamente innamorato di una ninfa, Smilax. Amore, quello tra una ninfa ed un uomo mortale, destinato all’infelicità, cui gli dèi, impietositi, decisero di donare eternità, trasformando Smilax in una piantina, la salsapariglia (Smilax aspera), e Krokos nel fiore che da quel giorno portò il suo nome.317 I fiori, di solito non più di due per pianta, si sviluppano in forma tubolare, dando petali oblunghi di un pallido violetto. Dai suoi stigmi si ricava una spezia giallo- dorata dalle innumerevoli proprietà culinarie e mediche, lo zafferano. In latino classico e post-classico è attestato il termine crocus o crocum, prestito dal greco κρόκος, forse a sua volta un prestito dall’accadico kurkanu,318 che indica sia il fiore sia la spezia. Si ritiene che la patria dello zafferano sia stata in primis l’Asia minore, dove cominciò a essere coltivato già nel II millennio a.C.319 Per produrre un chilo di zafferano servono all’incirca centoventimila fiori, il che ha reso il suo costo sempre elevatissimo. Lo zafferano aveva innumerevoli usi: veniva utilizzato come colorante per tessuti, come cosmetico, come medicinale, come afrodisiaco, come spezia. Con la caduta dell’impero romano, la coltivazione dello zafferano subì un arresto, per poi riprendere intorno al VIII sec., in Spagna.320

1-2. Parvulus aestivas...vivunt: Il bulbo del croco, le cui radici sono perenni, è colto nel suo riposo estivo. Si tratta infatti di una pianta dalla fioritura autunnale. Definendo il croco parvulus, nuovamente (vd. ad esempio l’enigma de sinapi) è suggerito il contrasto tra la minutezza della pianta e la forza e la fama della spezia che se ne ricava.

3-4. Frigidas autumni...flores: Di nuovo, si coglie il momento della fioritura del croco, che reca, vicino all’inverno, splendidi fiori di un pallido viola.

317 Cfr. Ovidio, Metam., IV, 283 ss., Nonno di Panopoli, Dionys., XII, 85-86. 318 cfr. DELG, ad vocem.

319 Cfr. Carnevale Schianca 2011, p.713-714. 320 Ibidem.

5-6. Pulchra mihi...aromata vinco: Il croco è classificato da Plinio tra i fiori più profumati, insieme alla rosa.321 Pestato insieme a vini dolci o acqua, veniva trasformato

in un’essenza, spruzzata nei teatri e nei luoghi pubblici allo scopo di rendere l’aria fragrante, o come olio per improfumare i capelli.322

321 Cfr. Plinio, Nat. Hist., XXI, 18, 36: Rosa et crocum odoratiora, cum serenis diebus leguntur, et omnia in calidis quam in frigidis; (...)

22. DE OVE

Exigua mihi virtus, sed magna facultas: opes ego nulli quaero, sed confero cunctis. Modicos oberrans cibos egena requiro Et ieiuna saepe cogor exsolvere censum. Nullus sine meo mortalis corpore constat Pauperaque multum ipsos nam munero reges.

LA PECORA

Non sono forte, ma ho grandi capacità:

io non chiedo ricchezze a nessuno, ma ne porto a tutti. Vagando, bisognosa, cerco cibi modesti,

e spesso sono costretta, per la fame, a pagare un tributo. Nessun mortale resiste senza il mio corpo