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Indovina chi sono: per uno studio degli Aenigmata Tullii

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Academic year: 2021

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DOTTORATO DI RICERCA PEGASO

SCIENZE DELL’ANTICHITÀ E ARCHEOLOGIA

CURRICULUM ANTROPOLOGIA DEL MONDO ANTICO

CICLO XXX

INDOVINA CHI SONO:

PER UNO STUDIO DEGLI AENIGMATA TULLII

Tutor:

Prof. Simone Beta

Tesi di Dottorato di Giulia Farina ANNO ACCADEMICO 2017/2018 DI

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Indice

Introduzione p. 6

I. Gli Aenigmata Tullii: una raccolta enigmistica p. 8

I. 1 Premessa p. 8

I. 2 La tradizione manoscritta p. 10

I. 3 Le edizioni p. 15

I. 4 L’origine e la datazione dell’opera: ipotesi e problemi p. 16

I. 4.1 La questione del ritmo p. 17

I. 4. 2 Intorno all’indovinello veronese p. 22

I. 5 Le altre raccolte di enigmi p. 24

I. 5. 1 Aenigmata Symposii p. 25 I. 5. 2 Aenigmata Aldhelmi p. 30 I. 5. 3 Aenigmata Tatuini p. 35 I. 5. 4. Aenigmata Eusebii p. 38 I. 5. 5 Aenigmata Laureshamensia p. 39 I. 5. 6 Collectanea Pseudo-Bedae p. 41 I. 5. 7 Exeter Book p. 43 I. 5. 8 Enigmi bizantini p. 46 I. 6. 1 Indovinelli scolastici p. 48

I. 6. 2 Una raccolta insulare? p. 50

I. 6. 3 Gli indovinelli e le Etymologiae di Isidoro di Siviglia p. 52

II. L’enigma e la sua struttura p. 54

II. 1. La domanda irresistibile p. 54

II. 2 Caratteri dell’enigma medievale? p. 56

II. 3 Per un’analisi degli indovinelli: Volkrätsel e Kunsträtsel p. 58

II. 4 La testa del chiodo p. 59

II. 5 Il misterioso mondo degli oggetti p. 66

III. Aenigmata Tullii p. 70

III. 1 Criteri della traduzione e del commento p. 70

III. 2 Nota al testo p. 74

DE OLLA p. 75

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DE MENSA p. 80 DE CALICE p. 83 DE MOLA p. 88 DE SALE p. 92 DE VINO p. 95 (ITEM) DE VINO p. 97 DE PIPERE p. 99 DE SINAPI p. 104 DE CRIBRO p. 107 DE GRANO p. 111 DE ALIO p. 114 DE VITE p. 118 DE OLIVA p. 122 DE HEDERA p. 126 DE PALMA p. 128 DE CEDRO p. 132 DE PAPIRO p. 137 DE SCOPA p. 140 DE SCALA p. 143 DE NAVE p. 146 DE SPECULO p. 152 DE MUSCIPULA p. 157 DE LUCERNA p. 161 DE PICE p. 165 DE NYMPHA p. 168 DE SPONGIA p. 171 DE MARGARITA p. 175 DE PISCE p. 178 DE VESICA p. 183 DE VIOLA p. 185 DE ROSA p. 188 (ITEM) DE ROSA p. 192 DE LILIIS p. 194

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DE CROCO p. 197

DE OVE p. 200

DE SERICO p. 202

DE VERMICOLIS SERICIS FORMATIS p. 210

DE APE p. 213 DE MELLE p. 217 DE IGNIS SCINTILLA p. 220 DE MEMBRANA p. 223 DE LITTERIS p. 228 DE OVO p. 234 DE SOLE p. 239 (ITEM) DE SOLE p. 242 (ITEM) DE SOLE p. 244 DE LUNA p. 247 (ITEM) DE LUNA p. 251 DE STELLIS p. 253 DE CAELO p. 255 DE UMBRA p. 259 DE PLUVIA p. 262 DE VENTO p. 265 DE GLACIE p. 268 ITEM DE GLACIE p. 273 DE CASTANEA p. 275 DE TERRA p. 282

Enigmi senza soluzione p. 285

Conclusioni p. 301

Abbreviazioni p. 303

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Introduzione

“Perché ai bambini piacciono tanto gli indovinelli? A occhio e croce, direi, perché essi rappresentano la forma concentrata, quasi emblematica, della loro esperienza di conquista della realtà. Per un bambino il mondo è pieno di oggetti misteriosi, di avvenimenti incomprensibili, di figure indecifrabili. (...) Se non mi sbaglio, ha a che fare con il gusto degli indovinelli anche il gioco di nascondersi. Che però ha un diverso contenuto principale: quello di rivivere, per prova, la paura di essere abbandonato, di essere perduto. O di perdersi.”

Gianni Rodari, Grammatica della Fantasia.

Lo scopo di questo lavoro era quello di studiare una raccolta di indovinelli latini di epoca altomedievale, nota come Aenigmata Tullii, che s’inserisce a vario titolo all’interno della tradizione enigmistica anglo-latina del VII-VIII sec. Diversi sono i problemi da affrontare nello studio di quest’opera, a partire dalla sua datazione e collocazione geografica, entrambe incerte, per passare poi ai rapporti intercorsi tra questa raccolta e le altre collezioni di enigmi di età altomedievale. L’importanza degli Aenigmata Tullii nella letteratura scolastica latina è testimoniata dalla loro vasta diffusione, sia spaziale che diacronica, mostrata dalla tradizione manoscritta, dove se il più antico dei testimoni è datato all’ VIII secolo, l’ultimo invece risale al XVI. Gli studiosi che hanno affrontato lo studio della raccolta, a partire dal Manitius, si sono occupati prevalentemente del testo critico, con poche ipotesi sulla sua provenienza e datazione. Con questa tesi, certo non risolutiva, si è inteso approfondire i problemi sollevati in merito, attraverso uno studio attento dei manoscritti e del testo, cercando di ipotizzare un contesto in cui gli enigmi si sarebbero diffusi. Nello studio dell’opera si rende evidente che si tratta di esercizi scolastici per l’apprendimento del latino, il che, nel vasto panorama della letteratura medievale, la rende davvero preziosa per fotografare la realtà scolastica di un’epoca perduta, tema quanto mai attuale. Nella convinzione che lo studio di un testo possa cominciare solo con la sua comprensibilità, gli enigmi sono stati tradotti in lingua moderna, e corredati di un commento, il primo per questa raccolta. I criteri del commento e della traduzione sono esposti in premessa al

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testo. Avendo una formazione da antropologa del mondo antico, ciò che più mi interessava studiare era la forma semplice dell’enigma in un contesto scolastico altomedievale, convinta che quest’approccio, forse più di altri, potrebbe fornire una chiave per comprendere la cultura di un’epoca remota.

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I. Gli Aenigmata Tullii: una raccolta enigmistica

I.1 Premessa

La raccolta degli Aenigmata Tullii, noti anche come Aenigmata Quaestionis Artis Rhetoricae, consta di 63 enigmi in sestine seguiti da due indovinelli in prosa. La redazione degli enigmi è anonima fatta eccezione per due manoscritti (vd. infra), che titolano la silloge sotto il nome di Aenigmata in Dei nomine Tullii, attribuendo quindi l’invenzione e/o la redazione dei suddetti ad un certo Tullio. Il nome classicheggiante, che rimanda forse al più famoso dei Tullii della latinità, Marco Tullio Cicerone, sembra evocare quella che era un’abitudine tipica della corte carolingia di attribuirsi pseudonimi tratti dalla classicità, quasi un cenacolo esclusivo formato da un gruppo di savi. Dall’epistolario di Alcuino di York emerge infatti l’immagine di un vasto circolo intellettuale, i cui componentisononominati nelle epistole con soprannomi affettuosi e classicheggianti: così Carlo Magno è “Re David”, il suo allievo Fritugilo “Natanaele”, suo cugino Beornrædo è “Samuele”, Eginardo (più tardi affidato alla memoria dei posteri come biografo di Carlo Magno) “Bezeleel”; Arnone, arcivescovo di Salisburgo, è chiamato “Aquila”; Paolino di Aquileia, “Timoteo”, Angilberto, “Omero”, mentre Alcuino stesso si fregia dello pseudonimo di “Flacco”.

Quindi, sebbenela prima composizione degli enigmi sia precedente, certo è che, nel IX sec. qualcuno, sotto pseudonimo e forse legato alla corte carolingia, dove il genere letterario dell’enigma era estremamente amato e diffuso, si è fregiato della loro raccolta o composizione. Verosimilmente gli autori degli Aenigmata Tullii potrebbero essere molteplici, considerato anche il fatto che sullo stesso soggetto, per esempio “il sole”, abbiamo, nel totale dei testi della raccolta, più di un enigma, come variazione sul tema, mentre il ms. più antico (Bern, Burgerbibliothek 611) non contiene che un solo enigma per soggetto. Lo stesso vale per le raccolte più o meno coeve: nessuna contiene due o più indovinelli che hanno per tema lo stesso oggetto. Questo potrebbe essere un chiaro indizio di come la collezione, anche successivamente, continuasse a circolare come materiale scolastico vivo, arricchendosi di aggiunte e rimaneggiamenti operati dai maestri o dagli studenti: non a caso uno degli indovinelli della raccolta, chiaramente un’aggiunta seriore ad opera di un certo Paulus (vd. infra), è stato attribuito a Paolo

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In questa sede si è scelto di usare questa titolatura, adottata anche nell’edizione Glorie, per conferire una maggiore personalità all’opera, che, data la scarsità di notizie sul contesto, appare spesso molto difficile da studiare, sebbene nella letteratura si sia scelto in passato di utilizzare il titolo dell’edizione Riese, Aenigmata Bernensia, che si basa sul più antico manoscritto della raccolta sopra citato.Fa eccezione l’edizione Strecker, che sceglie di chiamarli semplicemente “enigmi in sestine”, raccogliendoli sotto il nome di Aenigmata Hexastica. I sessantatré indovinelli trattano soggetti naturali, quotidiani, certamente sulla scia dei più celebri Aenigmata Symphosii o Symposii. Si trovano così indovinelli sulla pentola, sulla lanterna, su piante e fiori, sui fenomeni atmosferici quali pioggia, neve, fuoco, ma anche sul materiale scrittorio, come penne, pergamene e così via.

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I.2 La tradizione manoscritta

La raccolta oggetto di questo studio è tramandata, in tutto o in parte, in dieci manoscritti fino ad oggi noti. Si tratta sempre di miscellanee a carattere prevalentemente grammaticale, contenenti testi di varia natura, frammisti a spiegazioni più propriamente tecniche, che evidentemente costituivano libri di lavoro dei maestri nonché strumenti per gli allievi.1 “In questo senso i codici miscellanei grammaticali costituiscono una sorta di alternativa alle grandi artes, come quella di Prisciano, utilizzando altri testi grammaticali, più secchi e concisi, ma più ‘normativi’ e quindi più adatti ad un uso scolastico, con integrazioni finalizzate sempre a scopi pedagogici (...). Le artes scolastiche, infatti, elaborate con finalità strettamente connesse all’insegnamento della lingua nelle sue parti essenziali, sono costruite basilarmente sulle parti del discorso e sulle regole di flessione (...) e devono essere quindi integrate con trattatelli ed estratti dedicati a prosodia e metrica, che vengono di norma collocati nei codici miscellanei dopo i trattati grammaticali. Questo meccanismo si applica anche alle raccolte costruite sul più importante esempio di questo genere di manuali tardoantichi, l’Ars di Donato, usato normalmente come testo base ma bisognoso di integrazioni (...)”.2 Il fatto che in questo tipo di codici si trovino raccolte di enigmi segnala che la destinazione favorita di questo tipo di componimenti erano probabilmente le aule scolastiche (vd. infra).

Ho preferito mantenere in generale le tradizionali sigle dell’edizione Strecker (tranne per i mss. vaticani che non sono inclusi nella sua edizione) piuttosto che seguire quelle dell’edizione Glorie, poiché sono quelle usate negli studi. Mi è sembra necessario modificare la dicitura del ms. Newberry, che finora è stato denominato A in quanto si trovava nel monastero di Admont, in Austria.

1 Cfr. De Paolis 2004 p. 184 ss. 2 Ibidem, pp. 184-5.

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Berlin, Staatsbibliothek zu Berlin - Preußischer Kulturbesitz, Phillipps 1825 (Rose 167), ff. 37v-45. (C)

Si tratta di un codice pergamenaceo del IX sec., vergato da almeno quattro mani, contenente 62 degli Aenigmata Tullii, più tre di Simposio (59,63,69), oltre ai Carmina Ecclesiastica di Aldelmo di Malmesbury e ai Carmina di Eugenio di Toledo. In questo codice figura un ipotetico nome per l’autore della nostra raccolta, denominata appunto come Aenigmata Tullii. Il codice è stato descritto da Lowe nel VIII Volume dei CLA (che individua come luogo di copia Verona) e da Valentin Rose nel catalogo della Staatsbibliothek di Berlino.3

Bern, Universitätsbibliothek. Burgerbibliothek (Bibliotheca Bongarsiana), 611 III, ff. 73r-80v. (B)

Si tratta del codice più antico contenente la raccolta, dal quale deriva la titolatura nell’edizione Riese. Il codice è datato circa alla metà dell’VIII sec.4 Il manoscritto è composito, copiato forse a Luxueil o Corbie, composto da sei parti in origine indipendenti, vergate da varie mani, definite dai paleografi piuttosto inesperte. Contiene scritti a carattere grammaticale, patristico, computistico e medico, tra cui le Etymologiae di Isidoro e il De febribus di Galeno. Ai folia 42v-70v il manoscritto tramanda la cosiddetta Ars Asperii (o Asporii), un compendio grammaticale elementare di ambiente irlandese redatto all’incirca alla fine del VI- inizio VII sec, basato sull’ Ars Minor di Donato, il cui uso si era diffuso in Francia e in Inghilterra.5 Le parti più lunghe sono interrotte da numerosi altri excerpta, che in parte sono redatti anche con note tironiane. Della terza parte, conservatasi solo parzialmente, un quaternione si trova oggi

3 Non avendo sufficienti competenze paleografiche, per le descrizioni dei manoscritti mi sono basata sulle descrizioni dei cataloghi, mentre per l’aspetto codicologico ho riportato le descrizioni paleografiche più aggiornate. In taluni casi è stato possibile rinvenire una recente bibliografia sui codici, in altri ho dovuto fare affidamento su opera più datate.

4 Nel terzo fascicolo del ms. (folium 96r) è presente la data dell’indizione dell’anno 727: Iterum a principio mundi usque in presente anno in unum collecti fiunt anni |V| DCCCCXXVIII [= Jahr 5928 der Zeitrechnung des Hieronymus] et restant adhuc de isto sexto miliario anni LXXII indictione X.

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a Parigi (BNF lat. 10756). Una particolarità è costituita dal palinsesto nella quinta parte, i cui testi inferiori sono probabilmente stati realizzati in Italia nel VII secolo.6 Gli enigmi sono conservati nella terza parte (ff. 73r-80v). Il ms. ne contiene 28, e tutti i soggetti sono trattati una volta sola, mentre negli altri manoscritti troviamo quasi sempre alcuni temi ricorrere più volte. Inoltre, tutti gli enigmi hanno la soluzione: questi elementi possono, a mio parere, far ritenere che, se questa non è la prima redazione, sicuramente è una delle prime, quindi confermando una possibile datazione della raccolta alla metà dell’VIII sec. Ai folia 77v-78r troviamo – cosa che sembra piuttosto particolare per questo periodo – un alfabeto greco con le corrispondenti lettere latine, nonché i valori isopsefici delle lettere greche, spesso inesatti.

Chicago, IL, The Newberry Library, 11 (Ry 22; I 8100) (olim Admont, Benediktinerstift, 277), ff. 1-7. (N)

Nell’ultima edizione (1968) degli Aenigmata Tullii, ad opera di François Glorie per il CCSL, questo manoscritto conserva la dicitura dell’edizione Strecker, che lo vuole conservato nel monastero benedettino di Admont, in Austria, e quindi siglato come A. Tuttavia dal 1937, anno in cui venne acquistato da E.P. Goldsmith, il codice si trova a Chicago, alla Newberry Library. Il codice, scritto in Austria, è datato alla prima metà del XII sec.7 Contiene, oltre a 57 degli Aenigmata Tulli, il libro primo delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1553, ff. 8v-21. (V1)

Questo manoscritto rappresenta la più significativa aggiunta realizzata nell’edizione Glorie del 1968. Si tratta di un codice contenente frammenti di tre manoscritti diversi. La prima parte, denominata A nella descrizione del Bannister, contiene, preceduti dagli Aenigmata di Bonifacio, una serie di enigmi, raggruppati per soggetto, che si rivelano essere 52 dei 63 indovinelli di Tullio, inframezzati da 45 di Simposio e 5 di Aldelmo. Il codice, proveniente dalla Lorena, è datato circa alla metà del IX sec. 8

6 Cfr. CLA, VII.

7 Cfr. Saenger 1989, p. 21.

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Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. Lat. 1717, ff.1-12, sec. XVI. (V2)

Si tratta del codice più tardo (finora) contenente gli Aenigmata Tullii, non incluso in nessuna edizione, collazionato da Chauncey Finch. È l’unico manoscritto, che, insieme a C, reca come titolo l’attribuzione a “Tullio”. Il testo di V2 concorda spesso con quello di C: contiene lo stesso numero di enigmi (62), nello stesso ordine, più gli stessi tre indovinelli di Simposio. Il testo riporta le stesse omissioni e spesso gli stessi errori, il che porterebbe a supporre che si tratti di una copia diretta di C, e dunque a eliminarlo in quanto codex descriptus. Tuttavia, com’è stato notato da Finch,9 ci sono diversi casi in

cui V2 conserva la lezione corretta dove C è in errore.10 L’ipotesi che si tratti di una copia diretta sembrerebbe quindi da scartare, mentre si potrebbero proporre, secondo lo studioso, due ipotesi alternative, ovvero: a) V2 discende indirettamente da C, con l’intervento di un ms. perduto da cui il copista ha tratto le lezioni corrette, b) V2 è una copia di un ms. gemello di C che ha tratto le versioni corrette da un archetipo comune, non conservate in altri manoscritti. Considerando che nell’edizione Strecker il codice C, anche come secondo codice più antico, è forse quello considerato più autorevole, seguendo la seconda ipotesi, il ms. V2 è certo da considerare di grande valore nello studio della raccolta, dal momento che preserva lezioni migliori di C, nonostante la sua datazione piuttosto tarda.

Leipzig, Universitätsbibliothek, Re. Fp. I. 74 4°, ff. 15v-24r. (L)

Si tratta dell’unico codice contenente tutti e 63 gli enigmi finora noti della raccolta (compresi i due in prosa), che qui sono titolati Quaestiones Enigmatum Rhetoricae Artis. Il codice contiene gli indovinelli di Aldelmo di Malmesbury, i Carmina di Paolo Diacono ed Eugenio di Toledo, il terzo libro degli Amores di Ovidio, il tredicesimo libro degli epigrammi di Marziale, la Psycomachia di Prudenzio. Questo codice è anche l’unico testimone del testo completo del cosiddetto Acrostico Sibillino, una traduzione latina di un componimento greco sul Giudizio Universale, i cui capoversi formano la frase Iesus Christus Dei filius salvator, (corrispondente latino del famoso acrostico greco ΙΧΘΥΣ, ovvero Ιησοῦς Χριστός, Θεοῦ Υἱός Σωτήρ) Il componimento, che

9 Finch 1973, pp. 3-11.

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secondo Walther Bust sarebbe stato scritto da Aldelmo di Malmesbury, anche se l’ipotesi non è condivisa dalla critica, è stato messo in relazione con la scuola di Canterbury diretta da Adriano e Teodoro. 11 Il codice si data circa al IX sec. Bischoff ne

colloca la provenienza nella Francia occidentale.12

Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 5596, ff.164-165. (P1)

Il codice contiene la Vita di S. Remigio, i Gesta Francorum, e, oltre a vari scritti patristici, contiene la raccolta di Simposio e quella degli Ioca Monachorum. Sono presenti sei soltanto degli Aenigmata Tullii. È datato intorno all’ VIII-IX sec. e sembra provenire dalla Francia nord-orientale.13

Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 8071 f. 57r-v. (P2)

Questo codice, noto come florilegium Thuaneum, ha goduto di una certa fama negli studi poiché rappresenta il più antico testimone della redazione α del Liber Epigrammaton di Marziale, di cui contiene alcuni excerpta. Vi si trovano solo due degli enigmi di Tullio, e presenta, tra le altre cose, alcuni enigmi di Simposio e qualche epigramma dell’Anthologia Latina. È datato circa alla fine del IX sec.

Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 67, ff. 168v-170. (W1)

Codice del XII sec., proveniente dall’abbazia di Göttweig, in Austria. Contiene le Etymologiae di Isidoro di Siviglia e un trattato computistico, oltre a 57 degli Aenigmata, compresi i due in prosa.

Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 2285, ff. 206-212. (W2)

Codice pergamenaceo datato alla seconda metà del XIV sec. Contiene le Etymologiae e le Differentiae di Isidoro, due lettere dell’epistolario di Braulione di Saragozza, e 57 degli Aenigmata Tullii.

11 Bulst 1938, pp. 105-111. 12 Cfr. Bischoff 2004. p. 110. 13 Cfr. Bischoff 2004, p. 112.

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I.3 Le edizioni

La prima edizione degli Aenigmata Tullii, pubblicata nel 1839 e basata su W1, si deve a

Friederich Mone.14 È l’unica a pubblicare il testo degli indovinelli prosastici (vd. infra). Nel 1869 Alexander Riese, nella sua edizione dell’Anthologia Latina,15 aggiunse la raccolta contenuta in B (edita da Hagen), aggiungendo in seguito, nella seconda edizione (1870), gli altri indovinelli contenuti in W1 (presi dall’edizione Mone), nei due codici parigini (P1 e P2) e nel codice di Lipsia (L), edito da Haupt.16 L’edizione Brandt (1883) si fonda su B, L e sui due viennesi (W1 e W2).17 Il codice Newberry (olim

Admont) è stato recensito nell’edizione del Meyer, che poi vi ha aggiunto le lezioni di C, il codice berlinese (vd. supra). La penultima edizione, ad opera di Karl Strecker, è del 1914 ed è contenuta nei Monumenta Germaniae Historica (PLAC): si basa su otto manoscritti (esclusi i due Vaticani, V1 e V2). L’ultima edizione degli Aenigmata Tullii risale al 1968, ad opera di François Glorie, ed è contenuta nel volume 133A del Corpus Christianorum: fondamentalmente si tratta di una revisione dell’edizione Strecker, cui Glorie ha aggiunto le lezioni di un nuovo ms. (V1), per un totale di nove testimoni. L’edizione Glorie propone una traduzione tedesca, ad opera di Karl Minst, che aveva tradotto anche gli Aenigmata Laureshamensia.

14 Mone 1839 pp. 219-229.

15 Riese (1869), pp. 296-304, (1870) p. lxvi ss. 16 Haupt 1850, p. 286.

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I.4 L’origine e la datazione dell’opera: ipotesi e problemi

Non si hanno notizie certe sul luogo di prima composizione della raccolta, né sull’epoca dell’originaria redazione. L’opinione diffusasi negli studi otto-novecenteschi era che si trattasse di una silloge composta da un monaco irlandese del monastero di Bobbio: tale tesi, che è stata acriticamente portata avanti da alcuni studiosi, risale al Manitius,18 ma non ha in effetti un vero fondamento, come non mancò di notare anche lo Strecker nella sua edizione. L’idea del Manitius era che il linguaggio oscuro degli indovinelli fosse da attribuire ad una competenza secondaria del latino, come poteva essere quella di ambiente anglosassone, mentre “la conoscenza del paesaggio italiano” dimostrata dall’autore, che menziona olivi, cedri, uva, ne avrebbe dimostrato la collocazione in Italia settentrionale, quindi plausibilmente a Bobbio, di nota fondazione irlandese. Il Meyer, che inserì la raccolta in uno studio propriamente metrico sugli esametri ritmici, assegna la composizione degli Aenigmata alla Longobardia. Questa tesi, che dunque data la prima redazione della raccolta all’incirca al VII-VIII sec., e la colloca in Italia settentrionale, è mantenuta nelle edizioni successive degli Aenigmata, e generalmente in tutta la letteratura su di essi. Tali ipotesi su data e luogo si basano quasi esclusivamente su considerazioni intorno al metro dei componimenti.

18 Manitius 1911, p. 193.

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I.4.1 La questione del ritmo

Nel 1850 Moritz Haupt pubblicò la descrizione di un codice lipsiense (L) contenente, tra le altre cose, anche gli Aenigmata Tullii, identificando il metro di questi componimenti nel cosiddetto esametro ritmico. Generalmente si intende distinguere versi rhytmici da versi metrici in relazione all’assenza, nei primi, di una chiara misura dei piedi e di una distinzione tra sillabe lunghe e brevi: come afferma Quintiliano, rhythmo indifferens est dactylusne ille priores habeat breves, an sequentes.19

Dunque la poesia ritmica, sebbene condivida con la poesia metrica le stesse strutture-base di versificazione (producendo quindi pentametri, trimetri ecc.), di fatto crea dei versi che potremmo definire in un certo senso “sbagliati”, poiché privi dei presupposti che sono propri della poesia metrica, cioè la distinzione tra sillabe lunghe e brevi, e la loro precisa posizione all’interno di un metro: i versi ritmici sono basati invece sull’accento di prosa. Secondo il Muratori, che nella quarantesima dissertatio delle Antiquitates formulò un abbozzo di teoria del ritmo, il versificatore ritmico, non curandosi della quantità vocalica, o non conoscendola, si occupa soltanto del suono (accento di parola e legatura delle parole) e del numero delle sillabe. Così non ha scrupolo nel valutare macula, canimus, rutilans, come se fossero dattili: l’accento di parola e il numero delle sillabe bastano a far rassomigliare, a orecchio inesperto, queste parole a dei dattili perfetti.20 La questione dell’esametro ritmico, in particolare, è venuta all’attenzione degli studiosi impegnati nell’analisi della produzione letteraria longobarda, dal momento che uno dei generi poetici più diffusi all’epoca risulta essere l’epitaffio: tradizionalmente, l’epitaffio richiedeva versi dattilici, ovvero esametri e distici elegiaci, o al limite trochei e giambi, che in epoca tardo-antica si trovavano già nella loro fase crepuscolare. Gli autori di epitaffi, trovandosi nella difficile situazione di dover scrivere in esametri o distici elegiaci senza possedere le necessarie conoscenze

19 Quintiliano, Institutio Oratoria, IX, iv, 45 “Nel ritmo è indifferente se un dattilo ha le sillabe

brevi prima o dopo”. Va anche detto che, in questo caso, Quintiliano si riferiva più alla prosa che alla poesia.

20 L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, Dissertatio XL, De rythmica veterum poësi et origine italicae poëseos.

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metriche, e in una realtà linguistica mutata come quella del VII-VIII sec., si adattarono a scrivere in esametri ritmici, secondo le modalità sopra descritte.21

Nel 1882 Wilhelm Meyer, metricista tedesco, pubblicò uno studio sulla poesia epigrafica mediolatina,22 redigendo un elenco di tredici componimenti il cui metro viene descritto come esametro ritmico: si tratta di dodici tra epitaffi e epigrafi, datati tutte più o meno all’VIII sec. e provenienti dalla Longobardia, cui lo studioso aggiunse 62 indovinelli in sestine (intesi come un singolo componimento). Meyer li datò all’incirca all’VIII sec., come gli altri, per ritmo e uso della lingua,23 e ne indicò la provenienza geografica in un’area compresa tra le Alpi e la costa ligure. Nel 1905 pubblicherà un’edizione ampliata del lavoro del 1882, includendo materiale che esula dalla stretta circoscrizione territoriale e temporale che prima aveva tracciato, giacché v’inserì anche componimenti molto più tardi, fino al XIV e XV secolo, e di provenienza varia: si ritrovano infatti testi di origine ispanica, britannica, franco-normanna, mozarabica. Tra questi anche l’Exhortatio poenitendi, poemetto ritmico attribuito a Sisberto, vescovo di Toledo. All’edizione degli Aenigmata aggiungerà un enigma in sestine col titolo Item de vino, i cui capoversi formano un acrostico, PAVLVS, che si ritrova solo in L, per un totale di 63 indovinelli. Meyer ravvisò negli Aenigmata uno schema ritmico, fondato su numero di sillabe ed accento di parola, piuttosto preciso, con versi di norma di quattordici sillabe, divisi in due emistichi, rispettivamente un senario e un ottonario, per esempio:

~ ~ ~ ~ ~ ~ | ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ égo nátadúospátres habére dinóscor

Meyer aveva osservato che l’esametro ritmico rimaneva più o meno circoscritto al mondo e all’età longobarda:24 in effetti, nella prima edizione del 1882, aveva preso in esame esclusivamente testi longobardi, lasciando intuire che non vi fosse nessun altro possibile confronto con testi di altra provenienza.

21 Cfr.Smolak 2001, pp. 43-59. In merito cfr. anche Stella, 2000. 22 Meyer 1882, poi ampl. in Meyer, 1905.

23 Cfr. Meyer 1905, pp. 160-161. 24 Cfr. Montorsi 1973.

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Anche gli Aenigmata sono stati così catalogati (e nella quasi totalità degli studi questo non è stato più rimesso in discussione) dando ad intendere che la loro creazione sia avvenuta in Italia settentrionale tra il VII e l’VIII secolo. A suffragare quest’ipotesi il Meyer adduce le altre considerazioni avanzate dal Manitius, ovvero la descrizione di un paesaggio “tipicamente italiano”, dove si menziona l’olivo e altri frutti e piante quali ad esempio l’uva, la castagna, lo zafferano e la senape. In realtà, forse si può discutere se limitare l’uso e la diffusione dell’esametro ritmico al solo mondo longobardo; il Muratori, nella sua Dissertatio, proponeva almeno una ventina di esempi che egli identificava come ritmici, risalenti ad epoche precedenti.25 Ripercorrendo queste

considerazioni, dobbiamo comunque tenere in conto il fatto che già di per sé la struttura dell’esametro dattilico è piuttosto variabile: sembra dunque particolarmente difficile operare una distinzione precisa tra dei versi quantitativi riusciti male e dei versi propriamente ritmici.26 Il Meyer cita come uno dei componimenti più antichi in esametri ritmici l’epitaffio di re Cuniberto, morto nel 700 d.C.:

Aureo ex fonte quiescunt in ordine reges, avus, pater, hic filius heiulandus tenetur, Cunigpert florentissimus ac robustissimus rex, quem dominum Italia, patrem atque pastorem, inde flebile maritum iam viduata gemet. Alia de parte si origine quaeras,

rex fuit avus mater gubernacula tenuit regni,

mirandus erat forma, pius, mens, si requiras, miranda.27 Operando la scansione metrica:

Āurĕ[o] ēx fōntĕ quĭēscūnt ĭn ōrdĭnĕ rēgēs (rĕgēs) ăvūs, pătĕr, hīc fīlĭŭs hējulāndūs tĕnētūr,

Cunīgpērt flōrēntīssĭmŭs āc rōbūstīssĭmūs rēx,

quēm dŏmĭn[um] Ītălĭă (Ītălĭā), pā̆tr[em] ātquĕ pāstōr[em],

25Ibidem, nota 69, p. 156. 26 Cfr. Norberg 1958, p. 101. 27 Strecker 1914, p. 726.

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īndĕ flēbĭlĕ mărītūm jām vĭdŭātă (vĭdŭātā) gĕmĕt. Ălĭă dē pārtĕ s[i] ŏrīgĭnĕ quāerās,

rēx fŭĭt ăvūs mātēr gŭbērnācŭlă tĕnŭīt rēgnī,

mīrāndŭs ĕrāt fōrmā (fōrmă), pīūs (pĭūs), mēns, sī rĕquīrās, mīrāndă.

Da questo esempio si vede bene come, se il numero dei piedi fa pensare che si tratti di esametri, la prosodia e la metrica siano inesatte per degli esametri quantitativi. Il Meyer li definì esametri ritmici, mentre Norberg sostenne che non era possibile, visto che a suo parere anche la ritmica risultava disordinata, e che l’epitaffio era da considerarsi piuttosto un componimento in prosa con delle reminiscenze della poesia funeraria.28 Ora, in sostanza, se la tesi di Meyer è quella di circoscrivere l’esametro ritmico al mondo longobardo, basandosi sul confronto con le iscrizioni funerarie dei re longobardi, la questione può ancora essere oggetto di dibattito. Altri studiosi hanno preso in considerazione un componimento di Commodiano come esempio più antico di esametro ritmico,29 ma in merito non vi è uniformità di pareri.30 In generale, ai fini del nostro studio: se vi fossero, come sosteneva il Muratori, altri esempi validi precedenti all’età longobarda e di area differente, e se gli epitaffi dei re longobardi non sono esenti da dubbi come versi ritmici, forse è opinabile circoscrivere la creazione dell’esametro ritmico all’età longobarda, o definire ritmici tutti i componimenti esametrici dell’area longobarda. Di conseguenza, basandoci solo sul ritmo, non potremmo certo inquadrare gli Aenigmata Tullii nella ristretta area ed epoca in cui la critica, partendo dal Meyer, li ha inseriti, né essere certi che si tratti effettivamente di esametri ritmici e non di esametri quantitativi zeppi di errori..31Un fattore che va preso in considerazione, e di cui

si parlerà più diffusamente più avanti, è rappresentato dai punti di contatto degli Aenigmata Tullii con la raccolta di indovinelli di Aldelmo di Malmesbury. Le

28 Cfr. Norberg 1958, p. 102.

29 Cfr. Hanssen 1881 pp. 1-90. La tesi di laurea di Hanssen, e le sue considerazioni sull’uso dell’esametro ritmico in Commodiano, non sono menzionate in Meyer 1882.

30 Cfr. ad esempio Norberg 1958. Il Norberg rifiuta l’ipotesi che Commodiano abbia composto versi ritmici, sostenendo invece che i suoi esametri sono imitazioni metriche piene di errori, testimonianza sicuramente della “barbarie” poetica dell’epoca, ma non di un sistema diverso di composizione. In merito cfr. anche Stella 1995.

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somiglianze di taluni soggetti sono indubitabili: generalmente nella critica si è accettata la teoria del Manitius,32 che attribuiva all’anonimo autore degli Aenigmata Tullii la

datazione più risalente, dando ad intendere che Aldelmo conoscesse la raccolta e ne avesse tratto alcuni spunti. In realtà, non ci sono motivi particolarmente convincenti che impediscano di ipotizzare l’esatto contrario, vale a dire che, tra le due, siapiù antica la raccolta di Aldelmo, e che essa abbia fatto da modello ad un imitatore.

32 In merito cfr. anche Stella 1995, p.70.

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I.4.2 Intorno all’indovinello veronese

Alcuni studiosi hanno messo in luce diverse relazioni possibili tra gli Aenigmata Tullii e il testo del cosiddetto indovinello veronese. L’indovinello veronese, o Ritmo di Verona, è stato scoperto nel 1924 da Luigi Schiaparelli nel margine superiore del f. 3r del codice LXXXIX della Biblioteca Capitolare di Verona, un manoscritto mozarabico risalente al sec. VIII. È considerato il più antico testo in volgare o protovolgare italiano, così noto da non aver probabilmente bisogno di molte descrizioni. L’indovinello parla dell’atto dello scrivere come se si trattasse dell’aratura di un campo. Il testo è lungo circa un rigo e mezzo, e, separando le parole, si presenta così:

+ se pareba boves alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen seminaba

+ gratias tibi agimus omnip(oten)s sempiterne d(eu)s

L’opinione dominante nella critica novecentesca, circa la composizione e il metro dell’indovinello, è che si trattasse di due esametri ritmici caudati, tralasciando la formula devozionale alla fine. Tale teoria si basava sulla tesi di Angelo Monteverdi che, espungendo nel verso i due et che nel codice precedono albo e negro, così scriveva:33 se pareba boves, alba pratalia araba,

albo versorio teneba, negro semen seminaba

Riguardo al soggetto, il Monteverdi, così come il De Bartholomeis,34 vi ravvisava una forte vicinanza con gli enigmi anglosassoni sulla materia dello scrivere (vd. infra), inserendolo - quale variante popolare, forse pescata nella memoria dello scriba - nella tradizione scolastica degli aenigmata. In particolare l’indovinello veronese veniva messo in relazione proprio con gli Aenigmata Tullii, secondo il Monteverdi indubitabilmente (di certo appoggiandosi al Manitius) prodotti nell’Italia longobarda dell’VIII sec., quindi al pari dell’indovinello veronese. Il Monteverdi chiamava a

33 Monteverdi 1937, pp. 204-212. 34 Cfr. De Bartholomeis 1927, p. 268 ss.

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confronto il presunto metro degli Aenigmata Tullii, sostenendo che si trattava, come per i suddetti, di esametri ritmici, e che la rima baciata rafforzava l’idea che si trattasse di un indovinello di origine non dotta, ma popolare. Ora, è indubbio che, se seguiamo l’accento di parola, l’indovinello presenta un ritmo esametrico. Tuttavia Scevola Mariotti, nel commentare queste teorie, ha ritenuto improbabile che si possa parlare di esametri ritmici a proposito dell’indovinello veronese, perché il ritmo degli Aenigmata Tullii (che, come abbiamo visto, il Meyer aveva regolarizzato in uno schema prevalentemente costituito da un primo emistichio di sei sillabe e da un secondo di otto, con alcune eccezioni), appare diverso.35 Il Mariotti contestava fortemente la tesi del

Monteverdi, ritenendo anzi di dover dividere il testo dell’enigma in quattro versicoli, col risultato di trovarci davanti non più a una coppia di versi esametrici, ma a una strofa tetrastica la cui struttura base era rintracciabile, secondo lui, nei vari paralleli popolari dell’enigma sullo scrivere raccolti da Carlo Piancastelli.36Dal momento che, in generale, i testi a diffusione e di derivazione prevalentemente orale (come tenderei a definire l’indovinello veronese) sono soggetti a infinite variazioni, senza strutture molto rigide,37 credo che sia forse eccessiva non solo tutta quest’attenzione sul metro del ritmo di Verona (soprattutto se si considera la brevità del componimento), ma anche il confronto con gli Aenigmata Tullii, che invece hanno una struttura prosodica più definita. Mi sembra più importante, invece, il confronto tematico, testimone di una attenzione alla materia dello scrivere costante nelle raccolte enigmistiche legate alla scuola.

35 Cfr. Mariotti 1981.

36 Cfr. Piancastelli 1903

37 Cfr. Piancastelli 1903, pp. 10 ss. D’altronde, se la collezione del Piancastelli si basa, come credo verosimile, su testi popolari raccolti tramite interviste, suppongo che la loro divisione in versi sia stata operata dal Piancastelli medesimo - e quindi le osservazioni del Mariotti non mi sembrano troppo condivisibili.

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I.5 Le altre raccolte di enigmi

Non è possibile affrontare questo tipo di componimenti senza operare uno studio comparato delle altre raccolte latine, e in generale uno studio comparato degli indovinelli in senso più lato. Studiare lo stesso tipo di composizione da parte di autori diversi, in epoche coeve o posteriori, anche di molto, è uno dei metodi migliori per trovare risposte a domande che rimarrebbero certamente insolute se si circoscrivesse troppo la ricerca. Senza voler operare una “selvaggia comparazione”, snaturando i componimenti e privandoli del loro contesto, ci sentiamo di affermare che l’enigma, nella fattispecie, gode di uno status diverso nel panorama letterario, che ne garantisce una notevole permanenza nella struttura e nei motivi. Per quanto riguarda gli Aenigmata Tullii, il confronto necessario è con le raccolte enigmistiche che, sul modello di Simposio, si sviluppano nell’area insulare cristianizzata di VII-VIII secolo, e che con essa condividono una molteplicità di temi e strutture. Nei paragrafi seguenti daremo ragione sommaria delle diverse sillogi latine che sembrano più utili ad un confronto funzionale. Per questo motivo, non è inclusa nella trattazione la raccolta degli enigmi di Bonifacio, vescovo di Wessex ed evangelizzatore della Germania: le tematiche affrontate negli enigmi di Bonifacio narrano dei vizi e delle virtù (cristiane) dell’uomo, e se pure si inseriscono nella tradizione enigmistica dell’epoca, sono totalmente astratte e non si prestano ad un confronto con gli indovinelli oggetto di questo studio.

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I.5.1 Aenigmata Symphosii

Del cosiddetto Simposio o Simfosio (ma il nome è discusso)38 si sa poco o nulla: viene

datato variamente dal II-III sec. d.C. al V-VI sec. La datazione più alta, sostenuta da Müller,39 si basa sulla correttezza prosodica dei versi di Simposio, mentre quella più bassa è sostenuta da Riese,40 che colloca Simposio nell’Africa vandalica. Manuela Bergamin non manca di notare come la testimonianza di Agostino,41 che afferma di non avere notizia di aenigmistae latini, confermi la probabile datazione tarda dell’autore. L’unica notizia che abbiamo di questo personaggio misterioso è quella proveniente da Aldelmo di Malmesbury (VII sec.), nel trattato introduttivo alla sua raccolta di enigmi, dove egli ne loda l’abilità metrica:

Simfosius 42 poeta, versificus metricae artis peritia praeditus, occultas aenigmatum proppositiones exili materia sumpta ludibundis apicibus legitur cecinisse et singulas quasque propositionum formulas tribus versiculis terminasse. 43

38 Per una trattazione completa della figura di Simposio e dei suoi aenigmata, cfr. Bergamin

2005. Altri studi fondamentali sono quelli di Spallone 1985, Finch 1969, Ohl 1928. Più recentemente Leary (2014) ha curato una nuova edizione commentata.

39 Müller 1894, p. 39 40 Riese 1894, p. XXVI

41 Agostino, Quaestiones in Heptateuchum, 4,45: …quid sint aenigmistae ideo non apparet, quia non sunt in consuetudine litteraturae nostrae (…). Aenigmistae sunt quos poetas nos appellamus, eo quod poetarum est consuetudo miscere carminibus suis aenigmata fabularum. “…perciò non appare che cosa siano gli enigmatisti, perché non esistono nella tradizione della nostra letteratura (…). Gli enigmatisti sono quelli che noi chiamiamo poeti, dal momento che è consuetudine dei poeti mischiare alle proprie composizioni gli indovinelli delle favole.”

42 Tornando sul problema del nome, l’editore Ehwald sceglie di usare Simfosius, ma riporta in apparato anche Symphosius, Simposius, Simpossius.

43 “Si dice che il poeta Simfosio, versificatore esperto nell’arte metrica, abbia cantato le occulte

rappresentazioni degli enigmi, con materia da nulla composta in linguaggio scherzoso, e che abbia terminato ogni singola formula delle rappresentazioni in tre brevi versi” MGH, Auct. Antiq. XV pp. 75 ss.

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Simposio è l’autore di una raccolta di cento enigmi di tre esametri ciascuno, presentati dall’autore con una preafatio di quindici versi, in cui lui stesso afferma di “divertirsi con poesia frivola”44 e di aver improvvisato quei versi nel contesto di un banchetto in

occasione dei Saturnalia,45 il che li collocherebbe all’interno del filone della poesia simposiale che conosciamo grazie agli accenni di opere come il Simposio di Platone e quello di Senofonte, le Questioni Conviviali e il Convito dei Sette Sapienti di Plutarco, i Sofisti a banchetto di Ateneo e i Saturnalia di Macrobio.46 I cento indovinelli sono tramandati all’interno dell’Anthologia Latina,47 nella silloge poetica del codice Salmasiano (Par. lat. 10318), dove Simposio è insignito del titolo di scholasticus. Gli aenigmata Symposii rappresentano l’unica opera a noi pervenuta della letteratura classica formata interamente da enigmi, anche se certamente non la prima.48 I temi della raccolta (che si apre con un indovinello sullo stilo, graphium, e si chiude con un monumentum, mostrando la consapevole intenzione dell’autore di creare un’opera letteraria durevole), seppur abbastanza varii, sono tendenzialmente legati al mondo della vita quotidiana e delle attività umane: materiale scrittorio (graphium), fenomeni

44 Aenigmata Symposii, praefatio, vv. 1-2 : Haec quoque Symposius de carmine lusit inepto; / sic tu, Sexte, doces; sic te deliro magistro. Considerati dai più come un’interpolazione, i primi due versi della praefatio vengono pubblicati soltanto da Riese; sull’identificazione di Sextus, definito magister, Ohl (1928) rimanda ai dicta Sestiana, “frasi spiritose” in Cicerone, Epistulae ad familiares VII, 32 I.: l’autore si riferisce forse a Paolo Sestio, personaggio dalla nota lingua tagliente.

45 Cfr. praefatio, vv. 3 ss.

46 Relihan (1992) suggerisce di accostare gli aenigmata Symphosii ad un testo tardoantico (V sec. ca.), la Coena Cypriani, resoconto di un banchetto nel corso del quale si allude enigmaticamente alla Bibbia.

47 Ed. Riese 1869.

48 Si può ipotizzare che già in età pre-ellenistica libri di indovinelli possano aver avuto uno spazio nella letteratura greca, ma purtroppo nessun testo ci è stato tramandato, tranne raccolte posteriori di cui infra. Vi sono notizie e accenni circa una raccolta di enigmi attribuita a Cleobulina, figlia leggendaria di Cleobulo di Lindo, uno dei Sette Sapienti, anche lui spesso insignito del titolo di enigmista (cfr. Ateneo, Deipnosofisti 10.448b, Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, 1.89), come della collezione di παίγνια di Filita di Cos, epigrammi destinati al simposio che avrebbero previsto anche indovinelli. In merito cfr. Kwapisz 2013.

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atmosferici (nebula, nix, fumus…), fauna ( mus, grus, cornix, phoenix…) e flora (viola, rosa, tus…), oggetti d’uso (caliga, acus, mola…), cibo (perna, vinum in acetum conversum…). A frantumare la generale organicità della raccolta, un gruppo di enigmi (92-95) inserisce dei temi piuttosto particolari, che descrivono situazioni paradossali, dove tuttavia il paradosso riesce ed ha senso unicamente per chi conosce la soluzione: Mulier quae geminos pariebat, Miles podagricus, Luscus alium vendens, Funambulus. Si tratta forse di enigmi a motivo popolare rielaborati in letteratura. L’indovinello n. 96, De VIII tollas VII et remanet VI, allude al computo digitale49 ed è l’unico gioco matematico di tutta la raccolta, considerato creazione originale di Simposio da Bergamin,50 mentre altri studiosi lo ritengono un componimento altrui inserito per colmare una lacuna della raccolta.

Il “tipo” degli indovinelli di Simposio è accostabile al filone enigmistico antico, poiché la logica della composizione si muove all’interno di schemi prevalente retorici, esente dai simbolismi che tanta parte hanno nelle raccolte successive. Gli indovinelli di Simposio sono solitamente costruiti sulla coesistenza di due livelli di significato, uno letterale, uno nascosto, legati insieme da una serie di indizi che volutamente portano il lettore fuori strada; studiosi moderni come Bartezzaghi51 e Rossi52 ne rilevano la struttura per “antinomie”, per definizioni a contrasto, come per l’enigma 7, Fumus: AENIGMATA SYMPOSII VII

Fumus

Nunc mihi sunt lacrimae, sed non est causa doloris. Est iter ad caelum, sed me gravis impedit aer; et qui me genuit, sine me non nascitur ipse.

49 Da rilevare come, chiaramente, la creazione di un gioco basato sulla loquela digitorum presupporrebbe la padronanza da parte dell’autore di una materia ricorrente nei trattati esegetici di V-VI sec. (canonizzata nel VII sec. con il trattato Romana Computatio), il che andrebbe a sostegno di una datazione tarda dell’opera.

50 Bergamin 2005, p. 196. La studiosa sottolinea come l’enigma 96 sia noto ad Alcuino (vd. Disputatio Pippini regalis et nobilissimi iuvenis cum Albino scholastico, PL 101, 979A).

51 Bartezzaghi 2001. 52 Rossi 1971.

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Il fumo

Ora per me si versano lacrime, ma non c’è motivo di dolore. La mia strada porta al cielo, ma mi ostacola l’aria pesante; e chi mi ha generato, senza di me non nasce neppure lui.53

Lo stile simposiano è caratterizzato da una concinnitas in parte obbligata, considerata la scelta di condensare ogni enigma in tre esametri, dove il gioco enigmistico è coadiuvato da anafore, litoti, assonanze, chiasmi: Simposio fa un’arte della simmetria grafica, fonica, e concettuale. Il lessico dell’autore rivela familiarità con un tipo di competenze e di erudizione che caratterizza la scuola tardo-antica.54 D’altronde l’uso

tardoantico è evidente anche nel ricorrere di richiami a poeti classici come Virgilio, Ovidio, Orazio, le cui parole sono da Simposio riportate a dimensioni molto più terrene, attraverso la creazione di eleganti centones enigmistici (come per esempio l’enigma 56, dove la scarpa, caliga, si esprime con le parole pronunciate da Anchise in Aen. V, 724: quondam dum vita manebat). L’epiteto di scholasticus sembra quindi ben adattarsi a un autore in cui ricorrono echi di poeti ed autori canonizzati in ambito scolastico: oltre ai già citati Virgilio, Ovidio, Orazio, in Simposio sono presenti citazioni di Quintiliano (vd. ad esempio l’enigma 32, Taurus, già presente in Inst. Or., VIII, 2, 13 come esempio di omonimia), Servio (vd. ad esempio l’enigma 5, catena, concorde con la definizione di Servio in Aen. I 295). Non sono assenti echi della cultura cristiana, sebbene, come si è detto, manchi in Simposio qualunque tipo di simbolismo: vi sono, è stato notato,55 significative coincidenze con iuncturae o immagini di poeti cristiani quali Paolino di Nola (è il caso, ad esempio, della tana del topo, in aenigm. 25, Mus, descritta come ianua semper aperta, che coincide con la clausola che Paolino attribuisce alla generosità di Lot in Carm. 27, 613, Lot fore semper aperta), o Prudenzio (vd. ad esempio la iunctura dell’enigma 33, Lupus, le cui zanne sono chiamate dentes insani,

53 D’ora in avanti per Simposio ed. Bergamin 2005.

54 Cfr. Spallone 1985, pp. 185-228. Cfr. l’enigma 60, Serra, che gioca sull’omonimia del lupo e di un tipo di sega chiamata lupus, usata per segare i tronchi degli alberi, di cui abbiamo notizia in Palladio (Opus agricolturae, I, 42, 2).

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che ha un corrispettivo solo nella descrizione che Prudenzio dà del diavolo in Cathemerinon. 4, 80, …insanos acuens furore dentes).

Ancora aperta è la questione se Simposio fosse o non fosse effettivamente cristiano: non avendo notizie biografiche su di lui, né altra produzione oltre a quella enigmistica, non si può evincere né l’una né l’altra cosa. Sicuramente, e questo è palese nella lettura degli indovinelli, Simposio conobbe ed entrò in contatto con la cultura cristiana, senza che questo implichi necessariamente l’aver abbracciato la fede da parte sua.

La raccolta di Simposio è di fondamentale importanza per la fioritura di sillogi enigmistiche nell’area insulare cristianizzata di VII-VIII sec di cui infra. L’influenza di Simposio su questi autori è evidente nella struttura esametrica dei componimenti, nel numero degli indovinelli (che, trascurando gli addenda, si canonizzano in diverse raccolte nel numero di cento - le raccolte di Tatuino e Eusebio sono da sommarsi, in quanto l’una è di sessanta enigmi, l’altra di quaranta), nei temi. Rispetto alla raccolta oggetto del nostro studio, è evidente il debito che l’anonimo autore ha nei confronti di Simposio: in almeno sei enigmi i soggetti sono gli stessi, sebbene sviluppati in modo diverso.

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I.5.2 Aenigmata Aldhelmi

Aldelmo è stato definito negli studi “the first English man of letters”.56 Originario del

Wessex, di nobili origini, Aldelmo studiò nella prestigiosa scuola di Adriano e Teodoro a Canterbury, per poi tornare nel Wessex dove divenne monaco a Malmesbury. Fu abate di Malmesbury nel 675, poi vescovo di Sherborne (Salisbury in seguito) nel 705. Morì settantenne intorno al 709. La sua raccolta di enigmi, pervenutaci in almeno in una trentina di manoscritti, resta probabilmente la più famosa e diffusa raccolta latina dopo quella di Simposio: si trova nel trattato De metris et enigmatibus ac pedum regulis, anche noto come Epistula ad Acircium,57 un trattato di metrica e prosodia dedicato al re di Northumbia, Aelfrido,58 scritto probabilmente intorno al 686, appena dopo che Aelfrido fu salito al trono.L’opera, costruita in forma di dialogo tra maestro e discepolo, mostra la fine conoscenza che Aldelmo possiede degli autori cristiani e classici, anche quelli meno noti all’epoca. All’interno del trattato, in una digressione sul genere degli aenigmata, dove Aldelmo cita espressamente il poeta Simposio (vd. supra) come iniziatore del genere, si collocano cento indovinelli in esametri, di lunghezza variabile dai quattro ai sedici versi, facendo eccezione per l’ultimo componimento, De creatura, che ne conta ben ottantré. L’intento di Aldelmo, nello scrivere enigmi, è, come da lui stesso dichiarato nel prologo dell’opera, quello di illustrare i fondamenti della metrica e della versificazione latina. L’opera di Aldelmo, oltre che per i componimenti in sé, si dimostra interessante per la riflessione che l’autore stesso propone sull’enigma, definito come enigma clanculum et latens propositio. Il poeta si rivolge anche al lettore d’indovinelli avvisandolo del fatto che si sta addentrando in una silva:

(...)in tam densa totius latinitatis silva et nemorosis sillabarum saltibus, ubi de singulis verborum radicibus multiplices regularum ramuscolos pullulasse antiqua veterum traditio

56 Cfr. Lapidge, Rosier, 1985.

57 Prima dell’edizione Glorie 1968, ricordo Ehwald 1919.

58 Il nome Acircius si spiega come un gioco di parole per aquilonalis (“originario del nord”, cioè della “Northumbria”), perché a circio sta per ab aquilone.

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declarat, rudibus non facile negotium deprehenditur et praesertim metricae artis disciplina carentibus.59

L’idea di fondo è dunque quella che non si possa accedere alla lettura, nonché alla decifrazione, degli enigmi, senza una solida cultura di base, cosa che Aldelmo denota di possedere ampiamente (senza mai accennarvi direttamente, fermo restando il topos medievale della modestia). Altrimenti, la scrittura enigmatica resterà unicamente chaos et obscuritas.60 Non ultimo, si evince come per Aldelmo l’enigma rappresenti non solo

un esercizio di logica e immaginazione, ma soprattutto di metrica, che egli vuol dimostrare di saper padroneggiare perfettamente.

L’abilità poetica e versificatoria di Aldelmo è d’altronde sottolineata anche nell’Historia Ecclesiastica di Beda il Venerabile, che lo definisce doctissimus:

Scripsit et de virginitate librum eximium quem in exemplum Sedulii geminato opere et versibus exametris et prosa conposuit. Scripsit et alia nonnulla utpotevir undecumque doctissimus; nam et sermone nitidus et scripturarum ut dixi tam liberalium quam ecclesisticarum erat eruditione mirandus.61

Se il debito di Aldelmo nei confronti di Simposio, da lui stesso ricordato nella praefatio, come si è visto, è evidente nel numero dei componimenti e in molte delle tematiche, il vescovo di Salisbury se ne discosta soprattutto per quanto riguarda la presenza di argomenti dichiaratamente cristiani (cfr., ad esempio, l’enigma 55,

59 “Nella foresta così fitta di tutta la latinità, e nei boschi frondosi delle sillabe, dove la tradizione antica dei nostri avi dichiara che sulle singole radici delle parole spuntassero moltissimi rametti di regole, non s’intraprende un’operazione facile da parte dei non avvezzi, e specialmente carenti nella disciplina dell’arte metrica”. Ibidem, p. 373.

60 Per un’analisi del concetto di obscuritas negli enigmi di Aldelmo cfr. Cosme, 2012, pp. 250-263.

61 “Egli ha scritto anche un notevole libro sulla verginità, che ha composto, sull’esempio dell’opera doppia di Sedulio, in esametri e in prosa. Ha scritto anche diverse altre opere, in quanto uomo sapientissimo su tutti i fronti; e infatti brillava per lo stile, ed era da ammirare per la sua erudizione tanto nei testi profani, come ho detto, quanto in quelli religiosi”, Beda, Historia Ecclesiastica gentis Anglorum, V, 18, Lapidge 2008.

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Crismal), nonché per la sua tendenza a descrivere l’oggetto enigmatico in maniera che esso sia facilmente riconoscibile, dal punto di vista prettamente retorico: l’abilità di Aldelmo si manifesta nella sua capacità di trasformare l’enigma “da gioco di riconoscimento, da sfida alla soluzione della metafora,(…)in sistema definitorio, capace di collegare ad un lemma una serie di caratteristiche utili alla sua più completa conoscenza funzionale”. 62 Aldelmo mostra di padroneggiare anche la tecnica dell’acrostico, inserendo nei 36 versi della prefazione la sua σφραγίς, Aldhelmus cecinit millenis versibus odas. Interessante è inoltre, sempre nella prefazione, l’invocazione al Dio cristiano, con un rifiuto verso le Muse pagane e Apollo: il sapere profano, di cui tratta il suo corpus di indovinelli, non può che essere “un’esercitazione preliminare”63 per (carmina) potiora,64 cioè che riguardino argomenti religiosi.

Gli indovinelli della raccolta, oltre ai temi cristiani di cui sopra, trattano variamente di oggetti d’uso e del lavoro umano (mola, muriceps, pugio…), elementi celesti (sol et luna, nox…), materiale scrittorio (penna, elementum…); numerosissimi gli enigmi sugli animali, più o meno comuni e anche della tradizione mitica (cfr. ad es. 28, Minotaurus): ciò testimonia la vasta cultura enciclopedica di Aldelmo, che mostra di avere familiarità con le Etymologiae di Isidoro di Siviglia (cfr. ad es. 18, Myrmicoleon, che presuppone Isidoro, Etym. XII, 3,10), con la Naturalis Historia di Plinio (cfr. ad esempio 88, Basiliscus, dove è chiara la conoscenza di Plin., Nat. Hist. XXVIII, 149 e VIII, 118), con gli autori classici (cfr. ad es. 28, Minotaurus, che riprende la descrizione del mostro data da Virgilio in Aen. VI, 25…prolesque biformis).65

La relazione tra gli Aenigmata Tullii e quelli aldelmiani, cui abbiamo in precedenza accennato, è estremamente interessante, dal momento che, molto più frequentemente che con le altre raccolte (eccetto quella di Simposio che rappresenta il modello indiscutibile delle successive), essi mostrano una contiguità di motivi. Almeno una decina di enigmi trattano degli stessi soggetti, e se in certi casi il confronto si estende

62 Polara 1993, p. 209. 63 Ibidem, p. 210.

64 Aldelmo, Praefatio, 25-29.

65 Sugli enigmi Aldelmo si segnalano Cosme 2012; Orchard 1994; J.H. Pitman,1925, Sister M.

Charlotte 1947; Stork 1990; Bitterli 2009; Milovanic-Barham 1993. Recentemente Juster (2015) ha curato una traduzione e commento degli enigmi di Aldelmo.

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anche alle altre raccolte, altri casi sono unici nel panorama enigmistico del tempo (è il caso, ad esempio, degli enigmi sul baco da seta). Non avendo certezze circa la datazione degli Aenigmata Tullii, è difficile stabilire se questi ultimi siano precedenti all’opera di Aldelmo o viceversa. La critica si è a volte spesa per attribuire agli Aenigmata Tullii la datazione più antica, forse per l’assenza di evidenti accenni cristiani e moraleggianti che invece sembrano spesso accomunare Aldelmo e i suoi epigoni Tatuino, Eusebio e Bonifacio, mentre l’interesse sempre piuttosto naturalistico degli Aenigmata Tulli potrebbe renderli più vicini al modello simposiano. Il Manitius, che, ricordiamo, assegna gli Aenigmata Tullii al VII sec., afferma che Aldelmo avrebbe tratto ispirazione, per i suoi enigmi, proprio da questa raccolta.66 Č. Milovanović-Barham67 sembra concordare con quest’ipotesi, attribuendo all’autore degli Aenigmata Tullii la datazione più antica. La studiosa anzi rileva come, a differenza di Simposio, Aldelmo faccia largo uso di un “lessico di maternità”,68 dove un rilevante elemento strutturale nella costruzione dell’indovinello consiste nella narrazione, in prima persona, delle orgini e della provenienza della res loquens, spesso in termini di metafore gestatorie: per cui l’oggetto parlante narra dei suoi “padri” e “madri”, dei suoi “figli”, e così via. Proprio questo modo poetico, che in Simposio è meno ricorrente (una dozzina su cento gli enigmi che presentano questa “ossessione generativa”) e costituisce invece il Leitmotiv della raccolta degli Aenigmata Tullii, consente alla studiosa di ritenere che non solo Aldelmo sia influenzato dagli Aenigmata Tullii, ma anche dalla tradizione bizantina (cui ha dedicato diversi studi) che presenta spesso questo motivo, ipotizzando una convergenza della poesia enigmistica anglo-latina e bizantina su temi e strutture derivate da una comune tradizione greco-romana più antica, cui, da un certo punto in poi, si sarebbero inseriti tematiche cristiane.69

Tupper non manca di notare come la connessione tra la raccolta aldelmiana e quella degli Aenigmata Tullii sia molto stretta e rappresenti un segno certo che questi ultimi

66 Cfr. Manitius 1911, p. 193.

67 Cfr. Milovanović-Barham 1993, p. 55.

68 Per approfondire questo concetto si veda infra. 69 Cfr. Milovanović-Barham 1993, p. 55 ss.

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appartengono al medesimo circolo intellettuale degli enigmi anglo-latini, anche se non vi è nessuna prova inconfutabile che gli Aenigmata Tullii siano di orgine insulare.70

Michael Lapidge, che ha curato con James Rosier due monografie su Aldelmo, una dedicata ai suoi lavori in prosa, un’altra a quelli poetici, considera gli Aenigmata un lavoro giovanile di Aldelmo, forse addirittura il primo, dove l’autore si ispira direttamente a Simposio.71 Lo studioso, nel trattare dell’importanza di questa raccolta per il genere dell’enigmistica scolastica, enumera i vari imitatori dell’arte aldelmiana quali Tatuino, Eusebio, Bonifacio, l’autore (o gli autori) della raccolta del cosiddetto Exeter Book, e così via: menziona solo di sfuggita gli Aenigmata Tullii, che considera comunque opera di un imitatore di Aldelmo.72 Mercedes Salvador-Bello, in un suo recente lavoro sulle connessioni tra enigmistica anglo-latina e le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, illustrando le caratteristiche delle varie collezioni di enigmi, parrebbe collocare cronologicamente la redazione gli Aenigmata Tullii immediatamente dopo quelli di Simposio e prima di quelli di Aldelmo, ma la presa di posizione non è esplicita.73 In realtà, come si è detto, considerando che il codice più antico contenente gli Aenigmata Tullii risale all’VIII sec., e che la raccolta di Aldelmo si data invece all’incirca al 686, se non prima, non ci sono particolari motivi per non ipotizzare che gli Aenigmata Tullii siano invece successivi a quelli di Aldelmo, e anzi da esso traggano ispirazione. Una presa di posizione è in effetti problematica. Considerando la notorietà della figura di Aldelmo e delle sue opere, che figurano nei curricula scolastici ben oltre la sua morte, potrebbe essere plausibile che un imitatore, o degli imitatori (magari all’interno della scuola, vd. infra) abbiano usato i suoi enigmi per creare una nuova raccolta, anch’essa poi largamente conosciuta, a quanto pare. D’altro canto, se gli Aenigmata rappresentano un lavoro giovanile di Aldelmo, addirittura forse il primo, secondo alcuni studiosi (vd. supra), è altrettanto ragionevole ipotizzare che egli, giovane e inesperto, abbia utilizzato dei materiali con cui era venuto in contatto, magari proprio durante gli anni di studio a Canterbury. In effetti, anche se non si sa per quanto

70 Cfr. Tupper 1910, xlvii.

71 Cfr. Lapidge, Rosier 1985, p. 61. 72 Ibidem, p. 3.

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tempo, Aldelmo fu allievo di Teodoro, nato e formatosi a Bisanzio, da cui Aldelmo apprese un po’ di greco, e che avrebbe potuto trasmettergli la passione per l’arte enigmistica che tanto era diffusa nella letteratura bizantina.74D’altro canto, anche gli Aenigmata Tullii vantano una notevole diffusione, nonostante l’assenza di un autore definito. Il confronto testuale tra Aenigmata Aldelmi e Tullii, come si vedrà più avanti, non si è purtroppo dimostrato risolutivo: un punto interessante è rappresentato dall’enigma sul baco da seta che le collezioni condividono (negli Aenigmata Tullii si hanno due variazioni sul tema), e che non compare in altre raccolte.75 Tutti e tre gli enigmi, sia in Aldelmo che negli Aenigmata Tullii, riportano informazioni piuttosto tecniche e precise ma diverse, che sembrano testimoniare una diretta osservazione del fenomeno da entrambe le parti. Dal momento che, come si vedrà più avanti, vi è una notevole incertezza su dove e quando si sia diffuso l’allevamento del baco da seta in Europa, non mi è stato possibile, sulla base di questi elementi, stabilire se venga prima l’uno o l’altro.

74 Cfr. in merito Lapidge 1986 e 1988. 75 Cfr. infra, p. 212

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I.5.3 Aenigmata Tatuini

Di Tatuino, epigono di Aldelmo, sappiamo che fu arcivescovo di Canterbury tra il 731 e il 734, anno della sua morte. Beda ne menziona il nome nella sua Historia Ecclesiastica, ma solo di sfuggita.76 Di lui ci è pervenuta un’Ars grammatica (De octo partibus orationis), una specie di opera di ampliamento della grammatica di Donato e, soprattutto, una raccolta di quaranta enigmi,77 contenuti in due manoscritti del IX e X sec., il MS Cambridge Gg V. 35 e il MS British Museum Reg. 12 C XXIII, che contengono anche gli enigmi di Eusebio e Bonifacio (vd. infra). A presentazione degli enigmi il poeta pone una Conclusio poetae supra dictis enigmatibus, un componimento ingegnoso per cui le prime lettere dei primi versi dei quaranta indovinelli creano un esametro, mentre un altro è formato dalle ultime lettere degli stessi versi, in un breve prologo che presenta la raccolta:

sub deno quater haec diverse enigmata torquens stamine metrorum exstructor conserta retexit.78

Tatuino mostra di adoperare una grande varietà di temi, passando da quelli più “simposiani”,79 come oggetti comuni (mensa, sagitta…), i fenomeni atmosferici e fisici (scintilla, glacies…), il materiale scrittorio (penna, litterae…) e così via, a temi morali come fede, speranza e carità, oltre agli oggetti della vita ecclesiastica, quali la croce, il leggio, la patena ecc. In generale, tuttavia, il suo debito verso l’illustre predecessore Simposio è molto limitato, e s’individua solo per tramite di Aldelmo, forse l’unico enigmista con una diretta influenza su Tatuino.80 Anche nel confronto con Aldelmo, tuttavia, la somiglianza è flebile: i suoi indovinelli non sono semplici da decifrare laddove la soluzione non è fornita dal manoscritto; il suo stile è più spoglio, quasi arido.

76 Beda, Hist. Eccl. gent. Angl., V, 23.

77 Edd. Giles (1851) dal MS Cambridge, Wright (1872) dal MS British Museum, Ebert (1877) da entrambi i mss., Glorie (1968) da entrambi i mss.

78 Tat., Aenigmata, I. 79 Polara 1993, p. 212. 80 Cfr. Whitman 1982, p. 31

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