• Non ci sono risultati.

Il c.d. Fiscal Compact

IL PROGRESSIVO ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO NAZIONALE AI VINCOLI EUROPEI IN MATERIA DI BILANCIO

8. Il c.d. Fiscal Compact

A seguito dell’aggravarsi degli indicatori macroeconomici e di bilancio in molti Stati, il 9 dicembre 2011 i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’eurozona hanno deciso di stipulare il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e

ha ancora consentito di sfruttare gli effetti “razionalizzanti” sulla forma di governo nazionale che le innovazioni normative in esame avrebbero potuto (e potrebbero tutt’ora) determinare.

146 Con riferimento al rapporto tra vincoli contenutistici e vincoli procedurali in un sistema multilivello quale quello europeo, G. Rivosecchi (op. cit., 2011, pag. 13) ritiene che “il problema non è infatti, ancora una volta, quello di costituzionalizzare vincoli quantitativi al processo di bilancio, ma piuttosto quello di mettere in comunicazione, con adeguati sistemi di raccordo, i vincoli europei -specie nella loro rinnovata versione quantitativa- con i processi di programmazione finanziaria e di bilancio degli Stati membri. Da un lato, infatti, quelle Costituzioni che includono vincoli di contenuto non hanno impedito lo sforamento dei parametri (basti pensare al stato di disavanzo eccessivo della Germania del 2003), nonostante la riaffermata giustiziabilità delle procedure di sorveglianza e di quelle sanzionatorie; dall'altro le crisi economico finanziarie inducono spesso ad adottare soluzioni di sostegno all'economia orientate in tutt'altra direzione. Al riguardo, è sufficiente richiamare, a titolo di esempio, i provvedimenti anticrisi dall’amministrazione Obama, che in larga parte poggiavano proprio sulla mancanza di vincoli quantitativi nella Costituzione americana, nonostante i risalenti tentativi di emendamento e l'irrigidimento della legislazione ordinaria operata, soprattutto, attraverso i c.d. Gramm-Rudman-Hollings Acts I e II; o, ancora, le misure di sostegno previste nei confronti della stessa Grecia da parte degli altri Stati membri dell’Unione europea. 147

G. Pitruzzella (op. cit., 2012, pag. 41-42) ritiene che “alcune delle tendenze precedentemente richiamate sembrano portare ad un’inversione di tendenza rispetto alla “organocrazia”, con un ridimensionamento del ruolo della Commissione a favore del Consiglio. Ferma restando l’indipendenza della BCE nella gestione della politica monetaria in chiave antinflazionistica, il coordinamento macroeconomico e quello delle politiche fiscali e la gestione delle misure di solidarietà finanziaria sembrano spostare il baricentro del sistema verso il Consiglio. Il metodo intergovernativo sembra prevalere”. Peraltro (pag. 45-46) “la nuova governance economica europea accentua il ridimensionamento della sovranità degli Stati ed accresce i poteri allocati nella dimensione sovranazionale, riducendo sensibilmente la lamentata debolezza dei poteri dell’Unione in questo campo, ma dà centralità al Consiglio dove si confrontano gli interessi statali (…) Ma fino a quando sarà possibile che l’accomodamento di questi interessi nazionali rafforzi pure l’integrazione europea? (…) Si ripropone così la questione istituzionale, lasciata irrisolta dal Trattato di Lisbona, e cioè la questione della legittimazione democratica degli organi dell’Unione, delle regole per decidere e del ruolo del Parlamento dell’Unione, una espressione diretta dei 500 milioni di cittadini dell’Unione”.

127

monetaria (il c.d. Fiscal Compact)148 volto a rafforzare il pilastro economico dell’Unione, nel solco di quanto già stabilito dal c.d. Patto Europlus, nonché migliorare la governance dell’eurozona.

Il c.d. Fiscal Compact (effettivamente stipulato il 2 marzo 2012 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2013149) rientra tra i classici accordi di diritto internazionale150, pur essendo stato elaborato da un gruppo di lavoro formato dai rappresentanti degli Stati membri, della Commissione Europea, del Regno Unito e del Parlamento Europeo: quest’ultimo, peraltro ha lamentato proprio il fatto che gli stessi obiettivi potevano essere comunque perseguiti facendo ricorso al metodo comunitario ed agli strumenti già previsti dal diritto dell’Unione, auspicando comunque un suo maggiore coinvolgimento, nonché il rafforzamento della cooperazione con i Parlamenti nazionali151.

148 Tale espressione è stata coniata dal Presidente della Banca Centrale Europea in un discorso dinnanzi al Parlamento Europeo il 1° dicembre 2011, prendendo spunto da una frase di Alexander Hamilton, uno dei Founding Fathers americani ed ideatore dell’unione economica e monetaria americana, il quale, in uno scritto del 25 febbraio 1775 (The Farmer Refuted) diceva che “the origin of all civil government, justly established, must be a voluntary compact

between the rulers and the ruled”. Come vedremo più avanti, tuttavia, l’architettura istituzionale disegnata dal c.d. Fiscal Compact per la governance dell’Unione non appare adeguata ad affrontare le sfide di efficacia economica e

legittimità democratica prodotte dall’odierna crisi finanziaria nell’UE, motivo per cui tale trattato dovrebbe essere quanto prima affiancato da una sorta di Political Compact, nel solco degli ideali del costituzionalismo e del federalismo patrocinati dallo stesso Hamilton (nel senso F. Fabbrini, Il Fiscal Compact: un primo commento, in

Quaderni Costituzionali, n. 2, 2012, pag. 437-438).

149 L’Italia ha provveduto alla ratifica il 23 luglio 2012 con la legge n. 114.

150 Come noto, non era possibile addivenire ad una modifica dei Trattati (per la quale è richiesta l’unanimità degli Stati) a causa del veto del Regno Unito. In ogni caso, ai sensi dell’art 2 par. 2 del Trattato quest’ultimo si applica nella misura in cui è compatibile con i trattati su cui si fonda l’UE e con il diritto europeo e non pregiudica la competenza dell’Unione in materia di unione economica. Sul rapporto tra il Trattato in esame ed il diritto europeo, si veda, tra gli altri, L. Besselink e J. H. Reestman, The Fiscal Compact and the European Constitutions: «Europe

speaking German», in European Constitutional Law Review, n. 8, 2012, pag. 1 e seguenti. Secondo G. L. Tosato (Il Fiscal Compact, in Le istituzioni europee dopo il Trattato di Lisbona, in www.astrid-on-line.it, 2012, pag. 2) “la

tempistica del Fiscal Compact merita di essere segnalata. Il via alla sua elaborazione è stato dato nel vertice del dicembre 2011, meno di un mese dall’entrata in vigore del c.d. Six Pack (il noto pacchetto di sei provvedimenti, 5 regolamenti e una direttiva). Viene dunque da chiedersi se questo strumento fosse effettivamente necessario. Stando alle norme materiali in esso contenute la risposta dovrebbe essere negativa. Il Fiscal Compact ribadisce la regola del bilancio in pareggio o in attivo, già fissata fin dal Patto di stabilità e crescita (PSC) del 1997. Per il resto conferma la disciplina del PSC come integrata e modificata dal c.d. Six Pack. L’unica vera novità è costituita dall’obbligo per gli Stati contraenti di inserire la regola “aurea” del pareggio di bilancio nel proprio interno a livello preferibilmente costituzionale o quasi costituzionale. Ma è dubbio, a stretti termini di diritto UE, che ce ne fosse bisogno (…) In verità si è voluto perseguire un “irrigidimento” (costituzionalizzazione) della disciplina di bilancio; e non potendolo fare tramite una revisione del Trattato, causa l’opposizione di due Stati membri, si è fatto ricorso ad un accordo internazionale extra-UE. Con l’inserimento nel c.d. Fiscal Compact, la “regola aurea” può essere modificata solo con il consenso di tutti gli Stati contraenti; in altre parole, a ciascuno di essi è attribuito un diritto di veto. Ed è questo il messaggio politico che si è inteso inviare agli elettori di taluni Paesi (Germania, in primis), nel momento in cui si sta chiedendo il loro contributo per aiutare altri Stati membri in crisi (attraverso i fondi di salvataggio EFSF e ESM)”. Per completezza d’informazione, si precisa che anche il c.d. Patto Europlus (il quale, non prevedendo impegni vincolanti, non è stato oggetto di procedura di ratifica) non rientra nel diritto europeo e potrebbe piuttosto essere classificato tra gli accordi internazionali in forma semplificata.

151 Cfr. G. Rivosecchi, op. cit., in Rivista AIC, n. 3, 2012, pag. 6. In ogni caso, come evidenziato da I. Ciolli (Il

pareggio di bilancio in Costituzione, tra le ragioni del diritto costituzionale e i vincoli comunitari, in Il diritto dell’economia, vol. 25, n. 77, 2012, pag. 105 e seguenti) nella stesura dell’accordo il ruolo degli organi

128

Nello specifico, in aggiunta alle previsioni dei Trattati istitutivi, ai sensi dell’art. 3 par. 1 gli Stati parte si impegnano a mantenere in pareggio o in avanzo la posizione di bilancio della propria pubblica amministrazione: tale vincolo si intende rispettato se il saldo strutturale annuo della p.a. (cioè il saldo annuo corretto per il ciclo al netto di misure una tantum e temporanee) è pari all’obiettivo di medio termine specifico per il Paese, quale definito nel Patto di Stabilità e Crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del PIL ai prezzi di mercato.

Tale limite viene ampliato all’1% del prodotto lordo nazionale nel caso in cui il rapporto tra il debito ed il PIL sia significativamente inferiore al 60% ed i rischi sul piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche siano bassi152.

Inoltre, la convergenza verso tali obiettivi dovrà essere realizzata dagli Stati nel quadro delle proposte della Commissione che tengano conto dei rischi specifici di ciascun Paese sul piano della sostenibilità. Deviazioni temporanee da questo percorso di avvicinamento sono ammesse solo in casi eccezionali153, in caso contrario si attiva automaticamente il meccanismo di correzione con l’obbligo di porre in essere le misure necessarie per rientrare nei parametri entro un arco temporale prefissato.

Gli Stati stessi devono istituire al proprio interno un meccanismo di correzione “sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione Europea, riguardanti in particolare la natura, la portata ed il quadro temporale dell’azione correttiva da intraprendere, anche in presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l’indipendenza delle istituzioni responsabili sul piano nazionale per il controllo dell’osservanza delle regole”, in ogni caso rispettando le prerogative dei Parlamenti nazionali.

Particolare importanza assume l’art. 3 par. 2 del Trattato, laddove prevede l’obbligo per gli Stati di attuare quanto previsto al precedente paragrafo introducendo il principio del pareggio di bilancio nel proprio ordinamento entro un anno dall’entrata in vigore dell’accordo “tramite

norme ivi previste devono essere interpretate in conformità al diritto dell’Unione e possono essere applicate solo se compatibili con quest’ultimo.

152 Secondo D. Morgante (Note in tema di Fiscal Compact, in www.federalismi.it, 4 aprile 2012, pag. 10) “la norma prevede dunque un meccanismo incentrato sulla fissazione di obiettivi di saldo specifici per Paese, ad ogni modo soggetti a un limite generale di disavanzo fissato nello 0,5% del PIL. Dunque non necessariamente un pareggio di bilancio, quanto piuttosto il rispetto di un “equilibrio di bilancio”, da individuarsi nel rispetto di un saldo prefissato che può, entro i limiti prestabiliti, essere anche in lieve disavanzo (…) la regola generale del pareggio di bilancio è destinata nel concreto ad articolarsi e a declinarsi in un concetto più ampio e flessibile di “equilibrio di bilancio”, che si specifica in saldi strutturali differenziati per singolo Paese, dunque tarati sulle specifiche situazioni finanziarie ed economiche nazionali”.

153 Le “circostanze eccezionali” sono definite come “eventi inconsueti”, non soggetti al controllo della parte interessata e con “rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria”; oppure come “periodi di grave recessione economica ai sensi del patto di stabilità e crescita rivisto” (tasso di crescita negativo del prodotto interno lordo, diminuzione cumulata della produzione in un periodo di bassa crescita).

129

disposizioni vincolanti e di natura permanente -preferibilmente costituzionale- o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio154.

Al riguardo, è prevista una specifica competenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel giudizio di accertamento circa il mancato rispetto di tale prescrizione, ovvero la non adozione dei provvedimenti richiesti da una pronuncia emanata dalla medesima Corte ai sensi dell’art. 8 par. 1 del Trattato, su iniziativa di una delle Parti contraenti dopo che la Commissione Europea abbia presentato una relazione sulle disposizioni adottate155.

Nell’ottica di rafforzare la procedura per i disavanzi eccessivi, il Trattato impone per gli Stati che presentano un rapporto tra debito e PIL superiore al 60% di porre in essere un rapido percorso di convergenza verso tale limite al ritmo di un ventesimo l’anno, ribadendo, pertanto, quanto già previsto dal cd. Six pack156.

Inoltre, i Paesi sottoposti a tale procedura devono predisporre “un programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per un correzione effettiva e duratura del suo disavanzo eccessivo”: la presentazione di tali programmi alla Commissione ed al Consiglio nonché il loro monitoraggio dovranno poi essere inseriti nei meccanismi contemplati nel Patto di Stabilità e di Crescita.

A ciò si aggiunge la previsione secondo la quale le Parti contraenti si impegnano a sostenere le proposte e le raccomandazioni della Commissione nei riguardi di una di loro, qualora quest’ultima ritenga che abbia violato il parametro del disavanzo, salvo votazione a maggioranza qualificata contraria all’adozione di tale atto (prescrizione, questa, che riprende la formula del c.d.

reverse majority voting già prevista nelle precedenti riforme della governance economica

europea).

Tuttavia, in fase applicativa permangono quei temperamenti alla disciplina di bilancio previsti dall’art. 126 par. 3 del Trattato di Lisbona dove si fa espressa menzione dei fattori

154 Come evidenziato da F. Fabbrini (op. cit., 2012, pag. 436) “per la prima volta un trattato europeo impone agli stati membri l’utilizzo di una specifica fonte di diritto interno per la trasposizione di un’obbligazione comunitaria, ovvero la fonte costituzionale (sebbene venga anche ammesso l’utilizzo di fonti infra-costituzionali, purché supra-legislative, in quegli ordinamenti nei quali la via di una modifica costituzionale non sia percorribile)”.

155 La sentenza della Corte è “vincolante per le parti del procedimento, le quali prendono i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta» ed il mancato rispetto di tale decisione può dare vita ad un secondo procedimento giurisdizionale che questa volta può concludersi con la condanna da parte della CGE al “pagamento di una somma forfettaria o di una penalità adeguata alle circostanze e non superiore allo 0,1% del PIL”.

156 Sul carattere cogente di tale parametro dal punto di vista temporale, G. L. Tosato (op. cit., in Costituzione e

pareggio di bilancio, Jovene Editore, Napoli, 2012, pag. 85) evidenzia che di fatto entrerà in vigore a partire dal

2016, in quanto “la riduzione del debito diviene vincolante dal quarto anno successivo a quello in cui il deficit di un Paese si è ridotto sotto la soglia del 3% del pil (vedi l’art. 4 Tscg che rinvia all’art. 2 del PSC come modificato dal reg. 1177/2011). Allo stato attuale, se si fa eccezione per tre Paesi (Estonia, Lussemburgo e Finlandia), tutti gli altri sono oggetto di procedure per deficit eccessivo”.

130

significativi (compresa la spesa per investimenti e la situazione finanziaria del settore privato) di cui la Commissione deve tenere conto, specificati poi nel c.d. Six pack.

Infine, il c.d. Fiscal Compact viene coordinato con le disposizioni del MES, laddove nel preambolo viene precisato che l’assistenza finanziaria concessa ai sensi del c.d. “fondo salva Stati” sarà subordinata, a partire dal 1° marzo 2013, alla ratifica del trattato in esame da parte del Paese interessato, nonché al recepimento nel proprio ordinamento interno del principio del pareggio di bilancio157.

Discorso a parte meritano le disposizioni del titolo quinto del Trattato, concernente la

governance nella zona euro, laddove viene prevista l’istituzione del Vertice euro (Euro Summit),

di cui fanno parte i Capi di Stato o di Governo delle Parti contraenti appartenenti all’eurozona, più il Presidente della Commissione Europea: alle riunioni è stabilmente presente il presidente della BCE e possono essere invitati il presidente del Parlamento europeo e quello dell’Eurogruppo.

Il Parlamento Europeo non è coinvolto, pur se sistematicamente informato dell’oggetto e degli esiti degli incontri del Vertice da parte del Presidente di quest’ultimo. In tal modo, all’Eurogruppo si affianca ora il Vertice, secondo una logica duale che sembra riproporre quella tra Consiglio Europeo e Consiglio dell’Unione, anche nella genesi di quest’ultima, essendo il Vertice istituito al di fuori del diritto europeo come, in origine, lo era il Consiglio Europeo prima della sua istituzionalizzazione.

In conclusione, il c.d. Fiscal Compact si pone nel solco della normativa europea degli ultimi anni che ha innovato le prescrizioni del Patto di Stabilità e di Crescita rafforzandone sia i meccanismi preventivi che quelli sanzionatori, mostrando una crescente attenzione non solo ai vincoli di bilancio ma anche al quadro macroeconomico di riferimento.

Da una parte, sono stati previsti nel tempo crescenti margini di flessibilità, non solo facendo riferimento al saldo strutturale ( in luogo del più generico disavanzo indicato nei Trattati (pur restringendone il limite massimo) ma anche prevedendo un obiettivo di medio termine che, differenziandosi da Paese a Paese, favoriva la programmazione della spesa e, più in generale, l’implementazione delle necessarie riforme di struttura che, come noto, nell’immediato possono determinare maggiori oneri a carico dei conti pubblici.

Inoltre, relativamente ai fattori significativi di cui la Commissione deve tenere conto nel valutare il percorso di riduzione dell’eccedenza di debito, deve essere registrato che nella prima

157

Come evidenziato da G. L. Tosato (op. cit., 2012, pag. 2) tale collegamento esplicita il messaggio politico che si è inteso dare con il c.d. “Fiscal Compact” all’opinione pubblica dei Paesi dell’eurozona più forti, “in primis” la Germania, all’atto di destinare risorse agli Stati in difficoltà. Si veda anche L. S. Rossi, “Fiscal Compact” e trattato

sul Meccanismo di Stabilità: aspetti istituzionali e conseguenze dell’integrazione differenziata dell’UE, in Diritto dell’Unione Europea, n. 2, 2/2012, pag. 293 e seguenti.

131

versione del Trattato si faceva rimando al solo comma 1 bis dell’art. 2 del regolamento n. 1467/97 come modificato dal c.d. Six pack, mentre nella stesura definitiva il riferimento è stato esteso all’intero art. 2 sopra citato, anche su insistenza della delegazione italiana che ha così inteso valorizzare i punti di forza o comunque i settori dove sono stati realizzati significativi progressi158.

Dall’altro lato, tuttavia, la prescrittività di tali disposizioni è stata accresciuta sia con una maggior compenetrazione tra la governance economica europea e le decisioni di bilancio nazionali, rendendo le istituzioni europee (in primis, la Commissione) delle scelte di bilancio dei singoli Paesi, sia prevedendo un recepimento dei vincoli di bilancio, fino a questo momento rimasti nell’alveo del diritto comunitario, da parte dell’ordinamento intero degli Stati stessi, rendendone così possibile la giustiziabilità da parte delle Corti: a ciò si aggiunge la quasi automaticità del meccanismo sanzionatorio, che si giova peraltro del rafforzamento del ruolo della Commissione anche a seguito della progressiva estensione del c.d. reverse majority voting.

Sotto l’aspetto prettamente giuridico, si potrebbe ritenere che il core delle prescrizioni del c.d. Fiscal Compact, non presentando radicali elementi di novità rispetto alla normativa in materia come innovata, da ultimo, con il c.d. Six pack (il c.d. Two pack, infatti, è successivo al c.d. Fiscal

Compact) , fosse già recepito nel diritto interno degli Stati membri in forza della ormai conclamata

superiorità del diritto comunitario nella gerarchia interna delle fonti (eccetto i c.d. “controlimiti”, elaborata dalla giurisprudenza costituzionale di vari Paesi, in particolare Germania e Italia), trattandosi peraltro di normativa self-executing159.

Anzi, sotto questo punto di vista il c.d. Fiscal Compact, essendo un trattato di diritto internazionale, viene recepito sul piano interno in modo meno stringente rispetto al diritto

158 Cfr. F. Capuano, Il trattato sul Fiscal Compact, elaborato dal Senato della Repubblica (Servizio affari internazionali-Ufficio per i rapporti con le istituzioni dell’Unione europea), Dossier n. 94/DN, 16 aprile 2012, pag. IX.

159 Come evidenziato da G. L. Tosato (La riforma costituzionale del 2012 alla luce della normativa dell’Unione:

l’interazione fra i livelli europeo e interno, Relazione al seminario su Il principio dell’equilibrio di bilancio secondo la riforma costituzionale del 2012, Roma, Palazzo della Consulta, in www.cortecostituzionale.it, 22 novembre 2013,

pag. 12-13) “in base a noti e consolidati principi, le norme dell’Unione godono nel nostro diritto interno di una posizione di primato rispetto a quelle nazionali (…) Il principio del primato trova la sua base generale nell’art. 11 Cost., affiancato (a seguito della revisione costituzionale del 2001) dall’art. 117 Cost., che lo conferma ed esplicita con riguardo all’esercizio della funzione legislativa. Il primato incontra un limite solo nel nucleo di principi fondamentali e inderogabili della nostra Costituzione (i c.d. “contro-limiti”). Il sistema ora ricordato si applica generalmente a tutte le norme dell’Unione, ivi comprese quelle in materia di finanza pubblica. Anche nei loro confronti valgono le garanzie della disapplicazione o dell’incostituzionalità delle norme interne confliggenti. E’ difficile vedere quali garanzie aggiuntive possano derivare dall’inserimento esplicito in Costituzione della regola dell’equilibrio di bilancio. Questa regola era già indirettamente costituzionalizzata in quanto facente parte delle