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Il fnanziamento del teatro e la diffcile sopravvivenza delle compagnie teatrali in Italia

Il ruolo dello Stato nelle dinamiche economiche e strategiche delle arti performative

3.3 Il fnanziamento del teatro e la diffcile sopravvivenza delle compagnie teatrali in Italia

Come rilevato fnora, in particolare nel nostro paese il sistema del sostegno pubblico alla cultura e alle arti sceniche, è da tempo entrato in crisi. A fronte dei dati già indicati relativi al Fondo Unico per lo Spettacolo e all'evoluzione del suo andamento nel corso dell'ultimo decennio, decisamente non incoraggiante, si ponga mente ad un settore centrale, per ragioni se non altro storiche, del panorama nazionale della produzione culturale, l'opera (Barca, 2013, pp. 325- 330).

Il paese che ha inventato il bel canto, che ha dato i natali a Verdi e a Puccini e nella cui lingua si esprimono gli spartiti classici di tutto il mondo, assiste con un atteggiamento di incredula passività alla progressiva crisi dei suoi teatri lirici. Sono passati, infatti, ormai decenni dagli ultimi investimenti organici sul settore da parte dei governi nazionali. L'unica linea di gestione che è emersa con coerenza da parte delle istituzioni pubbliche nel campo del teatro d'opera è stata, fnora, incentrata sul taglio costante delle risorse.

Delle 14 fondazioni liriche nazionali, collocate uniformemente sul territorio da Nord a Sud, almeno otto versano in uno stato di grave crisi economica, in un quadro in cui l'unica che disponga di una tendenziale solidità

è soltanto la Fenice di Venezia, che è in grado di sfruttare la sua popolarità e il formidabile portato turistico della città.

Come in altri campi, una delle situazioni più complesse e drammatiche si è vissuta di recente nella Capitale,che, in questo come in altri settori, rappresenta uno specchio del paese nel suo complesso, e che ha visto il Teatro dell'Opera di Roma assai vicino alla prospettiva del fallimento nel corso della sindacatura di Ignazio Marino, appena due anni fa, in un momento in cui lo stesso sindaco svolgeva anche le funzioni di Commissario dell'istituzione (Montalto, 2016, p. 8 e ss.).

Ad incidere sulla crisi del settore delle arti sceniche nel nostro paese sono di certo gli andamenti negativi delle variabili macroeconomiche dell'economia nazionale da troppo tempo a questa parte. Ma le conseguenze che derivano da questi fattori di lungo periodo e per così dire “strutturali” sono state accompagnate, come si è visto, dall'incidenza di forti misure restrittive imposte dai poteri pubblici (Candela e Scorcu, 2000, p. 86 e ss.). Nello specifco le arti dello spettacolo, con la loro storica dipendenza dal settore pubblico, rappresentano uno degli esempi più visibili dell'applicazione delle politiche pubbliche di “austerità” che, almeno nella rappresentazione corrente, hanno caratterizzato la storia recente della gestione del denaro pubblico in Italia. Come accennato, in questi anni, in Italia, tutti gli indicatori culturali sono stati caratterizzati da andamenti negativi, gli spettatori hanno smesso di partecipare alle attività di rappresentazione, la cui offerta si è peraltro notevolmente ridotta, mentre numerosi spazi scenici devono cessare la loro attività. La spesa pubblica per la cultura si riduce, il volume di mercato diminuisce a causa della

programmazione inferiore delle sedi legate al settore pubblico, mentre il settore privato non è in grado di supplire a questo defcit di approvvigionamento, e i suoi sussidi sono ridotti in numero e importo (Petraroia, 2015, p. 30 e ss.).

Ad oggi, se si guarda nello specifco al settore del teatro di prosa, si assiste ad una situazione di profonda crisi. Negli ultimi dieci anni, a partire dagli effetti della grande recessione del 2008, hanno chiuso circa la metà delle compagnie stabili del panorama teatrale italiano, che si sono ridotte ad alcune decine dal centinaio che erano prima della crisi (Barca, 2013, pp. 325-330). Si tratta di uno scenario che si caratterizza per la condizione di sofferenza soprattutto delle piccole compagnie, ma che non risparmia dagli effetti della contrazione del mercato neanche le medie e le grandi. Alla base di questa situazione che si presenta per molti versi drammatica vi sono le disfunzioni pesanti che investono nel nostro paese il sistema della distribuzione delle risorse pubbliche (Montalto, 2016, p. 30 e ss.). Al pari degli altri settori delle arti sceniche, infatti, anche il teatro vive in massima parte ,come si è visto, di un sistema di approvvigionamento “misto” che pure si caratterizza per la forte prevalenza della componente fnanziaria pubblica. La presenza e il rigenerarsi di tali disfunzioni ha creato nel corso di un decennio una crisi costante di liquidità.

Molte delle compagnie medie e grandi possono vantare crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione e del suo sistema di approvvigionamenti. I tempi per i contributi pubblici, infatti, si dilatano oltre ogni dire e arrivano a procrastinare i pagamenti dovuti anche nell'arco di due anni, in un quadro in cui le spese di gestione tendono, come si è visto, ad un

aumento progressivo e in cui, per lo più, non è raro che i fnanziamenti prospettati spesso non arrivino affatto, pur dopo la lunga attesa (Candela e Scorcu, 2000, p. 90 e ss.). Ancora una volta, il nodo strutturale che si situa alla base del funzionamento dell'intero sistema, è il nesso tra sopravvivenza delle arti sceniche e sostegno fnanziario delle istituzioni pubbliche, un nesso che, almeno allo stato attuale dell'assetto complessivo del comparto, e sebbene in una situazione di crisi, non appare ancora avviato verso il superamento.

La situazione delle compagnie teatrali, come sempre nel panorama nazionale, è tendenzialmente peggiore al Sud, ma è in particolare Roma a presentare un quadro assai prossimo al disastro, mentre il Nord vanta ancora alcune realtà organizzate in modo virtuoso (Valentino, 2013, pp. 357-363). Si può citare, ad esempio, la Rete Vi.Vi., una virtuosa partnership culturale tra i teatri della Città di Vicenza e della Provincia (8 Comuni) che consente una programmazione capillare e molto connotata, in cui il territorio diventa un’unica grande sala con oltre 125.000 spettatori, un polo di forte attrazione per lo spettacolo dal vivo.

Per superare la crisi del settore, una delle proposte su cui si concentrano i dibattiti in corso tra operatori del teatro e rappresentanti dei pubblici poteri riguarda la possibilità di estendere anche al settore teatrale la tax credit che è già stata applicata con successo al cinema italiano. Secondo altre analisi, invece, il menzionato nodo del fnanziamento pubblico dovrebbe essere defnitivamente spezzato.

Molte compagnie hanno in passato ottenuto denaro spesso in relazione ad aperti rapporti di clientela politica fno alla crisi dell'inizio degli anni 90, che

rese evidente l'imprescindibilità della dipendenza dai fondi pubblici per il mercato teatrale italiano (Passarelli, 2011, p. 188 e ss.). Secondo questi approcci, in questo come in altri settori, i tempi della “manica larga” degli aiuti di stato avrebbero drogato il sistema delle compagnie teatrali italiane, saturando di fatto l'offerta e abbassando il livello generale della professionalità (Trupiano, 2015, p. 210 e ss.). La conseguenza è stata una stretta inevitabile sui pagamenti e una enorme dilatazione dei tempi dei sussidi, a fronte di una stretta progressiva sul volume complessivo degli aiuti pubblici (Petraroia, 2015, p. 28 e ss.).

La fessione del fnanziamento pubblico alle compagnie teatrali coinvolge non solo gli organi ministeriali e governativi, ma anche i Comuni e le Province, che da tempo hanno sancito una generale compressione delle spese nel settore. La quasi totale scomparsa della capacità di investimento comunale e la signifcativa riduzione della possibilità di spesa delle altre amministrazioni hanno causato una inattività, di fatto, di una gran quantità di teatri comunali che rende ormai urgente una revisione e un profondo ripensamento dei modi in cui i Comuni e tecnici responsabili delle sale affrontano la gestione di tali istituzioni, il loro funzionamento e la valutazione dei risultati ottenuti. Per altro, se un teatro di proprietà pubblica esiste, come è ovvio, per soddisfare determinati obiettivi sociali e culturali per la comunità, questo non può però condurre a dimenticare i principi fondamentali della gestione, rinunciando a perseguire la sostenibilità economica e la redditività sociale e culturale degli investimenti pubblici (Barca, 2013, pp. 325-330).

Negli ultimi tempi si parla molto di gestione privata degli spazi pubblici e quasi tutte le amministrazioni che hanno responsabilità nel campo delle arti

dello spettacolo stanno studiando le proposte al riguardo. Tuttavia, è importante partire dal fatto che non è soltanto la natura pubblica o privata del gestore a defnire il successo di un teatro, come di una qualsiasi istituzione di carattere culturale, anche se si tratta di un proflo di importanza tutt'altro che secondaria. Bisogna infatti anche attrarre l'attenzione sulle dimensioni della formazione, dell'informazione, dell'esperienza, della dedizione, dell’immaginazione e del talento, vale a dire, a tutto quanto investe la qualità della gestione all'interno dei margini che un determinato consiglio comunale consente (Montalto, 2016, p. 16 e ss.).

In sostanza, l'eventuale intervento privato nella gestione di un teatro pubblico deve essere progettato per mantenere gli obiettivi sociali e culturali con cui è stata creata l'infrastruttura ed è responsabilità dei rappresentanti municipali defnirli e garantirne il rispetto, provvedendo ad ispezionare adeguatamente la gestione per garantirne il corretto adempimento (Passarelli, 2011, p. 188 e ss.). La qualità della programmazione, la corrispondenza agli obiettivi culturali, il ruolo del servizio pubblico, il senso sociale della cultura, la formazione del pubblico, la promozione di nuovi linguaggi scenici, ecc.; nessuno di questi obiettivi si inserisce nei criteri di programmazione quando lo scopo fondamentale diventa il costo zero per le casse comunali e il mero benefcio economico per le società di intermediazione.

A fronte della forte contrazione del ruolo dei Comuni nella gestione dei teatri stabili che si è indicata, e di una ancora insuffciente o inadeguata gestione privata di alcuni spazi, le Regioni si caratterizzano a loro volta per una accentuata lentezza nei pagamenti, mentre il settore del teatro privato

“tradizionale”, degli impresari e dei produttori che hanno reso gloriosa la scena teatrale italiana, appare ormai defnitivamente morto (Valentino, 2013, pp. 357- 363). Teatri di grande prestigio che vivono dei fnanziamenti degli enti e delle istituzioni pubbliche nazionali e locali hanno in più di un caso mancato di evadere i pagamenti di costose compagnie di produzione.

Una delle più diffuse sensazioni all'interno del mondo teatrale italiano riguarda un certo livore rivolto al mondo del cinema, che non solo è destinatario di generosi fnanziamenti da parte degli enti pubblici, ma anche gode di un riconoscimento e di un prestigio istituzionali particolari e che non hanno riscontro in altri campi della produzione artistica nazionale, non solo nel teatro, ma ad esempio nel campo della musica d'autore, dove il nostro paese ha prodotto e produce eccellenze tali da meritare analoga attenzione da parte dello Stato (Petraroia, 2015, p. 41 e ss.).