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Il Fondo Unico per lo Spettacolo e la distribuzione delle risorse pubbliche in Italia

Il ruolo dello Stato nelle dinamiche economiche e strategiche delle arti performative

3.2 Il Fondo Unico per lo Spettacolo e la distribuzione delle risorse pubbliche in Italia

Il mondo della cultura, non solo in Italia, vive da tempo, a vari livelli, un momento di crescente confusione. Da sempre caratterizzato dalla fragilità delle strutture su cui si basava il proprio sostentamento, il momento attuale rivela una relazione complessa della cultura con la sfera politica o sociale, a seguito

del venire meno delle formule che sono state di uso comune nel corso degli ultimi trent'anni.

Nel quadro e sullo sfondo delle trasformazioni sociali e culturali che si sono brevemente richiamate, il “sistema italiano”, pur essendo caratterizzato da una storica diffcoltà di gestione e organizzazione delle risorse, si è dotato abbastanza presto di un meccanismo di fnanziamento pubblico delle compagnie teatrali ed artistiche, coincidente in sostanza con lo strumento “centralizzato” rappresentato dal Fondo Unico per lo Spettacolo. (Trupiano, 2015, p. 89 e ss.). Si tratta del meccanismo ancora oggi utilizzato dagli organi di Governo per regolare e gestire le varie forme dell’intervento pubblico nell'ambito dello spettacolo. La sua prima istituzione risale alla metà degli anni Ottanta, quando, con la legge 163/1985, si decise di riunire in un unico organo gli strumenti destinati a fornire sostegno fnanziario ad enti e istituzioni nel campo del cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché il sostegno di festival, manifestazioni ed eventi nel paese e a livello internazionale (Petraroia, 2015, p. 30 e ss.). I fondi e le risorse per sostenere questo importante strumento istituzionale vengono ogni anno individuati e destinati mediante la legge di bilancio. Le risorse stanziate in sede di manovra fnanziaria vengono quindi ripartite tra i diversi ambiti e categorie in forza di appositi decreti emessi dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Il Fondo Unico, essendo dipendente dai fussi di denaro pubblico, esibisce un andamento tipicamente “ciclico” riguardo al complesso dell'economia nazionale e, di conseguenza, globale le cui evoluzioni possono seguirsi in modo abbastanza diretto sulla curva dei fnanziamenti. Il fondo è

infatti progressivamente cresciuto nel corso delle varie fasi espansive, fno ad attestarsi nel 2003, sull'apice di circa 517,93 milioni di euro.

Le conseguenze della fase anticiclica coincisa con la grande recessione del 2008 sono state evidenti nelle dotazioni del Fondo per l'anno successivo, che hanno evidenziato una sensibile fessione fno alla cifra record-negativa di 397 milioni di euro (Montalto, 2016, p. 28 e ss.). Mai il Fondo, a partire dalla sua creazione, era stato così esiguo, se si escludono i due anni immediatamente successivi al suo esordio nel 1985. Peraltro, la relazione di crescita congiunta del Fondo e del livello del PIL nazionale è si diretta, ma è ben lungi dall'essere omogenea, nel senso che le due curve crescono insieme ma non secondo gli stessi indici di crescita. Fino al 2009, infatti, il Fondo Unico è cresciuto parallelamente alla crescita del PIL, ma con un tasso sensibilmente inferiore. In seguito, alla crescita del PIL non ha corrisposto alcuna crescita del Fondo Unico, in conseguenza, come è evidente, di una precisa scelta di ordine politico, che ha deciso di non destinare risorse allo spettacolo in misura proporzionale alla crescita generale dell'economia, come era avvenuto fno a quel momento.

In generale si può rilevare come, fn dalla sua istituzione, il Fondo Unico per lo Spettacolo ha seguito una curva costantemente decrescente, dando forma, come appare evidente, ad un progressivo sganciamento “ideale” della politica dalla dimensione del sostegno pubblico al settore dello spettacolo, cioè, in altri termini, ad una precisa opzione di ordine culturale che ha fnito di fatti con il sancire una marginalizzazione del settore nelle prospettive di spesa dello Stato, pur a fronte di un costante aumento della centralità sociale della cultura anche all'interno del nostro paese (Petraroia, 2015, p. 16 e ss.). Il grafco seguente

schematizza la relazione tra la crescita del PIL e quella delle dotazioni del Fondo Unico per lo Spettacolo dalla sua nascita al 20157.

Si tratta, come si vede, di una condizione contradditoria che, seppur in larga parte comune a diverse economie sviluppate specialmente nell'Europa meridionale, caratterizza tuttavia in modo intenso il panorama italiano e la vicenda delle sue politiche culturali nel corso degli ultimi anni (Barca, 2013, pp. 325-330). A fronte di questo quadro non entusiasmante, è lecito avanzare una domanda del tutto legittima. La domanda è peraltro ricorrente in tempi di crisi: se i letti d'ospedale vengono smobilitati, perché il costo della “cultura” e in particolare delle arti sceniche dovrebbe essere pagato con denaro pubblico? La denuncia, in questi termini, può apparire a prima vista venata di un carattere che non si esiterebbe a defnire “populista”, e non priva, nel tono, di una certa rudezza. Essa solleva però una questione cui è diffcile non attribuire un'importanza sostanziale.

A fronte dei pesanti tagli che, in tante economie sviluppate, investono i settori dell'istruzione e della salute, la massima che la cultura non rappresenta di per sé un settore redditizio è ormai da molte parti oggetto di critiche e di tentativi di ridimensionamento (Candela e Scorcu, 2000, p. 189 e ss.). Come nella maggior parte delle istituzioni culturali, il modello di fnanziamento

tradizionale, in particolare del mondo del teatro, non funziona più e nessuno, tra l'altro, crede che si tornerà a breve ad una politica di ingenti fussi di denaro pubblico, per quanto non siano pochi a ritenere auspicabile questa prospettiva che però resta, allo stato, assai poco realistica (Montalto, 2016, p. 16 e ss.). Per altro le sponsorizzazioni private necessitano, per funzionare, di un quadro normativo coerente che in parte fa ancora difetto al nostro ordinamento. E' dunque urgente che, senza in alcun modo rinnegare l'importanza del sostegno pubblico al sistema delle arti e in generale al mondo della cultura, e le precise ragioni politiche, morali ed anche economiche che lo sostengono, si ponga mente ad un ripensamento effcace del sistema di sostentamento del settore teatrale non solo in Italia (Trupiano, 2015, p. 78 e ss.).

Ad oggi, come in parte si è già rilevato, ci sono tre principali modelli di fnanziamento nel mondo: quello dell'Europa Centrale, che prevede la presenza pervasiva delle sovvenzioni pubbliche; quello degli Stati Uniti, basato sul mecenatismo e sul patronato delle fondazioni, oltre che su un contributo assai signifcativo degli introiti di botteghino, facilitato dalla grande capacità delle sue sedi e da una programmazione più popolare; e il sistema “misto”, supportato da un equilibrio tra botteghino, patronato e sussidio pubblico (Petraroia, 2015, p. 28 e ss.). Nel modello dell'Europa centrale, le sovvenzioni pubbliche rappresentano tra l'80 e il 90% del bilancio totale; il resto viene dal botteghino. Questo sistema, supportato dai pilastri di una grande tradizione (la Germania, ad esempio, conta, per fare un esempio, 7.230 spettacoli soltanto nel panorama delle rappresentazioni operistiche), consente di mantenere prezzi

bassi e di sostenere una programmazione artistica con carattere anche sperimentale.

3.3 Il fnanziamento del teatro e la diffcile sopravvivenza delle compagnie