• Non ci sono risultati.

2.2 Quale italiano?

2.2.1 La fonetica italiana

Quello che più interessa al mio studio è senz‟altro il modello di lingua proposto nelle grammatiche per stranieri che ha subito, come naturale sviluppo della lingua, una trasformazione radicale negli ultimi due secoli, trasformazione che però non si può descrivere come uniforme e coerente date le molte e diverse immagini che di volta in volta sono state date dell‟italiano in coincidenza o in contrasto del resto. È stato osservato che chi impara una lingua straniera ha bisogno di regole sicure, mentre una lingua in evoluzione e con una norma linguistica rilassata rende il parlante straniero incerto e disorientato anche se, in compenso, recupera linguisticamente il parlante nativo emigrato, privo di una solida conoscenza della lingua standard (Lo Cascio 2005, p.120). Ed è probabilmente questa una delle ragioni per cui le grammatiche per stranieri, salvo rare eccezioni, tendono a non dare molto spazio alle varietà fonetiche che compongono il repertorio dell‟italiano. È utile chiedersi quanto l‟immagine proposta in queste grammatiche sia rispondente all‟italiano effettivamente usato nel momento in cui tali opere vengono redatte e quale rappresentazione vi si dia degli aspetti più dinamici e complessi dell‟italiano (Poggiogalli 2001, pp. 73-74).

Nel settore della fonetica, ad esempio, importa sapere quale sia il modello proposto per la pronuncia. L‟autorità tradizionalmente riconosciuta alla pronuncia toscana può essere messa in discussione: che al modello monolinguistico legato alla pronuncia fiorentina22 sostituisce un modello basato in larga misura sulle varietà settentrionali, anche se esso non coincide con una varietà regionale concreta.

Molto istruttivo è osservare il modo in cui vengono rappresentati i suoni dell‟italiano prima della codificazione universale di questi anche se dagli ultimi decenni dei Seicento si ha ormai una grafia abbastanza fissa.

Il punto cruciale dell‟apprendimento del vocalismo italiano è legato al problema della distinzione fra vocali toniche aperte e vocali toniche chiuse, ad

38 esempio. La ricerca di una regola per individuare la pronuncia aperta e

chiusa della e e della o è una delle questioni più discusse in italiano già a partire dal Cinquecento. Nel secolo successivo Buonmattei, nel suo trattato sulla pronuncia, si sofferma a lungo sui casi in cui la e e la o vadano pronunciate aperte o chiuse, benché si senta in obbligo di avvertire che si tratta di una «materia tanto confusa; da potersi difficilmente ridurre ai capi», soprattutto per la varietà di esiti nelle parlate vicine alla Toscana (cit. in Fiorelli 1960, p.120).

Ecco come questo annoso problema della distinzione fra vocali toniche aperte e vocali toniche chiuse viene affrontato in varie opere autorevoli dei secoli XVII-XVIII:

Nelle grammatiche dell‟Ottocento la distinzione fra vocali aperte e chiuse viene descritta in modo sostanzialmente corretto, benché se ne diano a volte spiegazioni parziali, non collegate al vocalismo tonico: è cosi, ad es., in Fernow, Biagioli, Filippi. Si possono fornire lunghe liste lessicali per individuare qualche regola nella distribuzione dei gradi di apertura23 oppure ci si può limitare a rinviare alle diverse pronunce regionali. In qualche caso il fenomeno viene trattato facendo ricorso q criteri storico- grammaticali: la e sarà chiusa «lorsque dans les mots tirés du latin, il remplace l‟i, comme dans pelo, lettera, sete», la o «dans les mots dérivés du latin où l‟o remplace l‟u», come colpa,

dolce, molto, ecc24. Ma la distinzione può essere del tutto tralasciata: è così nella Praktische italianische Grammatik di Meidinger e nei tre manualetti citati d Genzardi. La trattazione inadeguata di questo punto può essere oggetto di critiche […] (Poggiogalli 2010, pp. 74-75)

Vediamo qualche esempio significativo preso dalla grammatica di Barton (1719):

23

Cfr. Biagioli cit., pp. 18-35.

39

E is either pronounc‟d open, as in fiéle gall, which sounds like ay in dayly; or „tis close, as in bello fair, which is like the

English word mellow. The pronunciation of it is chiefly learnt by the ear.

O is either pronounc‟d open, as in torre to take away, which is

pronounc‟d like the English word torrent; or close, as in torre a tower, which is pronounc‟d like the English turret (pp. 2-3).

Più in generale, l‟illustrazione dei fonemi consonantici appare da sempre problematica. Se le grammatiche più scientifiche di oggi ricorrono agevolmente al sistema di trascrizione internazionale (IPA), in passato ci si doveva ingegnare sfruttando le corrispondenze grafico-fonetiche proprie della lingua degli apprendenti; notiamo infatti come l‟approssimante palatale sonora25

venga indicata con il simbolo grafico j per spiegare in maniera più chiara agli ispanofoni la pronuncia di determinate parole e dittonghi:

es: il centinajo > le centinaja il migliajo > le migliaja lo stajo > le staja

il pajo > le paja (Bordas 1830, p.39)

In questi casi invece il grafema j viene usato per indicare il plurale, ossia - ii, (che altri grammatici indicano con î):

es: principj > principios

tempj > templos (Bordas 1830, p.41)

25

In italiano tale fono è presente nei dittonghi che iniziano per lettera <i> e viene reso con la grafia <i>.

40 È così che per rendere ad esempio l‟affricata palatale sorda e

/d ʒ/), una grammatica per francesi poteva ricorrere rispettivamente alle sequenze tch e dg: tchibo e dginocchio (Biagioli 1805, pp. 20-21); una per tedeschi alle sequenze tsch e, in maniera più artificiosa, dsch: tscheleste e

dschita, cioè gita (Filippi 1818, p. 1); una per gli inglesi alle sequenze ch e dg: Chicherone e dgelare (Genzardi 1888, p. 5). Ma, senza l‟ausilio

dell‟IPA, oggi come in passato, il tentativo di riprodurre empiricamente fonemi assenti o non coincidenti, nella L1 dà risultati eccessivamente approssimativi, se non erronei.

Ovviamente il capitolo sulla pronuncia è diverso per impostazione a seconda della sensibilità dell‟autore alle necessità degli allievi e varia per accuratezza e precisione (Pizzoli 2004, p. 136).

Le grammatiche più aggiornate rendono conto delle principali tendenze evolutive dell‟italiano contemporaneo e dei tratti più caratterizzanti della varietà neostandard, che non verranno studiate in questa sede. Il mio studio vuole soffermarsi sulle opere grammaticali per ispanofoni dell‟Ottocento, periodo di transizioni, in cui molte regole passate erano state superate ma molte altre innovazioni non ancora accettate e regolamentate in una grammatica cosiddetta autorevole.

41

CAPITOLO 3