• Non ci sono risultati.

Non abbiamo molte notizie biografiche riguardanti i due autori. L‟edizione a cui si rifà Ballin, dovrebbe essere la Grammaire italienne (1806) di Peretti la

108 quale rimanda esplicitamente nel frontespizio e nell‟Advertissement de l‟auteur a quella del Veneroni, semplificata e ridotta a XX lezioni:

L‟auteur, en entreprenant cet Ouvrage, ne s‟étoit d‟abord proposé d‟autre but que de simplifier la Grammaire italienne de Veneroni, regardée, par tous les conoisseurs, comme trop diffuse et trop compliquée, et d‟y ajouter des thémes applicables aux règles; c‟est porquoi il mit à la première édition le titre de

Grammaire italienne de Veneroni, simplifiée, et réduite à vingt leçons, avec de nuveaux Thèmes, etc. par Vergani; quoique,

dans le cours de son travail, il n‟eût pu despenser d‟y faire un nombre considérable des changemens et d‟additions nécessaires (Peretti 1804, p. n.n.).

Vorrei mettere in parallelo le tre table partendo da Peretti 1804, proseguendo per Ballin 1824 e finendo con Bordas 1830, per mostrare il possibile o fittizio processo di filiazione esistente fra le tre grammatiche. Vediamo infatti come si differenzino la grammatica del Peretti da quella del Ballin, le quali dovrebbero avere. a detta di Ballin, un rapporto diretto essendo la sua «Le

Nouveau Peretti, Grammaire Italienne» (Ballin, 1824, cfr. frontespizio), mentre di

109 (Peretti 1804)

110 […] (Ballin 1824)

111 […] (Bordas 1830).

112 Perché? Sicuramente Bordas essendo tendenzialmente filo francese grazie agli studi effettuati, al lavoro da insegnante di lingua francese e la provienenza barcelonense dove gravitavano molti francesi e studiosi romanzi, ha ritenuto opportuno “copiare” (passatemi il termine) la grammatica francese a sua detta più autorevole e completa e allo stesso tempo, più recente temporalmente e quindi più aggiornata, alla sua. Ecco che, grazie ad alcuni cambiamenti ed “innovazioni”47 vende la sua opera come la migliore in circolazione.

Troviamo anche un passo del Buonmattei impresso nel frontespizio dell‟edizione di Ballin: sarà anche questa una motivazione del “plagio” di Bordas dato che il Buonmattei, era uno dei grammatici da lui presi come esempio:

6.3 Buonmattei

La prima grammatica di un fiorentino che ottenne consenso generale e che esercitò una secolare dittatura normativa fu la grammatica del Buonmattei, la più apprezzata fra le grammatiche italiane (Patota 1993, p. 112), infatti la troviamo citata nel prólogo della Gramática del 1830: per Buonmattei lo studio della lingua

47

Vedi l’introduzione dei passi tratti dal Salviati mai inseriti fino a quel momento in nessuna grammatica.

113 materna era puro divertimento e il suo scopo principale era l‟insegnamento pratico della grammatica ricollegandosi al Bembo, al Castelvetro e al Salviati. Egli concettualizzò una grammatica metodica, non tralasciando mai l‟osservazione del fatto linguistico e mirando a ricercarne le cause nel solco del logicismo francese (Trabalza 1963, pp. 300-315).

La sua grammatica fu senz‟altro la più importante del Seicento grazie anche al fatto che riuscì a fornire ciò al tempo che veniva richiesto, ovvero ordine, chiarezza, completezza, sistematicità (Fiorelli 1960, p.114) e una generale offerta di mediazione fra istanze che si manifestarono nei diversi ambiti delle polemiche linguistiche, delle produzioni teoriche, delle ricerche filologico-grammaticali, delle poetiche.

Quella del Buonmattei non fu un‟età in cui i grammatici e le grammatiche potessero avere vita facile: la tradizione fiorentina e trecentesca, accolta e gelosamente custodita dagli Accademici della Crusca, aveva sì condotto alla pubblicazione del prestigioso Vocabolario (1612), a cui fa riferimento anche Bordas per la stesura delle sue opere, ma era stata al contempo sottoposta a violente critiche appuntate sui criteri di elaborazione del repertorio, da parte di intellettuali e letterati di grido che prepararono numerose annotazioni polemiche contro l‟Accademia, appunto (Patota 1993, pp.112-113).

Fermenti centrifughi e modernisti si coagularono nelle poetiche del barocco, nell‟esaltazione di un ingegno che istituzionalmente scardina le regole e nella celebrazione di una parola metaforizzante che con la sua attività figuratrice ed inventrice porta alla dissoluzione della grammatica (Raimondi 1961, p. 41).

È significativo che l‟idea di una lingua sottoposta alle continue sollecitazioni dell‟uso, che cambia col cambiare del tempo e dello spazio e, insieme, la persuasione della morte della grammatica compaiono nella speculazione del più celebrato teorico del barocco, Emanuele Tesauro, dove l‟inconsistenza della norma è ricondotta in un caso alla variabilità diafasica, diastratica, diatopica e diacronica della parola, in un altro alla sua intrinseca e potenziale ambiguità:

114 Vassi mutare sempre co‟l tempo la maniera del favellare; et per

certe veci le voci grammaticali, nascono, crescono: maturano, invecchiano, et muoiono. Et ciò per il comerzio de‟ forestieri, per l‟idiotismo de‟ plebei, per la licenza dei Poeti, per la sazietà degli orecchi, et per l‟oblio delle menti (Tesauro 1682, p. 147).

Anche la cultura filologico-grammaticale del secolo andava valorizzando sempre più l‟importanza dell‟uso nella determinazione dello statuto di una lingua; infine sul piano degli indirizzi teorici, al neoplatonismo dell‟armonia era da tempo subentrato l‟aristotelismo delle regole, che aveva favorito un diverso approccio ai problemi del linguaggio (Patota 1993, p.113).

Tra i fermenti così diversi e spesso contrastanti Buonmattei seppe muoversi con ragionevolezza ed equilibrio, non trascurando i suggerimenti che potessero venire dagli uni e dagli altri. Egli riuscì nel tentativo di conciliare le ragioni della filosofia del linguaggio con quelle della grammatica empirica, e le esigenze dei colti con quelle degli incolti: trovò un equilibrio fra autorità ed uso moderno. Riconosciuti il primato del toscano di Dante, Petrarca e Boccaccio in materia di lingua e l‟autorità del Bembo, del Castelvetro, del Salviati e del Varchi in materia di norma, il Buonmattei dichiara di non volersi in alcun modo allontanare da loro se non quando l‟uso moderno le abbia offuscate. In simili casi l‟autore assumerà un atteggiamento conciliante: le forme antiche saranno presentate come norma e quelle moderne come scarto rispetto a questa (Patota 1993, pp.114-115).

6.4 Corticelli

Altra fonte a cui fa riferimento e alla quale Bordas si è sicuramente appoggiato come piano di appoggio sono le Regole ed osservazioni della lingua

115 successo e una diffusione paragonabili a quelle riscosse dal trattato del Buonmattei, ma certo non ne riproposero la stessa apertura al nuovo. Sul piano delle indicazioni dei metodi il Corticelli s‟appellò costantemente al principio d‟autorità e quindi ai nomi antichi di Dante, Petrarca, Boccaccio: «il Decameron contiene la prosa migliore, ce vantar possa la nostra lingua» (Corticelli 1846, p.

xxx

). Si appellò anche ad una tradizione grammaticale illustrata da autori come il Bembo, il Castelvetro, il Salviati, il Buonmattei, all‟Accademia della Crusca e al suo Vocabolario. Sul piano delle scelte di merito, il grammatico guardò alla lingua con l‟occhio rivolto al passato. Alla crisi di rinnovamento che percorre il nuovo secolo il Corticelli oppone, per una sorta di speculare crisi di rigetto, il valore non giudicabile dell‟autorità: l‟Accademia della Crusca e il suo Vocabolario che, nelle Regole ed osservazioni della lingua toscana, assumono un ruolo importantissimo.

Possiamo cogliere il legame con l‟opera dell‟Accademia non solo negli enunciati programmatici ma anche nelle indicazioni normative: infatti gli esempi citati nell‟opera del Corticelli sono a suo dire sicuri perché presi appunto dal Vocabolario (Patota 1993, pp.119-121).

6.5 Soave

Altro grammatico a cui Bordas si ispira per la redazione della sua

Gramática e del suo Compendio è Francesco Soave con la sua Grammatica ragionata della lingua italiana (1771)48. Nel titolo e nelle premesse proclama le sue illustri ascendenze: la Grammatica e la Logica dei Signori di Port-Royal e soprattutto le voci linguistiche che i grammariens-philosophes avevano elaborato per la grande Encyclopédie di Diderot e d‟Alembert (Patota 1993, p. 121).

Riconosciute l‟unità del linguaggio e la diversità delle lingue, al grammatico spetta, secondo il Soave, il compito di fissare principi e regole di quella particolare lingua presa in esame, distinguendo ciò che le deriva

116 dall‟arbitrarietà dell‟uso da ciò che le viene da principi universali (Formigari 1970, p. 29), infatti dichiara che :«[…] esaminato quindi attentamente il genio e l‟uso di quella [lingua] che prendesi particolarmente a trattare, se ne stabiliscano fissamente i principij e se ne deducano le regole con semplicità e chiarezza […]» (Soave 1826, p. 79).

Questo è un testo che oltre ad illustrare le regole grammaticali con chiarezza e precisione riflette sui principi generali, universali e sulle particolarità della lingua in sé D‟altronde, se da una parte le fonti del Soave sono perlopiù manuali con finalità didattiche (pensiamo alle opere di Lancelot, Du Marsais e Corticelli a cui l‟autore si riferisce esplicitamente) e se la redazione della

Grammatica ragionata si iscrive nel clima delle riforme scolastiche

dell‟”illuminato” ducato di Parma della seconda metà del Settecento, dall‟altra siamo di fronte ad un vero e proprio trattato: il lettore è infatti portato a seguire una riflessione più ampia grazie all‟integrazione dei preziosi e vivissimi dibattiti d‟oltralpe sulla lingua attivando dunque la ragione più che la memoria per una lettura che si rivela alla fine «feconda e piacevole (Shaukat 2008, p. 1).

La chiarezza e la semplicità dell‟opera fanno della Grammatica un prezioso esempio di sintesi soprattutto in luce dello scopo di educazione linguistica e d innovazione del Soave. Egli redigendo la sua grammatica vuole essere da ponte con i dibattiti in corso in Francia all‟epoca. Ma rimane tuttavia un filosofo italiano che non è classificabile con semplicità tra gli illuministi a causa di un certo conservatorismo. Esaminando dunque l‟ambiente in cui l‟autore ha operato attraverso lo studio delle fonti, si evidenziano i rapporti personali che si vanno tessendo tra gli intellettuali nell‟Europa Illuminista intorno alla questione della lingua. Le influenze reciproche possono infatti rappresentare punti da cui partire per valutare la storia della grammatica italiana, soprattutto tendendo presente le influenze francesi: dai signori di Port-Royal attraverso la razionalista e deduttiva Grammaire générale o di altri grammatici tra cui Lancelot, Beuzée, Du Marsais, ii quali lo stesso Soave li sottolineerà come influenze (1826, p. 75).

Nonostante le dichiarazioni d‟intenti, non un solo elemento consente di considerare questa come un‟opera che si allontani dalla strada sicura della

117 tradizione (anzi, della conservazione). Il suo autore rifiuta ogni apertura a forme del parlato o del registro colloquiale, che pure andavano affermandosi nella prosa letteraria e non di quegli anni; molto più vicino al Corticelli che al Buonmattei, percorre l‟atteggiamento di rigorosa osservanza dell‟antico, che diverrà poi bandiera dei puristi (Patota 1993, pp.121-123). È indubbio che il razionalismo di Port-Royal con il suo approccio di deduzione, la particolare attenzione alla quarta edizione del Vocabolario della Crusca sono elementi di conservatorismo contrastanti la modernità che si esprime attraverso il metodo induttivo di Soave, che deve assomigliare al “naturale” processo di apprendimento, ma anche con il superamento degli esempi d‟autore per giustificare le regole grammaticali in favore di un‟osservazione attenta della lingua in uso (Shaukat 2008, p.3). Decade così sul piano teorico la necessità di aderire al canone degli autori eccellenti e di corredare l‟indicazione normativa di esempi tratti dai loro scritti: come abbiamo appena accennato nella Grammatica ragionata troviamo raramente citazioni d‟autore. Altrettanto raramente troviamo elementi che permettano di considerarla una novità sostanziali rispetto alle opere che l‟hanno preceduta (Serianni 1989, p. 59).

Come ho già detto, Soave assunse un atteggiamento di netta chiusura nei confronti della colloquialità: perché? All‟interno della linguistica europea sei- settecentesca è possibile individuare due linee di pensiero: una alta (di impianto teorico-speculativo) e una bassa, costituita da analisi empiriche e concrete, dirette principalmente dall‟insegnamento linguistico (Serianni 1986, p. 196-197). La stessa divaricazione può cogliersi nella produzione grammaticale al cui interno si genera un doppio ordine di testi: le grammatiche universali, che muovono dall‟indagine su una lingua (francese o latino, per esempio) per ricavarne gli universali linguistici, e quelle particolari, che si occupano della fisionomia delle singole lingue prese in esame e hanno intenti squisitamente glottodidattici (Patota 1993, p.123).

L‟opera si compone di quattro libri così strutturati:  Etimologia (cioè morfologia)

118  Sintassi

 Ortoepia  Ortografia