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Tra le conoscenze linguistiche del parlante annoverate da Chomsky e tutt’ora riconosciute, una competenza fondamentale è in primis quella fonetico-fonologica77. Ciascun parlante di una lingua sa riconoscere e sa come funzionano, combinandosi fra essi, i suoni della lingua stessa, dominandone tanto le rappresentazioni come i processi78. Supponendo di poter estrapolare unità discrete, segmentali, dal continuum della catena fonica del parlato, ci si troverebbe dinnanzi ai suoni, o segmenti di riferimento presenti nell’inventario di ciascuna lingua, che proprio perché discreti, sono finiti e descrivibili. La stessa classificazione usata per definire la competenza relativa alla conoscenza di tali unità, fonetico-fonologica, presuppone l’esistenza di un’interfaccia fra rappresentazioni astratte e regole che le governano, rispetto a realizzazioni concrete, prodotto di processi interiorizzati e linguo-specifici. I costituenti minimi di tale competenza sono quindi i fonemi, intesi in questa sede secondo l’accezione ‘trubeckojiana’, ovvero elementi fonici con valore distintivo o insieme di proprietà distintive concorrenti79. Esistono, nello specifico, fonemi con funzione prettamente distintiva ed altri determinanti in modo contestuale: i primi consistono in suoni linguistici che, commutati nello stesso contesto, generano opposizioni di significato (es. colti - folti) individuando delle cosiddette coppie

minime, casi estremi di distribuzione parallela; i secondi assumono distintività in

dipendenza dal contesto, distribuendosi in modo complementare sulla base delle influenze esercitate dai possibili suoni adiacenti, divenendo noti, pertanto, come

varianti o allofoni. Qualora due o più allofoni possano ricorrere indistintamente nello

stesso contesto, allora essi si classificano come varianti libere80; se al contrario pur

77 «La competenza che i parlanti usano per gestire la produzione e il riconoscimento dei suoni e della

loro funzione; tale competenza serve per ricondurre una sequenza di suoni ai modelli di realizzazione fonetica delle strutture della prima articolazione» (Gobber & Morani, 2010:23).

78 Cfr. Archibald (2014).

79 L’interpretazione strutturalista della scuola di Praga (Trubeckoj, 1939) dell’unità fonemica si

contrappone nettamente a quella fornita dalla scuola americana (Sapir, 1921), la quale, classificando il fonema secondo una prospettiva di tipo mentalistico, lo considera una entità prettamente astratta (si vedano De Dominicis, 2003; Marotta, 2006).

80 La /r/ nella parola fremito realizzata come uvulare (nota come erre moscia) o postalveolare non altera

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senza determinare variazioni di significato, possono riscontrarsi specificatamente in alcuni contesti, spesso determinati foneticamente, si identificano come varianti combinatorie81.

Gli allofoni riconducibili ad uno stesso fonema e tutti i fonemi che presentano caratteristiche preponderanti comuni (come il modo di articolazione) rientrano in una determinata classe naturale. Ciò che accomuna questi suoni sono ‘elementi fonici minimi’ (così come li definì Bloomfield82) conosciuti come tratti. Si tratta perciò di

elementi sub-segmentali che, avendo valore universale, consentono di identificare la struttura interna di ciascun suono linguistico (e di ciascuna lingua) in modo univoco, sulla base delle specifiche caratteristiche acustiche e/o fonetiche e articolatorie83. Ogni

lingua, dunque, seleziona i propri tratti pertinenti necessari ad isolare tutti i segmenti costituenti. Ciascun tratto può quindi connotare positivamente o negativamente84 un

determinato segmento (±sonoro, ±consonantico, ecc.) in base alla presenza o assenza, all’interno del suono considerato, delle caratteristiche che il tratto stesso esprime. Le vocali dell’italiano, ad esempio, possono essere identificate sulla base di tre tratti principali85, ±alto, ±anteriore e ±arrotondato, di carattere fonetico/articolatorio, il primo relativo all’altezza raggiunta dall’apice della lingua nella produzione del suono, il secondo al grado di arretratezza della lingua stessa nella cavità orale, il terzo alla protrusione delle labbra, tipica dell’articolazione dei suoni vocalici posteriori della lingua italiana. Questi tre tratti non sono però sufficienti, di per sé, a discriminare la totalità delle vocali (si noti inoltre come gli stessi coincidano con i valori considerati nell’identificazione acustica delle vocali, vd. §2.2.2.1). Si aggiungono pertanto a

81 Ne sono un esempio gli allofoni dell’italiano del fonema /n/, [ɱ] o [ŋ], il primo di luogo labiodentale,

riscontrato in contesto antecedente a consonanti realizzate nello stesso punto di articolazione (es. anfiteatro), così come il secondo, con realizzazione velare e anteposto ad occlusive dello stesso luogo (es. Angola) (cfr. §2.2).

82 Citato in Marotta, op.cit.

83 La classificazione di tratti su base acustica fu proposta in primis da Roman Jakobson, cui seguì una

classificazione su base fonetica/aticolatoria ad opera di Noam Chomsky (cfr. Marotta, op. cit.). Le classificazioni moderne inglobano le due classi e individuano la presenza di tratti principali o primari e tratti secondari, tra cui i primi, meno marcati, sono quelli più comuni e diffusi fra le varie lingue del mondo. Per una rassegna completa dei tratti distintivi e della loro distribuzione si rimanda a Chomsky, Halle (1968), Maddieson (1984) e Ladefoged, Maddieson (1996).

84 Si parla difatti di binarismo dei tratti distintivi.

85 Sulla base del principio di economia, ciascun segmento si identifica col minor numero possibile di

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questi, tanti tratti secondari quanti saranno gli elementi da discretizzare nel continuum degli assi costituenti il quadrilatero vocalico (si veda la Figura 10) (le vocali /i e/, ad esempio, sono entrambe +anteriore e –arrotondata, ma si differenziano per altezza, la prima +alta, la seconda –alta; se aggiungessimo il confronto con /ɛ/ occorrerebbe specificare un’ulteriore distinzione fra le due –alta /e ɛ/, ragion per cui si renderebbe necessario un nuovo tratto, che potrebbe essere ad esempio ±bassa; lo stesso processo è valido per le vocali posteriori, e così via).

Figura 10 – Matrice dei suoni vocalici dell’italiano (da Nespor, 1993)

I suoni consonantici dell’italiano sono classificati per opposizioni privative: si parla di opposizioni multilaterali, quando si discriminano suoni che divergono per più di un tratto (/p/ e /f/ ad esempio); al contrario, le opposizioni note come bilaterali riguardano suoni che partono da una base di tratti comuni.

Figura 11 – Matrice dei suoni consonantici dell’italiano (da Nespor, 1993)

Le opposizioni (coppie) di segmenti appartenenti alla stessa classe naturale, accomunati da modo e luogo di articolazione, vengono ad esempio distinti dal solo tratto della sonorità, per cui, nella rappresentazione convenzionale del quadro di riferimento IPA86, ogni coppia di segmenti sarà caratterizzata dal tratto –sonoro per

l’elemento a sinistra della coppia, +sonoro per quello a destra (i segmenti /p b/, ad esempio, appartengono alla classe naturale delle occlusive, entrambe di luogo

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bilabiale, l’una sorda l’altra sonora, così come le affricate alveolari /ʦ ʣ/, o le fricative labiodentali /f v/, e così via). Inoltre, come per le vocali, si individuano tanti tratti quanti i necessari a isolare i segmenti gli uni dagli altri (vd. Figura 11). I tratti «fanno parte della competenza fonologica dei parlanti, i quali, per il riconoscimento dei suoni che ha luogo nei processi di percezione e produzione linguistica, fanno riferimento alla struttura interna dei segmenti»87. Tale regola si applica chiaramente anche a suoni

estranei appartenenti al sistema segmentale di una lingua straniera: pur non identificando il singolo suono, se ne riconoscono i tratti distintivi caratteristici. Questa è una delle ragioni per cui spesso le analisi a livello cross-linguistico riguardano suoni in opposizione (il che richiama la natura binaria dei suoni intesa da Jakobson), sia comuni che non condivisi dai sistemi, divergenti nella classe naturale o solo in determinati tratti.

Processi fonologici

Nella catena fonica del parlato i suoni costituenti, seppur discretamente individuabili, subiscono costantemente mutamenti, imputabili a fenomeni di varia natura, tanto a livello sincronico come diacronico. Nella sincronia di ogni sistema linguistico, molti fra tali mutamenti sono dovuti a fenomeni di accomodamento, meglio specificati come condizionamenti fonetici che, in risposta ad un principio di economia, consentono di adattare suoni contingenti per facilitarne tanto la produzione (risparmio di energia articolatoria) come l’intelligibilità. Alcuni di questi mutamenti sono sistematici e assurgono al ruolo di regole determinanti nel sistema fonologico di una specifica lingua, altri si producono contestualmente e possono investire sia il livello lessicale che post-lessicale (ossia verificarsi all’interno di una parola o fra confini di parole adiacenti), quindi essere motivati sia fonologicamente che morfologicamente. Alcuni fra i processi più frequenti della lingua italiana88 riguardano i casi di assimilazione,

attraverso la quale suoni contingenti possono modificare tutti (assimilazione totale; in+reale  irreale) o parte (assimilazione parziale; un bacio  [ˌumˈbaːʧo]) dei propri

87 Nespor, Bafile (2008:46).

88 Per una rassegna di processi fonologici sia noti in letteratura che specifici della lingua italiana, si

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tratti distintivi, per influenza del segmento che precede (assimilazione perseverativa) o segue (assimilazione anticipatoria) il segmento assimilato, ma anche per effetto di entrambi (bidirezionale). Un particolare processo di assimilazione tipico dell’italiano, ancor di più delle varietà regionali settentrionali (ma presente in molte lingue) è quello della sonorizzazione di consonanti sorde in posizione intervocalica (esempio tipico di assimilazione parziale bidirezionale). A livello post-lessicale si annovera come estremamente caratterizzante (in modo particolare, questa volta, nelle varietà regionali meridionali) il processo di raddoppiamento fonosintattico, consistente nella geminazione di consonanti in sillaba tonica in inizio di parola, che può manifestarsi in modo regolare89, dopo un ossitono (inclusi monosillabi tonici; es. andrò [pː]iano), o

irregolare, ovvero a seguito di morfemi monosillabici o bisillabici (es. a [nː]apoli)90. Come enunciato in precedenza, alcuni processi fonologici sono particolarmente legati a caratteristiche strutturali di un dato sistema: si faccia riferimento, a titolo esemplificativo, ai processi di neutralizzazione di alcune opposizioni fonologiche, che intaccano sia i sistemi vocalici che quelli consonantici. Riprendendo i casi della lingua italiana, vale considerare le divergenze esistenti fra vocali in opposizione, costituenti del vocalismo tonico e di quello atono: in atonia, l’italiano neutralizza l’opposizione fra vocali medie aperte e chiuse (/e ɛ/ e /o ɔ/), riducendosi a sistema pentavocalico (/i e a o u/). In tal caso la regola fonologica di base acquisisce duplice valenza: se si considera l’italiano definito come standard (si veda il capitolo 1), o alcune varietà regionali, la regola corrisponde effettivamente all’attuazione di un processo, dove i tratti distintivi dei fonemi coinvolti confluiscono nella realizzazione di un’unica forma, che sarà definita arcifonema; lo stesso processo non può essere considerato valido per altre varietà regionali, come quelle del sud, laddove per permutazione libera non esiste opposizione funzionale fra vocali semi-alte e semi-basse. Naturalmente, ciascun sistema linguistico allo stesso modo in cui seleziona diacronicamente i segmenti salienti del proprio inventario, stabilisce i processi e le regole di adattamento dei suoni

89 Seguendo la terminologia adottata da Loporcaro (1977). 90 Esempi tratti da Marotta (2011).

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stessi, che possono divergere, a volte in modo estremo, anche fra lingue considerate vicine (in termini strutturali e fonologici) o simili91.

Competenza fonetico-fonologica

La competenza che il parlante possiede a livello fonetico e fonologico è legata a un’acquisizione inconsapevole delle proprietà legate a tale livello linguistico; l’attuazione di processi e regole fonologiche non sono messi in atto in modo cosciente: spesso, ad esempio, gli allofoni di uno stesso fonema corrispondono a un solo elemento nella mente del parlante. Cosa si intende dunque per effettiva competenza fonologica? Certamente, i fruitori di ciascuna lingua non si limitano a ‘trasformare’ delle rappresentazioni (fonemi intesi come concetto astratto convertiti in immagini fonetiche), ma elaborano attivamente descrizioni sulla base di categorie92, sviluppate grazie a conoscenze ed esperienze:

Thus, proceeding from the correlation “a phoneme – an allophone – a speech sound” we would suggest that phonological competence should include the knowledge of phonemes and their variants (allophones); the skills of perceiving, reproducing and producing articulatory and acoustic characteristics of sounds (sonority, alveolarity, labialization, nasalization, etc.); the skills of perceiving, reproducing and producing the phonetic organization of words (the syllable structure, the word stress).93

91 Nel galiziano, ad esempio, varietà dello spagnolo iberico di origine romanza, lingua particolarmente

vicina al castigliano, ma anche all’italiano - per origine comune - , le regole fonologiche legate al vocalismo seguono processi di neutralizzazione completamente a sé stanti: i sistemi tonici sono identici per le tre lingue/varietà considerate (con le dovute differenze d’uso), ma, mentre il castigliano e l’italiano in atonia riducono il sistema da sette a cinque vocali, eliminando l’opposizione fra vocali medie semi-alte e semi-basse, il galiziano opera un’ulteriore neutralizzazione, che riguarda esclusivamente le vocali atone in posizione finale, le quali si riducono a tre, per cui per i tratti anteriore e posteriore compaiono solamente vocali alte (cfr. Frontera, in stampa e Romito, Frontera, 2015).

92 Utilizzando una definizione di kantiana memoria, le categorie (derivato del latino categoria, dal greco κατηγορία ‘attributo’) possono essere descritte come forme ordinatrici della realtà fenomenica circostante. Da un punto di vista linguistico, riflettono delle descrizioni astratte funzionali alla classificazione degli elementi all’espressione linguistica, un’organizzazione discreta soggiacente alla produzione e la percezione del linguaggio umano, identificando attributi comuni e distintivi dei suoni in quanto oggetti costituenti del parlato e della comunicazione.

93 Лаврова (2013:30); si confronti, inoltre, per un resoconto sui vari approcci moderni comparati alle

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Questa ‘automatizzazione’ nella messa in atto di meccanismi inconsci porta il parlante ad agire applicando le stesse regole e gli stessi processi anche nella decodifica e nella produzione di suoni in lingua straniera (cfr. §3.4.7): ne consegue che il processo di acquisizione fonologica, in fase di apprendimento/acquisizione di una lingua seconda/straniera, presupponga un riadattamento percettivo nei processi fonetici e fonologici e una riorganizzazione percettiva delle categorie fonologiche94:

the structure of the phonological competence should include the skills of reproducing, producing and realizing in speech in accordance with the phonetic style: 1) sound modifications: assimilation, accommodation, reduction, monophothongization of diphthongs and triphthongs, elision, linking sounds; 2) sugrasegmental means: speech melody (scales, tones, range, pitch), phrasal stress, rhythm, pauses, tempo, loudness, prosodic timber). 95