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La lingua romena deriva, genealogicamente, dal gruppo italico occidentale (italo- falisco) della famiglia linguistica indoeuropea. Rientra, dunque, fra le lingue di derivazione latina, neolatine o romanze. La varietà ufficiale della lingua romena, nota come dacoromeno, si origina da quella parlata nel territorio della Dacia, plasmata originariamente a sud del Danubio313 (tipo munteno) e si consolida fra i secoli VI e X d.C., modellata dalle dominazioni romane, prima, e poi slave (le cui ripercussioni di superstrato sono manifeste soprattutto a livello lessicale) 314. È il solo tipo letterario ammesso in territorio romeno, contrapposto al blocco di lingue di tipo moldavo (varietà dialettali), a nord-est di Bucarest. Esistono, tuttavia, molti sottodialetti della varietà standard, riconosciuti come dialetti formatisi sulla riva sinistra del fiume Danubio (varietà parlate in Moldavia, Valacchia, Transilvania, Banato, Bucovina, Bessarabia) e sulla sua riva destra (Dobrogia). Tagliavini (1982) sostiene che la lingua letteraria, di fatti, sia basata proprio su una di queste varietà secondarie, ossia sul dialetto di Valacchia. Renzi e Andreose (2009) riconoscono alla lingua standard e letteraria una grande e concreta uniformità, contrastante con la forte variabilità interna che contraddistingue le altre lingue romanze, in modo particolare l’italiano. Inoltre, il distacco del territorio romeno, rispetto alla compattezza geografica delle altre lingue romanze, fa sì che siano presenti in esso molte caratteristiche scomparse o ormai in disuso rispetto alle altre lingue neolatine, preminentemente in ambito fonetico e lessicale; la Romania rientra, difatti, nel raggruppamento areale della lega balcanica, assieme al neo-greco e l’albanese (gruppi a sé stanti), serbo-croato, bulgaro e

313 Le varietà linguistiche che smembrano il nucleo protoromeno vengono geograficamente separate

dalla linea di demarcazione del Danubio: le varietà plasmate a nord-sud del fiume coincidono con gli attuali dacoromeno, aromeno (in Grecia settentrionale e in Macedonia), meglenoromeno (diffuso in Grecia, sul confine Macedone) e istroromeno (parlato in Istria).

314 La dominazione slava portò, fra l’altro, all’acquisizione del sistema di scrittura cirillico, abolito in

Romania soltanto dalla seconda metà dell’800 in poi (Renzi e Andreose, 2009); tuttavia furono molti, anche a seguire, i popoli temporaneamente stanziati sullo stesso territorio, le cui lingue funsero da superstrato alla varietà d’origine, fra cui in modo particolare il turco e, in tempi più recenti, l’ungherese (Tagliavini, 1982).

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macedone (gruppo slavo), presentando fenomeni chiaramente comuni a tali lingue, acquisiti per contatto e in tempi più recenti315.

Repertorio linguistico romeno

Nonostante la presenza di più sottodialetti o varietà sub-regionali, contrariamente a quanto evinto, ad esempio, per la situazione araba, la lingua dacoromena ha operato un forte processo di reale ed effettiva omogeneizzazione, grazie alla quale, i parlanti provenienti dalle varie regioni conoscono e utilizzano in primis la varietà standard316, e solo in situazioni diastraticamente legate all’uso del dialetto, ricorrono alle varietà locali317.

Fonologia e fonetica del rumeno Varietà standard

Tabella 8 – Inventario fonologico della lingua romena (tratto da Chiţoran, 2002)

315 La nascita della lega, o unione linguistica balcanica, sarebbe da ricercare già all’epoca degli imperi

Bizantino e Ottomano, in cui, non esistendo confini netti fra i popoli (i futuri paesi balcanici), fu favorita una situazione di forte bilinguismo, causa di fenomeni di interferenza, che si ripercuotono fin nelle lingue attuali (Tagliavini, 1982; Carageani, 2005; Renzi e Andreose, 2009).

316 Iancu (1978, 2015) riconosce che, nell’idioletto di ciascun parlante, lo standard rappresenta la varietà

verso cui tutti tendono: con maggiori o minori influssi sottodialettali, tutti sono in grado di utilizzarlo nella comunicazione quotidiana e di comprenderlo perfettamente.

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Il sistema fonologico del romeno consta di 20 suoni consonantici e 7 suoni vocalici (Tabella 8). In relazione a quanto sostenuto in precedenza rispetto all’arabo, presenta un inventario numericamente standard, ovvero si inserisce tra le lingue costituite da una quantità media di fonemi (tra i 20 e i 27 stabiliti dall’UPSID). Il sistema consonantico è molto più vicino e simile a quello dell’italiano e si discosta notevolmente da quello arabo, presentando i suoni più naturali e meno marcati, eccezion fatta per i segmenti affricati, i quali, si ribadisce, risultano più forti nella scala di marcatezza fonologica e più tipologicamente marcati; nello specifico il romeno presenta entrambi i suoni affricati meno marcati (palatali sorda e sonora)318 e la meno

naturale dentale/alveolare sorda /ʦ/319, realizzazione del grafema ț (la variante sonora

è, tuttavia, presente nella maggior parte dei sottodialetti dacoromeni320); la palatale sonora, in particolare, può divenire variante dialettale del grafema z, generalmente prodotto come fricativa [ʒ]321. La fricativa glottidale /h/ è più marcata rispetto a lingue come l’italiano, ma meno marcata rispetto all’arabo, che, in effetti, presenta anche la variante allungata dello stesso fonema. Riguardo ai suoni liquidi, l’unica vibrante /r/ è generalmente realizzata come flap [ɾ] (monovibrante322), eccetto in contesto iniziale di parola, in cui diviene polivibrante (trill)323. Altro fenomeno fonetico presente, seppure molto raro, è l’intacco (o palatalizzazione) delle labiali, che giustifica la soluzione di /p/, /b/ e /m/ davanti a vocale anteriore alta (/i/), rispettivamente in ki/pki, ghi/bghi/ e

ñi/mñi (nei dialetti di Moldavia, Bucovina, Bessarabia, Valacchia e Transilvania324).

318 Per fenomeni di palatalizzazione delle occlusive velari /k g/ di fronte a vocali anteriori.

319 Si ricorda che, in accordo a quanto espresso da Maddieson (1984), le gerarchie implicazionali dei

sistemi fonologici (o per lo meno quelli da egli analizzati) prevedono che le controparti sonore di una series (ovvero uno o più suoni determinati da un modo di articolazione) sono sempre più marcate e si manifestano in dipendenza al suono sordo; a questo proposito si ribadisce la forte marcatezza di un sistema come quello arabo, che fra le occlusive più naturali, le bilabiali, presenta unicamente il segmento sonoro.

320 I principali sottodialetti, o dialetti secondari (cfr § 1.2.5) del dacoromeno sono quello valacco,

moldavo, di Oltenia e Muntenia, del Banat, della Crişana, di Maramureş e della Transilvania (spesso assimilati tutti alla varietà transilvana; si rimanda a Ursan, 2008); per uno studio dettagliato (diacronico e sincronico) dell’evoluzione dei suoni affricati presenti nel dacoromeno e nelle relative sottovarietà dialettali, si rimanda a Merlo (2014).

321 La palatalizzazione delle velari /k g/ con esito finale fricativo [ʃ]/[ʒ] è tipico del dialetto del Banato

(Tagliavini, 1982).

322 Cfr. §2.2.

323 Per un approfondimento fonetico-acustico delle rotiche del romeno, si rimanda a Savu (2012). 324 Cfr. Tagliavini (op. cit.).

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I livelli maggiori di marcatezza si delineano a livello vocalico, laddove, oltre alle cinque vocali canoniche, identificate come maggiormente frequenti in tutti i sistemi (/a e i o u/), il romeno presenta le centrali media /ə/325 e alta /ɨ/ (rispettivamente, realizzazioni delle grafie ă e â326). Come le due vocali centrali (opposizione unica del romeno fra tutte le lingue romanze) anche i dittonghi ea, oa, originati da fenomeni fonologici, sono oggi pienamente fonematizzati327.

Una fra le particolarità fonologiche legate alle vocali, di maggior interesse in questa sede, riguarda le vocali alte (anteriore e posteriore) in posizione atona finale. Tendenzialmente, la /i/ e la /u/ subiscono, in tale contesto, un processo di riduzione o di perdita, fenomeno che si manifesta in maggior misura fra le vocali posteriori, rispetto alle anteriori. L’unica eccezione a questa regola si realizza qualora le vocali finali vengano precedute da cluster (gruppo consonantico), in cui il secondo elemento sia costituito da un suono liquido (es. codri, codru), o da vocale328. In tutti gli altri casi, la /i/ per riduzione, come già asserito, diviene sorda o cade totalmente329. La /u/ si comporta in modo simile, tranne se con funzione di morfema verbale (marcatore della prima persona singolare del presente indicativo): in questi casi, posposta alla radice del verbo, verrà pronunciata solo allorquando la radice termini per vocale; se la radice termina per consonante, altrimenti, la vocale è neutralizzata.330 La /u/ in posizione atona (ma non finale) continua a essere prodotta, spesso come causa di innalzamento della media /o/. Nella forma dialettale più lontana dallo standard, ovvero quella moldava, risulta inoltre che, in posizione atona finale la vocale /e/ venga neutralizzata a /i/ (fenomeno naturalmente assente nel dacorumeno).

325 Renwick (2012, 2014) sostituisce alla rappresentazione della vocale centrale media /ə/ la /ʌ/,

sostenendo che la shwa, essendo spesso associata a fenomeni di riduzione del vocalismo atono, non risulta appropriata nell’espressione di una vocale piena e funzionale come quella del sistema romeno.

326 Si veda Cojocaru (2003).

327 Un gran numero di ricerche sono state dedicate allo studio dello status e i numerosissimi processi

che investono sia le vocali centrali che i dittonghi del romeno, qui non trattati poiché non coinvolti nelle analisi condotte; per una rassegna dettagliata in merito, si rimanda a Augerot (1974), Chiţoran (2002), Renwick (2012, 2014).

328 La regola decade con l’aggiunta di enclitici (si vedano nuovamente al proposito Augerot (op. cit.) e

Chiţoran (op. cit.), ma rimane valida per la /i/ con l’aggiunta delle forme plurali /-i/.

329 «The letter i in final position after consonants stands for a very short [i] sound, shorter and less

sonorous than the syllabic [i]» (Cojocaru, 2003:16).

330 Chiţoran (op. cit.) sostiene che, più che di mantenimento, nei casi di /u/ morfema verbale preceduto

da vocale, si debba parlare di una realizzazione di tipo approssimante ([w]); secondo Augerot esistono invece varietà dialettali che, nello stesso contesto, mantengono intatta la pronuncia della finale.

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Renwick (2012, 2014) offre uno studio acustico delle vocali del romeno, toniche e atone, prodotte da voci femminili e maschili (Grafico 2), e ne mette in evidenza soprattutto la simmetria fonologica, per cui sono chiaramente delineate le aree di esistenza di vocali anteriori, centrali e posteriori, con le dovute differenze tra sistemi tonici e atoni, intrinsecamente tendenti alla centralizzazione.

Grafico 2 – aree di esistenza delle vocali romene alte [i], [ɨ], [u], medie [e], [ə], [o] e basse [a], prodotte da voci femminili (a sinistra) e maschili (a destra)

Varietà dialettali

La letteratura sulle partizioni sotto-dialettali del dacoromeno, sulla base di fenomeni fonologici e peculiarità fonetiche, è estremamente varia. Allo scopo di fornire un quadro essenziale, che notifichi le più sostanziali differenze di interesse, si utilizza in questa sede la partizione dialettologica adoperata da Ursan (2008), la quale identifica dei macrogruppi di riferimento, sulla base degli specifici fenomeni:

- chiusura delle vocali atone in posizione centrale e finale /e/, /ə/; - abbassamento di /ə/ verso /a/ in posizione pretonica;

- evoluzione del dittongo eá;

- status delle vocali /e/, /i/ dopo /s/, /z/, /ts/, /∫/ e /ʒ/; - conservazione del dittongo ea;

142 - variazione di /e/ dopo consonante bilabiale; - conservazione di /ɨ/;

- desonorizzazione della finale /u/;

- palatalizzazione/conservazione delle bilabiali; - palatalizzazione/conservazione delle dentali;

- mantenimento delle affricate prepalatali/fricativizzazione; - pronuncia di /∫/ e /j/.

In base ai differenti esiti di tali fenomeni, Ursan identifica quattro aree dialettologiche di riferimento:

→ sottodialetto della Muntenia (include le aree della Muntenia, la Oltenia e la Dobrogia);

→ sottodialetto moldavo (nel nord-est del territorio dacoromeno, in Moldova, Bucovina e nel tratto settentrionale della provincia di Tulcea);

→ sottodialetto del Banato (molto prossimo alle varietà istro-romena, megleno- romena e aromena);

→ gruppo dei patois della Transilvania.