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I cosiddetti migranti culturali presenti in Italia, come in altri paesi, differiscono dalle altre categorie di migranti per l’aver scelto deliberatamente un determinato paese ove portare avanti le proprie aspirazioni, legate tanto alla carriera lavorativa come accademica (Fosberg Lundell, Bartning, 2015). Si parla di persone recatesi nel nuovo paese temporaneamente o definitivamente, spesso interessate sia alla cultura (in termini ampi) del paese ospitante, sia alla realtà linguistica del posto142. Che si tratti di apprendenti autonomi o guidati, o che il loro sia stato o sia un processo di acquisizione in corso, essi entrano a contatto con una nuova lingua e necessitano di una competenza avanzata, non sempre richiesta negli stessi termini a tutti i tipi di migranti. La competenza cui si fa appello è sia comunicativa143 che prettamente linguistica, laddove

quest’ultima abbraccia i livelli linguistici testuale, semantico, sintattico e fonologico (Cfr. §2.3.2). Presupponendo la capacità diffusa di raggiungere una forte competenza in ambito lessicale, strutturale e semantico, la capacità di produrre o pronunciare suoni

140 In una delle ipotesi basilari del modello Monitor, Krashen (si confronti ad esempio Krashen, 2013)

distingue i due concetti di acquisition e learning sulla base di quanto appena specificato.

141 Si tenga in considerazione, ad ogni modo, che secondo la letteratura il confine fra acquisizione e

apprendimento è sempre molto labile, e non si è sempre in grado di stabilire in base a che processo una sequenza sia stata interiorizzata; per tali ragioni, non è raro riscontrare un utilizzo indistinto dei due termini (si veda Ellis, 1994, 2003).

142 La figura del migrante culturale e i risvolti sociologici in ambito linguistico acquisizionale di questa

categoria di migranti verranno trattati specificatamente in seguito (§3.7.4).

143 Con competenza comunicativa si intende il controllo delle sfere extralinguistiche legate alla

comunicazione, la capacità di adeguare i messaggi alle situazioni e i contesti e all’utilizzo di elementi fonici, gestuali o posturali pertinenti all’atto comunicativo (si articola infatti in competenza pragmatica, cinesica, prossemica, performativa, paralinguistica e socioculturale; Berruto, 2001).

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in modo intelligibile non sempre è sufficiente in tali contesti: maggiore è il livello di istruzione, maggiore è la proficiency richiesta anche nella pronuncia in L2.

Native or native-like pronunciation is usually needed only when learners want to identify socially with the L2 language community for effective purpose, or when their communication goals require such identification by hearers.144

Le ragioni e i fattori che maggiormente spingono a voler migliorare nella pronuncia di una seconda lingua si tratteranno in modo più esteso in seguito; ciò che preme sottolineare in questo momento è l’attenzione crescente verso gli aspetti fonologici e fonetici delle lingue d’arrivo, una componente che, fino a pochi decenni orsono, non godeva delle stesse attenzioni rivolte all’acquisizione del lessico, delle strutture morfosintattiche e delle competenze testuali.

Teorie sull’acquisizione linguistica in L1 e L2

La maggior parte delle teorie e dei modelli formulati sulla SLA (Second Language

Acqusition) sono elaborate grazie al confronto con i processi attivati nell’acquisizione

del linguaggio, quindi di una lingua materna. Per questa ragione, ancor prima di concentrare l’attenzione sull’acquisizione fonologica, la percezione e la produzione dei suoni di una seconda lingua, si presenta una breve rassegna delle principali correnti teoriche di stampo acquisizionale.

Il filone di ricerca sull’acquisizione linguistica prende piede fra gli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo e i primi studi vengono naturalmente rivolti all’analisi dell’acquisizione infantile della lingua materna; sebbene attualmente si contino oltre quaranta differenti teorie e modelli, proposti in quest’ambito di ricerca ormai ricchissimo, in letteratura si è soliti far convergere le diverse linee in alcune macro-correnti di pensiero.

Teorie del comportamentismo

Sulla scia dell’omonima corrente cognitivista, l’idea delle teorie comportamentiste, di cui Skinner (1957) è senz’altro il precursore, è che il bambino acquisisca la lingua

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passivamente, grazie alla presenza di strutture routinarie; così suoni e parole vengono appresi per imitazione e meccanismi di rinforzo, mentre la sintassi è appresa per sequenze di parole ricorrenti e in ordine predicibile145 (De Marco, Wetter, 2000; Pallotti, 2003; Malone, 2012). Ignorando qualsiasi meccanismo cognitivo o interno, il comportamentismo considera unicamente l’ambiente linguistico e gli stimoli da questi offerti o prodotti (Menezes, 2013).

Teorie ambientaliste

Il filone delle teorie ambientaliste è quello che richiama maggiormente in causa fattori legati alla sfera psico-sociale. Nell’ acculturation model di Schumann, particolarmente applicabile al caso dell’acquisizione di una L2, rivestono un ruolo cruciale le distanze sociali fra le lingue di riferimento, i livelli di chiusura, altrimenti detta enclosure146, la

coesione fra individui appartenenti allo stesso gruppo e l’atteggiamento integrativo. Alcuni gruppi si riconoscono per il forte senso di appartenenza e identità, di cui la lingua è primo stendardo; la distanza sociale rispetto alla cultura e alla lingua di arrivo viene così amplificata, e la semplificazione della lingua target147, usata unicamente a scopi comunicativi di base, è spesso embrione di una pidginizzazione148. Gruppi sociali con attitudini più propense all’integrazione o, talvolta, alla subordinazione, più vicini in termini di cultura o affini, hanno maggiore propensione ad acquisire una lingua target e sentirsi parte, per mezzo di essa, di un nuovo gruppo sociale di cui si ricerca l’approvazione. In tal senso, il processo di acculturazione coincide con il graduale inglobamento e appropriazione della cultura d’arrivo, per cui il senso di vicinanza sociale e psicologica accelera il processo di acquisizione.

145 Lo schema generico previsto da Skinner è di tipo S-R-R: stimolo-risposta-rinforzo. 146 Si rimanda a Larsen-Freeman, Long (2014) e Orletti (1988, in Giacalone Ramat).

147 Secondo il modello di Schumann, la semplificazione e i fenomeni di riduzione linguistica nel

processo di acquisizione sarebbero le fondamenta comuni della costruzione delle lingue pidgin (in cui la semplificazione si calcifica e, talvolta, va a cicatrizzarsi in nuovi codici, le lingue creole) e dell’interlingua in stato embrionale proiettata verso la lingua target (Chini, 2000; Larsen-Freeman, Long, 2014).

148 Una lingua pidgin è per definizione un codice linguistico semplificato, nato dal contatto plurilingue

di gruppi socio-culturali distinti, usato a scopi comunicativi ridotti e circoscritti (ad esempio per scambi commerciali), relazionato storicamente a contesti migratori e colonizzatori.

80 Teorie innatiste

La teoria innatista per eccellenza è legata ai paradigmi generativisti della Grammatica Universale (GU) chomskyana149. L’ipotesi generativista non nasce come prettamente indirizzata all’analisi del processo di acquisizione di una lingua seconda, bensì è rivolta alla scoperta dei processi che inducono il bambino alla conquista del linguaggio. Tuttavia, da Krashen150 in poi, sono svariati i tentativi, più o meno riusciti,

di riadattare tali precetti a modelli acquisizionali di una lingua seconda. Le norme della GU sono così vaste e articolate, che ci si limita in questa sede a ricordare unicamente come Chomsky abbia ipotizzato l’esistenza di un meccanismo umano innato, preposto all’adempimento delle funzioni linguistiche (LAD, Language Acquisition Device); l’esperienza organizza gli eventi e la natura, così come il linguaggio, ma i soli stimoli (input) non sarebbero sufficienti a garantire l’acquisizione senza il sostegno del sistema cognitivo. Esistono così delle leggi comuni e universali alla base di tutte le lingue, che determinano lo stato iniziale dell’acquisizione151. Ciò nonostante, alcune

di queste regole o principi sono universalmente validi, altri parametri vengono attivati in modo linguo-specifico152.

Krashen (1981)153, citato in precedenza, rivaluta le funzioni del dispositivo linguistico (LAD) avallando l’ipotesi secondo cui il meccanismo preposto all’acquisizione linguistica sia destinato, almeno nelle prime fasi, ad attivare anche i processi che riguardano lingue seconde o straniere. Perfino quest’ultimo sarebbe un processo naturale, scandito da tappe fisse e prevedibili, che prescindono da quelle seguite nell’insegnamento linguistico154. Il sistema innato è integrato da un complesso di filtri

che operano come controllo (monitor) dell’input, fra cui intervengono, in aggiunta,

149 Per un degno approfondimento sulla teoria, si rimanda a Chomsky (1965, ad esempio). 150 Autore del modello Monitor (di cui si discuterà a breve).

151 Si parla di universali linguistici, distinti in universali sostanziali (inerenti alle strutture, perciò ai

sistemi fonologici o sintattici delle lingue umane) e formali (principi e parametri) (si vedano Chini, 2000; Saville-Troike, 2006).

152«Si potrebbe immaginare la grammatica universale come un circuito in cui certe connessioni sono

fisse (principi), mentre altre dipendono da interruttori che possono selezionare una tra due o più posizioni possibili (parametri)» (Pallotti, 2003:94).

153 Per una sintesi esaustiva sul modello Monitor si invita a consultare Krashen (2013).

154 Come specificato al §.3.1.2, Krashen è fra i primi a porre un confine netto fra acquisizione e

apprendimento, valutando tutte le implicazioni dell’uno e dell’altro filtro nei processi di monitoraggio degli input interiorizzati.

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fattori influenti strettamente legati alla sfera socio-emotiva155. Se il monitor agisce però su quanto appreso consciamente, è necessario che avvenga preventivamente l’acquisizione di quanto compreso spontaneamente156.

Teorie cognitive/interazioniste

Le teorie interazioniste sono spesso percepite come maggiormente esaustive, convogliando in esse fattori sia innati che ‘ambientali’, e considerando, nello specifico caso delle L2, l’essenzialità degli scambi comunicativi e delle situazioni interazionali ai fini acquisizionali. In questo senso vengono associate alle teorie di stampo cognitivista, poiché ipotizzano la partecipazione attiva dell’individuo nelle fasi di acquisizione o apprendimento della lingua. Si riportano alcuni degli esempi più significativi tra le teorie e i modelli avanzati, di stampo funzionalista157, partendo dal Competition Model di Bates e McWhinney (1981)158, il quale nasce come modello applicato all’acquisizione della lingua materna e viene in un secondo tempo esteso all’acquisizione di una L2, esplicando la teoria tipologico-funzionale (Functional-

Typological Theory) di Givon (1979159). Il modello competition è basato su un

mapping tra forme e funzioni, in cui le forme corrispondono alle informazioni esterne

dell’input (significante), le funzioni alle proprietà interne (significato). Ogni performance linguistica consisterebbe nell’identificazione dei cues relativi a forme riconosciute, per effetto di frequenza ed esperienza, e la ricerca (mapping) di una corrispondenza funzionale e significativa associabile160. Givon arricchisce il modello tramite la salienza di principi pragmatici e psicolinguistici, alla base della percezione e produzione del parlato durante gli scambi comunicativi. Ogni informazione linguistica è quindi mappata attraverso l’interazione di principi pragmatici e sintattici.

155 L’ansia, l’autostima e l’attitudine del discente (filtro socio-affettivo) possono inficiare il

raggiungimento del LAD da parte dell’input, ovvero «will prevent input from reaching those parts of the brain that do language acquisition» (Krashen, 2004, cit. in Menezes, 2013:405).

156 È quanto Krashen ipotizza nella Comprehension Hypothesis (si veda Menezes, 2013).

157 Si può sintetizzare il concetto asserendo che gli approcci di tipo funzionalista correlano

l’acquisizione linguistica alla sua funzionalità prettamente comunicativa.

158 Si vedano Saville-Troike (2006) e Chini (2000). 159 Cit. in Larseen-Freeman, Long (2014).

160 Il modello Parallel Distributed Processing (PDP Research Group, 1986) è per certi versi affine,

implicando dei meccanismi di rafforzamento nelle interconnessioni fra unità neurali, attivati sulla base di una sorta di matching fra forme/categorie linguistiche e funzioni (cfr. Chini, op. cit.).

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La ‘pressione comunicativa’, in questo senso, sarebbe lo stimolo propulsore della progressione linguistica nel percorso di raggiungimento del target. Alcune teorie cognitive, rivolte allo studio delle L2, sono state indirizzate all’analisi delle sequenze acquisizionali, inerenti i livelli morfologico e sintattico; il modello multidimensionale del gruppo ZISA161 e la teoria della processabilità di Pienemann (1998, anch’egli afferente al gruppo ZISA) nascono e si evolvono proprio in questa direzione, andando alla scoperta di sequenze di sviluppo costanti e prevedibili, nella cui determinazione agiscono prettamente fattori psicolinguistici: la Teachability Hypothesis di Pienemann162 chiarì come la capacità di acquisire le strutture di una lingua seconda sia

di tipo sequenziale e proceda per tappe; non si può insegnare determinate strutture prima che l’apprendente ne abbia interiorizzate altre, e l’incremento delle nozioni è incline a una specifica propedeuticità. Inoltre, sebbene le sequenze di acquisizione possano essere determinate in modo certo, i tempi nell’evoluzione acquisizionale sono invece estremamente soggettivi e legati alla personalità, l’attitudine e gli atteggiamenti psicolinguistici degli apprendenti.