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Il ruolo della percezione nell’acquisizione fonologica

Nei paragrafi precedenti si è visto come, nei processi di acquisizione del linguaggio, il bambino sia progressivamente in grado di riprodurre suoni che ha avuto modo di captare dagli input ricevuti, suoi percepiti come costanti e ricorrenti, identificati, e col tempo classificati, nelle specifiche categorie fonologiche di riferimento, sulla base delle caratteristiche distintive associate a ciascun contrasto linguistico190. Il bambino è potenzialmente in grado di distinguere correttamente opposizioni linguistiche di qualsiasi lingua o varietà, proprietà che rimane intatta fino ai primi mesi di vita, oltre i quali il contatto con la lingua materna, in contesti familiari ed extra-familiari, conduce a una sintonizzazione verso gli stimoli sonori più prominenti, i suoni nativi, il cui riconoscimento si consolida entro il primo anno di vita191. Ciò significa che il bambino avrà costruito una rete di pattern identificativi di ciascun suono e con essi avrà imparato come combinare fra loro suoni e parole seguendo norme di accomodamento e adattamento dei suoni, imparando ad applicare le regole fonologiche della propria lingua192. Mentre la competenza fonologica del bambino, quindi, cresce progressivamente e si affina col passare del tempo, la percezione di suoni non nativi, a meno che di un contatto diretto con una lingua differente da quella materna (come nei casi di bilinguismo precoce), va pian piano scemando193. Dal momento che la percezione linguistica è di tipo categoriale (vd. §2.4.3), e le categorie sono legate alla competenza fonologica del parlante, la capacità di produrre suoni linguistici è relazionata ad una discriminazione categoriale corretta, tanto di suoni nativi come di suoni non nativi: i processi con cui una nuova lingua viene acquisita

ogni lingua attua un processo distinto, sulla base dei segmenti e i tratti ammissibili dalla L1 nello stesso contesto.

190 Si vedano Brown (2000), Kuhl (2000), Ohala (2008). 191 Ohala (op. cit.), Strange e Shafer (2008).

192 Recenti studi ipotizzano che i suoni della lingua nativa possano in qualche modo influenzare la

percezione linguistica del bambino già in età prenatale, all’interno del grembo materno (si consulti, ad esempio, Moon, Lagercrantz e Kuhl, 2013).

193 «[…] infants initially display universal capabilities to discriminate low-level properties of speech,

then move on to recognizing certain language-specific phonetic details of the ambient language between 6-12 months, and then to emerging recognition of contrastive phonological aspects of lexical items by around 18-20 months. Further refinement in perceiving native phonetic and phonological properties occurs across the third and fourth years, with acquisition of reading skills at 5-6 years, adding an orthographic-mapping contribution to greater phonological awareness» (Best, Tyler, 2007: 32).

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fonologicamente rispondo agli stessi principi di categorizzazione di suoni nativi, ed è pertanto che la percezione assume un ruolo preliminare essenziale al dispiegamento di tutti i processi successivi. Si spiega in questo modo la capacità di apprendenti precoci di una L2 di acquisire, rispetto ad apprendenti tardivi (adolescenti o adulti) una competenza fonologica e di conseguenza una pronuncia nativa ottimale.

Nonostante le premesse in incipit, alcuni risvolti delle teorie sul periodo critico194

tendono a considerare i processi percettivi come subordinati alla capacità di produzione: in tal senso, i bambini sarebbero in grado di produrre correttamente anche suoni non nativi, poiché in loro non si è ancora compiuto il processo naturale di maturazione neurale, complice di una perdita di plasticità nei processi legati all’elaborazione e la produzione linguistica195. D’altro canto è stato ampiamente

dimostrato come i limiti nella percezione e produzione di suoni L2 sorgano dall’esperienza pregressa legata alla L1, più che da una perdita di plasticità, e siano frutto di errori di attribuzione dei suoni target a quelli noti (Kuhl, Iverson, 1995; Kuhl, 2000; Flege, 2003). Certamente la L1 di riferimento esercita la funzione di filtro fonologico sulla percezione dei suoni in lingua straniera, così che una percezione fortemente plasmata dal sistema di provenienza può indurre a fraintendimenti e a una produzione inappropriata o imprecisa (Trubeckoj 1939, 1971); ma è anche vero che non tutti i suoni, percepiti e categorizzati correttamente, sono poi prodotti in modo corretto (Llisterri, 1995), come messo già in evidenza dagli studi di Neufeld (1988) sul comportamento ‘asimmetrico’ riscontrato fra percezione e produzione fonologica. Questo può dipendere da molteplici fattori, sia esterni che interni al parlatore, primo fra tutti dal peso che i diversi correlati acustici svolgono nella discriminazione degli stessi suoni a livello cross-linguistico196 (Lisker, Abramson, 1970; Bohn, Flege 1990; Llisterri, 1995), e che vengono calibrati in modo differente anche nella fase di produzione del suono (Ladefoged, 1980; Iverson, Kuhl, Akahane-Yamadac, Dieschd, Tohkurae, Kettermannf, Siebert, 2003; Escudero, 2009). Tali divergenze, evidenti dal

194 Si veda il §3.7.1.

195 Per un resoconto su questa corrente di studi si rimanda a Flege (2003).

196 Sulla percezione categoriale legata ai correlati acustici di suoni vocalici e consonantici, si confronti

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punto di vista fonetico, non possono prescindere dalle caratteristiche intrinseche a ciascuna lingua, percui:

Learning to perceive sounds in a second language involves arriving at the appropriate mappings for the speech signal onto such categories.197

La fonologia e la fonetica rivestono parimenti importanza in questo processo: la variabilità di ogni messaggio e i fenomeni di coarticolazione fanno sì che sia pressappoco impossibile che l’apprendente abbia accesso esclusivamente a rappresentazioni segmentali astratte, ma allo stesso tempo rendono indispensabili i modelli di riferimento categoriali rivestiti dai fonemi (Ard, 1989; Brown, 2000). Tuttavia:

[…] neither a simple phonemic representation, nor phonemes augmented with distinctive features is sufficient for describing perception, the original impetus of the phoneme concept.198

Alla base di una pronuncia corretta vi è senza dubbio una corretta identificazione dei segmenti linguistici: d’altronde, le gerarchie implicazionali, alla base dell’acquisizione fonologica, prevedono che il graduale susseguirsi nelle fasi d’apprendimento parta proprio dai segmenti, per giungere alle strutture sillabiche e focalizzarsi, infine, sulla prosodia199. Preme pertanto comprendere quali siano i possibili comportamenti

percettivi e produttivi di apprendenti di una lingua seconda, come tali suoni vengano discriminati e categorizzati, sulla base di quali caratteristiche e come e fino a che livello la lingua materna influisca sui suddetti processi.

Il modello Speech Learning di Flege

Il modello Speech Learning (SLM) di Flege (1987, 1995) nasce allo scopo di spiegare come i parlanti apprendenti di una L2200 percepiscano e producano i suoni della lingua

197 Escudero (2007:111). 198Ard (1980:248).

199 Hancin-Bhatt (2008), Archibald (2014).

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target e come tali suoni si rapportino alle categorie della lingua nativa. Inscrivendosi nel filone di studi percettivi e acquisizionali, il modello prende in considerazione i fattori di variabilità interna ed esterna agli apprendenti, come l’età in termini biologici e di onset (AOL, age of learning/AOA, age of arrival)201, il periodo di permanenza nel

paese di madrelingua L2 (LOR, lenght of residence)202 e il rapporto, in termini

quantitativi e qualitativi, dell’utilizzo di L1 e L2 (L1/L2 use)203. Lo SLM non abbraccia

nessuna teoria fonologica di riferimento, ma stabilisce che la percezione e la conseguente produzione dei suoni L2 avvengano su basi acustiche e fonetiche, relazionate alla lingua nativa di riferimento. È concepita, tuttavia, la possibilità di creare delle categorie nuove per i foni non nativi, appartenenti alla lingua d’arrivo. Flege premette l’impossibilità di produrre correttamente tali suoni, se non a seguito della creazione di categorie specifiche. Un ulteriore presupposto è quello che un apprendente L2 non potrà mai percepire contrasti non nativi nello stesso modo in cui tali suoni vengono percepiti da parlati nativi di quella specifica lingua. La distinzione alla base del comportamento percettivo e categoriale è basata sull’opposizione fra suoni ‘nuovi’ e ‘simili’: suoni distanti dalle classificazioni fonetiche/fonologiche di riferimento, vengono appresi con più rapidità, andando a costituire delle categorie a sé stanti; lo spazio fonologico creatosi è comune alle due lingue, per cui è possibile che, nei casi di bilinguismo, l’influenza di una lingua sull’altra sia reciproca e bidirezionale. Le maggiori difficoltà sono, invece, legate alla percezione di suoni simili a quelli della L1: la somiglianza fa sì che la percezione avvenga per meccanismi di equivalenza (equivalence classification204), che suoni ‘vicini’ vengano classificati in confini condivisi dalle categorie native (merger hypothesis205) più simili, e che in fase produttiva queste ultime si sostituiscano ai suoni target, denotando una pronuncia L2 tipicamente accentata. Non è escluso, ciò nonostante, che i processi di categorizzazione migliorino con un incremento nella competenza dei parlanti e una maggiore esposizione all’input.

201 Flege (1987, 1988), Flege, Munro, MacKay (1995), MacKay, Flege (2004).

202 Ad esempio, il caso di madrelingua italiani immigrati in Canada, apprendenti di lingua inglese, è

analizzato in Flege, MacKay & Meador (1999).

203 Flege, Schirru & Mackay (2003), Flege, MacKay (2004). 204 Flege (1987, 2003).

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Riassumendo i postulati e le ipotesi di base del modello: i processi che condizionano l’apprendimento della lingua permangono invariati nel corso della vita e sono gli stessi attivati sia per l’apprendimento della lingua materna che per quello di nuove lingue (postulate 1); gli aspetti peculiari legati a suoni della lingua differenti dalla L1 entrano a far parte di nuove categorie fonetiche consolidate nella memoria a lungo termine (postulate 2). L’abilità percettiva di parlanti bilingue va migliorando nel corso degli anni di apprendimento, ma le nuove categorie plasmate entrano a far parte di «a common phonological space» (postulates 3 e 4). A questi assiomi di partenza si aggiungono alcune ipotesi riassuntive del modello:

- i suoni di L2, che si discostano da suoni simili di riferimento nella L1, sono percepiti come varianti allofoniche e non categorizzati a livello più astratto - nonché gerarchicamente più alto - dei fonemi; altrimenti, la tendenza generale degli apprendenti è quella di creare nuove categorie fonetiche a cui attribuire i suoni completamente nuovi o ritenuti molto divergenti;

- gli apprendenti sono in grado di identificare maggiormente le differenze fonetiche più evidenti tra segmenti di L1 e L2;

- le differenze tra suoni nativi e non nativi, o tra suoni non nativi molto diversi da quelli presenti nella lingua madre, vengono discriminati con più efficacia e in maniera inversamente proporzionale all’avanzamento dell’età;

- in presenza di suoni particolarmente simili fra L1 ed L2, il meccanismo di creazione di categorie fonetiche è modificato in modo tale da far ricadere questi suoni nella stessa categoria: il parlante sarà consapevole di percepire suoni afferenti a sistemi linguistici distinti, ma li produrrà in maniera molto simile;

- la percezione di suoni L2 da parte di un parlante bilingue non sarà mai la stessa di quella realizzata da un parlante nativo di una delle due lingue e la produzione di suoni non nativi sarà sempre vincolata al livello e alla qualità di percezione dei medesimi suoni.

95 Il Perceptual Assimilation Model di Best

Il perceptual assimilation model (Best, 1995) focalizza la propria attenzione sulla percezione di opposizioni fonetiche e fonologiche di una lingua straniera. A differenza del modello speech learning (Flege, 1995) il PAM non è inizialmente rivolto specificamente ad apprendenti di una lingua seconda o straniera, ma ad ascoltatori inesperti; l’estensione in termini acquisizionali di una L2 risale al lavoro di Best e Tyler (2007). Il modello riconduce i processi di percezione linguistica ai principi teorici di fonologia articolatoria (Browman e Goldstein, 1989)206, in base ai quali la discriminazione percettiva avverrebbe grazie all’estrazione di informazioni dirette207,

costituite dai parametri legati ai gesti articolatori, impiegati nella realizzazione del suono (invariants), con cui si identificano le categorie fonologiche. La discriminazione percettiva corrisponde, dunque, a processi di assimilazione alle categorie note della L1, contraddistinte dalle geometrie articolatorie più prossime a quelle caratterizzanti i nuovi suoni percepiti. Anche in questo caso, si può fare riferimento a due classi di opposizioni, quelle costituite da suoni nativi (condivisi dai sistemi, quindi simili) e non nativi (suoni nuovi e non condivisi): per i primi, come premesso, si prevede un’assimilazione totale alle categorie L1, con vari livelli di discriminazione208; per i

secondi è possibile che vengano create nuove categorie, all’interno di uno spazio fonologico distinto da quello nativo209. Suoni estremamente divergenti, identificati come non linguistici, risultano non assimilati e non riconducibili ad alcuna categoria210. Si propone a seguire una schematizzazione delle possibili assimilazioni previste dal modello.

206 Si veda il §. 3.3.2.

207 Un ulteriore spunto teorico del PAM è la teoria ecologica sulla percezione diretta (si rimanda a

Gibson, 1966).

208 Vayra et al. (2012) ipotizzano una totale sostituzione di suoni L2 con quelli di L1 più simili, cui sono

assimilati.

209 Si vedano Best (1995), Best, Hallé, Bohn e Faber (2003), Best, Tyler (2007). 210 Ne sono un esempio i clicks delle lingue Zulù (Best, McRoberts, Goodell, 2001).

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ASSIMILAZIONE DISCRIMINAZIONEPREVISTA

TC TWO-CATEGORY

SUONI ASSOCIATI A CATEGORIE DISTINTE DELLA LINGUA NATIVA DISCRIMINAZIONE: ECCELLENTE

CG CATEGORY-

GOODNESS

SUONI ASSIMILATI ALLA STESSA CATEGORIA NATIVA DISCRIMINAZIONE : DA MODERATA A MOLTO BUONA

SC

SINGLECATEGORY

SUONI ASSIMILATI ALLA STESSA CATEGORIA NATIVA DISCRIMINAZIONE: SCARSA

UU BOTH

UNCATEGORIZABLE

NESSUNO DEI DUE SUONI È ASSIMILABILE A CATEGORIE NATIVE DISCRIMINAZIONE: DIPENDENTE DALLA PROSSIMITÀ

UC

UNCATEGORIZEDVS.

CATEGORIZED

PRIMO SEGMENTO: ASSIMILATO A CATEGORIA NATIVA SECONDO SEGMENTO: SPAZIO FONOLOGICO NON NATIVO

DISCRIMINAZIONE: OTTIMA NA

NON-ASSIMILABLE

SUONI NON APPARTENENTI AL DOMINIO DEL PARLATO DISCRIMINAZIONE: MOLTO BUONA

Tabella 3 - Tipi di assimilazione e livelli di discriminazione di opposizioni non native previsti dal PAM

Laddove i suoni non nativi vengano categorizzati (TC, SC e CG), è previsto un gradiente dei livelli di discriminazione di tipo TC>CG>SC.

Nell’estensione PAM/L2 si ritiene che la percezione possa migliorare in maniera direttamente proporzionale al livello di competenza linguistica del parlante: tale competenza riguarda sia i parlanti apprendenti di una lingua straniera (maggiore sarà l’esperienza in termini di periodo di studi e di contatto diretto e uso prolungato della lingua in contesti madrelingua, maggiore il riscontro a livello percettivo e produttivo), sia l’acquisizione spontanea della lingua nel corso della vita, legata quindi all’avanzamento dell’età. Il vantaggio di un ascoltatore apprendente rispetto ad uno inesperto può risiedere, a livello percettivo, nel fatto che il primo tenderà ad esaminare lo stimolo riconducendolo non soltanto ad informazioni articolatorie e fonetiche, ma anche fonologiche, mentre il secondo si limiterà alla percezione di invariants articolatori, senza un supporto fonologico consolidato. L’apprendente ‘consolidato’, in modo particolare, avrà già interiorizzato gli invariants relativi ai suoni non nativi, non noti all’inesperto; pertanto, non solo la percezione in sé, ma soprattutto l’assimilazione alle categorie native avverrà su un piano gerarchico più alto.

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Il modello Native Language Magnet di Kuhl

Nel modello native language magnet (NLM) Kuhl (2000) offre una prospettiva dei processi di percezione linguistica dei suoni di una seconda lingua, affiancata da un excursus acquisizionale sull’evoluzione percettiva, dal bambino all’adulto. Come nel modello SLM, le teorie fonologiche non rientrano nel NLM, col presupposto che non esista una grammatica interna, adibita al riconoscimento dei suoni, ma che questi siano elaborati unicamente da un punto di vista acustico. La mappatura neurale dei suoni linguistici, che ha inizio nei primi 6 mesi d’età, individua, entro il primo anno di vita (fra i 10 e i 12 mesi), le rappresentazioni percettive che si consolideranno nelle categorie prototipiche della lingua materna211. Tali categorie fungono da magneti

catalizzatori di tutti i suoni ad essi più vicini o simili: la percezione di suoni nativi e non nativi è dunque attuata in funzione dei prototipi di riferimento della lingua materna, soprattutto in età adulta, laddove il processo di memorizzazione categoriale è pienamente compiuto, consolidato e sintonizzato sui suoni specifici della L1. Il modello spiega, pertanto, i fenomeni di assimilazione percettiva alle categorie native (magnet), evidenziando la natura fonetica degli esemplari di riferimento, che sono, in aggiunta, altamente linguo-specifici. Quest’ulteriore ragione giustifica i casi di percezione e produzione equivoca di suoni in una lingua seconda, i quali, essendo percepiti su basi acustiche differenti (ciascuna lingua statuisce i propri correlati acustici di riferimento)212, non verranno agevolmente identificati in modo corretto o, in ogni caso, al pari di come farebbe un parlante nativo di L2. Il modello prevede inoltre, che, sulla base della vicinanza/distanza dei confini categoriali fra due suoni, più questi saranno prossimi fra loro e maggiori saranno le probabilità che vengano percepiti come realizzazioni differenti dello stesso prototipo, al pari di quanto previsto dalle ipotesi su suoni simili in Flege (1995) e dall’assimilazione SC o CG di Best (1995; Best e Tyler, 2007). Maggiore è la distanza fra prototipi, maggiore la salienza

211 Il concetto di prototipo è rievocato da Rosch (1975) e individua l’esempio assoluto di una categoria,

cui vengono ricondotti tutti gli altri esemplari della stessa (da qui il magnet effect: effetto magnete/calamita). In altre parole, l’area centrale di ciascun prototipo include la realizzazione migliore e più chiara del suono considerato e tutto ciò che si colloca intorno al prototipo è percepito come variazione dell’esemplare (Lacerda, 1995).

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percettiva e l’identificazione di suoni molto diversi fra loro. Nell’acquisizione di una lingua seconda l’apprendente precoce subisce effetti di interferenza minimi rispetto a quello tardivo: in età post-puberale è richiesto un processo di riadattamento dei prototipi categoriali, incrementabile mediante training.

Il quadro teorico Natural Referent Vowel di Polka e Bohn

Il framework del NRV elaborato da Polka e Bohn (2003, 2011) nasce con l’obiettivo di definire i processi di discriminazione percettiva che conducono all’acquisizione di categorie vocaliche in lingua materna, per poi focalizzarsi sugli stessi meccanismi di discriminazione in suoni non nativi. Dando un accenno sintetico alla struttura del modello213, questi prevede che la differenziazione fra categorie vocaliche parta dalla

sintonizzazione, in termini di correlati acustici e caratteristiche articolatorie, delle tre vocali cardinali e universali /i a u/, che fungono appunto da referenti naturali (natural

referents) per la categorizzazione di qualsiasi altra vocale. Ciò significa che tutti i

suoni più o meno distanti da quelli di riferimento, sono rielaborati in termini di distanza da questi, e sulla base della direzione verso cui tendono all’interno del quadrilatero vocalico. I biases adottati per dare conformazione al sistema vengono chiamati in causa ogni qual volta si necessiti di tali informazioni, sia per incapacità di ricostruzione dello stimolo, per cause esterne, sia di fronte a nuove categorie di una L2. In questo quadro, le vocali periferiche costituiscono le forme percettive stabili verso cui è polarizzata l’attenzione dell’apprendente; il paradigma prevede, dunque, che, nell’approccio a suoni di una lingua straniera, il soggetto sia avvantaggiato nell’individuazione di vocali più periferiche, al contrario, individuare vocali nuove meno periferiche rappresenta un compito più complesso. Il processo di discriminazione agisce con lo stesso meccanismo in L1, fino al consolidamento della fonologia.

213 Si invita a consultarlo approfonditamente in Polka e Bohn (2003, 2011) e Tyler, Best, Faber e Levitt

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Il modello L2 Linguistic Perception di Escudero

Escudero (2007, 2009) propone un modello di percezione linguistica inquadrato nelle teorie fonologiche dell’ottimalità e la functional phonology214: la categorizzazione dei

suoni linguistici avverrebbe sulla base dell’azione di un processore linguistico- grammaticale, integrato di funzioni di decodifica del segnale, identificazione di rappresentazioni percettive preminenti, mappatura fonologica e accesso alle forme lessicali (Figura 13).

Figura 13 – Linguistic perception model (adattato da Escudero, 2007)

Quest’ultimo è raggiunto tramite un dispositivo di tipo bottom-up: i processi percettivi individuano nell’input acustico le categorie percettive di riferimento, su cui agisce la grammatica percettiva, per il riconoscimento delle rappresentazioni lessicali stipate in memoria. Questo meccanismo è trasposto in modo speculare nella percezioni dei suoni linguistici di una seconda lingua (L2LP). Nelle prime fasi di acquisizione della L2, l’apprendente crea automaticamente una ‘copia’ della grammatica percettiva e delle rappresentazioni percettive della L1. Ciò significa che, inizialmente, la percezione linguistica è guidata interamente dalle categorie della lingua materna. Dal momento che la grammatica L2 è gestita, però, da un processore specifico, rappresentazioni e categorie subiscono progressivamente un processo di riadattamento, sulla base di informazioni acustiche distinte e altrettanto linguo-specifiche. In questa prospettiva, la competenza linguistica dell’apprendente può giungere a livelli ottimali: se ogni lingua 214 Si veda il §. 3.3.2. LEXICAL REPRESENTATION AUDITORY INPUT • PERCEPTION PERCEPTUAL INPUT • RECOGNITION

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attiva meccanismi percettivi diversi e la produzione avviene su dimensioni acustiche specifiche215, riadattare la mappatura percettiva della L1 su quella di una nuova lingua può risultare più semplice nei casi di suoni nettamente distanti, attraverso la creazione di categorie nuove; riadattare categorie di suoni molto simili è un meccanismo più complesso, che sfocia spesso in fenomeni di shifting su categorie native affini.

Il modello Phonological Interference di Brown

Il modello percettivo di Brown (2000) affonda le proprie radici nella teoria fonologica della feature geometry216 e racchiude in sé principi di teoria linguistica, processi

percettivi e meccanismi acquisizionali.

La premessa di base al modello è che l’appropriato sviluppo del sistema fonologico dipenda dalle proprietà dei meccanismi di percezione del parlato. Nelle fasi di acquisizione fonologica, il bambino acquisisce individuando l’uso contrastivo dei segmenti contenuti nell’input, nel rispetto degli ordini gerarchici previsti dalla feature

geometry, ossia partendo dai tratti distintivi e giungendo alla creazione di

rappresentazioni (si veda la Figura 14). Con l’esposizione alla lingua materna, la