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7. Le garanzie procedurali e la posizione della difesa

7.2 Le fonti e la tutela multilivello

I due grandi sistemi giuridici transnazionali che coabitano da oltre mezzo secolo in Europa sono la CEDU 431 , nata per garantire l’osservanza dei diritti fondamentali da parte degli Stati nei loro ordinamenti, e l’Unione Europea, aggregatasi intorno alla disciplina transazionale dei mercati432, ma che ha poi gradualmente utilizzato il diritto e il processo penale come strumenti per la sua tutela, nonché i diritti fondamentali come limite e basamento della propria attività433.

Questi ultimi sono così diventati un elemento comune sia alla CEDU, che all’ Unione, specialmente sul piano a noi più caro della giustizia penale, inevitabilmente esposto ad osmosi e contaminazioni reciproche.

Ne discende un sistema variegato e complesso, con una molteplicità di fonti coinvolte per la loro salvaguardia, quali le discipline degli ordinamenti nazionali e

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La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (CEDU) è stata firmata a Roma il 4 novembre del 1950 dai dodici Stati all’epoca membri del Consiglio d’Europa (Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Turchia).

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V. retro, nota 16.

433 Sul tema dei diritti fondamentali nell’ambito dell’Unione, Cfr. P.R

IDOLA, Diritto comparato e

diritto costituzionale europeo, Giappichelli, 2010, pp. 143-163. Secondo il Professore, l’itinerario per la formazione di un sistema di garanzie fondamentali comunitarie evidenzia come il tema dei diritti, pur scontando tuttora i condizionamenti dell’originaria impronta funzionalista delle comunità, stia assumendo rilievo crescente ed una marcata centralità nella ricostruzione degli assetti “costituzionali” dell’Unione. Ne discende un graduale ridimensionamento della prospettiva esclusivamente incentrata sull’organizzazione del mercato e del trasferimento di alcune competenze specializzate, rimanendo comunque lontano il compimento di quella “rivoluzione copernicana”, dai più parti auspicata, che dovrebbe comportare lo spostamento del baricentro dell’Unione dagli Stati Membri al cittadino comunitario titolare di diritti, nonché dall’homo oeconomicus al soggetto nella varietà delle sue aspirazioni e dei suoi bisogni. V. retro, par 1.2.4.

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le rispettive Costituzioni, le disposizioni della CEDU, la normativa primaria (Art. 6 TUE, e Carta di Nizza) e secondaria (art. 82, 2b TFUE) dell’Unione, nonché le previsioni dei trattati internazionali434.

A questa cornice di diritto positivo va poi aggiunto l’apporto fondamentale della giurisprudenza. In primis della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma anche dei giudici interni e delle Corti costituzionali nazionali.

Si parla, dunque, di una “tutela multilivello” dei diritti fondamentali, da intendersi come «complesso di istituti di varia matrice, normativa e giurisprudenziale, attraverso cui si articolano le varie competenze e relazioni tra giurisdizioni nazionali e sovranazionali davanti alle quali è possibile far[ne] valere la tutela435».

434 Ie. Art 11, comma 3, della Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite del 2000 contro la

criminalità organizzata.

435

Così R.E.KOSTORIS, Tutela dei diritti fondamentali, op. cit., p. 64. Del resto, non si può negare la dimensione europea ormai assunta dalla stessa giustizia nazionale, che assorbe gli indirizzi normativi e della giurisprudenza provenienti sia dalla “piccola”, che dalla “grande” Europa, rispettivamente l’Unione europea a 28 Stati (con il recente ingresso della Croazia nel luglio 2013) ed il Consiglio d’Europa di cui fanno parte 47 Paesi del vecchio continente. Si tratta di un unicum che risente delle influenze di entrambi i sistemi nazionali. Nonostante la tesi si concentri essenzialmente sulle discipline comunitarie, non si deve tralasciare il ruolo altrettanto importante dell’ordinamento CEDU, che incide sul diritto sostanziale, ma anche procedurale nazionale (specie dell’esecuzione, intervenendo la Corte di Strasburgo in ultimissima istanza, quando oramai sono state esaurite tutte le vie di ricorso interno e la procedura è quindi giunta nella fase attuativa della decisione). Nel caso dell’Italia, basti ad esempio del riesame ex art. 309 c.p.p., introdotta agli inizi degli anni Ottanta ed attuativa dell’art. 5 CEDU, a garanzia del diritto di adire un tribunale in tempi brevi per discutere la legittimità di una misura restrittiva. Ma ancora, il caso Stoichkof c/ Bulgaria (C. eu. dir. uomo sent. 24 marzo 2005, n. 9808/02), con cui la Corte di Strasburgo ha per la prima volta qualificato come contra lege la detenzione di una persona secondo un provvedimento legittimo per il diritto nazionale bulgaro, ma in violazione dei diritti fondamentali della CEDU, con un controllo che diventa più capillare e che ridimensiona lo stesso concetto di sentenza irrevocabile: il titolo esecutivo, se “unfair”, non è titolo legale di esecuzione. Tale principio è stato poi ribadito in altre, successive pronunce con le quali la Corte europea ha evidenziato che il mezzo più adeguato per rimediare ad un’accertata violazione del diritto ad un equo processo non possa che essere l’avvio di uno nuovo o la riapertura dello stesso procceso penale in cui si è verificata l’infrazione (ie. C. eu. dir. uomo sent. 11 dicembre 2007, n. 25575/04, Drassich c/ Italia). Tra la fine degli anni Novanta ed i primi anni Duemila sono state molte le condanne subite dall’Italia per la violazione dei diritti fondamentali intervenute nel corso dei processi penali, in cui si sono inserite la triade di sentenze (Cat Berro, Somogyi, Dorigo) incidenti sulla fase dell’esecuzione. Dall’affermazione che la Convenzione è norma introdotta con norma atipica, tale da imporre ad un giudice italiano di non dare esecuzione di una sentenza di condanna emessa al termine di un processo che la Corte europea abbia giudicato non equo, senza però indicare lo strumento giuridico che possa incidere sull’esecutività di una sentenza di condanna irrevocabile, ovvero in grado di provocare la riapertura del procedimento (C. Cass., Sez.

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E se da una parte prevalgono le voci di quanti guardano alla concorrenza di più sistemi autonomi ed integrati come ad un potenziamento di tali diritti, è altrettanto indiscutibile come una simile poliedricità di fonti normative e giurisprudenziali rischi di sconfinare nell’incertezza applicativa, lasciando all’interprete, come si vedrà, non pochi nodi da sciogliere.