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6. La proposta di regolamento per l’istituzione della Procura europea

6.1 Introduzione

Il 17 luglio 2013 la Commissione europea ha adottato e pubblicato la proposta di regolamento per istituire l’ufficio del Pubblico Ministero Europeo292

, definendone competenze e procedure a integrazione della proposta di direttiva PIF che ne stabilisce i reati e le sanzioni applicabili293, inserendosi in un pacchetto normativo di cui fa parte anche la proposta di riforma di Eurojust294 (v. infra, par. 7.6). Un intervento che si inserisce in una realtà connotata da un’azione giudiziaria statale carente dei connotati di efficacia, equivalenza e dissuasività richiesti dal Trattato, dove lo stesso sistema europeo, strutturato in organi quali Eurojust ed Europol –

con il compito di favorire lo scambio di informazioni e coordinare le indagini e le azioni penali nazionali senza poterle svolgere – e l’OLAF –che ha la funzione di indagare sulle frodi e le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione, ma con competenze limitate alle sole indagini amministrative –

risulta altrettanto inadeguato nella lotta contro i reati che ledono i beni dell’Unione295

, primo tra quali il bilancio a cui si riferisce la stessa proposta della

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Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea, COM (2013) 534 final, del 17 luglio 2013.

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Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, COM (2012) 363 final, dell’11 luglio 2012. V. infra, par. 6.2.4.

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Proposta di regolamento Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), COM (2013) 535 final, del 17 luglio 2013. V. infra, par. 6.6.

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La necessità d’istituire una Procura europea trova dunque le proprie radici nella più generica preoccupazione che il sistema tradizionale della cooperazione giudiziaria in materia penale sia ormai storicamente inadeguato a fronteggiare fenomeni di criminalità transnazionale con particolare riferimento alla protezione degli interessi finanziari dell’Unione (nonostante non sia da escludere che, ove l’interazione politica dovesse avanzare secondo le attese, l’ipotizzato ufficio inquirente possa erodere competenze sempre maggiori). Il quindicennale dibattito sull’introduzione di un ufficio inquirente europeo sarebbe ormai passato, con il Trattato di Lisbona e l’art. 86 TFUE, da una fase speculativa, in cui ci si domandava “se” fosse opportuno istituirlo, ad una operativa, in cui si ragiona sul “come”, quindi sui caratteri, sulla struttura e sui poteri da attribuirgli. Cfr. LIGETI–SIMONATO, The European Public Prosecutor’s Office: towards a

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Commissione, che non ha fatto alcun uso delle potenzialità offerte dal paragrafo 4 dell’art. 86 TFUE296

.

Nonostante le critiche, come si vedrà in parte condivisibili, sulla portata scarsamente innovativa della proposta 297, si tratta comunque di un passo importante verso la creazione di un’autentica area comune di giustizia all’interno dell’Unione. Non a caso, gli stessi Commissari europei coinvolti nella redazione, la vice presidente della Commissione europea e Commissario alla giustizia, Viviane Reding, e il Commissario per la fiscalità e la Lotta alle frodi, Algirdas Semeta, nella conferenza stampa tenuta lo stesso giorno, non hanno esitato a definirla come un documento “storico”, qualificazione che rende efficacemente l’idea di una prima, vera messa in atto dei dibattiti che hanno accompagnato e

truly European prosecution service?, in New European Journal of Criminal Law, 2013, p. 21. Contro tale impostazione, però, già il CCBE (Council of Bars and Law Societies of Europe) con un proprio documento del 7 febbraio 2013 e il German Federal Bar con la position 48/2012, seppur con prospettive in parte diverse, hanno manifestato motivate perplessità poi condivise dall’ osservatorio Europa dell’UCPI. A tale proposito, la CCBE ha affermato come «a more rational and effective use of the existing institutions (especially Eurojust, OLAF, Europol, etc.)» possa essere una valida alternativa alla creazione della Procura europea. «Inefficiency in dealing with EU fraud and related crimes, which according to the Commission justifies the establishment of a EPPO, seems to be the result of poor functioning of existing EU and national agencies rather than the result of the lack of a EPPO In this regard, better use of existing institutions could be a more attractive option than the current rush to a new super-authority, which could create more problems than it would solve». Cfr. Council of Bars and Law Societies of Europe, 7 febbraio 2013; cfr. Joint position of Bundesrechtsanwaltskammer (The German Federal Bar) and Deutscher Anwaltverein (German Bar Association) on the creation of a European Public Prosecutor’s Office, position 48/2012; cfr. UCPI, Osservatorio Europa, La Strada per l’istituzione dell’Ufficio del Procuratore Europeo, 5 aprile 2013.

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Nella Relazione alla proposta di regolamento COM (2013) 534 final., la Commissione afferma che, secondo i dati in suo possesso, «le frodi, le corruzioni e gli altri reati che offendono gli interessi finanziari dell’Unione sono notevoli e largamente non perseguiti». La stessa afferma di aver accertato «una media di circa 500 milioni di euro di sospette frodi in ciascuno degli ultimi tre anni, ma che l’ammontare delle perdite conseguenti a questi delitti è probabilmente significativamente più alto», ove la mancanza di un’efficace risposta repressiva ha indotto nei soggetti agenti la percezione di un certo senso d’impunità.

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Le difficoltà con cui deve fare i conti il processo genetico di una Procura europea sono legate, come visto, alla resistenza degli Stati Membri nel cedere i propri poteri in materia di persecuzione e repressione, strettamente connessi al tema della sovranità nazionale. Ciò spiegherebbe non solo la scelta iniziale di limitarne le competenze del futuro PME ai reati lesivi degli interessi finanziari comunitari, ma anche le opzioni di basso profilo operate dalla Commissione nella redazione della proposta in esame, timide e sicuramente meno rivoluzionarie di quelle previste negli studi che l’hanno preceduta, dal Corpus juris alle Model Rules. Cfr. V. PATANÈ, Procura europea, attività d’indagine ed esercizio dell’azione penale: quali poteri, quali controlli, in GRASSO– ILLUMINATI–SICURELLA–ALLEGREZZA, Le sfide dell’attuazione di una Procura europea: definizione di

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ancora oggi animano la sempre viva ambizione di creare un organo inquirente europeo.

Pur non potendone prevedere gli sviluppi normativi, tale documento rappresenta infatti la prima proposta legislativa con cui si è concretamente cercato d’istituire la Procura europea 298 . Una previsione d’indiscutibile impatto sull’assetto complessivo dell’ordinamento comunitario, sia nel caso in cui, al termine dei negoziati, la versione che entrerà in vigore dovesse essere profondamente diversa dalla presente, sia nella malaugurata, ma pur sempre possibile ipotesi in cui il progetto dovesse venire momentaneamente accantonato299, poiché nel dibattito

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Su tale aspetto Cfr. Andrea Venegoni, Considerazioni sulla normativa applicabile alle misure investigative intraprese dal pubblico ministero europeo nella proposta di regolamento COM(2013) 534, par. 1, su Diritto Penale Contemporaneo, del 21 novembre 2013; Cfr. M.CAIANIELLO, The

Proposal for a Regulation on the Establishment o fan European Public Prosecutor’s Office: Everuthing Changes, or Nothing Changes?, par 1, p. 116, in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice 21 (2013), pp. 115-125.

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A tal proposito, è utile ricordare come l’art. 86, par. 1, richieda l’unanime delibera del Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo, per l’adozione del regolamento istitutivo della Procura europea (ciononostante la successiva, specifica ipotesi di cooperazione rafforzata tra nove Paesi membri). La strada prevista dal Trattato parte dunque in salita, dove al rigore delle norme primarie si accompagna la resistenza politica degli Stati Membri, con le obiezioni sollevate da alcuni parlamenti nazionali sull’asserito mancato rispetto del principio di sussidiarietà (art. 5 TUE) nella proposta presentata dalla Commissione ex Protocollo n. 2 del Trattato di Lisbona (artt. 6 e 7). In virtù di tale meccanismo di controllo, nel mese di ottobre 2013, alla scadenza del termine all’uopo previsto, un numero di parlamenti (tra i quali la House of Commons e la House of Lords inglesi, il Sénat francese e le due camere olandesi) sufficiente a raggiungere il quorum di un quarto previsto all’art. 7 del Protocollo, ha esposto critiche aventi ad oggetto la suddetta proposta, alle quali è seguita la risposta della Commissione con la Comunicazione del 27 novembre dello scorso anno (COM(2013) 851 final). In tale occasione, la Commissione ha illustrato i motivi per i quali ha ritenuto di dover mantenere inalterato il testo originario, limitandosi ad affrontare le sole questioni sul presunto mancato rispetto del principio di sussidiarietà, accantonando «the other arguments», pur sollevati dai parlamenti nazionali, quali il principio di proporzionalità o la possibile violazione dei diritti fondamentali da parte della costituenda Procura, «which falls outside the scope of subsidiarity control mechanism» (par. 2). I temi affrontati sono dunque quello del valore aggiunto, della struttura a carattere gerarchico della Procura (per un confronto, v. anche la Common Position of the Minister of Justice of France and Germany on the European Public Prosecutor’s Office, 4 marzo 2013, dove era stata invece presentata una proposta di struttura collegiale dell’ufficio) e della competenza esclusiva per i reati che ledono gli interessi finanziari. Del resto, il rilievo circa il presunto mancato rispetto del principio di sussidiarietà risulta controvertibile dal fatto che, se questo si basa, tra l’altro, sull’impossibilità che gli obiettivi dell’azione possano essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati Membri (art. 5, par. 3 TUE), com’è possibile che una singola nazione, con la sua normativa, realizzi il concetto di “area giuridica comune” previsto dal Trattato (art. 67 TFUE) e dalla stessa proposta di regolamento (art. 25, comma1)? Il quesito è stato provocatoriamente sollevato da A. Venegoni al convegno La Procura europea. Un impegno per il semestre di Presidenza italiano, tenutosi lo scorso 19 maggio 2014 a Palazzo Montecitorio in Roma.

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sull’istituzione del PME, nuovi e futuri movimenti di pensiero non potranno comunque prescindere dall’analisi di questa “storica” proposta.

Nel procedere all’esame del testo, si inizierà dalle norme sulla competenza materiale della Procura, per poi proseguire con una serie di considerazioni sullo

status, l’organizzazione e l’architettura dell’ufficio, le regole che ne disciplinano

le indagini e la loro possibile conclusione con atto d’archiviazione, di compromesso o esercizio dell’azione penale, concludendo con un breve cenno sui rapporti dell’EPPO con i soggetti della cooperazione di polizia e giudiziaria. Lo scopo è quello di realizzare uno studio analitico, sistematico ed altresì comparato con le precedenti elaborazioni sul tema, dai già citati Corpus juris e Libro verde, fino alle Model Rules, redatte da un gruppo di accademici e professionisti provenienti dai vari Stati Membri, sotto la guida della Professoressa Katalin Ligeti e con la collaborazione dell’OLAF, finanziato dal programma Hercule II della Commissione e cofinanziato dall’Università di Lussemburgo300, assieme alle considerazioni della recente risoluzione del Parlamento europeo301 (ex art. 86, par. 1 TFUE). Va inoltre aggiunto che un commento dell’articolato non potrà mai essere pienamente esaustivo della questione: nell’improbabile ipotesi in cui, dopo l’approvazione, il testo dovesse rimanere invariato, si dovranno comunque attendere gli esiti dell’applicazione pratica per poterne verificare la portata effettiva.

Si procede, dunque, all’analisi della proposta di regolamento, la quale, non va dimenticato, rappresenta oggi l’unico atto su cui saranno chiamati ad esprimersi gli Stati Membri.

300

Cfr. K.LIGETI, EU Model Rules, in http://www.eppo-project-eu/index.php/EU-model-rules.

301 Risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce

la Procura europea, del 12 marzo 2014, P7_TA-PROV(2014)0234, intervenuta in ossequio alla procedura prevista dal TFUE (art. 86, par. 1) per la creazione dell’ufficio inquirente, per cui il regolamento istitutivo deve essere approvato all’unanimità dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento e salva la possibilità di ricorrere ad una cooperazione rafforzata tra nove Stati Membri.

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