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6. La proposta di regolamento per l’istituzione della Procura europea

6.5 La chiusura delle indagini: archiviazione, compromesso ed esercizio

6.5.3 L’esercizio dell’azione penale e foro competente a giudicare

L’Unione europea appare oggi come una formazione sui generis, sospesa tra quella che non è più una semplice cooperazione tra Stati ed una realtà dove i Paesi membri non sono pienamente sovrani, ma neanche componenti di un vero e proprio sistema federale400. Sul tema del foro competente a giudicare i casi oggetto d’indagine della Procura europea, il Trattato di Lisbona (art. 86, par. 2), ha scelto di seguire l’impostazione (cd. para-federale) già proposta dal Corpus

juris e dal Libro verde: mentre la fase delle indagini verrà eventualmente affidata

al PME, la giurisdizione rimane di titolarità dei giudici nazionali (e non di una Corte suprema, come nei sistemi federali), con un inevitabile scarto tra la lex loci, applicata per lo svolgimento delle investigazioni (tra l’altro diversa a seconda dello Stato in cui le prove vengono eseguite) e la lex fori.

Ciononostante si compie comunque un passo in avanti rispetto all’attuale assetto della giustizia penale, imperniato sulla dimensione nazionale in tutte le fasi del procedimento, e foriero dell’indiscutibile vantaggio di non richiedere l’allestimento, accanto al nuovo organo inquirente, anche di una specifica e complessa struttura giudiziaria a livello comunitario401. Dall’altro lato, però, non si può non notare come una simile scelta finisca col trasformare in “missione (quasi) impossibile” l’apprezzabile ambizione di predisporre un sistema coerente e

399 Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio che

istituisce la Procura europea, del 12 marzo 2014, P7_TA-PROV(2014)0234. Riguardo alla necessaria tenuità del reato, è evidente il richiamo alle disposizioni dell’art. 22, comma 2, lett. b) del Corpus juris e del par.6.2.2.1 del Libro verde. V. retro, parr. 2.3.4 e 4.2.3.

400

Cfr. B.PIATTOLI, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, op. cit., p. 21.

401

Cfr. S.ALLEGREZZA, Pubblico ministero europeo e azione penale, stato dell’arte e prospettive di sviluppo, in M.G. COPPETTA (a cura di), Profili del processo penale nella Costituzione europea, Gappichelli, 2005, p. 232; cfr. A. BALSAMO, Le regole di procedura della Procura europea tra

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razionale di regole per le indagini preliminari, strumentali al giudizio e funzionali a quella che potrà essere l’utilizzazione dei risultati investigativi davanti al giudice chiamato a decidere402. Ne discende una sfasatura tra le fasi del procedimento, resa ancora più scivolosa dal pluralismo normativo delle regole applicate dai fori nazionali, che complica non solo il momento della redazione delle regole per le indagini, ma la stessa attività dei soggetti (PME, difensori, persone indagate, ecc.) che saranno poi chiamati ad applicarle, a subirle e a costruire la propria strategia in funzione di un giudizio nazionale, disciplinato da regole diverse a seconda dello Stato competente per il caso concreto.

La scelta di lasciare la giurisdizione ai fori nazionali comporta, inoltre, l’ulteriore conseguenza d’individuare, quale corte di ultima istanza, quella del Paese in cui il processo si è svolto, con evidenti problemi in tema di nomofilachia, interpretazione uniforme e unità del diritto. Vista la ritrosia da parte della Commissione di affidare spazi d’intervento alla Corte di giustizia europea (o, al limite, ad una corte sovranazionale all’uopo istituita come era l’European Court delle M.R.403) la questione potrebbe essere aggirata, a modesta opinione di chi scrive, ricorrendo all’art. 267 TFUE sul rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per l’interpretazione e la validità delle norme europee, ma che la giurisprudenza di Lussemburgo ha talvolta esteso anche alle regole di diritto nazionale suscettibili di provocare un conflitto tra diritto interno e diritto comunitario404. Un ricorso

402

Cfr. G. ILLUMINATI, Procura europea e regole comuni in materia di garanzie procedurali e posizione della difesa. Introduzione, in GRASSO–ILLUMINATI–SICURELLA–ALLEGREZZA (a cura di), Le sfide dell’attuazione di una Procura europea: definizione di regole comuni e loro impatto sugli ordinamenti interni, Giuffrè, 2013, pp. 453, 454. Il Professore elabora l’efficace paragone tra i redattori della disciplina per le indagini preliminari del PME ed un’équipe di ingegneri chiamata a costruire un ponte che però deve arrestarsi a metà del fiume (le regole per le indagini), perché non si sa cosa ci sarà sull’altra sponda (la disciplina nazionale applicabile alla fase del giudizio). «una bellissima arcata fino alla metà del fiume», scrive, «ma quando la si percorre e si arriva alla fine, o si precipita o ci si deve arrestare senza una prospettiva di utilità concreta».

403

Cfr. Art. 7 M.R. che imponeva un «judicial control» da parte della European Court per tutti i provvedimenti tali da incidere sui diritti individuali.

404 Cfr. C. giust CE, sent. 26 novembre 1988, C-7/97, Oscar Bronner GmbH & Co KG c/ Mediaprint

Zeitungs- und Zeitschriftenverlag GmbH & Co KG, Mediaprint Zeitungsvertriebsgesellschaft mbH&Co. KG e Mediaprint Anzeigengesellschaft mbH & Co. KG, in Racc. 1989, p. 7791. La Corte stabilì che il giudice nazionale, chiamato a decidere una controversia avente ad oggetto pratiche restrittive ai sensi del diritto nazionale della concorrenza, può chiedere alla Corte di Lussemburgo di interpretare il diritto comunitario in materia, qualora ritenga possibile che si verifichi un

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azionabile sia su iniziativa del foro statale giurisdiscente, sia su richiesta delle parti coinvolte. In quest’ultimo caso, però, la facoltà si trasforma in obbligo per le corti di ultima istanza, chiamate a rimettere la questione ai giudici sovranazionali le cui pronunce hanno effetto su tutto il territorio dell’Unione405

.

Quella della centralizzazione della sola fase delle indagini è tuttavia un opzione che, una volta consacrata nel Trattato, è stata inevitabilmente trasferita nelle

Model Rules (art. 64) e nella proposta di regolamento dove già al comma 3

dell’art. 4, relativo ai compiti dell’EPPO, si afferma che i PME «esercitano l’azione penale per i reati [che ledono gli interessi finanziari dell’Unione] dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati Membri, comprensiva dell’imputazione e dell’eventuale impugnazione fino a pronuncia del provvedimento definito».406 Procedendo nella lettura dell’articolato, l’art. 27 dispone poi che il Procuratore europeo e i Delegati abbiano gli stessi poteri dei pubblici ministeri nazionali in ordine all’esercizio dell’azione penale, i quali consistono nel formulare l’imputazione, partecipare all’assunzione delle prove ed esercitare i rimedi disponibili. Nello specifico, l’imputazione viene presentata all’organo giurisdizionale nazionale competente, individuato dal Procuratore europeo secondo i criteri espressi al paragrafo 4 dell’articolo407 dove, se ci si

conflitto tra diritto sovranazionale e diritto statale. Una decisione pronunciata in tema di concorrenza, ma che non lascia la speranza di poter giungere alle stesse conclusioni anche in campo penale, in ragione del sistema integrato e multilivello tra fonti interne e comunitarie.

405Una svolta potrebbe comunque arrivare dall’adesione dell’Unione europea alla CEDU, dal

momento che la Corte di Strasburgo verrebbe così investita dei poteri di controllo sugli atti delle istituzioni comunitarie aventi competenza penale, circa la violazione delle garanzie ivi previste. A tale proposito, però, bisogna tenere presente che la Corte europea opera secondo un approccio casistico ed empirico che mal si concilia con le esigenze di nomofilachia sopra esposte, svuotando l’opzione appena proposta di qualsiasi connotato risolutivo.

406

Per una posizione a favore di una giurisdizione penale dell’Unione, cfr. R.E. Kostoris, Le investigazioni del pubblico ministero europeo, op. cit., p. 391. L’Autore sostiene che affidare la fase del giudizio alle corti nazionali rappresenti un limite, ormai troppo radicato e condiviso per essere messo in discussione (specie perché occorrerebbe una modifica dello stesso art. 86 TFUE), ma che sarebbe opportuno ripensare nella prospettiva di un organo inquirente europeo ben lontana da quella che si ricava dalla proposta di regolamento della Commissione. Dopo tutto, se esistono giurisdizioni penali competenti a giudicare casi specifici, perché l’Unione che, pur non essendo uno Stato federale presenta significativi elementi di coesione, non dovrebbe dotarsi di una giurisdizione penale contro i reati che ledono i suoi interessi finanziari?

407 Art. 27, Esercizio dell’azione penale dinnanzi agli organi giurisdizionali nazionali: «4. Il

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dovesse fermare ad un’interpretazione letterale e, segnatamente, all’impiego del tempo presente nella coniugazione dei verbi «sceglie» e «determina», si potrebbe sostenere che la Commissione abbia voluto rendere tale opzione imprescindibile. Una conclusione inaccettabile dal momento che, anche se fosse stato davvero questo l’intento dell’organo proponente, comporterebbe un contrasto difficilmente superabile con le previsioni della Carta dei diritti dell’Unione europea: il giudice nazionale adito sarebbe infatti portato a chiedersi se l’impossibilità di contestare la competenza o la giurisdizione da parte dell’accusato sia conforme al principio del giudice indipendente, imparziale e precostituito dalla legge, di cui all’art. 47 della Carta408 – e comune anche agli Stati Membri409 – dove la risposta, senza dubbio negativa, porterebbe ad un’interpretazione a garanzia del diritto di contestare la scelta del foro, negando ogni immutabile certezza alla titolarità del foro adito dal PME.

Sul punto è intervenuto lo stesso Parlamento europeo, che nella risoluzione emanata lo scorso marzo410 ha evidenziato come i criteri previsti finiscano con il rendere eccessivamente discrezionale la scelta della giurisdizione da parte della Procura, criteri che sarebbe opportuno rendere vincolanti e gerarchicamente ordinati, al fine di assicurare la prevedibilità della decisione, che dovrebbe comunque essere soggetta a controllo giurisdizionale.

delegato che presenta il caso e in considerazione della corretta amministrazione della giustizia, e determina l'organo giurisdizionale competente alla luce dei seguenti criteri:

a) il luogo in cui è stato commesso il reato o, nel caso di più reati, la maggioranza dei reati; b) il luogo in cui l’imputato ha la residenza abituale;

c) il luogo in cui è ubicata la prova;

d) il luogo in cui le vittime dirette hanno la residenza abituale».

408 Art. 47, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sul diritto a un ricorso effettivo e a

un giudice imparziale: «1. Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

2. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

3. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».

409 Artt. 25 e 111 della Costituzione italiana.

410 Risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio PT_TA-

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A parte i ragionamenti fondati sulla possibilità di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, va però evidenziato come questa continui ad essere lasciata fuori da qualsiasi intervento diverso da quello disciplinare previsto agli artt. 8 e 9 della proposta411. Una decisione politicamente determinata dal concetto di sovranità nazionale degli Stati Membri in materia penale, che ha portato la Commissione a concentrarsi sulla disciplina dell’EPPO e dei suoi rapporti con le procure interne, senza prevedere al contempo alcuna regola in caso di conflitto negativo tra le corti nazionali, con il rischio di pregiudicare gli sforzi per costituire un sistema penale europeo veramente efficace. Nel caso in cui si dovesse davvero giungere all’istituzione di un European Public Prosecutor, infatti, i casi perseguiti a livello europeo finirebbero col giungere davanti ai fori nazionali, con il pericolo, laddove sia il primo che il secondo giudice adito dovessero negare la propria giurisdizione, di scatenare un clima di forte incertezza data l’inesistenza di un organo sovraordinato competente a risolvere il contrasto.

Una lacuna che non sembrerebbe una scelta imposta dall’osservanza del secondo e terzo paragrafo dell’art. 86 TFUE, né tantomeno dall’art. 82, comma 1, lett. b) dello stesso Trattato, dove si autorizza il Parlamento e il Consiglio ad adottare misure «atte a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati Membri412», i quali non possono che trovare soluzione con l’intervento di un organo giurisdizionale sovranazionale.

A tale proposito, si ricorda che lo stesso Corpus juris, all’art. 28, lettera d) dell’edizione 2000, prevedeva che la Corte di giustizia fosse competente a deliberare, su richiesta dell’imputato, circa la «scelta (da parte dell’organo di accusa) della giurisdizione del dibattimento». E questo pur avendo precisato nel preambolo che i reati ivi previsti erano giudicati dalle giurisdizioni nazionali. Successivamente il Libro verde, al par. 6.3.1, proponeva di lasciare alla Procura europea l’intera responsabilità sulla scelta dello Stato Membro di rinvio a

411 V. retro, par. 6.3.5. 412

Cfr. G.KESSLER, Prime note sul futuro Procuratore europeo e i suoi rapporti con OLAF, in op. cit., p. 662; ma anche, tra gli altri, l’intervento del noto magistrato Ernesto Lupo al convegno La Procura europea. Un impegno per il semestre di presidenza italiano, del 19 maggio 2014, presso palazzo Montecitorio in Roma, che definisce la costituenda Procura come la «prima istituzione giudiziaria europea».

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giudizio, in forza del principio di reciproco riconoscimento fondato sulla fiducia nei confronti di tutti i sistemi giudiziari nazionali o, altrimenti, di affidarne il controllo ad un giudice nazionale o ad una giurisdizione speciale appositamente creata a livello comunitario.

Si tratta dunque di una questione aperta, che ha visto il susseguirsi di soluzioni diverse nel corso degli anni e che potrà trovarne di nuove nei dibattiti che animeranno l’iter per l’adozione del regolamento. Una tema non di poco conto se si considera, come accennato, che la selezione dello Stato di rinvio a giudizio, pur all’interno di uno spazio tendenzialmente armonizzato, non è scevra di conseguenze come il regime linguistico, la fattibilità pratica del processo (audizione dei testimoni, trasporto in loco, ecc.), ma soprattutto, e al di là di un fondamento giuridico comune, il diritto nazionale applicabile. Una scelta che, oltre al necessario controllo di cui sopra, dovrebbe essere improntata a criteri puntuali e precisi, tali da scongiurare il rischio di “forum shopping”, pur lasciando un margine di discrezionalità alla nascente Procura, legato alla concretezza e alle esigenze dei singoli casi413.