Nel capitolo precedente è stato più volte accennato il tema della formazione. Si tratta di un tema di primaria importanza, tale da consentire alle persone di poter svolgere nella maniera adeguata la propria prestazione lavorativa grazie all’acquisizione di una serie di conoscenze, abilità e atteggiamenti.
La formazione è un processo in quanto formato da fasi precise che si susseguono in maniera lineare. Il processo formativo ha quindi l’obiettivo di far acquisire al personale quelle competenze che risultano indispensabili per la posizione ricoperta, cioè indispensabili per lo svolgimento di quei compiti che la stessa prevede. In altre parole l’obiettivo è quello di arricchire le conoscenze del personale agendo sul sapere e sul saper fare della persona e procedere sui comportamenti dei singoli agendo sul loro saper essere; una formazione che ha l’obiettivo di creare cambiamenti che trasformano le persone: è così che è possibile agire anche sul saper essere.
Un processo formativo ha il suo esito finale positivo quando riesce a rendere i partecipanti in grado, con le loro capacità, di migliorare le loro prestazioni.
2.1 Le opportunità e i rischi della formazione
Prima di entrare nel vivo della questione, si possono analizzare vantaggi e svantaggi, così da iniziare a fare chiarezza sull’importanza e sulla rilevanza del tema formazione oggi.
Chi si occupa di formazione si trova di fronte ad un’opportunità ma allo stesso tempo anche di fronte ad alcuni rischi. L’opportunità deriva dal fatto che coloro che si trovano ai vertici aziendali stanno manifestando concretamente sempre più interesse (oltre che alle strategie, alle strutture e ai sistemi) anche alle motivazioni, alle potenzialità e all’apprendimento del proprio personale. Un’ opportunità riconosciuta dalle aziende sempre in misura maggiore, mettendola così in pratica. La consapevolezza
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della formazione ritenuta come un investimento piuttosto che solo un costo, è punto cruciale sul valore attribuito a tale processo. Per l’azienda la formazione è sì un costo immediato da sostenere, relativo alle attività formative offerte e svolte, ma allo stesso tempo è un investimento nel lungo periodo, poiché tutto ciò che è stato appreso oggi avrà, in tempi successivi, un trasferimento sulla prestazione del lavoratore portando dei vantaggi in termini di miglioramento della produttività aziendale. Per l’azienda non conta che la persona apprenda, ma conta che la persona sia capace di trasferire nel proprio lavoro ciò che ha appreso: è in questo modo che l’azienda ottiene dei benefici ammortizzando i costi iniziali sostenuti ed è questo il fulcro essenziale quando poc’anzi ci siamo soffermati sull’esito positivo della formazione, quando abbiamo parlato di miglioramenti della prestazione. Sta però cambiando il modo di acquisire nella formazione, nel senso che cambiano le aspettative dell’azienda nei confronti dei lavoratori, nel momento in cui si richiedono risultati a breve termine. È importante capire il vero contributo della formazione in termini di ritorno economico, capire se è la strada giusta per la risoluzione di problemi specifici e confrontare tali risultati con quelli di azioni alternative. L’investimento nella formazione come forma di opportunità di crescita deve essere studiato e messo in pratica con le giuste accortezze e giusti strumenti. Il rischio, infatti, potrebbe essere quello di utilizzare gli stessi sistemi di apprendimento di sempre non adeguandoli alle nuove esigenze per facilitare l’apprendere. L’ideale sarebbe quello di creare dei sistemi che possano soddisfare una serie di obiettivi, tra cui:
- Cercare di unire il momento produttivo e formativo in modo che le persone possano apprendere anche durante il lavoro
- Sviluppare e programmare il giusto percorso
- Avere nell’immediato risultati sulla produttività, sull’efficacia e sulla motivazione
- Creare una forma di piacere nell’apprendere e nel continuare a farlo - Velocizzare i tempi d’apprendimento e aumentarne i risultati
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- Potenziare anche conoscenze che nell’immediato possono non dover essere utilizzate, ma che potrebbero essere utili alle persone per fronteggiare cambiamenti imprevisti.
Per realizzare tutto ciò servirebbe l’adozione di strumentazioni, percorsi, metodi che possano essere un mezzo di apprendimento concreto delle persone e delle organizzazioni, legandoli a comportamenti abituali realmente messi in atto e alle esperienze vere vissute sul lavoro. Sarebbe un bel balzo in avanti considerando che non si parlerebbe più soltanto di trasferimento dall’aula al lavoro, ma sarebbero anche gli stessi accadimenti sul lavoro a diventare una base idonea per sviluppare l’apprendimento. Il salto innovativo ha come scopo quello di far divenire i formatori dei veri e propri facilitatori dell’apprendimento, sia in aula e sia sul posto di lavoro.
Altri rischi in cui la formazione potrebbe imbattersi sono: non sempre il trasferimento dell’apprendimento nella prestazione lavorativa ha esito positivo. La disponibilità nell’apprendere, e quindi l’atteggiamento utilizzato dalle persone, cambia l’effetto finale del processo; anche le modalità del trasferimento dipendono dall’interesse delle persone e dall’atteggiamento che ,di conseguenza, assumono; spesso un rischio potrebbe ricadere sulla gestione non corretta di tutte le varie fasi; altro aspetto importante, è dato dal fatto che un alto grado di rischio che comporta un investimento a vuoto, sono le dimissioni del lavoratore dopo essere stato partecipe al processo formativo(importanza, pertanto, della fidelizzazione41).
E’ evidente che l’azione del processo formativo presenta un’esigenza di continuità in modo che diventi una modalità corrente nelle realtà organizzative, non solo in alcuni periodi o in situazioni specifiche eccezionali.
2.2 Le competenze professionali
Prima di soffermarci sul processo formativo descrivendo le varie fasi partiamo dalla base; la domanda da porsi a questo punto è: qual’ è il vero significato dell’obiettivo del
41 Vedi nota n°19 Cap.1
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processo? Cosa intendiamo per competenze? Innanzitutto è fondamentale esporre l’evoluzione che anche tale termine ha subito nel corso del tempo. Oggi non parliamo di competenza, parliamo di competenze al plurale, ma soprattutto ci riferiamo alla loro complessità, complessità necessaria per far fronte ai compiti lavorativi nei contesti organizzativi, per cui:
E’ richiesta una quantità maggiore di conoscenze nella prestazione lavorativa in seguito ad innovazioni tecnologiche e produttive
Si attendono livelli di specializzazione evoluti
I profili ricercati ed occupati sono sempre maggiormente multi-tasking, cioè un singolo lavoratore deve essere in grado di svolgere più mansioni in contemporanea
In merito all’ultima tematica dell’elenco soprastante, un articolo42 sul quotidiano online
“Avanti!” critica tale pratica mettendone in evidenza gli aspetti negativi e i limiti. Ovviamente, da parte del datore di lavoro la capacità del dipendente di essere in grado di svolgere più lavori contemporaneamente è un pregio che influisce anche in fase di reclutamento. Studi condotti dai neuro scienziati del dipartimento di scienze cognitive del MIT (Massachusetts Institute of Technology43) hanno, invece, evidenziato che
lavorare in questa maniera potrebbe causare dei danni a livello cognitivo, poiché il passaggio da un’attività ad un’altra potrebbe essere accusato dal nostro cervello dal punto di vista cognitivo. In particolare, il neuro scienziato Earl Miller, nella sua ricerca, dice che il nostro cervello dispone di un limite nella gestione di più pensieri contemporaneamente. Come esempio prende in riferimento gli incidenti stradali causati dall’utilizzo del cellulare; questo dimostra quanto effettivamente non siamo in grado di svolgere due azioni in modo simultaneo: guidare e guardare il cellulare. Lo stesso scienziato afferma ancora che il multitasking sul lavoro comporta che se l’attenzione è su un compito, nei confronti di un’ altro ci sarà indubbiamente meno attenzione.
42 “Multitasking: ecco perché un lavoratore non dovrebbe esserlo”, presso il sito:
http://www.avantionline.it/multitasking-ecco-perche-un-lavoratore-non-dovrebbe-esserlo/
43 L'Istituto di tecnologia del Massachusetts è una tra le più importanti università di ricerca del mondo con
sede a Cambridge, nel Massachusetts (Stati Uniti). Aperto a Boston nel 1861, nacque come istituto dedicato alla ricerca applicata all'industria.
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Succede che si innesca nel nostro cervello quel meccanismo in cui esso cerca di modellarsi configurandosi per la nuova attività da svolgere. Tutto ciò comporta quindi che, invece di migliorare ciò che si sta facendo, il lavoro risulterà meno efficiente, con conseguente riduzione di produttività e aumento degli errori.
La maggiore complessità deriva anche dal fatto che:
Si richiede maggior autonomia, responsabilità e discrezionalità dei lavoratori Si punta sempre più ad orientare l’organizzazione verso la creazione di team di
lavoro che operano intrecciando le diverse professionalità presenti al loro interno.
Altro cambiamento che ha prodotto complessità nell’acquisizione di conoscenza, risiede nella forte mobilità presente all’interno e fuori l’organizzazione. Oggi i lavoratori cambiano più regolarmente posizioni nell’organizzazione, passano maggiormente da un contesto di lavoro ad un altro e talvolta sono costretti, per variegate esigenze, a cambiare tipo di lavoro. Sulla base di tutto questo, nella situazione odierna, l’acquisizione del sapere è totalmente legata al contesto di riferimento, ma soprattutto a cambiare sono le modalità attraverso le quali gli individui gestiscono il proprio processo di apprendimento, poiché oggi un’assoluta importanza si ritrova nella capacità dei singoli di andare oltre le sole e semplici informazioni ricevute, con l’obiettivo di creare nuova conoscenza. Naturalmente, come abbiamo già detto e come vedremo, ciò prevede che anche i metodi formativi vadano a modificarsi spostandosi verso soluzioni che portano ad una maggiore efficacia del processo formativo.
2.2.1 La definizione e i contenuti
La definizione di competenza presenta una certa difficoltà nella sua elaborazione poiché essa non racchiude un contenuto preciso, ma prevede anche una valutazione di comportamenti e di azioni reali, che investono le qualità del singolo individuo sulla base di norme che supportano l’attività. Pertanto, quando prendiamo in esame la nozione di competenza, essa coinvolge tre diversi campi:
1- Il percorso di socializzazione, cioè il processo attraverso il quale l'individuo diventa un essere sociale, integrandosi in un gruppo sociale o in una comunità.
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2- L’esperienza professionale, intesa come l’insieme delle esperienze maturate. 3- L’istruzione e la formazione.
Di elementi certi che emergono nella definizione sono che sicuramente la competenza riguarda un individuo o un gruppo in azione, che ha certamente uno scopo prefissato ben consapevole essendo la competenza concreta e non astratta, che è inserita in un
contesto preciso con la sua specificità ma allo stesso tempo con il suo essere in continuo
mutamento.
La competenza muta (non è statica), tant’è che è compresa in un processo, quel processo che genera il suo prodotto finale: la prestazione. Essa viene valutata sulla base dello scopo che l’azione si è prefissata e racchiude al suo interno, non solo perciò quell’insieme di capacità che sono richieste per lo svolgimento di quella precisa attività professionale, ma anche altri elementi ritenuti necessari, quali: l’insieme di comportamenti, la dote d’analisi, di prendere decisioni, la dote nella trasmissione di informazioni, ecc.
Quindi, per analizzare e valutare il profilo professionale ricercato (si parla della richiesta da parte delle organizzazioni di quel profilo in grado di ricoprire al meglio la posizione da occupare) e il profilo posseduto dalla persona stessa, è possibile prendere in esame un modello delle competenze che contiene al suo interno più variabili:
Figura 1: Il modello delle competenze
SAPERE Studio e conoscenza accademica CONOSCENZE
SAPER FARE Requisiti ed esperienze CAPACITA’ / COMPORTAMENTI SAPER ESSERE