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Forme locali di consultazione

2. LE ESPERIENZE EUROPEE

2.2. Francia

2.2.2. Forme locali di consultazione

La partecipazione alla vita locale è prevista da alcune strutture a norma di legge: la Commission consultative des services publics locaux, presieduta dal sindaco, comprende dei rappresentanti di categoria; Comités consultatifs

facultatifs sulle questioni locali, composti su proposta del sindaco. Gli stranieri

possono partecipare attraverso le associazioni alle Commissions

extra-municipales, o attraverso i Comités o conseils de quartier. Esistono anche dei Conseils (chiamati secondo i casi locali, municipali o comunali) d'enfants o des jeunes. Nel 1979 ce ne erano 40, nel 1987 200, e circa 800 nel 1996.

La "Commission extra-municipale immigrés" (Cemi) è una forma specifica di partecipazione dei residenti stranieri: le Cemi più vecchie datano 1977 (Saint Germain, Mons, Creil, Bourges, Valentigney), attualmente sono molto discreditate, probabilmente a causa di una lenta sparizione. Alcune hanno cessato la loro attività per mancanza di motivazione (Bourges), per paura di generare una vera

(Chambéry). L’apertura del diritto di voto ai cittadini europei ha inoltre contribuito alla decadenza di tali organismi. L’esempio di CEMI di Héroville-Saint-Clair vede rappresentate 14 comunità, associazioni di solidarietà, tre membri del consiglio municipale. Si riunisce una volta al mese. Tra i suoi obiettivi figura quello di mantenere legami con le tradizioni culturali attraverso diversi tipi di attività: sviluppo di un fondo di libri e dischi presso la biblioteca municipale, insegnamento della lingua d’origine, organizzazione ogni trimestre da parte di una delle comunità di un dibattito su un film, azioni legate ai luoghi di culto; altro obiettivo è quello di aiutare nella formazione dei migrants: organizzazione di classi di alfabetizzazione, realizzazione di stage di inserimento e qualifica professionale; ancora, ci si propone di migliorare l’informazione e la partecipazione attraverso riunioni di informazione, sostegno ad azioni contro il razzismo, in favore della promozione dei diritti degli immigrati, sostegno alle associazioni, preparazione di consigli municipali straordinari con la partecipazione delle comunità.

Champigny è invece un esempio di Office municipal des migrants (OMM): l’ufficio è un’associazione retta da una legge del 1901. Il suo consiglio di amministrazione è costituito da rappresentanti di tutte le associazioni ed è presieduto dal sindaco. Il suo scopo è quello di favorire il contatto e lo scambio tra tutte le comunità attraverso informazioni sulle pratiche amministrative, gite alla scoperta della regione, serate e festivals culturali, attività sportive, alfabetizzazione e stage qualificanti, riunioni e dibattiti. Esistono, comunque, altre strutture consultative di parti della popolazione che per altro hanno diritto di voto, come le commissioni di "anciens".

Per i sindaci che vogliono andare più lontano, da un punto di vista politico, l’esperienza dei conseillers municipaux associés è certamente la più interessante nella misura in cui rappresenta una transizione verso un vero e proprio diritto di voto. Dei Consiglieri municipali aggiunti sono stati eletti a Mons (1985), Amiens (1987), Cerizay (1989), Les Ulis, Longjumeau, Vandoeuvre les Nancy (1990), Portes lès Valence (1992). Come già detto, in seguito ad una decisione del Consiglio di Stato, Mons en Baroeul et Cerizay sono i due soli comuni che continuano questa esperienza. É un peccato che simili esperienze non siano state replicate in comuni con una percentuale più significativa di

residenti stranieri. Nelle città dove si sono avute queste esperienze, si è constatata una evoluzione delle mentalità, una partecipazione più importante degli immigrati nei consigli delle scuole, nei comitati degli affittuari. La partecipazione alle attività del Consiglio municipale attraverso il lavoro dei Consiglieri aggiunti ha conquistato una certa riconoscenza: ha banalizzato così bene la partecipazione dei residenti stranieri tra gli stessi e tra i francesi da favorire il loro inserimento nelle strutture partecipative. La modalità elettiva ha permesso di designare, accanto ai militanti delle associazioni già noti, delle persone rappresentative che, al di fuori di una procedura di questo tipo non potevano essere riconosciuti (Delmotte B., 1996, p. 168). In altre parole si é data nuova forza a dei diritti acquisiti che fino allora erano poco utilizzati e preparati all’acquisizione di nuovi.

Non è facile preparare questo tipo di elezioni, si tratta infatti di convincere persone che non conoscono le poste in gioco, e che spesso non hanno mai partecipato a una procedura elettorale complessa di cui i riscontri pratici non sono immediati. Si deve dare l’idea che non si tratta di un’elezione degli immigrati per gli immigrati, ma che gli eletti potranno essere portavoce della cittadinanza, come spiega Delmotte:

“ elettori ed eletti devono comprendere che si tratta di una rappresentazione allo scopo di intervenire sull’insieme delle questioni municipali, e non unicamente su quelle che sono specifiche dell’immigrazione, e si tratta anche di una tappa verso la partecipazione senza restrizioni alle elezioni municipali « normali ». in questa prospettiva, uno scrutinio per liste, che favorisca la plurietnicità e si basi su dei programmi, è più vicino alla regola politica abituale, e deve essere privilegiato”. (Delmotte B., 1996, p. 169).

L’uso di liste, che si basano su programmi e favoriscono la plurietnicità, può certo essere d’aiuto, come sottolinea Delmotte nel passo riportato. Questi Consiglieri non sono eletti su base etnica, quindi è probabile che la comunità più numerosa venga favorita nella rappresentanza. I casi analoghi italiani, come vedremo, prevedono invece una rappresentanza per comunità, viene eletto un rappresentante per continente, ma anche questo metodo non è ottimale perché spartisce le candidature su basi comunitarie.

Ad Amiens, le condizioni dell'elezione erano quelle delle elezioni municipali ufficiali: numero di seggi, requisiti anagrafici e residenziali, l’iscrizione sulle liste

elettorali "spécifiques" era invece volontaria ed il tasso d’iscrizione su queste liste di tipo etnico, è stato abbastanza basso, dell’ordine del 20%. Lo stesso per le esperienze di ugual tipo: 28% à Longjumeau, meno del 10% à Vandoeuvre (con un tasso di partecipazione tra gli iscritti dell’ 80% ad Amiens, 60,5% a Longjumeau, 81% ad Ulis et 80% a Vandoeuvre).

Candidati ed eletti negli anni ’90. Fonte: Delmotte B., Bayala A., 1996, p. 120.

Ma questa percentuale così bassa è relativa, non bisogna dimenticare che il tasso d’iscrizione ufficiale dei cittadini dell’UE nel 1994 era del 4,4% con una punta del 22% a Montauban.

La grande differenza tra Cemi e i Consiglieri aggiunti riguarda il fatto che in una Cemi non si toccano, di principio, che delle questioni specifiche, riguardanti gli stranieri tanto che gli eletti associati devono occuparsi di tutto ciò che è all’ordine del giorno del Conseil municipal.

Dei Conseils consultatifs des étrangers (CCE) sono stati costituiti a Strasbourg (1992), Bourg en Bresse (1998), Grenoble (1999). Per quanto riguarda il Conseil

I candidati nelle 7 città

 90 persone di cui 80 uomini e 10 donne  51 originari del Maghreb di cui :

25 Marocchini ; 20 Algerini ; 6 Tunisini.

 17 originari del resto del mondo di cui: 5 Senegalesi ; 3 Turchi ; 2 Laotiani ; 1 Cambogiano ; 1 Congolesi ; 1 Gambiani ; 1 Ganaense; 1 Malgasci ; 1 Mauritani 1 Vietnamiti. Gli eletti

31 persone di cui 27 uomini e 4 donne

14 originari del Maghreb di cui : 7 Marocchini;

6 Algerini ; 1 Tunisini.

11 originari dell’Europa di cui : 9 Portoghesi ;

1 Spagnoli ; 1 Italiano.

 6 originari del resto del mondo di cui: 3 Senegalesi;

1 Ganaense; 1 Turco.

di Strasbourg ci sono volute quattro commissioni in due anni per organizzarla,

esso nasce sulla base sulla legge del 1981 che garantisce il diritto di associazione degli immigrati. Vi sono rappresentate una cinquantina di associazioni non confessionali, possono farvi parte gli apolidi. Non funziona tramite elezioni ma per designazione di secondo grado in modo da permettere ad una più ampia fetta di popolazione di aderire. L’ufficio dura in carica due anni ed è composto da otto membri rappresentanti le diverse regioni di origine ai quali si aggiunge una personalità qualificata designata dal sindaco. L’ufficio possiede un’infrastruttura amministrativa, un segretariato, e un’assistenza tecnica, ha inoltre creato un regolare bollettino d’informazione. Vi operano cinque commissioni: città e abitazioni; città e scolarizzazione; città e cultura; città e donne; città e diritti dell’uomo. La CCE rappresenta l’insieme dei residenti stranieri che abitano il territorio di Strasburgo, lavora in relazione con i servizi della città, può essere interpellata sulle questioni riguardanti gli stranieri, è interlocutore per dei partenariati esterni, è il portaparola degli stranieri, ha il compito di sviluppare la rappresentatività associativa. La CCE si è prefissata due obiettivi prioritari: organizzare un’azione di formazione dei membri dell’ufficio atta a migliorare la loro conoscenza del funzionamento democratico delle istituzioni dello Stato e delle collettività territoriali e a facilitare un’articolazione strutturata della CCE; in secondo luogo si prefigge di sviluppare una strategia di comunicazione e di partecipare a delle azioni pilota nel quartiere.

Da un certo punto di vista queste strutture consultative possono servire da cache-misère o da alibi, per non affrontare un vero cambiamento istituzionale. Alcuni si oppongono con forza a queste strutture parlando di "double collège" facendo allusione alla situazione coloniale in Algeria. Sfortunatamente un doppio e triplo collegio già esiste (nazionali, cittadini europei ed immigrati di stati terzi).

La Francia, per Geisser, alterna le tradizionali politiche assimilazionistiche a tentativi di affermazione di etnicità simboliche (Geisser V., 1996) rappresentati da queste azioni a livello locale. Si tratta di un processo di rappresentatività ideale che rinvia ad una domanda ideologica: promuovere delle élite etniche che possano fungere da “interfaccia” tra gruppi particolaristici e il potere politico. In realtà il bisogno del “mediatore etnico” per Geisser rivela il bisogno di colmare una

presunta frattura posta come irreversibile, tra istituzioni pubbliche e comunità. Secondo l’autore non è auspicabile che i candidati a delle elezioni per una commissione municipale degli immigrati e dei residenti stranieri si presentino come portaparola di una comunità e che si formino delle liste etniche (cosa inevitabile se le elezioni sono destinate solo a stranieri come nel caso dei Consiglieri municipali aggiunti). La cittadinanza andrebbe quindi intesa come rapporto laico di ogni individuo con gli altri e con l’insieme della collettività in modo diretto, non mediato dalle appartenenze. Come si vede, Geisser rappresenta una voce piuttosto polemica all’interno di questo dibattito.

C’è chi sostiene che i media non abbiano pubblicizzato queste esperienze, in modo da favorirne la diffusione, ma è anche vero che queste hanno spesso avuto vita breve. Localmente si è avuta una sorta di “banalizzazione” di queste forme di partecipazione, questo non è necessariamente un elemento negativo, può essere giusto non legare simili esperienze a forme di sensazionalismo.

Si è provato che la partecipazione degli stranieri non ha creato sconvolgimenti nella vita pubblica, certamente si sono fatti progressi in termini di democrazia locale e di evoluzione delle mentalità.

Per evitare la costruzione di identità collettive o comunitarie, il ruolo degli eletti associati è consistito nel favorire dibattiti, ad esempio tra musulmani e amministrazione, a proposito di un luogo di culto, o ancora in occasione di eventi implicanti giovani stranieri. Questi attori possono dare impulso a incontri finalizzati all’attuazione di logiche di mediazione.