3. RAPPRESENTANZA POLITICA E DIRITTO DI VOTO IN ITALIA
3.3. Il voto ai referendum comunali e alle elezioni municipali:
Alla fine di luglio 2004 il Consiglio comunale di Genova ha definitivamente approvato il nuovo Statuto comunale che estende il diritto di voto a livello comunale agli apolidi e agli stranieri legalmente soggiornanti in Italia, a condizione che si trovino in possesso della carta di soggiorno o abbiano risieduto in Italia nei cinque anni precedenti alle elezioni e nel territorio comunale nei due anni precedenti (art. 30.1 bis). Secondo il nuovo testo dell’articolo 38, inoltre:
“il sindaco è eletto a suffragio universale diretto e senza discriminazioni di nazionalità da coloro che sono elettori del Consiglio comunale”.
Poiché si è registrata l’opposizione del Governo a queste modifiche, la Corte Costituzionale sarà probabilmente chiamata a pronunciarsi.
Agli inizi di agosto la riunione del Consiglio dei Ministri ha ritenuto “illegittima costituzionalmente la revisione statutaria” del Consiglio del Comune di Genova che “estende” il diritto di voto in occasione di elezioni locali agli stranieri extracomunitari, maggiori di 16 anni, residenti in Italia da cinque anni e da due nel territorio comunale. Dopo il piccolo Comune di Delia (Caltanissetta) con i suoi 4.700 abitanti, Genova è la prima grande città in Italia che ha modificato il proprio Statuto per consentire il voto amministrativo, attivo e passivo, anche ai cittadini non comunitari.
Anche Venezia ha da poco modificato il proprio Statuto comunale in tal senso, e il fatto trova notevole opposizione tra gli esponenti della destra locale.
I cittadini stranieri residenti nel Comune di Venezia potranno probabilmente partecipare alle prossime votazioni, almeno per eleggere i rappresentanti dei "parlamentini" dei Quartieri e delle Municipalità. Se diritto di partecipazione deve essere, allora che lo sia in tutto e per tutto, si punta ad una partecipazione “senza compromessi”. Osserva Beppe Caccia, assessore alle Politiche sociali del Comune di Venezia, che ha seguito in questi mesi la questione del voto agli immigrati:
“gli 11.700 stranieri residenti nel nostro Comune non sono dei semplici lavoratori ospiti (come si diceva un tempo), ma sono persone che fanno parte di comunità, che si stanno radicando qui. Non a caso è altissimo il numero dei ricongiungimenti familiari: non sono persone che vengono qui per lavorare e poi tornano indietro, questi sono cittadini che si fermano. E senza il diritto alla partecipazione democratica, il processo di inclusione (con tutti i servizi di integrazione messi in piedi dal Comune) risulterebbe monco” (dal sito
www.meltingpot.org).
A metà 2004 si era parlato di compromessi, come ad esempio dare potere consultivo ai Consiglieri stranieri eletti nelle circoscrizioni, oppure designare due rappresentanti in Consiglio comunale, anch'essi semplicemente con parere consultivo.
È dei primi di febbraio 2005 la notizia che in aprile a Venezia gli immigrati potranno probabilmente votare nelle imminenti elezioni per il rinnovo delle sei municipalità circoscrizionali. I cittadini stranieri residenti regolarmente in Italia da almeno cinque anni, e nel Comune lagunare da almeno due, potranno votare ma anche candidarsi per un seggio di Consigliere o di presidente. La svolta è stata sancita il 21 gennaio con il via libera della giunta di centro sinistra, manca solo il vaglio definitivo del Consiglio comunale. Una delibera, quella preparata dal sindaco Costa insieme agli assessori Beppe Caccia, Roberto D’Agostino e Giorgio Orsoni (con il sostegno di un gruppo di studio di cui facevano parte anche la giurista Adriana Vegneri e il giudice padovano Giovanni Palombarini) nient’affatto semplice dal punto di vista normativo. Venezia, come sostegno per affermare il principio del diritto di elettorato passivo e attivo ai residenti stranieri, fa riferimento sia all’articolo 114 della Costituzione ("I Comuni sono enti autonomi"), sia al Testo Unico sull’ordinamento degli Enti Locali, che alla “Convenzione europea sui diritti dei cittadini alla vita pubblica”28. Altre fonti sono poi la “Carta europea dei diritti dell’uomo nelle città” e la sentenza del Consiglio di Stato del Luglio 2004 in merito
28 Il Parlamento europeo appoggia il diritto di voto per gli immigrati, sia per le elezioni amministrative che per quelle europee. La risoluzione, approvata il 17 gennaio 2004 con 255 voti favorevoli e 192 contrari, non presenta vincoli giuridici, ma è, come spetta all’Europarlamento, un’indicazione di orientamento per la Commissione. Il cardine di tutto il documento, preparato dal laburista britannico Claude Moraes, è il concetto di “cittadinanza civile”.
Anche se gli immigrati non godono di pieni diritti politici, sostiene il testo, è lo stesso concetto di “cittadinanza civile” che permette ai cittadini di Paesi terzi che risiedono legalmente nell’Unione europea di beneficiare di uno status che preveda diritti e doveri di natura economica, sociale e politica, incluso il diritto di voto alle elezioni municipali ed europee.
La risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione su immigrazione, integrazione e occupazione (nota come proposta Moraes) afferma:
“Il Parlamento europeo […] considerando che la politica europea in fatto di immigrazione e integrazione deve essere coerente con i più ampi obiettivi dell'UE in materia sociale ed economica nonché di politica estera e di sviluppo, e deve rispecchiare i valori europei fondamentali, quali le pari opportunità, i diritti umani, la dignità, la tolleranza, il rispetto della diversità, l'azione volta a combattere le discriminazioni e la partecipazione alla vita civica, culturale e politica, accoglie favorevolmente l'iniziativa della Commissione, che è conforme all'enfasi posta dal Consiglio europeo di Tampere sullo sviluppo di una più incisiva politica di immigrazione e integrazione per
al contenzioso che vide per protagonista il comune di Forlì. Nella tornata tra il 3 e il 4 aprile, benché la modifica statuaria operata dall’amministrazione lo preveda ampliamente per il futuro, gli stranieri non parteciperanno comunque al voto per l’elezione del Consiglio comunale. l’assessore alle politiche sociali Beppe Caccia spiega:
"Abbiamo preferito evitare un potenziale punto di conflitto, visto che la redazione
delle liste degli aventi diritto al voto dipende da governo e prefettura. Nel caso delle municipalità invece le liste vengono direttamente tenute dal Comune". (da
www.meltingpot.org )
Se il Consiglio comunale approverà la delibera, e il regolamento attuativo, la parità di voto potrebbe diventare operativa già alle prossime amministrative, limitatamente alle Municipalità. Gli stranieri potranno anche votare per i referendum e le consultazioni indette dal Comune. Quanto alle elezioni del sindaco e del Consiglio comunale, è necessaria invece una modifica della legge elettorale. La stessa delibera lo precisa al punto C, che modifica l’articolo 5 dello Statuto. “Elezione e status giuridico dei Consiglieri sono regolati dalla legge e dal
presente statuto”.
Le titubanze venivano dagli ammonimenti giunti da Governo, Consulta ecc. C'è stata, ad esempio, la circolare del Ministero dell'Interno, inviata a tutte le Prefetture il 22 gennaio 2004, che sottolineava come l'elettorato fosse riservato ai soli cittadini, escludendo così gli stranieri residenti. Ma l'interpretazione data dai Comuni che si stanno muovendo in questa direzione (sulla scorta anche delle indicazioni dell'Anci29) è che il diritto di voto ai cittadini, citato dall'articolo 48 della Costituzione, è solo il livello minimo definito, al di sotto del quale non si può andare senza incorrere nella sottrazione di un diritto. Però da quel livello minimo si 29 Nell’incontro che si è svolto a Roma giovedì 7 ottobre 2004, la Commissione immigrazione dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha votato una mozione con cui propone:
“a tutti i Sindaci di considerare l’opportunità di modificare lo Statuto dei propri Comuni in modo da
attribuire agli stranieri extracomunitari residenti stabilmente sul loro territorio il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni comunali, a partire dai Consigli circoscrizionali fino alle elezioni del Consiglio comunale “.
Si tratta di un altro segnale importante per proseguire la strada più veloce e sicura per introdurre il diritto di voto per i cittadini non comunitari. (Da www.meltingpot.org ).
può partire per attribuire altri diritti (come il voto ai cittadini dell'Ue). Ad avallare questa interpretazione c'è poi il Testo Unico degli Enti Locali nel quale si parla di forme di partecipazione democratica della popolazione (e non dei cittadini), dove nella popolazione possono benissimo rientrare gli immigrati.
E mentre al pronunciamento del Consiglio dei Ministri (nell'ultima seduta estiva del 2004) che "bocciava" l'iniziativa di Genova non è seguito alcun atto ufficiale, tanto che Genova sta procedendo per la sua strada, dal Consiglio di Stato del 28 luglio è arrivato un parere favorevole sulla legittimità delle iniziative dei Comuni ad attribuire il diritto di voto attivo e passivo nei consigli circoscrizionali. Tutti segnali che il Comune di Venezia ha fatto propri, ritenendo di poter puntare molto in alto, concedendo pieni diritti.
Il percorso che sta per portare il Comune di Venezia a questo traguardo è iniziato nell'ottobre del 2003, quando la giunta ha approvato un atto di indirizzo nel quale si dava mandato all'assessore Beppe Caccia di esplorare le possibilità normative e giuridiche che consentissero la "partecipazione dei cittadini stranieri alla vita politico-amministrativa" della città.
Intanto il Comune sta proseguendo nelle sue azioni di coinvolgimento democratico delle comunità straniere. Come spiega Serena Lucchesi in un sito veneto ripreso dal portale meltingpot:
“E' stato distribuito un questionario a 400 persone per comprendere i bisogni della
popolazione straniera e nasceranno dei Forum tematici”. (www.meltingpot.org ).
L’esperienza del comune di Forlì trova origine nel clima nato dalla riforma del titolo V della Costituzione. Tale esperienza dimostra come, a livello locale, si possano sperimentare l’affermazione dei principi e l’esercizio dei diritti. Con le prossime elezioni amministrative, infatti, nel Comune di Forlì e nel Comune di Cesena che ha recentemente approvato un provvedimento analogo, i cittadini stranieri extracomunitari potranno esercitare il diritto di voto alle elezioni per le circoscrizioni.
Il percorso intrapreso dal Comune di Forlì parte dalla concessione del diritto di voto ai referendum comunali del 1997.30
Il dibattito intorno all’istituto dei referendum comunali, previsto dallo Statuto fin dalla sua prima approvazione, si è caratterizzato per il riconoscimento dell’esistenza di un collegamento tra il diritto di voto e il diritto di chiunque risieda sul territorio a partecipare al suo governo, vale a dire del principio che in caso di consultazioni cittadine, chiunque sia interessato dalle stesse, dovrebbe avere la possibilità di partecipare. Al fine di consentire il voto agli stranieri è stato modificato il regolamento comunale che disciplina il referendum31. L’articolo 18, comma 1 è stato quindi così modificato:
“Hanno diritto di partecipare alla Consultazione referendaria tutti i cittadini iscritti alle liste elettorali del Comune di Forlì, nonché i cittadini stranieri che abbiano la residenza nel Comune di Forlì da almeno un anno precedente la data di svolgimento della Consultazione. Detti elettori saranno ammessi al voto al seggio n. 1, sulla base d’apposita lista elettorale separata”. 32
In un secondo momento, sempre nel 1997, fu istituita la Consulta comunale dei cittadini stranieri, disciplinata da apposito regolamento approvato in Consiglio comunale 33.
L’elettorato attivo della Consulta è riconosciuto agli stranieri che abbiano compiuto 18 anni e che siano iscritti all’anagrafe comunale da almeno 60 giorni precedenti alla data delle votazioni.
L’elettorato passivo è allargato agli iscritti all’anagrafe di qualsiasi Comune della Provincia di Forlì – Cesena al fine di consentire la partecipazione di un maggior numero di persone.
Il Presidente e il Vice Presidente della Consulta hanno diritto di partecipare alle sedute del Consiglio comunale senza diritto di voto e, per promuoverne l’effettiva partecipazione, può essere riconosciuta loro un’indennità di presenza nei limiti di quella stabilita per i Consiglieri comunali34.
31 Deliberazione consiliare n. 166 del 01/07/1997.
32 L’istituzione di un seggio ad hoc per i cittadini stranieri ha consentito tecnicamente di gestire una lista elettorale separata, difficilmente scorporabile in seggi, e ha portato alla localizzazione del seggio nel centro storico a ridosso del mercato cittadino.
33 Deliberazione n. 205 del 08/09/1007.
34 Le prime elezioni della Consulta si sono svolte il 07/12/1997, hanno votato 231 cittadini su 891 aventi diritto, pari al 26%; la Consulta è stata rinnovata per la prima volta il 29/10/2000, alle urne
Il comune di Forlì in occasione del rinnovo dello Statuto35, entrato in vigore il 18 giugno 2001, per adeguarlo alle disposizioni legislative vigenti, è riuscito ad ampliare ulteriormente la gamma degli strumenti di partecipazione già esistenti. Proprio nell’ambito dell’istituto del decentramento si è colta l’opportunità di estendere il diritto di voto nelle circoscrizioni ai cittadini stranieri. L’articolo 50 del nuovo Statuto dispone sull’elettorato passivo:
“possono essere candidati anche i cittadini stranieri residenti nel comune di Forlì da almeno tre anni rispetto alla data di svolgimento della Consultazione”.
E sull’elettorato attivo:
“Sono elettori della circoscrizione gli iscritti nelle liste delle sezioni elettorali comprese nel rispettivo territorio nonché i cittadini stranieri residenti nel Comune di Forlì da almeno due anni rispetto alla data di svolgimento della consultazione: detti elettori sono ammessi al voto nel seggio della sezione elettorale della circoscrizione che si costituisce in ufficio centrale”.
Gli istituti di partecipazione attivati dal Comune di Forlì a favore dei cittadini stranieri costituiscono un insieme graduale di opportunità nella direzione dell’inclusione sociale, che promuove e favorisce, per approssimazioni successive, la cittadinanza attiva. La diversità di requisiti richiesti per fare parte del corpo elettorali dei diversi istituti sono esemplificativi di queste approssimazioni che “allenano” i nuovo concittadini a forme di partecipazione sempre più inclusive. La gradazione dei requisiti necessari per acquisire i diritti elettorali è proporzionale al tipo di Consultazione.