• Non ci sono risultati.

Forme e problem i della convalida in antropologia sociale

di William J . M c E w e n

Negli Stati Uniti l’antropologia sociale è stata a lungo considerata come une sottospecie dell’antropologia culturale dalla quale, generalmente, viene distinta per la abbastanza netta diversità di orientamenti e di interessi teorici (1). Un altro elemento differenziante che non è stato tenuto nella dovuta considerazione concerne la metodologia. Gli antropologi sociali hanno per lo più ritenuto valida l’aifermazione di Fortes secondo la quale è « ragionevole supporre che la società umana presenti dei tratti di rego­ larità conformi a quelli riscontrabili nel resto della natura e che questi possano venire individuati con gli stessi procedimenti usati per scoprire quelle che vengono chiamate leggi natura » (2). In che cosa consistano questi « stessi procedimenti » è un quesito al quale sono state date molte risposte e attorno al quale si è formata addirittura una categoria di esperti. Poche di queste risposte hanno tuttavia avuto grande valore pratico ai fini delle ricerche di antropologia sociale.

Un più vasto, solido tentativo di tradurre questo generale orientamento scientifico in vera e propria ricerca ed in concetti passibili di ricerca pare che si stia sviluppando nell’antropologia sociale al punto in cui oggi è giunta da entrambi i lati dell’Atlantico (3). Questi sforzi urtano contro notevoli ostacoli, come è stato pienamente documentato da vari filosofi come, ad esempio, Otto Neurath, Stephen Toulmin, Quentin Gibson. Tut­ tavia ci si può attendere, a coronamento di essi, un successo commisurato all’ impegno.

L ’antropologia sociale, come scienza, mira alla interpretazione teorica. Tale interpretazione richiede la creazione di un sistema formale di termini con specifiche proprietà e regole per collegare fra loro i termini stessi, sistema che possa dimostrarsi adattabile a un qualche settore d’esperienza. Dei molti problemi impliciti in questo processo di costruzione di una scienza, qui sinteticamente descritto, uno dei più fondamentali è rappresentato dalla necessità di adattare le teorie all’esperienza o, in altre parole, di

Titolo orig. : Forms and Problems of Validation in Social Anthropology. Pubblicato in « Current Anthropology », vol. 4, n. 2, 1963.

valutare empiricamente le idee teoriche. L’ importanza di questo elemento non ha bisogno di essere qui sottolineata, data la ben nota inclinazione « fattuale » dell’antropologia odierna, per non parlare di vera fobia della teoria. Questa caratteristica si riscontra anche nelle ricerche di antropo­ logia sociale. Tuttavia la manipolazione dei dati al fine di valutare empiri­ camente la validità delle idee teoriche è un aspetto del problema che è stato per lo più ignorato (4). Poche relazioni di ricerche indicano a quale trattamento i dati siano stati sottoposti dal momento della raccolta a quello della pubblicazione della relazione. Ancora meno sono poi quelle che specificano adeguatamente i problemi inerenti alla maniera in cui i dati sono stati ordinati a sostegno delle idee teoriche; una lacuna, questa, che può influire in modo determinante sul valore delle conclusioni della

ricerca. . .

L ’operazione consistente nell’attribuire portata empirica a proposizioni teoriche è stata chiamata « conferma » (5). L’antropologia sociale, come scienza, deve anch’essa affrontare problemi di conferma per poter valu­ tare i risultati delle proprie ricerche. Per focalizzare l’attenzione su certi limiti nelle conclusioni delle ricerche di antropologia sociale, verrà qui preso in considerazione solo un circoscritto caso di conferma, e precisa- mente quello consistente nel determinare la validità di proposizioni.

Una gran parte di ricerche empiriche di antropologia sociale offrono un certo grado di conferma delle idee teoriche, ma in proporzione minore esse riescono a convalidare le idee teoriche, cioè, in pratica, a dimostrarle empiricamente corrette. Sono state scelte due domande per introdurle il problema della convalida in termini appropriati all’attuale situazione degli studi di antropologia sociale: quale « f o r m a » assume la convalida nelle ricerche di antropologia sociale? quali problemi limitano 1 efficacia di una determinata forma di convalida?

La ricerca che, direttamente o implicitamente, è intesa a migliorare la nostra comprensione del comportamento sociale presenta una complessità ed una varietà di aspetti non facilmente afferrabile neanche da parte del più accurato classificatore. Qualsiasi gruppo di relazioni di ricerche, se appena un po’ folto, presenterà variazioni notevoli quanto alla chia­ rezza con cui il problema su cui è centrata la ricerca viene enunciato, quanto alla portata del problema stesso, alla complessità della formula­ zione teorica, alla presentazione dei dati e via dicendo. Dietro questa sconcertante complessità sta, comunque, un modello abbastanza semplice di pensiero scientifico. Il problema teorico dello scienziato è quello di sviluppare concetti e proposizioni in relazione ai concetti. La convalida esige che l’ esattezza empirica delle proposizioni venga dimostrata

(6)-Per formulare in modo generale il problema si può dire che per stabilire la validità empirica è necessario che siano soddisfatte due condizioni. La

prima consiste nella presentazione di dati che dimostrino come la rela­ zione indicata dalla proposizione sia reale e non l’artificioso prodotto di osservazioni inattendibili, di circostanze fortuite o di analoghi fattori ingannevoli o instabili. La seconda è la presentazione di dati che stabili­ scano la relazione come determinata. Si producono, infatti, in stretta corre­ lazione molti eventi che non presentano una determinata relazione o alcuna influenza reciproca dimostrabile. Alla prima condizione si soddisfa dimo­ strando che una variazione in una parte della relazione si riflette sistema­ ticamente in una variazione nell’altra. Alla seconda si soddisfa escludendo ogni altra possibile fonte di influenza, cioè, in altre parole, esercitando un controllo su tutte le condizioni estranee alla specifica relazione stu­ diata (7).

Come base provvisoria di discussione, sono state distinte, desumendole dalle relazioni di ricerche di antropologia sociale pubblicate soprattutto neH’ultimo decennio, tre form e di manipolazione dei dati condotte a scopo di convalida. Esse sono: l’illustrazione o analisi del caso, il confronto o analisi del tipo, Yaccertamento ( testing) o analisi statistica (8). Nella discussione che segue viene descritta e illustrata ognuna di queste forme di convalida, sono discusse le limitazioni di ognuna di esse e avanzate alcune osservazioni sui vantaggi che rispettivamente ciascuna presenta. L’accento principale è sempre posto sui procedimenti di lavoro del ricer­ catore piuttosto che sui problemi metodologici generali. L’obiettivo è infatti una miglior comprensione nel campo dell’antropologia sociale, non della filosofia della scienza. Infine, vengono presi in considerazione alcuni possi­ bili modi di superare certe limitazioni implicite nella convalida, e dovute a inadeguatezza dei dati e delle tecniche per l’analisi dei dati.

L’ uso dei dati come illustrazione: analisi del caso

Nelle prime fasi di sviluppo di una scienza, secondo Hempel (9), l’inte­ resse è rivolto principalmente alla ricerca di concetti generali che colleghino gli aspetti più o meno facilmente osservabili dei fenomeni studiati, in contrasto con le sempre più astratte ed estensive formulazioni delle scienze già sviluppate. Anche ai più bassi livelli della scienza, è comunque il nesso tra le astrazioni più semplici — come lo è, a livello più alto, quello tra astrazioni più complicate — che rende possibili delle genuine spiegazioni.

L’illustrazione, il confronto e l’accertamento rappresentano utilizzazioni sempre più sistematiche e formali dei dati, intese a valutare empiricamente le relazioni ipotetiche. Come è logico attendersi, la m aggior parte delle relazioni su ricerche di antropologia sociale centrate su un problema, rien­ trano nella categoria dell’analisi del caso. La caratteristica distintiva fonda­

mentale di questa categoria consiste nel fatto che, mentre può essere pre­ sentata una grande quantità di dati importanti nei confronti di una o più idee, questi stesisi dati non consentono una valutazione dei giudizi di correlazione che sono stati proposti, perché nessuna delle due condizioni essenziali per la convalida è soddisfatta, Per questa ragione i dati presentati in ricerche di questo tipo debbono essere considerati come illustrativi, il che, naturalmente, ha di per se stesso un suo reale valore. E ’ , comunque, un valore euristico; i dati illustrativi non servono a dimostrare la validità delle idee proposte.

Asserzione

Nella categoria dell’ illustrazione, le diverse form e che essa può assumere pongono, quando si voglia determinarne il valore, differenti problemi. Una form a di illustrazione consiste nella semplice asserzione, della quale tro­ viamo esempi negli scritti di Bascom, Collins, Schneider, Spicer e Le V i­ ne (10). Questi scritti riflettono una vasta gamma di interessi, di punti di vista e di problemi. Nella misura in cui ciascuno di essi, implicitamente o esplicitamente, presenta dei dati per stabilire la validità empirica di correlazioni concettuali, i dati sono usati illustrativamente come asserzioni o enunciazioni che vogliono dichiarare una dimostrazione.

Bascom, nella sua discussione su alcuni elementi correlati dello status sociale, presenta una varietà di dati in base ai quali la relazione presso gli Yoruba dello status sociale con la ricchezza e con l’appartenenza di gruppo viene stabilita per asserzione. Analogamente, nella discussione della Collins sui conflitti all’interno dei gruppi tra gli Skagit vengono presentati dei dati sulle relazioni interpersonali del passato e di oggi presso quella popolazione, con particolare riguardo ai settori di tensione e di conflitto. L’attuale diffusa prevalenza di conflitti interpersonali, che già in se stessa è una asserzione illustrativa, è quindi spiegata, alla luce degli stessi dati, mediante una serie di asserzioni relazionali ; il conflitto è messo in rapporto con l’assenza di controllo sociale, con la ridotta dimensione del nucleo famigliare e con il diminuito valore economico del matrimonio per la parentela la quale, per questo motivo, perde interesse a salvaguardare la istituzione matrimoniale. Infine Schneider, nel suo studio sulle relazioni tra l’organizzazione politica e la punizione del delitto d’ incesto — studio particolarmente istruttivo perché dimostra come l’analista si muova tra concetto, proposizione e dati — presenta i diversi elementi correlati della punizione dell’incesto, quali l’autonomia dei gruppi consanguinei, la perso­ nificazione dell’autorità in forma di « spirito » e lo status organizzato degli «• spiriti » di una stessa parentela, come asserzioni, plausibili ma non dimostrate.

Ipotesi

Un altro metodo di usare i dati come illustrazione consiste nell’utilizzarli in forma di ipotesi, sia come conclusioni che come presunti tests di ipotesi. Un esempio del primo caso ci è offerto da Dobyns, il quale descrive un tentativo di introdurre una nuova forma di agricoltura, il sistema messicano

bolsa, presso gli indiani Papago, concludendo la sua esposizione con una

serie di princìpi amministrativi che si possono considerare come afferma­ zioni ipotetiche; per esempio: « P e r essere accettato da un gruppo di persone, qualsiasi cambiamento tecnologico suggerito loro deve essere applicabile e attuabile nel loro am biente» (11).

Come forma di accertamento delle ipotesi mediante l’illustrazione corre- lazionale, i dati possono essere presentati per confermare, negare o correggere una ipotesi. Miller, per esempio, illustra l’ ipotesi che un rigido sistema di caste sia un fenomeno collegato alla frammentazione territoriale, servendosi di dati relativi alla zona costiera settentrionale del Maìabar. Egli avanza inoltre altre due ipotesi : che la frammentazione territoriale sia collegata, in primo luogo, alla localizzazione (nei villaggi) delle rela­ zioni interdipendenti di casta e, in secondo luogo, alla differenziazione delle relazioni all’interno di ciascuna casta (12).

Gli scritti su questo argomento riflettono una grande varietà di pro­ blemi, di idee teoriche, di modi di trattare l’argomento e di presentare i dati. Il tratto rilevante che essi hanno in comune è il fatto che i dati sono usati illustrativamente per convalidare una o più asserzioni relazionali. Data l’assenza di dati comparativi e di elementi di controllo, i dati possono adattarsi alla proposizione e pertanto renderla plausibile, ma, in questo tipo di analisi informale, non possono andar oltre. Per convalidare la rela­ zione tra la frammentazione territoriale e la rigidità del sistema di casta, per esempio, è necessario esaminare diverse situazioni in cui sia presente, o sia assente, oppure sia presente in grado variabile il fenomeno della frammentazione territoriale. Soltanto in base a confronti come questo è possibile stabilire se le relazioni ipotizzate siano effettivamente reali. In secondo luogo, è necessario controllare altre condizioni o variabili che potrebbero contribuire a spiegare la relazione. Sia la rigidità del sistema di caste sia la frammentazione territoriale potrebbero, ad esempio, essere collegate con un determinato tipo di trasmissione ereditaria dei beni. Queste due condizioni — confronto e controllo — sono fondamentali per una convalida empirica adeguata.

Quantunque l’illustrazione abbia un valore limitato ai fini della convalida delle idee teoriche nelle ricerche di antropologia sociale, una forma per eccezione utile di essa è rappresentata dalle ipotesi conclusive. Se dei dati analizzati informalmente vengono considerati soprattutto dal punto di vista

del loro valore euristico, simili analisi possono, in questo caso, avere un notevole valore come ricerche esplorative. Mediante un controllo informale di diverse idee in relazione ad un determinato complesso di dati, allo scopo di sviluppare proposizioni per future prove più formali, si può promuovere, e in pratica ciò avviene, una migliore comprensione dei fenomeni studiati dall’antropologia sociale. Per quanto riguarda l’accertamento delle ipotesi, questi procedimenti informali non sono utilizzabili. L ’unica alternativa che rimanga per questo tipo di manipolazione dei dati consiste nel limitarsi alla descrizione. Anche qui, si può non avere nulla in contrario alla presen­ tazione dei dati nella forma usata per la storia naturale, perché in grazia dell’accuratezza descrittiva si sono, in passato, identificati molti fenomeni e problemi per poterli affrontare con strumenti più efficaci. Comunque, i tentativi di descrizione sono soltanto uno degli elementi del vasto insieme dei metodi scientifici, entro il quale non si può assegnare loro un valore molto alto.

Analisi dei « casi deviantì »

Un caso particolare di illustrazione che può anch’esso avere grande valore auristico è quello chiamato « analisi dei casi devianti » (13). Scegliendo una situazione, un gruppo, o una qualche circostanza che devii da un modello previsto, è spesso possibile individuare le relazioni effettivamente impor­ tanti, che nei casi prevedibili riescono tanto a stento ad emergere dalla massa dei fenomeni insignificanti proprio perché quanto ci si aspettava si avvera in pieno. Lo studio di Watson sui Mombwe illustra bene questo punto. Il problema centrale di tale studio consisteva nello spiegare come mai si riscontrasse presso i Mombwe un adattamento di gran lunga migliore al lavoro industriale di quello che si può osservare presso altre tribù africane. Le ragioni addotte dall’autore — per esempio il fatto che la decisione di dedicarsi al lavoro industriale fosse motivata nei Mombwe dal desiderio di procacciarsi beni diversi ed eccedenti la categoria dei semplici mezzi di sussistenza — non si possono considerare convalidate dalla ricerca, ma in compenso esse possono mettere in luce importanti fattori di differenziazione ai fini di ulteriori ricerche (14).

Analisi funzionale

Nella categoria della illustrazione rientra anche un secondo particolare tipo di analisi dei dati di cui, data la sua importanza, è necessario trattare a parte. E ’ la cosiddetta analisi funzionale. L ’uso di concetti funzionali nell’analisi dei dati negli studi di antropologia sociale praticamente rias­ sume in sé le tre fondamentali form e di utilizzazione dei dati a scopo di

convalida identificate nella presente trattazione. Però, esattamente come l’illustrazione risulta essere la forma di utilizzazione dei dati usata più frequentemente nell’antropologia sociale, l’analisi funzionale risulta molto spesso prendere la forma di illustrazione.

Le caratteristiche e i problemi peculiari di una analisi di tipo funzionale sono stati ampiamente discussi senza che si siano risolte parecchie serie difficoltà. Né si è a questo proposito raggiunto, tra i diversi studiosi, nessun accordo significativo. Ciò non ha impedito che molte fondamentali idee rela­ tive all’analisi funzionale entrassero nel bagaglio di cognizioni e di princìpi della maggior parte degli antropologi sociali. Sintomatico della situazione è il fatto che, mentre la battaglia più accanita in favore della posizione funzionale è stata combattuta nel campo dell’antropologia, 1 analisi critica di questa posizione ha invece avuto luogo per lo più al di fuori del suo campo (vedi ad esempio Merton e Davis) (15).

Firth, nella sua critica del concetto di « funzione », distingue due princi­ pali definizioni (16). Una implica l’ idea di interdipendenza, l’altra quella di conseguenze sistematiche. La prima, come ha rilevato Davis, non com­ porta considerazioni particolari se applicata all’analisi dei dati, perché è la forma che assume in genere la più parte delle analisi scientifiche. E la seconda che risulta fornire la base per vincere alcune delle caratteristiche distintive dei fenomeni sociali e culturali, onde stabilire relazioni teoriche che accrescano la comprensione di questi stessi fenomeni. Gli esperimenti effettuati negli anni ’20 e ’30 con questa particolare form a di manipola­ zione dei dati non condussero comunque nei due decenni successivi ad alcuna sostanziale chiarificazione del concetto di analisi funzionale come metodo per l’analisi dei dati.

Monica Wilson descrive i rituali familiari in uso tra i Nyakyusa, enuncia il significato che hanno localmente questi rituali e infine, dopo una serie di commenti interpretativi, rivolge la sua analisi alle conseguenze sociali dei rituali familiari. Riprendendo l’ ipotesi di Radcliff-Brown sulla soprav­ vivenza, la Wilson sostiene che il significato che i rituali hanno per la popolazione locale, cioè le idee o sentimenti che il comportamento ritualisti«) sviluppa, sono « necessari alla perpetuazione della società » (17). E in quale modo? Il timore generato dai rituali funebri — chiarisce la Wilson rin ­ salda la dipendenza tra consanguinei e quindi la coesione dei gruppi. Il timore accresce anche l’importanza della credenza nel soprannaturale e di conseguenza l’ efficacia delle sanzioni sociali che sfruttano questi senti­ menti. Analogamente i rituali nuziali e quelli relativi alla nascita contri­ buiscono a regolare la procreazione, assicurando così la continua sostitu­ zione di individui ad altri individui, necessaria per la sopravvivenza della società.

Murphy, Barker e Tugby; è pure applicata, in forma più elaborata, in opere quali Good Company di Wilson e Chisumgu di Richards (18).

L’ analisi funzionale presenta non poche attrattive per gli antropologi sociali. Essa risulta infatti capace di rendere possibile un vero progresso nella comprensione di un problema, fornendo un metodo sistematico per sviluppare delle spiegazioni. Sembra inoltre in grado di mettere un potente strumento di analisi nelle mani dell’antropologo sociale: un complesso di criteri generali per valutare qualsiasi fenomeno sociale e quindi un metodo generale per ordinare i dati a sostegno di ipotesi funzionali.

A d un attento esame, molti dei vantaggi dell’analisi funzionale si rive­ lano più apparenti che reali. In primo luogo, nonostante l’accezione alquanto ristretta nella quale la parola è stata usata in questa discussione, « fun­ zione » in realtà può assumere una vasta gamma di significati, parecchi dei quali possono essere ugualmente utili, ma che, nel loro insieme, rendono le affermazioni funzionali spesso ambigue. Nagel distingue sei signifi­ cati (19). Tra i più utili sono la funzione come utilità, come un più o meno vasto insieme di effetti su di un sistema preso nel suo complesso, e come fattore capace di contribuire ad assicurare la persistenza di una qualche condizione di un sistema. In secondo luogo, nel prendere in prestito questo tipo di analisi dalla biologia, l’antropologo sociale si trova a dover affrontare molti problemi estremamente difficili di applicazione. I due concetti fondamentali per l’analisi funzionale — osserva Nagel •— sono il concetto di sistema definibile e di stato definibile del sistema. I sistemi in biologia sono generalmente degli organismi ed uno degli stati tipici è la sopravvivenza, cioè la condizione di organismi viventi. Come appare chiaro da numerosi esempi, gli studiosi analizzano una specifica società e la soprav­ vivenza è evidentemente uno degli stati presi in considerazione.

Nell’estrapolare le idee funzionali dalla biologia, un quesito che esige subito risposta è in quale senso una società possa essere considerata un sistema. In larga misura la risposta dipende dal saper dare una definizione non ambigua dell’unità analizzata. Un problema ancora più difficile consiste nella specificazione dello stato di essa, in funzione del quale le attività su modelli, relazioni, ruoli e via dicendo vengono valutati. Come è stato spesso