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I m odelli analitici nello studio di sistemi sociali

di Everett E . Hagen

Secondo la storia delle scienze fisiche, biologiche e sociali, la fase iniziale di studio in ogni campo è generalmente caratterizzata da una descrizione piuttosto disordinata dei fenomeni specifici di quel settore, seguita, in un secondo tempo, dalla catalogazione di essi su basi che si ritengono sufficien­ temente ragionevoli. Con l’accrescersi delle conoscenze, i sistemi di classifi­ cazione divengono più strettamente collegati al funzionamento degli elemen­ ti in interazione. Gradatamente si giunge, quindi, a generalizzazioni relative al funzionamento, utili alla previsione di eventi futuri. Man mano che le generalizzazioni assumono veste più rigorosa, esse prendono la forma di modelli di analisi del comportamento degli elementi in osservazione. Un modello analitico è un costrutto mentale che consiste di un insieme di elementi correlati, in cui sia gli elementi che le loro reciproche relazioni siano definite con precisione.

Il primo passo nell’analisi del funzionamento di determinati elementi consiste generalmente nello studio di processi a livello di alcuni punti strettamente definiti entro l’area generale della scienza in questione. Si cerca, innanzitutto, di determinare come avrebbero funzionato gli elementi al momento esaminati in assenza di modificazioni avvenute altrove. Viene quindi tracciato un modello mentale dei processi relativi a quel momento, che rappresenta una semplificazione della realtà, della quale mantiene soltan­ to quelle caratteristiche essenziali che permettono di prevedere processi simili altrove. Questo tipo di analisi, che riguarda un punto strettamente delimitato nell’ambito di un sistema, può essere definita « analisi parziale ».

Si giunge, in seguito, a sviluppare modelli di analisi più ampi i quali, in un certo senso, contengono un sistema completo piuttosto che un singolo punto in relazione ad altri. Questo tipo di modello può definirsi un « siste­ ma generale » o « modello analitico » ; la sua costruzione ed utilizzazione viene detta « analisi generale » o « analisi del sistema ». Se una scienza riesce a muoversi nella direzione di sempre più ampie analisi di sistemi, le sue possibilità si sviluppano fortemente.

Titolo orig.: Analytical Models in the Study of Social Sistems. Pubblicato in « The American Journal of Sociology », vol. 67, n. 2, 1961.

Dopo gli studi di Willard Gibbs nel campo della fisica e della matematica, verso la fine dello scorso secolo, nell’ambito di queste scienze il pensiero si è consapevolmente sviluppato in termini di modelli; e con Walras, l'ana­ lisi teorica in economia si è rapidamente orientata esclusivamente verso i modelli. Tuttavia solo di recente il modello analitico ha acquistato impor­ tanza fondamentale nelle altre scienze sociali, forse soprattutto a causa della loro m aggiore complessità, ma anche per il loro scarso contatto con la scienza generale dei rapporti tra grandezze, cioè la matematica.

Nell’evolversi della teoria, concetti trovati utili in vari momenti, vengono più tardi scartati man mano che l’analisi acquista rigore e precisione. Nello studio dei sistemi sociali, molti concetti iniziali, per esempio quelli che consideravano la società come « cosa », sono stati messi da parte. Ma per­ mangono alcuni concetti e metodologie che appaiono incompatibili con un’analisi rigorosa dei rapporti causali.

Requisiti logici dell’ analisi generale del sistema

I requisiti dell’analisi generale di un sistema che più interessano questa sede, sono i seguenti:

1) un modello analitico si definisce precisandone gli elementi e le loro interrelazioni (1). I rapporti fra gli elementi di un sistema sono enuncia­ zioni dei valori alternativi (grandezze) o stati di uno degli elementi, asso­ ciati con valori alternativi o stati di uno o più altri elementi. Poiché si suppone che gli elementi varino in grandezza o stato, essi vengono chiamati « variabili » : queste, in senso lato, comprendono le costanti, cioè la varia­ zione in alcune di esse può essere pari a zero. Se due variabili sono così correlate, si dice che ciascuna di esse è una funzione dell’altra, indipenden- mente dalla direzione del rapporto di causalità fra di esse. Mentre il flusso di causalità tra due elementi qualsiasi può avvenire solo in una direzione e non nell’altra, tutti gli elementi considerati come un insieme, prescin­ dendo dalla spinta di forze esterne al sistema, dipendono ognuno da tutti gli altri. Sia però chiaro che questo concetto di mutua interdipendenza o di interazione non comporta ragionamenti « circolari » o indeterminatezza ;

2) le variabili di un sistema o devono esistere in quantità concettual­ mente misurabili, o devono poter essere comprese in una qualche serie di stati definibili. E ’ impossibile concepire una variazione in un elemento, associata con la variazione in un altro elemento se i due non possono essere considerati come varianti in quantità misurabili, o come varianti da uno stato o form a strutturale ad un’altra. Se una variabile (ad es. « lo spirito di com unità» o « l ’amore per la fa m ig lia ») non è definito in modo da

essere misurabile concettualmente o da esistere in una qualche serie di stati definibili, non vi è luogo per un ragionamento preciso, né in un modello di analisi né in alcun altro modo.

Una variabile è una singola dimensione di una entità, non l’entità stessa. Così una variabile non consiste in un corpo fisico, ma in una delle sue qualità, per esempio la lunghezza; in un modello di società essa non consi­ ste in un individuo, ma ad esempio in ogni valore ed in ogni bisogno (m oti­ vazione) attribuito a tale individuo, e in ogni componente del suo modo di percepire la natura ed il mondo. L ’ individuo, considerato come gruppo di elementi in interazione, può essere un sottosistema all’ interno del modello,

3) perché un sistema possa essere usato in un’analisi esso deve essere « chiuso ». Un sistema che interagisce con il suo ambiente è un sistema « aperto » ; tutti i sistemi relativi alla « vita reale » sono perciò sistemi aperti. Per procedere ad un’analisi, tuttavia, è necessario che nel costrutto intellettuale si presuma che il contatto con l’ambiente esterno sia stato inter­ rotto in modo che l’operare del sistema sia influenzato soltanto da certe condizioni ambientali in precedenza fissate, e non modificate al momento dell’analisi, oltre che dai rapporti tra gli elementi del sistema.

Si chiamano « parametri » gli elementi del sistema la cui grandezza è completamente determinata dall’ambiente, e che sono perciò costanti piut­ tosto che variabili fino a che il sistema è tenuto al riparo da modificazioni ambientali. Per esempio, in alcune analisi di carattere economico, la consi­ stenza numerica della popolazione e la quota di reddito pro-capite sono parametri, cioè si assume che essi rimangano costanti.

Un sistema chiuso non si ritiene che rimanga tale durante 1 analisi. Di un sistema chiuso infatti è possibile soltanto un’analisi estremamente limi­ tata a meno che lo studioso non lo apra in relazione ad una modifica nel­ l’ambiente e ne osservi gli effetti. Così, in un modello di società, la sequenza degli effetti che si producono quando si modifica un qualche tipo di rapporto con altre società, può essere analizzata ;

4) spesso è utile costruire un modello che sia in equilibrio, e possibil­ mente in equilibrio stabile piuttosto che instabile.

L ’equilibrio, nel suo più semplice significato, si riferisce ad una condi­ zione nella quale le variabili nel sistema sono in tale rapporto reciproco che tutte permangono di valore costante, non per assunto, ma a causa della loro interazione.

Se la grandezza di una variabile è stata alterata da una modificazione temporanea di qualche forza esterna che influisce sul sistema, le sue modi­ ficazioni causeranno necessariamente a loro volta modificazioni per lo meno temporanee nelle grandezze di altre variabili, appunto per i rapporti fun­ zionali esistenti tra di esse. (Se il cambiamento di una variabile non

influisce su alcun’altra, allora si può dire che quella variabile non è, in alcun modo, parte significativa del sistema). Queste modificazioni a loro volta reagiranno sulle grandezze della variabile cambiatasi per prima, e sulle altre. L’equilibrio del sistema è stabile se il risultato finale di questa interazione, dopo un iniziale temporaneo disturbo, consiste nel ritorno ai valori iniziali. L ’equilibrio è instabile se un disturbo temporaneo fa sposta­ re i valori di alcune o di tutte le variabili lontano dall’ equilibrio iniziale. L ’equilibrio di un sistema può, naturalmente, essere stabile in rapporto ad un tipo di disturbo e non ad un altro. Di più, l’equilibrio di un sistema può essere stabile rispetto ad un piccolo disturbo (« stabilità nel piccolo »), ma non rispetto ad un ampio disturbo («stab ilità nel gran de»). La stabi­ lità di un equilibrio, inoltre, implica solo che i valori d’equilibrio delle variabili restino immutati finché il sistema rimane chiuso, a parte disturbi temporanei. Se vengono trasmesse al sistema delle modificazioni ambien­ tali permanenti, vi saranno corrispondenti mutamenti di carattere perma­ nente nei valori d’equilibrio delle variabili nel sistema.

Per illustrare l’equilibrio ed i relativi concetti, supponiamo che i depositi di una banca siano a livello « normale » e che si sparga ad un tratto la voce che la banca è insicura ( « disturbo »). La voce provoca, da parte di alcuni clienti, il ritiro dei loro denari (un movimento che allontana l’equi­ librio). Se il complesso delle circostanze è tale che il ritiro del capitale non conduce ad un dilagare del panico ma invece il flusso in uscita si arresta ed i fondi vengono di nuovo depositati, allora, per definizione, l’equilibrio era stabile; se l’ iniziale ritiro di fondi causa una corsa al ritiro dalla banca e questa fallisce, si può dire che l’equilibrio era instabile.

La stabilità dell’equilibrio è determinata, non dal grado di fiducia che i clienti avevano nella banca, non dall’entità del ritiro dei capitali da parte dei clienti e neppure dalla abilità e volontà della banca di reperire dei fondi ; non, cioè, da ciascuno di questi elementi considerato isolatamente, ma dalla correlazione dei tre: l’entità dell’insorgere di richieste di ritiro di capitali causata da una determinata diminuzione di fiducia; l’abilità della banca a far fronte all’aumento nella domanda di capitali e l’apparente imperturbabilità con cui procede ; l’ effetto dell’ampiezza nel ritiro di capi­ tali nei confronti di una ulteriore diminuzione di fiducia; e l’effetto della prontezza della banca nel reperire fondi (e l’atteggiamento dei suoi funzio­ nari) nei confronti di un aumento di fiducia.

Supponiamo ancora che il reddito globale della comunità aumenti per la istituzione di una nuova industria. Con questa modificazione di uno dei parametri, ci si può aspettare che i depositi nella banca raggiungano un nuovo più alto livello, al quale il loro valore si troverebbe in un nuovo stabile equilibrio.

sotto due diversi valori di uno o più parametri — nel precedente esempio, il paragone relativo al livello dei depositi in banca a due diversi livelli di reddito — è definito in economia come « statica comparata ». Non esiste alcun termine equivalente nelle altre scienze sociali.

Se uno o più parametri di un sistema passa attraverso un processo di modificazioni continue —• per esempio, se il reddito globale della comunità aumenta costantemente — possiamo aspettarci che i valori delle variabili con i quali essi sono in equilibrio si modifichino continuamente. In questo caso si può allora parlare di « equilibrio dinamico ».

E ’ particolarmente importante, nell’applicazione dei modelli allo studio delle società, notare che la presenza o l’assenza di equilibrio in un sistema e la stabilità o l’ instabilità di equilibrio sono le risultanti dei rapporti tra le variabili. L ’equilibrio o la sua assenza, la sua stabilità o instabilità, non possono essere causati dalla natura di una variabile presa in considera­ zione da sola, senza metterla in rapporto alle altre. Se conosciamo accura­ tamente i rapporti reciproci, siamo in grado di prevedere se l’equilibrio sarà recuperato dopo un determinato temporaneo disturbo. La stabilità dell’ equilibrio non è soltanto una questione di ex post fa cto ;

5) può essere anche utile studiare un sistema che non sia in equilibrio. Spesso ci preoccupiamo soltanto delle condizioni per l’equilibrio. Possia­ mo allora risolvere un insieme di equazioni per determinare il valore che ciascuna variabile avrà in rapporto all’ equilibrio. Ma possiamo anche inte­ ressarci ad una sequenza di cambiamenti, nel tempo e nei valori delle variabili. Un mutamento nella posizione di una variabile produce un effetto su una o più altre variabili soltanto dopo un periodo di tempo (1). Per esem­ pio, il cambiamento dell’indice della natalità influirà sulla composizione della popolazione rispetto all’età, per molte generazioni. Un cambiamento nel­ l’ambiente nel quale i bambini di un gruppo vengono allevati influirà sulle loro personalità di adulti solo dopo il periodo di tempo necessario perché divengano tali, e attraverso l’ influenza sui loro figli continuerà a causare un’alterazione sulla personalità degli adulti per diverse generazioni (2). Un nuovo equilibrio sarà così raggiunto solo dopo un intervallo di tempo.

In contrasto con la statica comparata, può esser fatta un’analisi della condotta del cambiamento delle diverse variabili del sistema (presumibil­ mente da un equilibrio ad un altro) quando avviene una modificazione in un parametro. Un’analisi di questo tipo è detta « dinamica », e viene chiamato « modello dinamico » un modello i cui processi di modificazione siano analizzati. Il termine « analisi diacronica » in antropologia è pale­ semente identico per significato a quello di analisi dinamica.

Sfortunatamente i termini dinamico (aggettivo) e dinamica (sostantivo) sono usati in questo senso in riferimento a modelli analitici, ma in un

senso completamente differente dalla psicologia contemporanea. Entrambi gli usi sono così bene insediati che si devono per forza accettare. La psico­ logia freudiana ha introdotto, o ha dato una maggiore enfasi, a due elementi nella teoria psicologica. Uno è stato lo studio della formazione della personalità, cioè delle modificazioni della personalità. Si tratta cioè dello studio della « dinamica della personalità » in un senso precisamente analogo a quello in cui il termine « dinamica » è stato da noi usato sopra; i termini « dinamica della personalità » e « psicologia dinamica » entreranno d’ora in poi nell’uso. L ’altro nuovo elemento è dato dall’accento sulla motivazione inconscia. Questi due nuovi elementi sono apparsi nello1 stesso tempo, e per trascuratezza terminologica « dinamico » divenne sinonimo di « m otivazionale». Così i termini « struttura della personalità » e « dina­ mica della personalità » vengono a volte usati come intercambiabili, ed il termine « dinamica della personalità » è anche usato per indicare lo studio delle influenze che determinano il comportamento di una persona.

La sociologia ha ripreso, in qualche modo fuori del contesto, questa esten­ sione della terminologia psicologica. Parsons, per esempio, spesso si rife ­ risce a fattori dinamici o processi in ogni tipo di sistema sociale, compren­ dendovi sistemi che si trovino in equilibrio stabile. D ’altra parte, la sociologia non possiede termini tecnici per distinguere tra un sistema sociale in equilibrio ed uno in movimento non in equilibrio. Parsons tratta di tale movimento ed il relativo capitolo in The Social System è da lui semplicemente intitolato « I processi di cambiamento nei sistemi sociali »

(The Processes of Change in Social Systems). In questa sede, a scanso

di confusione, eviterò l’uso psicologico-soeiologico del termine « dinamica » ; 6) quando il sistema si muove verso una nuova posizione di equi­ librio, non tutte le variabili cambiano necessariamente di valore. Le

interrelazioni del sistema possono essere tali che, nonostante la modi­ ficazione permanente di uno o più parametri, alcune delle variabili, dopo essere state temporaneamente disturbate, ritorneranno alla loro iniziale grandezza. Questa condizioni è chiamata « omeostasi » ed è generalmente illustrata con esempi di carattere organico o meccanico. Se la temperatura dell’ambiente in cui vive un organismo scende, la caduta provocherà l’uscita più rapida del calore dall’organismo, il che, a sua volta, metterà in azione un meccanismo che aumenterà la generazione di calore da parte del corpo, per cui, a meno che la caduta esterna della temperatura non sia eccessiva, la temperatura dell’organismo, dopo una caduta temporanea, ritornerà alla normalità.

L’omeastasi (o un termine analogo, se si preferisce riservare questo a situazioni biologiche o meccaniche) può essere anche illustrata con un esempio tratto dall’ economia. Supponiamo che in una determinata città

il prezzo richiesto per applicare nuovi tacchi di gomma ad un paio di scarpe sia di 75 cents. Supponiamo ora che la città cresca rapidamente; poiché i negozi di riparazioni si trovano oberati di lavoro possono chiedere ed ottenere 90 cents per l’applicazione dei tacchi di gomma ed ottengono prezzi ugualmente aumentati per altri tipi di riparazioni. Il cresciuto margine di profitto, però, richiama più artigiani nel settore della ripara­ zione delle calzature, perciò, dopo un certo tempo, l’offerta di questi servizi aumenta in misura tale che non è più possibile ottenere più di 75 cents per applicare i tacchi. Il nuovo equilibrio del prezzo per la riparazione di un paio di scarpe con tacchi di gomma è lo stesso del vecchio: un «m eccanism o di retroazione (feedback) n egativa» ha rista­ bilito l’antico prezzo.

Si noti, però, che una variabile (la temperatura del corpo o il prezzo per l’applicazione di un paio di tacchi di gomma) può tornare al suo precedente valore se un’altra variabile (il consumo di energia nel corpo e la generazione di calore, o la molteplicità dei servizi di riparazione di scarpe disponibili) cambia di grandezza in modo permanente. Questo è un aspetto dell’omeostasi che qualche volta viene trascurato. L’omeostasi rispetto ad una variabile implica necessariamente una posizione alterata di un’altra variabile (« eterostasi ») per tutta la durata del periodo in cui prevale la modificata condizione esterna che ha attivato il meccanismo omeostatico.

Concetti e metodologia

E ’ ovvio che questi requisiti dei modelli analitici sono caratteristiche necessarie delle interrelazioni all’ interno di ogni gruppo di variabili in ogni campo. Per cui, quei concetti riguardanti la società che le contrad­ dicano sono o logicamente errati e, per lo meno, inutili. Concetti che contraddicano i requisiti logici, o siano per lo meno ambigui, si trovano, però negli scritti non solo degli studiosi meno attenti, ma di alcuni dei più creativi ed influenti tra i nostri teorici.

Alcuni di questi errori o casi di foimulazione imprecisa di concetti possono essere nati originariamente da uno stato mentale caratteristico dei primi passi dell’antropologia e della sociologia, quando la stabilità sociale era vista come buona, ed il cambiamento sociale (forse perché creava delle tensioni, o perché imposto, volontariamente o no, dall’esterno) come cattivo. Altri possono essere nati per un concretarsi dell’ interesse sulla struttura sociale piuttosto che sui processi sociali. Forse la spiega­ zione del loro persistere sta nel fatto che lo studio delle società non ha ancora raggiunto completamente lo stadio di una precisa definizione delle

variabili. In ogni caso, le scienze sociali si stanno ora volgendo verso una maggiore precisazione nella definizione delle variabili, nell’analisi dei rap­ porti funzionali, e nella creazione di modelli, e in questa fase transitoria può essere utile richiamare l’attenzione su alcuni concetti che sembrano in via di sparizione.

1. In molti scritti sociologici il concetto di società è visto come neces­ sariamente implicante un equilibrio stabile (sia statico che dinamico). Così in Toward a General Theory o f Action, Parsons scrive, con Shils: « La proprietà più generale e fondamentale di un sistema sta nella inter­ dipendenza delle parti o variabili. L’ interdipendenza consiste nell’esistenza di determinati rapporti tra parti o variabili, in contrasto con una varia­ bilità casuale. In altre parole, l’ interdipendenza è ordine nel rapporto tra le componenti di un sistema. Questo ordine deve essere una tendenza ad automantenersi, che è generalmente espressa con il concetto di equili­ brio. Cioè, se il sistema sarà abbastanza permanente da meritare di essere studiato, ci dovrà essere una tendenza al mantenimento dell’ordine, tranne che in circostanze eccezionali. Non occorre, però, che si tratti di un automantenimento statico o di un equilibrio stabile. Può trattarsi