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III L A TRADIZIONE MANOSCRITTA

III.1. Fortuna e storia delle edizioni della Parafras

L’aggiunta marginale di Z 198-214 suscita inoltre il problema dei due revisori del Palatinus. Chi li ha vergati? Il copista (P1) o un annotatore di età coeva (P3), dietro il quale potrebbe comunque celarsi lo stesso copista? Sembrerebbe di dover attribuire allo stesso copista i vv. aggiunti, piuttosto che ad un altro annotatore, ma non è da escludere che si tratti di una mano coeva; l’assenza di particolari forme di legatura, nonché di un diverso colore di inchiostro, non permette di giungere a una conclusione certa. Nonostante la questione rimanga sub iudice, bisogna concludere che questi versi additi– sia che siano dello stesso copista o di un altro annotatore- sono frutto di una collazione successiva effettuata sul Palatino con un ms. della famiglia del Laurenziano. Infatti i vv. 195-214 si trovano al loro posto soltanto in L. Lo stesso avviene per D 55-68, dove nei mss. del ramo bbbb (VNP) è presente una lacuna, risalente con ogni probabilità all’archetipo, e in P a margine restituiti, deducendoli da un estimone della famiglia di L558. Sebbene non si riscontrino errori di N contro P, proprio la presenza dei versi additi 195-214 non consente assolutamente di eliminare P come codex descriptus e fra l’altro essa, assieme al v. 71 (cfr. ¢gcinef¾j L: ¢gcifan¾j bbbb ma ¢gcinef¾j è stato scritto sopra da P3 e poi cancellato con un tratto orizzontale), dimostra la netta dipendenza del ms. P da L o comunque da un ms. imparentato con il Laurenziano559.

L’esistenza di un archetipo a è comprovata dai numerosi casi di errori comuni a tutta la tradizione manoscritta, che vanno sanati con un intervento congetturale; si segnala almeno:

51 ›wj: ˜ù Iuvenis Nansius

84 Tiber»tida: Tiberh…da coniecerat Passow 90 ¢nšmplooj: ¢nškplooj Scaliger Livrea* 94 Tiber»tidej: Tiberh…dej Scheindler post v. 121 lacunam statuit Livrea*

129 ¤per polÚmuqoj L: ¤per pÒre màqoj bbbb (sed in P in mg. s. polumu P3 , Óper mg. s. P4) pro ¤per pšle màqoj Nansius

139 zwÁj ko…rane: post zwÁj interpunxit Marcellus 161 ™j: e„j Ludwich2

post v. 162 lacunam indicavit Scheindler

186 ØpodrÁj œsken L et Øpodr¾j œsken bbbb: ØpotrÚzesken Ludwich1 e Tiedke1 228 aÙtÕj: oátoj Scheindler

Malgrado l’apporto essenziale di L, anche per il canto Z non è per nulla infondato il sospetto che si possano nascondere altri luoghi corrotti da sanare per congettura; rispetto all’edizione di Scheindler, questa constitutio textus si discosta al v. 63 per difendere la lezione manoscritta, al v. 90 dove si motiva un emendamento già proposto dallo Scaligero, dopo il v. 121 in cui si segnala la presenza di una possibile lacuna, al v. 127 per ristabilire la lezione della par£dosij e al v. 139 dove si propone una diversa interpunzione del testo.

III.1. Fortuna e storia delle edizioni della Parafrasi

557 Questa l’impressione anche di mons. P. Canart*: «A dire il vero, i vv. 195-197 sono forse stati aggiunti in uno spazio lasciato vuoto da P1: i vv. 195-197 non sono perfettamente allineati con gli altri della stessa colonna. Non mi pare verosimile che nel modello del Palatinus la lacuna sia stata limitata ai versi 198-214».

558

Cfr. Caprara, p. 188.

È ben noto che i Padri della Chiesa, al pari degli autori classici, svolsero un ruolo di grande importanza nell’ambito di quel vasto programma di recupero dell’antichità che caratterizzò il XV sec. La tradizione patristica, infatti, non venne mai considerata inferiore a quella classica, bensì, al pari di essa e insieme ad essa, parte integrante di un unico e rilevante passato culturale, che doveva essere riscoperto ed assimilato nel pieno dei suoi contenuti e della sua correttezza formale. Le molteplici espressioni della renovatio umanistica (filosofia, teologia, filologia, letteratura) si rivolsero anche ai Padri greci e latini. Spesso a seguito di precise istanze storiche, in primo luogo quelle conciliari, i loro codici vennero ricercati, copiati, annotati, corretti e custoditi nelle biblioteche di ecclesiastici e privati; le loro opere furono lette, commentate, e soprattutto tradotte, ponendosi spesso al centro di accesi dibattiti intellettuali560. Ne è un chiaro esempio la risonanza di cui godette la versione dell’Oratio ad

adolescentes di san Basilio, eseguita dal Bruni561. Per gli umanisti il ritorno a questi testi significò la possibilità di risalire alle origini stesse del pensiero cristiano e di utilizzarne i fondamenti non solo a scopo erudito, ma anche per l’elaborazione delle nuove idee rinascimentali di uomo e humanitas562.

Una grande fortuna del poema sacro nonniano, la Parafrasi, si riscontra proprio nel periodo umanistico563, dove dagli inizi del ’500 fino ai primi anni del ’600 si annoverano una quindicina di edizioni, fra le quali spicca in primis quella Aldina, un volume di 51 fogli senza suddivisione in capitoli, numerazione dei versi e senza una datazione certa (1501 o 1504), finché Agosti è giunto a far luce almeno su quest’ultimo problema564. Lo studioso, sulla base

di valide argomentazioni, ne fissa la datazione al 1504. L’Aldina è stata approntata tenendo come base una copia di P, non P stesso - dato che in esso mancano le tipiche tracce d’uso-, con cui condivide vari errori e da cui dipende per gli a capo. Curatori di questa edizione potrebbero essere stati Pietro Candido (De Stefani, pp. 69ss.) 565 oppure Scipione Carteromaco566 o Giovanni Battista Cipelli567, anche se non è da escludere la possibilità di una curatela nell’ambiente di Aldo (Agosti)568. La sua influenza nei confronti delle edizioni successive della P. fu molto considerevole, giacché il testo venne riprodotto, sia pure con miglioramenti (o forse dovremmo dire abusi) ope ingenii e talvolta ope codicum (forse il Bordatus e sicuramente Sylburg), fino all’edizione teubneriana di Scheindler (1881), che basandosi su un numero maggiore di mss. inaugurò una nuova tradizione. Infatti, gli editori nonniani prima di Juvenis (1556) non apportarono notevoli modifiche al testo dell’Aldina, limitandosi a correggere alcuni refusi: le edizioni di Johannes Setzer (1527)569, Hegendorf

560 Cfr. M. Cortesi, Umanisti alla ricerca di Padri greci, in S. Gentile (a cura di), Umanesimo e Padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli di testi patristici da Francesco Petrarca al primo Cinquecento, Milano 1997, pp. 63-75; Ead. (a cura di), I Padri sotto il torchio. Le edizioni dell’antichità cristiana nei secoli XV-XVI. Atti del Convegno di studi, Certosa del Galluzzo, Firenze, 25-26 giugno 1999, Firenze 2002.

561 Cfr. P. Viti, San Basilio e Leonardo Bruni: le prime edizioni dell’ “Oratio ad adolescentes”, in I Padri sotto il torchio cit., pp. 115-126.

562 Cfr. M. Cortesi-C. Leonardi (a cura di), Tradizioni patristiche nell'Umanesimo. Atti del Convegno, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Biblioteca Medicea Laurenziana, 6-8 febbraio 1997, Firenze 2000. 563 Maggiori informazioni sono ricavabili da Livrea ad S, pp. 43-47; Agosti8, pp. 89-114 e De Stefani, pp. 66-78. 564 Cfr. Agosti8, in part. pp. 90-108.

565 Sulla base di una lettera del Carteromaco secondo cui Pietro Candido si trovava a Roma e aveva con sé una copia di Nonno, propende per questa attribuzione N.G Wilson, From Byzantium to Italy. Greek Studies in the Italian Renaissance, London 1992, p. 142. Tuttavia, Agosti8, p. 103, nt. 66 spiega che il fatto si riferisce al 1507 e che la copia in possesso era quella delle Dionisiache.

566

Agosti8, p. 96, nt. 38 ricorda che nel catalogo degli stampatori parigini del XVI secolo, Imprimeurs et Libraires Parisiens du XVIe siècle. Ouvrage publié après les manuscrits de Philippe Renouard, V, Paris 1991, p. 130 attribuisce l’edizione al Carteromaco. In modo acritico la paternità dll’opera è asserita da Sherry, p. 169, nt. 250.

567 Con molta cautela Agosti8, p. 102.

568 Bibliografia: Agosti8; Livrea1, p. 130; De Stefani, pp. 66-71; Agosti, p. 222.

569 Contiene un’epistola prefatoria di Filippo Melantone, in cui il celebre studioso loda le virtù esegetiche del parafraste: «hoc eruditissimum Nonni carmen vice prolixi commentarii esse potest […] quamquam enim ita

(1528)570, Braubach (1540) riprodussero sostanzialmente l’editio princeps. Da ricordare che la prima traduzione della P. fu ad opera di Hegendorf571.

All’interno del panorama cinquecentesco la vera novità fu rappresentata appunto dall’edizione di Juvenis, per la divisione in capitoli e la correzione di alcuni refusi delle edizioni precedenti; il testo apparve sensibilmente migliorato in più luoghi, a tal punto che Scheindler lo definì «pater Vulgatae»572. Nel 1561 uscì il volume del Bordatus, che probabilmente si avvalse di una fonte manoscritta per noi non più identificabile. L’umanista, sebbene corresse in non pochi punti il poema nonniano, aprì tuttavia la strada alla coniazione e all’inserimento di propri versi, per sostituire quelli mancanti o per rendere il testo poetico più aderente al Vangelo. Per il canto Z, che presenta la più ampia lacuna di tutta la P., lo studioso arrivò a forgiare, in sostituzione delle 13 pericopi giovannee mancanti (Jo. 6.41-54), ben 38 versi573. Dopo questa edizione Cholinus (1566) e Stephanus (1578) non offrirono nessun nuovo contributo.

Di ben diverso spessore fu invece il lavoro compiuto da Nansius nel 1589574 e poi nel 1593, il primo ad aver effettuato anche un dotto commento della P. nonniana, ancora oggi di una qualche utilità, oltre che ad aver dato origine a felici emendazioni; in seguito Sylburg (1596) poté collazionare attentamente P, ponendolo a fondamento di Nonno575. Come avvertì nella prefazione lectori, la novità della sua edizione fu rappresentata dalle Notae dell’appendice, in cui egli raccolse le variae lectiones marginali di P assieme a proprie congetture. La collazione del Palatino da parte dello studioso è testimoniata concretamente nelle sue annotazioni marginali contenute nel codice (P4). Di notevole spessore risultò il lavoro compiuto dal gesuita francese Nicolas Abram (1623), pregevole sia per alcuni interventi testuali, sia per il dotto commento, ricco di annotazioni non solo classiche, ma anche teologiche576. Ciò dimostra l’attenzione che la P. godette in ambiente ecclesiastico, anche in quello gesuita577. Dopo questa grande attenzione e fioritura della P. nonniana578, si verificò un declino, causato dal libello Aristarchus Sacer di Heinsius uscito nel 1627, che condannò la P. ritenendola un poema di cattivo gusto e non elegante579; all’«effrenatezza» nonniana e alla

insensata ripetitività della trama parafrastica l’autore contrapponeva l’eleganza formale e la misura riscontrabili nei poemi omerici580. Per superare questo periodo d’oblio di cui la P. fu

vittima, bisognerà aspettare l’epoca della «rinascenza», avvenuta grazie a studiosi quali religiose servavit leges paraphrasis, ut de suo quicquam addiderit Joanni, tamen plerasque sententias mira felicitate illustravit». Il testo è citato da Kuhn, p. 105.

570 Egli fu il primo a presentare una traduzione latina del testo.

571 «Sehr ungenügende» la definì Kuhn, p. 104. Nella prefazione Ad lectorem Hegendorf dichiarò che aveva voluto inizialmente rendere il poema in versi, ma la difficoltà inctrata nel rendere con brevità uno stile così ricco lo aveva trattenuto da simile impresa: «Conabar equidem versus versibus exprimere, verum cum id praeterquam quod magno labore constitutum erat, etiam nonnihil mihi ¢dÚnaton videretur, et propter mira Poetae nostri graeca epitheta, quae non nisi multis vocibus Latinis verti apte poterant, et quod uno saepe versiculo graeco tantum complexus est, quantum duobus aut tribus versiculis latinis aegre quis comprehendat».

572 Così Scheindler, p. XXXV. 573 Cfr. commento ai vv. 162-163.

574 Su questa edizione vd. F.M. Pontani, Nonniana, in «MusPat» 1, 1983, pp. 353-378.

575 Gli interessi per la poesia tardoantica di Sylburg sono testimoniati anche dall’ed. pr. del 1592 con traduzione latina delle Graec. Aff. Cur. di Teodoreto (cfr. Théodoret de Cyr, Thérapeutique des maladies helléniques. Texte critique, introduction, traduction et notes de P. Canivet, Paris 1958, I, p. 7).

576 Vd. la valutazione di Livrea ad S, p. 44; De Stefani, p. 73 e per altre notizie sulla fortuna umanistica della P. Agosti8.

577 Da segnalare al riguardo anche la precedente e parziale traduzione ad opera del Possevinus (1603), che considerando P. A 1-45 un esemplare di ortodossa teogonia cristiana, lo riporta accompagnato dalla sua traduzione. Cfr. in merito Agosti8, p. 90, nt. 4.

578 Cfr. De Stefani, pp. 72-78.

579 Quest’opera rappresentò sul versante “sacro” della P. la continuazione della polemica contro il cattivo gusto nonniano inaugurata da Cunaeus con le Animadversiones in Nonni Dionysiaca (1610); vd. De Stefani, p. 74. 580 Cfr. Livrea ad S, p. 45; De Stefani, p. 74; sull’analoga condanna del Cunaeus verso le D. cfr. Tissoni, p. 55.

Baumgarten-Crusius e soprattutto Passow581, che realizzò un bel lavoro dal punto di vista filologico. Egli infatti tenne conto di tutte le edizioni precedenti, ad eccezione delle Curae secunduae del Nansius, si avvalse delle congetture di Gerhard582, di alcune note marginali di F.A. Wernicke contenute in un esemplare dell’edizione di Sylburg e degli interventi presenti nel commento a Trifiodoro583. All’interno di questo panorama non è possibile tralasciare studiosi quali Hermann e Koechly, che grazie alla loro erudizione riuscirono ad individuare e alle volte a sanare per congettura il testo584.

A metà del XIX secolo apparve l’edizione del Marcellus (1861). Il lavoro di questo diplomatico francese fu considerato dalla critica con sufficienza in ragione della sua tendenza ad alterare il testo con improponibili congetture, alle volte bizzarre, ma in alcuni casi bisogna riconoscere che lo studioso colse nel segno. La sua predilezione nei riguardi di Nonno è dimostrata dal fatto che egli apprestò anche un’edizione delle Dionisiache585.

L’attenzione che la filologia tedesca del secondo Ottocento mostrò nei confronti della poesia greca tardoantica portò finalmente all’edizione teubneriana della P. a cura di Scheindler (1881). Lo studioso si avvalse della memoria di un lavoro di Kinkel, nel quale si menzionavano due nuovi testimoni, N e l’importantissimo ms. Laurenziano, L. Avvalendosi della collazione effettuata per lui da vari filologi sui testimoni della P., riuscì a dare alla luce una nuova edizione, fondata su criteri filologici «moderni»: intuì la natura bipartita della recensio, recepì le congetture dei precedenti studiosi ed egli stesso corresse in altri punti il testo, arrivando a compiere senza dubbio un ottimo lavoro per l’epoca586. In seguito Tiedke,

usufruendo di questa nuova edizione critica, cercò di migliorarla ulteriormente, proponendo altre ottime emendazioni, tuttora valide587.

Nel XX secolo la P. ha trovato un valoroso interprete nella figura di J. Golega, che nel suo studio dedicato al poema nonniano, ha già svelato in parte i molteplici riferimenti teologici e la fitta trama di intertesti poetici che vi soggiacciono. Dal 1881 il poema “sacro” nonniano non ha ancora avuto una nuova edizione critica, ma negli ultimi anni grazie al lavoro di Livrea e dei suoi allievi, sono state prodotte diverse nuove edizioni su singoli canti, volte a una rivalutazione dell’opera come espressione di alta poeticità e sapiente esegesi; essi tengono presenti gli studi della «scuola di Amsterdam» degli anni ’30, quella del Kuiper e del Preller. Bisogna segnalare anche la traduzione della P. compiuta da Ebener, Sherry e Prost. Nel Novecento si è andato sviluppando un lavoro complessivo anche sull’altro grande poema nonniano, le Dionisiache, che ha visto l’edizione critica intera condotta da F. Vian, mentre in Italia un’opera di introduzione, traduzione e commento è stata coordinata da D. Gigli Piccardi con la collaborazione di Gonnelli, Agosti e Accorinti; in Spagna si trovano S. D. Manterola, L. M. Pinkler, Hernández de la Fuente, che oltre ad una traduzione delle D., sta portando avanti vari studi su Nonno588. In generale, negli ultimi anni la poesia tardoantica sia greca sia latina

ha suscitato un grande interesse negli studiosi, che hanno a più riprese cominciato a dedicare vari lavori al riguardo, svelando tutta la bellezza e la complessità che soggiace alla trama di questa produzione poetica.

581 Baumgarten-Crusius 1824 e 1836; Passow 1834. I due studiarono insieme a Lipsia sotto la guida di Hermann e Vahlen.

582 Si veda per esempio f£oj ad A 3 accolto nel testo da Passow. 583 Cfr. per esempio l’apparato di Scheindler ad E 92, p. 252.

584 Hermann 1834, Koechly 1860. Su quest’ultimo e sulle sue congetture inedite apposte all’esemplare della sua edizione critica della P. cfr. De Stefani1, pp. 259-329.

585Si noti il riconoscimento di Scheindler5, p. 219: «Hiebei habe ich namentlich auf Marcellus’ Ausgabe, die bis jetzt über Gebühr vernachlässigt wurde, mehr Rücksicht genommen». Marcellus fornì della P. una bella traduzione in lingua francese.

586 Cfr. De Stefani, p. 76 587

Cfr. Tiedke5. Cfr. ad esempio Accorinti ad U 81, pp. 189-191.

Il testo del canto Z qui presentato si inserisce nel lavoro complessivo di edizione della Parafrasi. In genere non sono riportate in apparato le variante grafiche, ad eccezione di quelle di L, e alcune congetture ritenute non molto significative. Ci siamo affidati all’apparato di Scheindler per quanto riguarda le congetture manoscritte del Wernicke, mentre per gli interventi marginali del Koechly ci siamo avvalsi della pubblicazione di De Stefani1. Anche i versi aggiunti nelle edizioni umanistiche per colmare le omissioni del parafraste, non sono stati riportati; se di qualche utilità sono stati menzionati nel commento. Sotto la traduzione italiana è riportato il testo del vangelo che presumibilmente aveva dinanzi Nonno al momento della composizione (No*); si tratta di un compito delicato e probabilmente non realizzabile con sicurezza, non privo di un margine di incertezza, ma comunque necessario intraprendere.