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I. U NA LETTURA DEL SESTO CANTO DELLA P ARAFRAS

I.6 Iconografia, visione e movimento nel canto sesto

All’interno della poesia tardoantica il noto principio dell’ut pictura poesis, si presta bene, seppure con le dovute modifiche, a rappresentare la realtà, giacché i confini tra immagine e testo, avvalendosi anche del principio costitutivo dell’equivalenza terminologica che si verifica nella lingua greca464, tendono a sovrapporsi fino a diventare inconsistenti465; la parola scritta e quella recitata non sono distinte, ma interagiscono tra di loro, arrivando a creare un diverso tipo di comunicazione, i cui risultati ben si percepiscono nell’oratoria epidittica,

458 Cfr. NS Ib 27.548-551, p. 267 Dolbeau; NS Ib 28.553-555. 459 Cfr. Vit. Ant. 94.2; vd. inoltre Agosti, pp. 98-99; Agosti11, p. 327.

460 Cfr. [Apolin.], Met. Pss. praef. 32. A un gruppo di intellettuali pagani era rivolto il carme a Nemesio di Gregorio di Nazianzo (2.2.3). Per la compresenza di riferimenti classici e cristiani in Gregorio di Nazianzo cfr. Simelidis, pp. 24-46.

461 Sull’importanza di accogliere la fede per diventare figli di Dio cfr. supra, cap. I.3.3. 462

Cfr. Bagnall, pp. 261-288; R. Rémondon, L’Égypte et la suprême résistance au Christianisme (Ve-VIIe siècles), in «BIFAO» 51, 1952, pp. 63-78; D. Frankfurter, Christianity and Paganism, I: Egypt, in A.M.C. Casiday-F.W. Norris (eds.), The Cambridge History of Christianity, vol. II, Constantine to c. 600, Cambridge 2007, pp. 173–188.

463 Cfr. D. Frankfurter, Things Unbefitting Christians: Violence and Christianisation in Fifth-Century Panopolis, in «JECS» 8, 2000, pp. 273-295.

464 In poesia l’espressione ™n graf…dessi può significare sia «per iscritto» (cfr. Nonn., P. 5.156 ™nˆ graf…dessi d ke‹nai; Diosc., Carm. 1.4 Fournet: ™n graf…dessi car£gmata), ma anche «su pittura» come in Nonn., D. 12.114; 25.433 oŒa kaˆ ™n graf…dessi. Cfr. inoltre Agosti, p. 524 e Agosti10, pp. 18-19, nt. 6, mentre per il rapporto fra immagine e descrizione nella letteratura ecfrastica vd. J. Elsner, Making Myth Visual: the Horae of Philostratus and the Dance of the Text, in «MDAI(R)» 107, 2000, pp. 253-276.

465 Cfr. H. Maguire, Art and Eloquence in Byzantium, Princeton 1981; G. Cavallo, Testo e immagine: una frontiera ambigua, in Testo e immagine nell’Alto Medioevo, XLI Sett. di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1994, pp. 31-62.

nell’omiletica cristiana e nella poesia466. Nel visitare una chiesa Asterio di Amasea si trova davanti a una raffigurazione del martirio di Santa Eufemia e così non può fare a meno di prodursi in una œkfrasij467, che rivaleggia col pittore perché tenta di descrivere con estrema ™n£rgeia l’affresco. Alla lettura subentra la visione di una graf», la cui vividezza Asterio cerca di riprodurre con la sua parola, invitando al termine dell’orazione a verificarne il risultato468. Sul versante cristiano sono soprattutto i padri Cappadoci, Basilio e Gregorio di Nissa, a dare una valutazione positiva alle immagini, mettendole in parallelo con la parola: la parola è immagine parlante, l’immagine è parola silenziosa. Per Gregorio di Nissa l’immagine, da un lato rende più chiara ed evidente l’idea che si vuole esprimere, dall’altro provoca un più profondo coinvolgimento sentimentale in chi la fruisce469. A tal proposito esemplificano bene l’idea un passo di Basilio di Cesarea, dove vengono posti sullo stesso piano i logogr£foi e gli zwgr£foi, visto che entrambi chiariscono con la parola o con le immagini i concetti: ™peˆ kaˆ polšmwn ¢ndragaq»mata kaˆ logogr£foi poll£kij kaˆ zwgr£foi diashma…nousi, oƒ mn tù lÒgJ diakosmoàntej, oƒ d to‹j p…naxin ™gcar£ttontej, kaˆ polloÝj ™p»geiran prÕj ¢ndr…an ˜kat£roi. •A g¦r Ð lÒgoj tÁj ƒstor…aj di¦ tÁj ¢koÁj par…sthsi, taàta grafik¾ siwpîsa di¦ mim»sewj de…knusin470 e un brano di Gregorio di Nissa, in cui non solo l’autore sostiene che l’immagine parla sulla parete come un libro, æj ™n bibl…J tinˆ glwttofÒrJ, ma anche che la pittura è una graf¾ siwpîsa, capace di ™n to…cJ lale‹n471.

E’ ben noto che questa attenzione nei confronti delle immagini porta sul piano letterario ad ampie digressioni ecfrastiche, luogo privilegiato per l’incontro tra immagine e parola, nonché strutture portanti della poesia tardoantica472. Come è stato evidenziato dall’edizione francese ed italiana delle D., le arti figurative sono una parte vitale e un’anima pulsante dello stesso poema dionisiaco di Nonno. La descrizione della nascita di Dioniso nel canto 9, avvolta in un’atmosfera sacrale, è illustrata dal mosaico di Nea Paphos, in cui Hermes presenta il dio fanciullo ad alcune personificazioni allegoriche; la metamorfosi di Sileno in 19.287 trova riscontro in stoffe copte; in 26.501 Eracle è definito dÒcmioj perché nell’iconografia della lotta con l’idra è sempre rappresentato di profilo473. Del resto, già nel proemio Nonno, per esprimere l’idea della parola visuale, aveva scelto il dio del multiforme e del cambiamento, Proteo, espressione della varietà: D. 1.13-15 ¢ll¦ coroà yaÚonta F£rJ par¦ ge…toni

466 Per un quadro sulla visione nel tardoantico importante è l’articolo di Agosti10 e Id., Immagini e poesia nella Tarda antichità. Per uno studio dell’estetica visuale della poesia greca fra III e IV sec. d.C., in L. Cristiani (ed.), Incontri Triestini di Filologia Classica IV (2004-2005). Atti del Convegno Internazionale Phantasia. Il pensiero per immagini degli antichi e dei moderni, Trieste, pp. 351-374.

467 L’œkfrasij diventa una delle strutture retoriche portanti della poesia greca tardoantica, con conseguenze sullo stile e sull’organizzazione della materia narrata: è diretta da alcuni principi estetici fondamentali, quali l’attenzione ai dettagli e ai particolari (anche sonori), spesso a svantaggio della consequenzialità della vicenda narrata, la tendenza alla digressività e alla giustapposizione dei quadri e la capacità immaginativa, la fantas…a. Cfr. Miguélez Cavero, pp. 283-288.

468 Cfr. Hom. 11.1-4 Datema. Vd. inoltre R.S. Nelson, To Say and to See: Ekphrasis and Vision in Byzantium, in Id. (ed.), Visuality before and beyond the Renaissance, Cambridge 2000, pp. 143-168.

469 Da qui nasce l’utilità delle immagini nella pedagogia religiosa, un tema che sarà ripreso da Gregorio Magno e che diverrà norma per l’Occidente, dove continuerà pur sempre ad esercitare un grande influsso il De doctrina christiana di S. Agostino, scritto nel quale si prospetta la centralità della Bibbia nella liturgia. Per un primo approccio sull’uso didattico delle immagini cfr. D. Menozzi, La Chiesa e le immagini. I testi fondamentali sulle arti figurative dalle origini ai nostri giorni, Cinisello Balsamo 1995, pp. 77ss.

470 Hom. in s. quadr. mart. 19.2 (PG 31, 508D-509A).

471 Cfr. De s. Theod., Opera X.1, p. 63.5-14. Sull’unione di parola e arti visive nelle D. molto utile risulta l’articolo di Agosti10, pp. 17-32.

472 Cfr. Roberts1; I. Gualandri, Aspetti dell’ekphrasis in età tardoantica, in Testo e immagine nell’Alto Medioevo cit., pp. 301-341; Agosti3, pp. 131-151; Gigli1, pp. 24-26.

473 Cfr. Gigli1, pp. 58-60; p. 629, nt. 24; Vian ad D. 26.501, p. 266. Cfr. inoltre Agosti10, pp. 26-27, mentre per la figura di Dioniso soggetta a influenza letteraria e immagini artistiche cfr. Miguélez Cavero1, pp. 558-564.

n»sJ / st»satš moi PrwtÁa polÚtropon, Ôfra fane…h/ poik…lon edoj œcwn, Óti poik…lon Ûmnon ¢r£ssw474.

In verità, poesia ed arti figurative, insieme chiaramente alla tradizione esegetica evangelica, costituiscono l’elaborato intreccio delle complesse ed eleganti trame anche della P. Allorché Nonno arriva a tratteggiare alcune scene, non sembra di potersi esimere dal pensare a un influsso delle arti iconografiche. Fin dalla sua apertura, il canto Z testimonia questo stretto rapporto, come dimostrano i vv. 7-8 messofanÁ d / ˜zÒmenon stefanhdÕn ™kuklèsanto maqhta…; è il cerchio che si forma quando il Maestro viene interrogato da uditori e astanti, bramosi di sottoporgli delle questioni, nuovamente riproposto al v. 104 (CristÕn ™kuklèsanto kaˆ œnnepon ¹dši mÚqJ). In questa rappresentazione Nonno è tributario dei motivi iconografici paleocristiani, in cui Gesù predicante, depositario di quella dottrina la cui osservanza assicura al credente la salvezza, è attorniato dai discepoli, come avviene nella pittura murale di una volta di arcosolio dell’ipogeo degli Aurelii a Roma del III sec475. Tra la fine del III e del IV secolo si possono menzionare gli affreschi della catacomba dei SS. Marcellino e Pietro a Roma, dove il maestro in trono, con la destra levata nel gesto oratorio, siede tra i suoi discepoli oppure la Cripta degli «apostoli piccoli» nella catacomba di S. Domitilla, in cui è presente un Cristo nimbato circondato da Apostoli. L’arte minuta offre alcuni pezzi di rilevante valore. Sul coperchio dell’urnetta argentea di S. Nazaro Maggiore a Milano, che Ambrogio depose con alcune reliquie sotto l’altare della nuova «basilica romana» o «apostolorum», è sbalzata una scena di Cristo tra gli apostoli 476 . Che questa rappresentazione fosse molto in auge nel mondo antico è testimoniato dalla sua presenza nelle decorazioni delle tuniche; Asterio di Amasea, Hom. 1.4, pp. 8-9 Datema condanna la moda dei ricchi ornamenti sulle vesti dei cristiani, fra cui elenca, oltre ad alcuni miracoli compiuti da Gesù, anche la sua rappresentazione con i discepoli: Ósoi d kaˆ Ósai tîn ploutoÚntwn eÙlabšsteroi, ¢nalex£menoi t¾n eÙaggelik¾n ƒstor…an, to‹j Øfanta‹j paršdwkan: aÙtÕn lšgw tÕn CristÕn ¹mîn met¦ tîn maqhtîn ¡p£ntwn477.

E’ proprio la stretta compenetrazione che si verifica a partire dalle prime rappresentazioni figurative tra il miracolo dei pani e l’Ultima Cena a far sì che anche Nonno attualizzi in chiave eucaristica il miracolo, leggendolo alla luce dell’actio liturgico-eucaristica (vv. 37- 38)478. Ciò non stupisce. Per rappresentare l’Ultima Cena, gli artisti dei primi secoli trassero

infatti ispirazione dalla moltiplicazione dei pani479. Del gesto della fractio panis compiuto da Gesù e di cui parlano già le fonti cristiane antiche nel II secolo480, troviamo la più antica raffigurazione nella Cappella Greca della catacomba di Santa Priscilla a Roma, dove la Cena Eucaristica ha lo scopo di far rivivere ciò che aveva fatto Gesù, quando in tale solenne momento donò, nel segno del pane e del vino, il suo corpo che stava per essere sacrificato

474 «Evocate per me l’immagine di Proteo multiforme, / mentre si unisce alla vostra danza nella vicina isola di Faro, / perché appaia nella varietà dei suoi aspetti, ché un inno variegato voglio intonare» (trad. di Gigli1); per la lezione yaÚonta al v. 13 cfr. Gigli1, pp. 120-121 a cui si rimanda anche per la bibliografia su Proteo. Cfr. inoltre Giraudet, pp. 75-98.

475 A. Grabar, L’arte paleocristiana, Milano 1967, p. 209, tav. 230; Caprara ad D 148, pp. 250-251.

476 Su tutto ciò cfr. P. Testini, Osservazioni sull’iconografia del Cristo in trono tra gli apostoli, in «Rivista dell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte» 11-12, 1963, pp. 230-300.

477 Cfr. H. Maguire, Garments Pleasing to God: The Significance of Domestic textile Designs in the Early Byzantine Period, in «DOP» 44, 1990, pp. 214-224, in part. p. 220.

478 Cfr. supra, cap. I.1.2. Con questa affermazione non si vuole intendere che l’iconografia abbia spinto Nonno a una simile lettura, ma semplicemente che, accanto alla tradizione letteraria ed esegetica, fonti pur sempre primarie, non si può trascurare anche l’influenza dell’arte, parte attiva e protagonista nel mondo tardoantico. 479 Sulla pittura delle catacombe romane cfr. J. Wilpert, Le pitture delle catacombe di Roma, I-II, Freiburg/ Br.- Rome 1903, II (Testo), I, pp. 470-478; 282-303, 506-519; V. Fiocchi Nicolai-F.Bisconti-D. Mazzoleni, Le catacombe cristiane di Roma: origini, sviluppo, apparati decorativi, documentazione epigrafica, Roma 1998, pp. 108-113.

480 Cfr. C. Vogel, Symboles Cultuels Chrétiens. Les aliments sacrés: poisson et refrigeria, in Simboli e Simbologia nell’Alto Medioevo cit. (cap. I.3), pp. 213-214 e vd. anche commento al v. 38.

come agnello pasquale della nuova alleanza; qui i cinque pesci e le sette ceste rimandano senza dubbio alla moltiplicazione dei pani481. Nel complesso di S. Callisto sulla volta di una

cappella dei sacramenti resta esclusivamente il tripode con un pesce e sette ceste di pane482, mentre la scena del cubicolo A3 mostra i tre momenti dell’Eucaristia giunti sino a noi: l’impositio manuum, la comunione e il sacrificio d’Abramo, simbolo dell’aspetto sacrificale della Messa. Anche qui su un tripode, chiaro riferimento alla tavola eucaristica, compaiono i due cibi della moltiplicazione, il pane e il pesce483. Che questi alimenti possano prestarsi ad interpretazioni simboliche e neotestamentarie anche nella pittura delle catacombe è testimoniato dai banchetti del cimitero Maggiore, dove gli oggetti del convito (pane e pesce) assumono grandi proporzioni484. Fra l’altro il pesce, per sua natura simbolo dell’acqua, non solo è divenuto una delle più antiche metafore per esprimere l’idea di Cristo fonte di acqua viva485 ma, poiché le lettere greche della sua parola compongono, come afferma Agostino nel De civitate Dei 18.23, l’acrostico «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore»486, è stato adibito fin da subito a simbolo più diffuso e significativo del Cibo Eucaristico. Le più antiche iscrizioni lo testimoniano. Quella di Abercio (vescovo di Gerapoli del 170 d.C.) parla di «un pesce di sorgente grandissimo e puro», che con vino prezioso e pane «viene preso in cibo con gli amici» 487, mentre in quella di Pettorio del sec. III si menziona per ben cinque volte, in riferimento al cibo eucaristico, del pesce preso «nelle palme delle mani»488. L’alta dimensione

481 Cfr. J. Wilpert, Fractio panis. Die älteste Darstellung des eucharistischen Opfers in der Cappella Greca, Freiburg 1891.

482

Cfr. Fiocchi Nicolai-Bisconti-Mazzoleni, Le catacombe cristiane cit., p. 111, fig. p. 112. All’interno della Cattedrale di Ravenna una scena mostra, insieme alla benedizione del cibo, due apostoli sullo sfondo con le mani alzate in segno di preghiera, mentre su una seconda tavola viene presentata la suddivisione dei pani e la distribuzione di essi agli affamati. Il sigma in basso, ove sono contenuti cinque pani e due pesci, corrisponde al tavolo dell’Ultima Cena. Questa rappresentazione, con alti e bassi, rimarrà in auge per parecchi secoli, come è testimoniato da una tavola salernitana dell’XI secolo in cui la moltiplicazione dei pani è rievocata all’interno dell’Ultima Cena. Nei lavori del XII-XIII sec. sembra si ritrovi con meno frequenza il riferimento ad entrambe le scene. Cfr. G. Schiller, Ikonographie der christlichen Kunst, I-V, Gütersloh 19692, I, p. 175.

483 Cfr. Fiocchi Nicolai-Bisconti-Mazzoleni, Le catacombe cristiane cit., p. 111, fig. p. 112. L’associazione iconografica dei pani e dei pesci, assai frequente nelle origini del cristianesimo, nonché nelle scene di refrigerium, suggerisce di vedere nella loro costante menzione il legame con il pasto eucaristico. Spesso viene raffigurata la Cena del Signore col pesce, su cui vd. B. Bagatti, L’iconografia della Cena del Signore col pesce (tavv. 1-8), in «Liber Annuus» 33, 1983, pp. 303-318.

484 De Rossi vedeva in queste scene un’allusione narrativa al miracolo dei pani e a quello delle nozze di Cana, cfr. G.B. De Rossi, La Roma sotterranea cristiana, I-III, Roma 1864-1877, II, pp. 244-249.

485 Rappresentato frequentemente sulle epigrafi funerarie sino al sec. VI e diffuso successivamente, il pesce fu un elemento decorativo, assai presente anche negli arredi liturgici. Sul simbolismo dell’acqua e del pesce cfr. Daniélou, pp. 53-68.

486 Nella catacomba di S. Sebastiano (II-III secolo) una lastra funeraria presenta chiaramente un’ancora accanto ad un pesce, dove l’ancora è simbolo di Cristo Crocifisso e il pesce rappresenta il Salvatore Vivente. Nel linguaggio segnico la lastra esprime il concetto: la salvezza è in Cristo crocifisso e risorto. Questo simbolo - professione di fede nella divinità di Cristo - divenne il segno qualificante dei cristiani che si configuravano (secondo l’immagine di Tertulliano in De Baptismo I) come i pesciolini figli dell’ ICQUS celeste, generati dalle onde salutari del battesimo e nutriti dall’Eucaristia.

487 «… La fede mi condusse in ogni luogo - e dovunque mi imbandì come alimento il pesce di fonte, grandissimo, puro, che la santa vergine prende - e lo porge agli amici perché si nutrano sempre, avendo un vino gradevole che ci offriva misto (con acqua) insieme al pane…». Per l’iscrizione cfr. DACL I, coll. 66-87 (riproduzione coll. 72- 73); F.J. Dölger, Ichthys. Das Fisch-Symbol in frühchristlicher Zeit. I. Religionsgeschichtliche und epigraphische Untersuchungen, Rom-Freiburg i. Br., 1910; II-V. Der heilige Fisch in den antiken Religionen und im Christentum, Münster-Westfalen, 1922-1943, in part. I, pp. 8-12; 87-112; II, pp. 454-486; V, p. 218; H. Strathmann-Th. Klauser, s.v. Aberkios, RAC I, 1950, pp. 12-17.

488 «Divina stirpe del pesce celeste, serba un cuore puro; tu che hai ricevuto la vita immortale, tra i mortali, nelle acque sacre, accendi il tuo cuore, amico, nelle acque perenni della munifica sapienza; ricevi l’alimento dolce come il miele del Salvatore dei santi, mangia avido (affamato), tenendo il pesce nelle (tue) mani. (Nutrimi) dunque del pesce, ti prego, Signore salvatore». Per l’iscrizione cfr. DACL I, coll. 3196-3197 (riproduzione s.v. Autun) e XIII, 1938, coll. 2892-2893; F.J. Dölger, Ichthys cit., I, pp. 12-15; II, pp. 507-515. Ambedue le iscrizioni sono discusse da C. Vogel, Symboles Cultuels Chrétiens cit., pp. 234-235.

mistico-teologica assunta dal pesce è stata restituita, con ogni probabilità, anche da Nonno, mediante l’attenzione a questo alimento in ben due versi e con l’iterazione del sostantivo „cqÚj (vv. 26-27) 489.

Anche la connessione in chiave eucaristica tra le nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani attuata da Nonno e affrontata sul piano esegetico da Ireneo di Lione490, trova riscontro nell’arte: ad Alessandria d’Egitto è stata rinvenuta una pittura catacombale, risalente al II secolo, che mostra in stretta continuità narrativa l’episodio delle nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani491, mentre le ceste col pane e le idrie di vino sono raffigurate ai piedi

di Cristo, circondato dai 12 Apostoli, nel reliquiario argenteo di S. Nazaro Maggiore a Milano492 . Accanto a questa interpretazione non poteva mancare anche quella del sacrificio

eucaristico. Nel complesso cimiteriale di S. Callisto, nella Cripta di Lucina (cubicolo Y, sec. III), sotto la volta decorata secondo moduli classici, appaiono sulla parete di fondo due pesci, l’uno di fronte all’altro. Recano ciascuno sul dorso un cesto di vimini con cinque pani; all’interno è racchiuso un bicchiere di vino rosso. Il simbolismo eucaristico è esplicito: il pane e il vino consacrati nella Messa diventano „cqÚj, cioè corpo e sangue di «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore», di quel Cristo che si offre in cibo ai cristiani come «farmaco di immortalità» per la vita eterna493.Nella lastra policroma del Museo delle Terme sul pane che il 2° e il 4° commensale tengono in mano, è segnato il monogramma costantiniano, per indicare che non si tratta di un semplice pane, ma dei pani benedetti, simboli di Cristo stesso494, mentre sopra un sarcofago rinvenuto a Tarragona, il miracolo è accennato da due pani crocesegnati e da quattro pesci495. Il mosaico rinvenuto a Taghba nella Chiesa della

Moltiplicazione dei pani presso Cafarnao mostra al centro un cesto di vimini, pieno di pani crocesegnati, e a lato due pesci: è evidente il ricordo della moltiplicazione dei pani unito al futuro sacrificio di Cristo496. Fra l’altro, proprio ad Akhmim-Panopoli sono stati rinvenuti numerosi stampi che recano la forma della croce, da imprimere sul pane eucaristico, in memoria del sacrificio di Cristo. Nella pratica liturgico-eucaristica antica il pane benedetto (prosphora) reca il marchio, la sfrag…j del sacrificio di Gesù497. Tutto ciò è stato restituito

489 La ripresa di un sostantivo per munirlo di un aggettivo è assai frequente nella resa nonniana e, quasi sempre, l’iterazione si carica di un’intensità teologico-simbolica: A 86-87 ™nˆ b…blJ, /… qšspidi b…blJ; B 28-29 Ûdwr, /… ¡gnÕn Ûdwr; E 139-140 Ûdasin, /… Ûdasin qespes…oisin (altre occorrenze in Livrea ad S 20, p. 118; Agosti, pp. 509-510; Golega, p. 58; Wójtowicz, p. 155, mentre per le D. vd. Schmiel, pp. 326-334). Per l’importanza svolta dall’„cqÚj in Nonno cfr. commento v. 27 e più in generale vd. F. Cumont, Ichthys in RE 9.1, 1914, coll. 844-850; C. Vogel, Le repas sacré au poisson chez les chrétiens, in «RechSR» 40, 1966, pp. 1-26; E. Lipinski, La multiplication des pains, in «Revue Écclésiastique de Liège» 53, 1967, pp. 298-307; J.-M. van Cangh, Le thème des poissons dans les récits évangéliques de la multiplication des pains, in «RBi» 78, 1971, pp. 71-83.

490 Cfr. Iren., Haer. 3.11.5 e commento al v. 35.

491 Cfr. DACL 13.1, s.v. pain, Paris 1937, coll. 447-448; C. Wescher, Un ipogeo cristiano antichissimo ad Alessandria in Egitto, in «Bullettino di archeologia cristiana» 3, 1865, pp. 57-61; G.B. De Rossi, I simboli dell’Eucarestia nelle pitture dell’ipogeo scoperto in Alessandria d’Egitto, in «Bullettino di archeologia cristiana» 3, 1865, p. 74.

492 Cfr. W. F. Volbach, Frühchristliche Kunst, Aufnahme von M. Hirmer, München 1958, Taf. 111 (fine IV secolo) e Livrea1, p. 236.

493 Cfr. Fiocchi Nicolai-Bisconti-Mazzoleni, Le catacombe cristiane cit., p. 111, fig. p. 113. 494 Cfr. Wilpert, II testo, p. 343, fig. 215.

495 Cfr. Wilpert, II testo, p. 308. Vd. inoltre Wilpert, II testo, pp. 307-309. 496

Cfr. Schneider1, pp. 56-58. Cfr. inoltre L.M. Martínez Fazio, La eucarestía, banquete y sacrificio en la iconografía paleocristiana, in «Gregorianum» 57, 1976, pp. 459-521. Nel bassorilievo di Roma e in quello di Arles, ai piedi di Cristo, si trovano numerosi corbelli pieni di pani incisi; cfr. DACL 13.1, s.v. pain, in part. col. 449, vd. anche figg. pp. 451-452.

497 Cfr. DACL 13.1, s.v. pain, coll. 447-450; G. Vikan, Stamps, Bread, in The Oxford Dictionary of Byzantium, III, New York-Oxford 1991, p. 1942; Galavaris, pp. 29ss.; M. Sulzberger, Le Symbole de la croix et les monogrammes de Jésus chez les premiers Chrétiens, in «Byzantion» 2, 1925, pp. 337-348. Del resto, la liturgia è alla base di Jo. 6, cfr. E.J. Kilmartin, Liturgical Influence on John VI, in «Catholic Biblical Quarterly» 22, 1960,

da Nonno mediante l’immagine del cumulo dei pani che si innalza; come il pane, corpus