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La reazione al discorso di Cafarnao: la defezione dei discepoli, la confessione di Pietro e la presenza del traditore (Jo 6.60-71 ~ vv 182-230)

I. U NA LETTURA DEL SESTO CANTO DELLA P ARAFRAS

I.4 La reazione al discorso di Cafarnao: la defezione dei discepoli, la confessione di Pietro e la presenza del traditore (Jo 6.60-71 ~ vv 182-230)

Dopo il lungo discorso pronunziato da Gesù, l’effetto provocato sugli ascoltatori è anzitutto la divisione dei discepoli. Il suo lÒgoj, come dice la folla dei Giudei che adesso mormora (ØpotrÚzesken v. 186) con una lingua tenuta a stento a freno, è duro (sklhrÒj v. 184) perché troppo incomprensibile363. Esso ¢mÚssei l’animo dei presenti (v. 189). Naturalmente il discorso è scandaloso perché tale è la questione posta: come è possibile che Gesù, di fatto ai loro occhi un uomo, possa offrire da mangiare e bere la carne e il sangue, se interpretati nella loro dimensione materiale, reale e non spirituale364? Se ciò suscita il disappunto degli uditori, t… ·šxete – puntualizza Nonno- quando vedrete il Figlio dell’uomo ritornare nella dimensione celeste, là da dove era disceso, e splendere nella sua dÒxa accanto al Padre (vv. 190-192)? Allora giungerà veramente lo Spirito che vivifica e che trasforma la carne, realtà terrestre, in una dimensione datrice di vita. Il Cristo nonniano non parla qui della carne eucaristica, ma della carne come ne ha parlato al canto 3°, allorché Nicodemo non riusciva a capire come un uomo potesse essere generato dall’alto da acqua e spirito. Soltanto lo Spirito è il principio divino che vivifica365. Colpisce l’enfatizzazione del contrasto ricreato tra carne e Spirito (vv. 193-194)366. Ciò comporta che quel pane veritiero, dotato di una natura fšrteroj, appartenga al regno celeste, Øpšrteroj, in opposizione alla realtà terreste, meramente naturale ed effimera. Lo Spirito domina in questo regno eterno e della verità.

Presupposto per incontrarsi ed entrare a far parte di questa dimensione è la fede, che però è assente nei mormoratori, pronti a deviare dalla retta via e ad avvicinarsi al tradimento, poiché non hanno compreso il discorso di Cristo in senso spirituale (vv. 198-200). Nonno non si è astenuto dal ricreare nella sua dizione la forte differenza di atteggiamento tra questi discepoli mormoratori e i Dodici. Il movimento dei primi non è centripeto ma centrifugo (v. 211 ¨y ¢naseir£zonta) e si allontana dalla vera fede per entrare a far parte della schiera errante (v. 207); presentatisi dinanzi a Cristo nella veste di un mšthluj laÒj (v. 106), anche dopo quanto è stato operato e affermato da Cristo, non hanno cambiato disposizione e sono rimasti tali (v. 211). Seguire e accettare significa credere e rimanere in Gesù. Costoro, deboli di fede (v. 206 ¢st»riktoj), non accettando la dottrina eucaristica, abbandonano Gesù. In questa parte finale sono, infatti, qualificati da autonome inserzioni nonniane, da denotata che vogliono tutte esprimere l’errare di questi discepoli dalla retta via e il loro distacco dalla fede: v. 197 Ósoi nÒon econ ¢l»thn; v. 206 ÑpisqopÒrJ podˆ ba…nwn, v. 207 thlepÒrwn metan£stioj ™smÕj ˜ta…rwn; v. 209 oÙkšti… Cristù ™fwm£rthse; v. 210 ¢staqšwn ˜terÒfrona laÕn ˜ta…rwn; v. 211 met»luda laÕn ¢l»thn.

363 Cfr. commento ai vv. 186-188.

364 Cfr. Schnackenburg, II, pp. 143-145; Panimolle, II, pp. 209-213; X. Léon-Dufour, Le mystère du Pain de Vie (Jean VI), in «RechSR» 46, 1958, pp. 481-523, in part. pp. 514-515.

365 Su questo aspetto in Jo. 6.63 cfr. Brown, I, pp. 387-89; L. Leal, Spiritus et Caro in Jo. 6.63, in «VD» 30, 1952, pp. 257-264; G. Boccali, Spirito e Vita, in «ParVit» 13, 1968, pp. 118-131; C.K. Barrett, The Holy Spirit in the Fourth Gospel, in «JThS» n.s. 1, 1950, pp. 1-15.

Nel vedere l’allontanamento dei discepoli, Gesù rivolge una domanda agli altri, ai Dodici, quelli più fedeli (v. 212). La domanda che risuona sulle labbra del Cristo nonniano vuole puntualizzare, in primo luogo mediante l’anafora ai vv. 213-214 di à ·a, se anche i Dodici desiderano affrettarsi ad andare con gli altri, con coloro che sono estranei alla fede; tale contrapposizione è restituita esplicitamente dal Panopolitano con il richiamo ai legittimi e agli illegittimi, ossia ai credenti e ai non credenti (v. 214). A siffatta quaestio risponde Pietro, il discepolo fedele del quale anche la P. mette in risalto il suo ruolo primario367, con una confessione che scaturisce dalla situazione e per la situazione e, al tempo stesso, è una confessione che, trascendendo la situazione concreta, diventa espressione di fede. Se gli altri erano instabili nella fede e dominati da un pensiero diverso che li porta ad errare (v. 199 e v. 210), i Dodici, edotti dai libri veterotestamentari, annunciatori in forma profetica della venuta del Messia, hanno invece creduto senza alcun indugio e all’unisono al Figlio di Dio (vv. 218- 220). E’ pertanto nella coesione e nella comunione con l’Eucaristia che scaturisce l’Ðmolog…a. Anche nella P. Eucaristia e Ðmolog…a sono strettamente unite e germogliano nella fede368. Qeoà sÝ pšleij ¤gioj mÒnoj (v. 220) è la risposta pronunciata da Pietro in maniera definitiva all’™gè e„mi dell’AT e a quell’™gè e„mi proferito da Cristo, prima nella tempesta e poi nel discorso di Cafarnao, al fine di svelare la sua natura divina369. Nonno conferma che soltanto Cristo è l’unico dio, portatore della sfrag…j divina, e l’unico in grado di donare la vita eterna (vv. 117-118). Soltanto l’uomo che ha accolto la testimonianza della parola ispirata da Dio, può professare che Egli è il vero Dio: G 157-160 Öj dš oƒ ¢n¾r / m£rtura màqon œdekto qehgÒron ¢nqereînoj / ¢yeud¾j brotÕj oátoj ˜ù sfrhg…ssato mÚqJ, / Ótti qeÕj pšle moÚnoj ™t»tumoj.

Neppure una simile confessione di fede protegge però dal tradimento370. Il canto si conclude mettendo in guardia: uno dei dodici è diventato un traditore. Nonno, distaccandosi molto dalla Vorlage, dedica ben 7 versi alla descrizione di Giuda, presentato con tutte le possibili sfumature negative, che lo accompagnano anche nel corso dell’intero componimento: è un individuo ostile, traditore e ingannatore (v. 224 d»ioj, ¢lloprÒsalloj, v. 227 ™p…klopoj), che per amore del denaro (v. 229 crusoman»j) è pronto a tradire Gesù. Il suo tradimento è ancor più peccaminoso, perché proviene da un partecipante al banchetto eucaristico; è definito infatti Ðmšstioj (v. 224) e ÐmodÒrpioj (v. 226). Per questo motivo non può che essere considerato un di£boloj nšoj ¥lloj (v. 225), servitore di Satana371. Tuttavia, poiché anche Nonno non manca di evidenziare la scelta consapevole di Gesù, operata su un numero maggiore di discepoli (vv. 222-223), la presenza di Giuda tra i suoi non rappresenta un errore, ma rientra nell’o„konom…a divina, è funzionale in vista di una morte redentrice (v. 228)372.

I.5 Il canto Z della Parafrasi: tra paganesimo e cristianesimo

Un ampio tessile ora conservato alla Abegg Stiftung a Riggisberg in Svizzera presenta una processione che vede nella parte centrale Dioniso con un cantaro e una pantera, stesa ai suoi piedi, Arianna che tiene in una mano una melagrana e nell’altra una ghirlanda di fiori, Pan che suona la zampogna, un giovane satiro, una baccante in atto di danza, un vecchio con le vesti da contadino (Sileno?) e un’altra figura che Willers ha voluto identificare con Mystis e infine

367 Cfr. commento al v. 24. 368 Cfr. commento al v. 219.

369 Cfr. commento ai vv. 79, 143, 220. Vd. inoltre H.L.N. Joubert, ‘The Holy One of God’ (John 6:69), in «Neotestamentica» 2, 1968, pp. 57-69.

370 Cfr. Schlier, pp. 135-139.

371 Cfr. commento ai suddetti versi, nonché Preller, p. 60; Greco, pp. 23-25. 372 Cfr. commento al v. 228.

una giovane donna vestita in modo lussuoso ed elegante373. Altre rivelazioni rendono questo tessile una testimonianza ancora più interessante e significativa: attaccati ad esso c’erano pochi altri pezzetti di stoffa raffiguranti una serie di episodi del Nuovo Testamento, tra cui Giuseppe nelle vesti di falegname, l’annunciazione di Maria e Betlemme374. Questi frammenti

erano talmente connessi con il tessile di Dioniso, da far pensare che potessero provenire da uno stesso luogo, da una stessa tomba, probabilmente di un cristiano, piuttosto che di un pagano. Anche se non è ancora stato chiarito del tutto il problema del luogo del ritrovamento, appare sicura la provenienza da una tomba egiziana, forse del IV secolo. In attesa di ulteriori studi su questo arazzo, indipendentemente dal fatto che sia stato veramente legato agli altri frammenti, il ritrovamento del tessile di Dioniso e delle scene cristiane pare dimostrare nell’Egitto tardoantico la compresenza di due realtà, classica e cristiana, e sembra rispecchiare quella stessa situazione che si riscontra tra le due opere di Nonno, le Dionisiache e la Parafrasi, dove viene attuato un tentativo di sÚgkrisij tra le due culture375. Come è già stato ben evidenziato376, Nonno non si esime durante la stesura dei due poemi dall’attribuire a Cristo tratti bacchici e a Dioniso le caratteristiche di Cristo, a tal punto che almeno un verso delle D., 12° canto v. 171, non potrebbe mai essere stato scritto in un poema pagano, prima dell’avvento del cristianesimo: «Bacco signore ha pianto per liberare gli uomini dal dolore»377 ; nessun dio in precedenza si era fatto carico delle tribolazioni umane378. Inoltre, la scelta di parafrasare il quarto vangelo, quello che in virtù della presenza dell’inno al Logos consente un maggior richiamo alla filosofia classica e neoplatonica379, rappresenta uno strumento ideale per veicolare un’operazione culturale che si propone di recuperare il bagaglio della cultura classica, unita chiaramente al fascino per la divinità di Cristo380.

Nel canto sesto la presenza dei convitati distesi su un prato erboso adibito a tavola (v. 35) richiama alla mente il passo di D. 5.25ss. in cui Cadmo, dopo aver sacrificato la vacca sul luogo in cui sorgerà Tebe (vv. 1-34), offre anch’egli un banchetto sull’erba (v. 27 camaiz»loio trapšzhj)381. Alla stessa stregua di Cristo, Cadmo, dopo aver preso il cibo (v. 31 ˜lèn ~ Z 36 labèn), lo distribuisce ai commensali in modo che a ciascuno spetti la giusta porzione (v. 32 kekrimšnhj Ñršgwn „soelkša mo‹ran ™dwdÁj ~ Z 39 êrege p©sin ™dwd»n); in linea con quel topos delle scene di banchetto, attestato fin dai poemi omerici, la folla è saziata e spenge il suo desiderio di cibo: v. 34 e„lap…nhj ¢pšqento pÒqon kekorhÒti qumù ~ Z 111-113 pÒqoj dš tij Ømšaj ›lkei / ¥rtwn qespes…wn palin£gretoj, Ótti fagÒntej / e„lap…nhn n»riqmon ™mÁj kekÒrhsqe trapšzhj. Che vi possa essere un richiamo tra i due episodi non sembra del tutto fuori luogo visto che i libri 3-5 delle D., aventi

373 Cfr. Willers, p. 147.

374 I frammenti sono stati studiati da L. Kötzsche, Die Marienseide in der Abegg-Stiftung. Bemerkungen zur Ikonographie der Szenen-folge, in Begegnung von Heidentum und Christentum im spätantiken Ägypten, «Riggisberger Berichte» 1, Riggisberg 1993, pp. 183-194.

375 Cfr. Bowersock, pp. 84-86; Liebeschuetz; D. Hernández de la Fuente, Nonnus' Paraphrase of the Gospel of St. John. Pagan Models and Christian Literature, in J. P. Monferrer-Sala (ed.), Eastern Crossroads. Essays on Medieval Christian Legacy, New Jersey 2007, pp. 169-189.

376 Cfr. e.g. D’Ippolito4, pp. 222-228; Gigli4, pp. 249-256; Gigli8, pp. 153-161; Gigli1, pp. 51-57. 377 Trad. it. di Gigli1, p. 837.

378 Cfr. Bowersock, p. 73; Shorrock1, pp. 106-107. Dioniso rappresenta l’equivalente di Cristo sia per i pagani sia per i cristiani per le analogie nella loro vicenda umana (in primis nella comune Passione), analogie già avvertite dai primi apologisti cristiani (cfr. Iust., I Apol. 54). Vd. in proposito H. Jeanmaire, Dioniso: religione e cultura in Grecia, tr. it., Torino 1972, pp. 243-244; p. 475; Tissoni, pp. 71ss.

379 Eusebio, P.E. 11.19.1-4 riporta un passo di Amelio, in cui l’allievo di Plotino esprime il suo consenso sull’esaltazione del Logos giovanneo (vd. H. Dörrie, Une exégèse néoplatonicienne du prologue de l’Évangile de Saint Jean [Amélius chez Eusèbe, Prép. 11,19,1-4], in EPEKTASIS. Mélanges patristiques offerts au cardinal J. Daniélou, Paris 1972, pp. 75-87); Agostino, Civ. Dei 10.29 scrive che un Platonicus si augurava che i cristiani imprimessero in caratteri aurei le prime frasi del prologo giovanneo in tutte le chiese.

380 Cfr. Chuvin1, pp. 387-396; Gigli1, pp. 79-83.

come protagonista principale Cadmo, sembrano composti in certe situazioni con gli occhi rivolti al vangelo382.

E’ però la descrizione di Gesù che cammina sulle acque383 a porre il lettore di fronte ad uno dei numerosi casi di «intertestualità»384 tra i due poemi nonniani, dove il parallelismo

narrativo è dettato dalla presenza degli stessi topoi: nelle D. un parrasio Pan, al seguito della corte di Dioniso, attraversa con velocità il mare385, dove la sua rapidità evoca quella di Gesù ÑxÝj Ðd…thj, mentre Lico conduce il carro paterno senza farlo bagnare (23.153-154 kaˆ LÚkoj ¹niÒceue qalassa…wn drÒmon †ppwn / patróhn ¢d…anton ¥gwn tšqrippon ¢p»nhn)386, proprio come Cristo calca le onde del mare senza bagnarsi i piedi387. Ma è sicuramente il passo di D. 43.214ss. dove lo stesso Pan incede sul mare come un veloce viaggiatore dal piede asciutto, ad evocare la traversata di Gesù in questo canto della P.: P¦n kerÒeij, ¢b£toisin ™n Ûdasi koàfoj Ðd…thj, / ¥brocoj a„ge…Vsin ¢nakroÚwn ¤la chla‹j / ¥statoj ™sk…rthse. La scena della marcia sulle acque si inserisce all’interno di quel processo più ampio di osmosi tra paganesimo e cristianesimo, di cui il componimento nonniano è permeato388. Già Kuiper sostenne che in questa traversata di Cristo sulle acque si potesse alludere a Iside Pelagia389; nell’Inno ad Andros è evocata odma kaqippeÚousa 390. Non si riscontrano richiami verbali tra l’inno e la P., ma è probabile che a livello di subconscio un seguace della dea, nel leggere il testo nonniano, fosse spinto a un raffronto tra le due divinità. Nel delineare la scena della tempesta Giovanni non ha come obiettivo primario quello di ricreare una situazione di pericolo. In Nonno, invece, come si è visto in precedenza, la tempesta si trasforma in un reale quadro di pericolo; si tratta di un mare in tempesta, che spinge i discepoli a sperare in un aiuto divino391. Cristo, presentato nell’atto di camminare sulle acque pede sicco (v. 76) e mentre si apre un sentiero in mezzo al mare (v. 79), dimostra di essere un ¥nax Ød£twn e pertanto l’unico in grado di farli arrivare sani e salvi al porto392. Nell’antico Egitto era la dea Iside che presiedeva al dominio delle acque

382 In D. 4.252ss., dopo avere intrapreso la descrizione dell’aspetto fisico di Cadmo nelle parole di Pisinoe ad Armonia, il poeta aggiunge un confronto con Danao, per evidenziare i beni spirituali che sono da attribuire al figlio di Agenore. Tutta la sezione è stata composta tenendo presente l’episodio della Samaritana; come nel racconto giovanneo (Jo. 4.13-14 ~ D 61ss.) l’acqua viva è contrapposta all’acqua del pozzo di Giacobbe, così nelle D. ai beni panellenici di Cadmo si oppone l’acqua dei pozzi con cui Danao fece cessare la siccità ad Argo. Su ciò vd. Gigli8, pp. 153-161. L’apertura del libro 5° con la scena del sacrificio (1-34), pur essendo ricca di stereotipi letterari (Vian3, pp. 399-401), rivela un interesse del poeta per i sacrifici pagani ancora in uso al suo tempo. Ciò sembra confermato dall’attenzione prestata al sacrificio cruento, in opposizione a quello spirituale di Cristo, nell’episodio della Samaritana (D 110ss.). Cfr. Caprara, pp. 18ss.; Caprara1, pp. 195-215. Vd. anche Diosc., Carm. 3.1 ¢noroÚsaj ¢na. im£ktoio quellÁj; (Leon.) A.P. 6.324.3; Paul. Sil., S. Soph. 197, 683. Queste ultime occorrenze designano la celebrazione eucaristica in opposizione ai riti pagni e guidaici, organizzati attorno al sacrificio di una vittima animale (cfr. Fournet, II, p. 471).

383 Cfr. vv. 75-76 CristÕn ™qh»santo diaste…conta qal£sshj, / ¥brocon ‡cnoj œconta, batÁj ¡lÕj ÑxÝn Ðd…thn.

384 Cfr. anche D’Ippolito4, pp. 216-217.

385 Cfr. D. 23.151-152 a„ge…oij d pÒdessi dištrece Parr£sioj P¦n / ¥kra galhna…oio diaste…cwn potamo‹o.

386 Di frequente compare l’immagine del carro marino, che cavalca le onde senza far bagnare le ruote: cfr. anche 36.419 ¥brocon ¹niÒceuen ÐdoipÒron ¤rma qal£sshj.

387 Cfr. Gonnelli, pp. 550-551. Si veda inoltre la corsa sulle acque dell’argonauta Ificlo in D. 28.284ss.

388 Sull’Egitto tardoantico, luogo ideale di incontro tra paganesimo e cristianesimo, tra gli utili contributi raccolti in Begegnung von Heidentum cit., si veda il saggio di J. Van Der Vliet, Spätantikes Heidentum in Ägypten im Spiegel der koptischen Literatur, pp. 99-130.

389 Cfr. Kuiper, p. 253.

390 Cfr. Hymnus in Isim Andrius 154 (ed. W. Peek, Gräfenhainichen 1929, pp. 31ss.). Su Iside pelag…a vd. P.G. Meyeboom, The Nile Mosaic of Palestrina, Leiden-New York-Köln 1995, pp. 336-337, nt. 6 con bibliografia. 391 Cfr. supra, cap. I.2.

392 Il Salmo 29, dedicato alla tempesta, applica a Dio gli attributi della divinità cananea Baal, decretando la sconfitta definitiva del mare/caos di fronte al potere di Dio. È la medesima autorità che qui esercita Cristo nel cammino sulle acque. Del resto, il naufragio e la tempesta sono governati dal Signore, che mette in salvo l’arca

marine ed era la protettrice dei naviganti393. I naufraghi le offrivano numerose tavolette ex voto, sulle quali era dipinta la scena della tempesta che aveva sopraffatto la loro nave394. Per

un devoto di Iside tutte le altre divinità confluivano ed erano manifestazioni della dea «dai mille nomi»395, la dea della fortuna e del caso, ma anche della Providentia, che guida l’uomo

verso la beatitudine e la salvezza396. Ad Alessandria il suo culto era ben presente e aveva largo seguito397, soprattutto durante le feste marine del navigium Isidis398. La sua importanza presso i pagani di Alessandria è testimoniata dalla frequentazione da parte di numerosi devoti del frequentatissimo santuario di Isis Medica a Menute, dove era venerata, come ricorda lo stesso Sofronio: da…mwn tij zoferÕj kaˆ AigÚptioj ¢nefa…neto Menouq¾j toÜnoma, kèmhn o„kîn t¾n ™pènumon, q»lewj morf¾n prospoioÚmenoj, kaˆ taÚtV deiknÝj t¾n o„ke‹an ¢sqšneian, kaˆ prÕj toÝj ¥rrenaj tÍ yucÍ t¾n ¢sqšneian m©llon ¢dr£neian […] (Laud. 24, PG 87.3, 3409B). Proprio per contrastare un simile culto, così sentito e profondo, Cirillo Alessandrino (cui era apparso in sogno un angelo) prese la decisione intorno al 414 di chiudere il santuario, presso cui si recavano anche i cristiani per farsi curare, e di traslarvi le reliquie dei santi Ciro e Giovanni399. L’Alessandrino cercò di convertire il culto pagano della dea Iside offrendo un’alternativa cristiana, piuttosto che estirpare con forza l’antica venerazione400. Nella mente di Nonno e dei suoi lettori doveva essere ben vivo il ricordo di questo avvenimento. Nelle D. il parafraste tradisce più volte la conoscenza del culto della dea, o tramite una sua identificazione con Io (D. 31.37-40)401 oppure rievocando la caratteristica del cavalcare le onde: 40.348 (Demetra) kwfÁj ¥brocon ¤rma kaqippeÚonti gal»nhj402. Durante la lettura della scena del mare in tempesta un confronto tra Iside e Cristo, entrambi in grado di dominare le onde del mare e di concedere una eÜploia, sicuramente non sfuggiva ai dotti pagani dell’entourage alessandrino, molti dei quali ancora legati al culto della dea403. La venerazione tributata a questa divinità, nonostante tutto, continuò a durare a lungo soprattutto in forma personale e privata. Nella Vita di Severo di Antiochia Zacaria Scolastico ricorda un episodio accaduto intorno al 485-487. Racconta come degli studenti pagani di Alessandria avessero linciato un loro compagno, Paralio, che stava per convertirsi al di Noè (Gen. 8) oppure preserva Paolo con i suoi compagni (Act. 27-28): questo ruolo in seguito spetterà all’intercessione del santo (vd. e.g. S. Nicola, SS. Nazario e Celso, S. Giulia).

393 Cfr. (Phil. Thess.) A.P. 6.231.7-8 e„ d’ æj ™k pel£gouj ™rrÚsao D©min, ¥nassa, / kºk pen…hj, qÚsei crusÒkerwn kem£da; Tibul., El. 1.3.23-24.

394 Cfr. Iuv., Sat. 12.24-28 genus ecce aliud discriminis audi / et miserere iterum, quamquam sint cetera sortis / eiusdem pars dira quidem, sed cognita multis / et quam votiva testantur fana tabella / plurima; pictores quis nescit ab Iside pasci?

395 Nel II sec. d.C. le Metaformosi di Apuleio avevano dimostrato l’interesse per il culto di Iside; cfr. Apul., Met. 11.3. Vd. inoltre l’introduzione di R. Merkelbach ad Apuleio, Le Metamorfosi o l’asino d’oro, con premessa di S. Rizzo, tr. it. di C. Annaratone, I-II, Milano 1996, I, pp. 6-7. Sul culto di Iside nel mondo greco-romano cfr. R.E. Witt, Isis in the Graeco-Roman World, London 1971.

396 Un carme latino è diretto contro un apostata, devoto di Iside: Carmen ad quendam senatorem (CSEL 3.3, pp. 302-305).

397 Cfr. Chuvin2, pp. 109-114 e 270-272; Livrea ad S, p. 50, nt. 18.

398 Per il sussistere del navigium Isidis (cfr. R. Merkelbach, Isisfeste in griechisch-römischer Zeit, Meisenheim am Glan 1963, pp. 39-41) in età tardoantica vd. A. Alföldi, A Festival of Isis in Rome under the Christian Emperors of the Fourth Century, Budapest-Leipzig 1937, pp. 40-42.

399 Le fonti principali che raccontano l’evento sono Cyr. Al., Oratiunc. PG 77.1100-1108 e Sophr., Laud. 24-29 (PG 87.3, 3409C-3418). Cfr. J.A. McGuckin, The Influence of the Isis Cult on St. Cyril of Alexandria’s Christology, in «Studia Patristica» 24, 1993, pp. 291-299; Id., St. Cyril of Alexandria: the Christological Controversy, Leiden 1994. Vd. inoltre supra, cap. I.1.2 per un breve quadro sul santuario cristiano di Menute. 400 Cfr. E. Wipszycka, La Christianisation de l’Égypte aux IVe-VIe siècles. Aspects sociaux et ethniques, in «Aegyptus» 68, 1988, pp. 117-165.

401 Cfr. Agosti1, p. 391; Chuvin3, p. 280.

402 Vd. Simon ad locum, p. 285 e Accorinti2, pp. 116-117. Su questo tema vd. Gigli9, pp. 161-164.

403 E’ significativo che lo stesso Proclo avesse composto un inno in onore di Iside di File (Marin., V. Procl. 19.25), su cui vd. Agosti, pp. 92-93 e nt. 182.

cristianesimo, perché aveva osato insultare in pubblico la grande dea Iside404. Alla fine del V