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La moltiplicazione dei pani nella Parafrasi alla luce delle altre composizioni poetiche

I. U NA LETTURA DEL SESTO CANTO DELLA P ARAFRAS

I.1 Il sito della moltiplicazione dei pan

I.1.3 La moltiplicazione dei pani nella Parafrasi alla luce delle altre composizioni poetiche

Il miracolo dei pani, probabilmente anche in ragione della sua lettura in chiave eucaristica110, viene sempre affrontato e menzionato nelle riscritture poetiche antiche; con lo scopo di apprezzare il lavoro di esegesi che pervade la fitta trama della P., nonché l’icasticità dei versi nonniani, sarà utile confrontarla con le altre composizioni poetiche che hanno trattato l’evento miracoloso111. E’ proficuo analizzare il quadro all’interno del quale la poesia

del Panopolitano si inserisce, al fine di restituirla a pieno titolo nella tradizione della poesia biblica112. La P. è, infatti, un documento importante per comprendere la lettura e il lavoro di

107 Cfr. commento al v. 47 e infra, cap. I.3.5. 108 Cfr. commento ad loca.

109 Cfr. commento ai vv. 7 e 61. 110

Cfr. supra, cap. I.1.2.

111 Quanto possa essere utile un confronto tra componimenti poetici che trattano il medesimo episodio, per vedere le analogie e le differenze, è stato dimostrato, però in ambito latino, da Springer, pp. 121-127, che ha condotto un raffronto dell’episodio delle nozze di Cana in Sedulio con gli altri componimenti poetici in lingua latina che se ne occupano. Ha eseguito invece un raffronto tra Giovenco e Sedulio su alcuni episodi evangelici (Natività e Trasfigurazione) R.P.H. Green, Birth and Transfiguration: Some Gospel Episodes in Juvencus and Sedulius, in Scourfield, pp. 135-171. Nel nostro caso siamo consapevoli che il confronto tra le due realtà, quella greca e quella latina, può portare ad un appiattimento e ad un annullamento di diversi sostrati, ma poiché gran parte della poesia cristiana antica è andata perduta, una simile operazione permette forse di rilevare alcune peculiarità. Un confronto tra la P. di Nonno e Giovenco è stato compiuto da Hilhorst, pp. 61-76. Invece Agosti, pp. 111-121 ha indagato l’episodio del paralitico alla luce delle altre composizioni poetiche, mentre per il canto della Samaritana, Caprara, pp. 45-57 ha proceduto con una comparazione dell’episodio in Nonno e nei Centoni omerici. Per il miracolo dei pani, poiché è presente anche nei sinottici, sarà comunque utile prendere in esame alcune riscritture poetiche, basate sugli altri tre vangeli, visto che gli elementi fondanti (numerosa folla affamata, abbondanza e dodici ceste riempite con i resti di cibo) costituiscono la trama del racconto in tutti e quattro i vangeli.

112 La Parafrasi nonniana tende a impreziosire il modesto dettato evangelico attraverso una accurata ricerca sinonimica che si avvale di colores retorici di ogni tipo, ma pur sempre rispettosa dello spirito evangelico, a tal punto che si può ad essa ben applicare il giudizio sul poema evangelico di Giovenco formulato da Gerolamo, De vir. ill. 84: hexametris versibus paene ad verbum transferens. L’impegno di questa trasposizione del V secolo non risiede soltanto in un preciso significato apologetico contro quanti accusavano i cristiani di incultura (cfr. Greg. Naz., In suos versus, PG 37, 1332-1333.48-51 oÙd’ ™n lÒgoij / plšon d…dwmi toÝj xšnouj ¹mîn œcein: / toÚtoij lšgw d¾ to‹j kecrwsmšnoij lÒgoij, / e„ m¾ tÕ k£lloj ¹m‹n ™n qewr…v), ma si propone di rendere accetto ad una classe colta egizia - in larga misura ancora pagana e che continuava ad usare l’esametro omerico- alessandrino - il dettato evangelico e l’importanza del messaggio cristiano, collimante nella riscrittura nonniana con le certezze dogmatiche e le necessità ecclesiali del Patriarcato di Alessandria, strenuo difensore con Cirillo di una ortodossia, non immune dal monofisismo. Sugli intenti della riscrittura nonniana cfr. Livrea ad S, pp. 39- 41, mentre sulla poesia cristiana cfr. A.V. Nazzaro, Poesia biblica come espressione teologica fra tardoantico e altomedioevo, in Stella, pp. 119-153; Agosti9, pp. 67-104; A.V. Nazzaro, Riscritture metriche di testi biblici e

esegesi, a cui fu sottoposto il quarto vangelo nel V secolo. Sebbene la rievocazione del miracolo sia concentrata in un solo verso, Gregorio di Nazianzo non trascura l’importanza del numero cinque per i pani, posto in incipit, e il vb. telšw per la realizzazione dell’ evento prodigioso: Miracula Christi secundum Ioannem 1.1.23.6 (PG 37, 494) pšnte d’ œpeit’ ¥rtwn tšlesen tšraj113. In effetti, anche Nonno al v. 17 impiega telšw per alludere al miracolo dei pani, pone il numerale cinque all’inizio del v. 26 e in seguito ai vv. 51-52 menziona la pienezza dei corbelli. Di maggiore interesse si rivelano i versi degli Or. Sib. 8.275-278, all’interno dei quali una località desertica fa da scenario al prodigio, compare la menzione della sazietà della folla e soprattutto la necessità di raccogliere tutti i frammenti di cibo, con i quali saranno riempite le ceste: ™k d’ ¥rtwn ¤ma pšnte kaˆ „cqÚoj e„nal…oio / ¢ndrîn cili£daj ™n ™r»mJ pšnte koršssei, / kaˆ t¦ perisseÚonta labën tÒte kl£smata p£nta / dèdeka plhrèsei kof…nouj e„j ™lp…da laîn. Il luogo solitario è presentato anche da Nonno114, così come il particolare della sazietà, più volte evidenziato nel corso della narrazione nonniana115.

Come traspare già da questi primi esempi citati, gli elementi costanti e immancabili di ogni narrazione sul miracolo dei pani sono costituiti dal ricordo di aver saziato una folla innumerevole - 5.000 persone- e come dai resti di quei pochissimi alimenti, cinque pani e due pesci, sia rimasto un surplus in grado di riempire dodici ceste. Su tutto ciò insistono infatti già le brevi riscritture del miracolo, come avviene in un epigramma facente parte di una serie di st…coi di£foroi e„j t¦j ¡g…aj e„kÒnaj tîn ˜ortîn, contenuto nel Marc. Graec. 507 e nel Vatop. 36 (datazione 1100 circa), edito da W. Hörandner116, n° 32 E„j ¥rt(ouj): ¥rtoij Ð pšnte cili£daj cort£saj / ™n to‹j peritto‹j leiy£noij tîn klasm£twn / ‡souj œplhsaj tîn maqhtîn kof…nouj e ugualmente nei Miracula Christi attribuiti a Claudiano117, Carm. min. app. 21.7-8 Hall: quinque explent panes, pisces duo milia quinque, / et deus ex parvo plus superesse iubet e in Commodiano, Carm. apol. 653-654: quinque panes fregit hominum in milia quinque / et quattuor milia iterum de septem refecit, per giungere fino ai Tetrasticha in Matthaeum di Teodoro Prodromo118, dove il poeta afferma che al posto della manna, adesso sono nutriti 5.000 individui da un solo gruppo di cinque pani e con ciò che è avanzato, grazie al miracolo compiuto, sono riempite delle ceste119. La presenza di questi elementi giungerà fino al IX, come dimostra la parafrasi giovannea di Floro, diacono della chiesa di Lione e collaboratore del vescovo Agobardo: vv. 100-102 milia quinque virum

agiografici in cerca del genere negato, in «Auctores Nostri» 4, 2006, pp. 397-439; Id., Poesia cristiana greca e latina, in A. Di Berardino – G. Fedalto – M. Simonetti (edd.), Letteratura patristica, Cinisello Balsamo 2007, pp. 983-1021.

113 Si veda anche la riscrittura del prodigio nei sinottici da parte del Nazianzeno: Miracula Christi secundum Matthaeum 1.1.20.15-16 (PG 37, 489) ™k dek£toio tr…ton, kof…nouj duoka…deka plÁse, / k¢ndrîn cili£daj pšnt’ ¢pÕ pšnt’¢kÒlwn; Miracula Christi secundum Marcum 1.1.21.8 (PG 37, 491) pšnte d’ ¥r’ ™x ¥rtwn polloˆ tr£fen; Miracula Christi secundum Lucam 1.1.22.11-12 (PG 37, 493) kaˆ dÚo „cqud…wn ™n ™ršmJ pšnte pot’ ¢ndrîn / qršyen cili£daj. Nello scritto In Pentec. XLI.4 (PG 36, 433C.40-43) ricorda che in un luogo deserto nutrì 5.000 persone e furono riempite dodici ceste con quello che restava (le…yana), tutto ciò affiancato anche dalla menzione del miracolo dei sette pani: ode tršfein mn ™n ™rhm…v kaˆ pšnte ¥rtoij pentakiscil…ouj, ode d kaˆ ˜pt¦ p£lin tetrakiscil…ouj. Kaˆ t¦ toà kÒrou le…yana, ™ke‹ mn dèdeka kÒfinoi, ™ntaàqa d spur…dej ˜pt£.

114 Su questo topos cfr. commento ai vv. 6 e 61. 115

Cfr. commento al v. 113.

116 Cfr. W. Hörandner, Ein Zyklus von Epigrammen zu Darstellungen von Herrenfesten und Wunderszenen, in «DOP» 46, 1992, pp. 107-115.

117 Su di essi vd. G. Cupaiolo, Note ai Miracula Christi (A.L. 879 R.), in «Studi Tardoantichi» 8, 1989, pp. 177- 198.

118 Sul genere letterario di quest’opera cfr. Gonnelli4, pp. 417-418. 119 Cfr. Theod. Pr., Tet. in Mt. 207a-b Papagiannis.

quinis de panibus ille / piscibus et geminis mira virtute refecit. / Fragmina bis senos cofinos ablata replerunt120.

Di maggiore interesse appaiono le riscritture di Prudenzio, Giovenco e Sedulio, in ragione anche della più lunga estensione che dedicano al miracolo. Il prodigio dei pani affiora varie volte nei componimenti di Prudenzio; di grande respiro è la versificazione in Apoth. 706ss. (CCL 126, p. 102) che prevede la rievocazione del racconto evangelico (vv. 706-720), l’accostamento all’attività creativa originaria (vv. 721-730) e infine la ripresa e l’interpretazione allegorica del miracolo stesso (vv. 731-740)121. Ecco i vv. 706-724 (in corsivo i punti confrontabili con Nonno):

Quinque in deserto panes iubet et duo pisces adponi in pastum populis, qui forte magistrum non revocante fame stipabant undique saeptum inmemoresque cibi vicos castella macellum 710 oppida mercatus et conciliabula et urbes

respuerant, largo contenti dogmate vesci. Multa virum strato fervent convivia faeno, centenos simul accubitus iniere sodales, seque per innumeras infundunt agmina mensas 715 pisciculis (iam crede deum) saturanda duobus

et paucis crescente cibo per fragmina crustis. Ambesis dapibus cumulatim aggesta redundant fercula, bis senos micarum molibus inplent post cenam cofinos. Crudus convivia resudat 720 congeriem ventris, gemit et sub fasce minister.

Quis cumulare potest epulas in grandia parvas ? Quis, nisi qui corpus pastumque et corporis omnem condens ex nihilo nulla existente creavit

mundum materia?

A parte il numero dei pani e dei pesci, la menzione del luogo deserto e della sazietà della folla, anche Prudenzio al pari di Nonno, riporta il particolare del fieno (~ Nonno v. 31 Ãn dš tij aÙtÒqi cÒrtoj) sul quale si adagia la schiera dei commensali, l’immagine del muro che ha suscitato tanta difficoltà nel testo nonniano122 (stipabant undique saeptum), i fragmenta (~ v. 49 le…yana), con cui vengono riempite dodici ceste, il cumulo di alimenti (~ v. 47123). In Prudenzio i convitati sono rappresentati già come membri di una comunità o di un sacerdozio religioso riuniti in un banchetto sacro124, prefigurazione dunque del convito dell’Ultima cena (~ Nonno vv. 35, 44, 96-98) e vengono saziati da pochissimi alimenti, a dispetto della numerosità dei presenti. Questa moltiplicazione è così feconda che chi mangia fa fatica a digerire il cibo copioso e chi raccoglie gli avanzi è oppresso dal loro peso.

La narrazione prudenziana prosegue con una deduzione di tipo proporzionale: se Cristo ha potuto far crescere in così grande misura i cibi per la folla che lo aveva seguito, allo stesso

120

Per il testo cfr. E. Dümmler, MGH Poetae Latini Aevi Carolini, Berlin 1884, II, p. 521. Sull’autore cfr. F. Stella, La poesia carolingia latina a tema biblico, Spoleto 1993, pp. 219-223; Id. (a cura di), La poesia carolingia, Firenze 1995, p. 99.

121 Cfr. P. Garuti (a cura di), Prudentius. Apotheosis. Testo critico, traduzione, commento e indici di G. Garuti, Modena 2005, pp. 142-144.

122 Cfr. commento al v. 34.

123 Per la differente valenza assunta dall’immagine in Nonno e in Prudenzio cfr. commento ad Z 47. 124 Il termine sodales in Prudenzio richiama Hor., Carm. 1.37.2-4: Saliaribus /… dapibus, sodales.

modo si può ritenere possibile che Dio sia stato capace di creare ex-nihilo tutti gli elementi125: vv. 731-735 ergo ego, cum videam manibus sic crescere Christi / parva alimenta hominum, possum dubitare per ipsum / exiguas rerum species elementaque mundi / ex nihilo primum modica et mox grandia sensim / crevisse, ex modicis quae consummata videmus? Già il v. 716 crescente cibo per fragmina e adesso i vv. 731-735 con l’insistenza voluta sul concetto di «crescere» (crescere, primum modica, mox grandia sensim crevisse, ex modicis, consummata), possono essere accostati al v. 55 di Nonno, ¥rtwn aÙtom£twn palinauxša da‹ta gera…rwn, dove in entrambi i casi viene enfatizzata l’idea della generazione spontanea, nonché dell’abbondanza del cibo una volta giunto nelle mani di Cristo. Operare simili prodigi è inequivocabilmente una manifestazione e una prova della potenza divina.

Nel Cath. 9.58-60 compare un’altra menzione del miracolo, il cui scopo sembra quello di far risaltare l’abbondanza finale126, nonostante l’esiguità degli alimenti iniziali, cinque pani e due pesci, con cui sono state sfamate 5.000 persone e addirittura con i resti di questo cibo sono state riempite dodici ceste: ferte qualis ter quaternis ferculorum fragmina! / Adfatim referta iam sunt adcubantum milia / quinque panibus peresis et gemellis piscibus. Nel Dittochaeon la rievocazione del miracolo, pur nella sua brevità, si concentra sugli elementi importanti, quali il gesto della fractio panis127, la sazietà della folla, i frammenti che riempiono le ceste e per finire un banchetto sacro: cfr. vv. 145-148 (CCL 126, p. 397) quinque Deus panes fregit, piscesque gemellos / his hominum large saturavit, milia quinque./ Inplentur nimio micarum fragmine corbes / bis seni: aeternae tanta est opulentia mensae. Mediante il richiamo alla mensa eterna128 ed opulenta, nonché al gesto dello spezzare il pane, si nota

come Prudenzio investa il miracolo di una chiara interpretazione eucaristica, al pari di quanto accadeva nell’Apoth. al v. 713 attraverso il nesso iniere sodales e in Cath. 9.61-63, subito dopo la narrazione del prodigio: Tu cibus panisque noster, tu perennis suavitas; / nescit esurire in aevum qui tuam sumit dapem, / nec lacunam ventris inplet, sed fovet vitalia.

Anche l’estesa resa parafrastica di Giovenco, 3.70-92 (CSEL 24, p. 82), basata sul vangelo di Matteo129, è degna di attenzione e presenta alcuni punti di contatto con Nonno:

70 Ille ubi cognovit iusti miserabile letum, deserit insonti pollutam sanguine terram frondosaque latet secretae vallis in umbra. Sed populi inmensae virtutis dona sequuntur. Ille ubi credentum turbas in valle remota 75 convenisse videt, morborum tabe repulsa

corpora subiecit miseratus multa medellae. Iamque sub extremo labentis lumine solis discipuli Christo suadent dimittere turbas,

125 Per una lettura del miracolo in rapporto alla creazione cfr. Padovese, pp. 170-172. In Prudenzio il miracolo dei pani e il richiamo alla creazione genesiaca contemplano due realtà: una passata ossia quella creazionistica, e una presente, la moltiplicazione dei pani, mysterium eucaristico. Tale accostamento illumina sul senso di continuità e di somiglianza che intercorre tra opera creativa e miracolo: l’azione della divinità non si è esaurita nella creazione, ma continua provvidenzialmente anche dopo, come testimoniano i prodigi operati da Cristo. Del resto, tutti i miracoli trattati da Prudenzio in Apoth. 646ss. (vv. 650ss. Cristo cammina sulle acque; vv. 675ss. miracolo del cieco; vv. 704ss. la moltiplicazione dei pani; vv. 741ss. la resurrezione di Lazzaro) vogliono esprimere l’idea che il Cristo, operatore di miracoli, si identifica con il Cristo Creatore. Sul concetto di creazione e sulla figura di Cristo creatore in Prudenzio cfr. J.M.Fontanier, La création et le Christ créateur dans l’œuvre de Prudence, in «RechAug» 22, 1987, pp. 109-128.

126 Cfr. commento al v. 14.

127 Per Nonno cfr. commento al v. 38. 128 Per Nonno cfr. commento al v. 116.

129 Sulla tecnica parafrastica di Giovenco si può vedere il lavoro di Fichtner, mentre sull’uso di un linguaggio specifico nella sua riscrittura cfr. G. Simonetti Abbolito, I termini «tecnici» nella parafrasi di Giovenco, in «Orpheus» 7, 1986, pp. 83-84.

ut sibi quisque paret quaerens per compita victum. 80 Ille iubet cunctis ibidem convivia poni.

Discipuli ostendunt, nil amplius esse ciborum ni pisces geminos et farris fragmina quinque.

«Hoc, inquit, satis est». Tum mox discumbere plebem gramineisque toris iussit conponere membra.

85 Suspiciensque dehinc caelum genitore precato ipse duos pisces et quinque ex ordine panes dividit et dapibus mensas oneravit opimis. Iamque expleta iacet- dictu mirabile- plebes, reliquiasque dehinc mensis legere ministri 90 bissenosque sinus cophinorum fragminis inplet.

Cenantum numerus tum milia quinque virorum, praeterea populus matrum fuit et puerorum.

Si noterà in qualità di scenario del miracolo, non solo il luogo solitario, ma anche la ricca vegetazione, la descrizione della malattia mediante una perifrasi espressiva130 e l’ordine di

Gesù di prepararsi al convito131. La folla si adagia sull’erba e nonostante l’esiguità dei cibi, cinque pani d’orzo e due pesci (~ vv. 25-26), dopo che sono stati divisi, la mensa diventa ricca (~ v. 44), a tal punto che le reliquiae raccolte dai discepoli nella veste di ministri (~ v. 46 di£ktoroj ™smÒj) sono in grado di riempire il sinus di dodici ceste (~ v. 51 ˜ù polucandši kÒlpJ)132.

Ugualmente caratteristica, anche se meno ricca di particolari descrittivi, è la parafrasi di Sedulio nel Carm. Pasch. 3.207-218 (CSEL 10, pp. 79-80), basata sul testo evangelico di Marco133; il componimento tende ad un confronto tra il miracolo veterotestamentario della manna, compiuto da Mosè, e quello neotestamentario della moltiplicazione dei pani, operato da Gesù:

Cumque dehinc populum sese in deserta secutum ut typicus Moyses verusque propheta videret antiquam sentire famem, maioribus actis 210 antiquam monstravit opem. Tunc alite multa

carnis opima dedit, geminis modo piscibus auxit; sufficiens tunc manna pluit, modo panibus amplum quinque dedit victum per milia quinque virorum. Cetera turba latet, numero nec clauditur ullo 215 maxima parvorum legio vel maxima matrum.

Quodque magis stupeas, cophinos ablata replerunt fragmina bis senos, populisque vorantibus aucta quae redit a cunctis non est data copia mensis.

Già il particolare del luogo deserto, ha la funzione di introdurre il confronto tra Mosè e Gesù, tra il miracolo della manna e quello dei pani. L’alimento celeste cadde in misura

130

Per Nonno cfr. commento al v. 5. 131 Cfr. commento ai vv. 29-30.

132 L’abbondanza, che dà vita ad un banchetto per tutta quella immensa folla sopraggiunta, è elemento portante anche nella riscrittura operata da Giovenco del secondo miracolo dei pani: 3.215-219 Discipuli ponunt epulas populusque repletur / ad satiem dapibus; relegunt mox fragmina panis / et sportas referunt cumulato pondere septem. / Quattuor ex omni fuerant tum milia plebe / nec numero quisquam matres puerosque notavit.

133 Oltre al lavoro di Springer, per la tecnica parafrastica in Sedulio e la pratica della Kontrastimitation (secondo una terminologia di Thraede, p. 1039), vd. Laan, pp. 135-166.

sufficiente a sfamare il popolo ebreo, ma era destinato a durare un solo giorno e a perire quello successivo (Ex. 16.17-19), adesso sono state saziate ampiamente 5.000 persone con un pane eterno e incorruttibile e addirittura, cosa incredibile, con i resti sono state riempite le ceste. L’azione di Mosè è dunque portata a compimento e superata da Gesù, per mezzo di un’abbondanza senza misura134. Se Sedulio ha collocato in uno stesso verso, quasi in una struttura polare, i cinque pani che nutrono 5.000 uomini, in Nonno la posizione incipitaria di pšnte sia per i pani sia per la folla mette in evidenza il prodigio (v. 26 e v. 33). Si noterà anche in Sedulio il particolare linguistico geminis … piscibus (~ Nonno v. 27 „cqÚaj … didum£onaj)135, la folla disposta in schiera e la sua voracità.

Di grande interesse appare la versificazione degli Homerocentones, per quanto riguarda il miracolo narrato nella prima e nella seconda redazione136, giacché permette di notare

differenze, somiglianze e topoi comuni alla P., svelando le strutture portanti del lavoro di riscrittura137. Tra la I HC, redazione ad opera con ogni probabilità da attribuire all’imperatrice Eudocia, e la II HC si riscontrano punti di contatto, soprattutto a livello della langue epica, ma anche notevoli differenze nella tipologia narrativa. Sarà utile prendere in considerazione tutte le versificazioni del prodigio, perché i particolari e gli avvenimenti non sono nettamente distinti e separati, ma spesso le caratteristiche della prima moltiplicazione finiscono nel racconto della seconda e viceversa, intrecciandosi così fra di loro138.

L’episodio dei Quattuor milia (et quingenti) saturantur nella I HC, rielaborazione che muove innanzitutto dalle suggestioni provenienti dal testo biblico, reinterpretate però alla luce del modello omerico, si articola attraverso quattro scene: una grande folla si dirige nel luogo dove Gesù è approdato con i discepoli (1), Cristo insegna loro (2), compie il prodigio dei pani e dei pesci (3) e alla fine congeda la folla (4). Secondo Usher l’episodio biblico è una combinazione della scena-tipo dell’assemblea omerica - giacché si riscontra la presenza di una gran folla, il discorso e il congedo dei presenti - con quella del banchetto, poiché include la preparazione del pasto, la preghiera e il lavarsi le mani, la consumazione del cibo, la sazietà e un intrattenimento dopo la refezione139. Ecco i versi iniziali (vv. 1161-1173)140:

¢ll’Óte d» ·’ ™k…cane polÝn kaq’Ómilon Ñp£zwn, bÁ ·’¢n’ ÐdÕn memaèj: tÕn d fr£sato prosiÒnta plhqÚj, æj ÐpÒte Zšfuroj nšfea stufel…xV, Óssai ¢rist»wn ¥locoi œsan ºd qÚgatrej 1165 nÚmfai t’º…qeo… te polÚtlhto… te gšrontej cwlo… te ·uso… te parablîpšj t’Ñfqalmîn. ¢ll’ oÜ pw toiÒnde tosÒnde te laÕn Ôpwpa: l…hn g¦r fÚlloisin ™oikÒtej À yam£qoisin

134 La superiorità del pane di Cristo rispetto alla manna è evidenziata da Sedulio anche nell’Hymn. 1.29-30 (CSEL 10, p. 157): murmurat impietas, manna veniente refecta: / panis adest Christus, murmurat impietas. 135 Cfr. commento ad locum.

136 Degli Homerocentones si è avuta una prima edizione della versione B a cura di Rey nel 1998, che può essere confrontata con quella più lunga della redazione A, edita nel 1999 da Usher1; nel 2007 Schembra ha pubblicato una nuova e completa edizione degli Homerocentones nel Corpus Christianorum, Series Graeca n. 62 e a parte nella collana Hellenica il commento della prima e della seconda redazione. Cfr. R. Schembra1, La prima redazione dei centoni omerici: traduzione e commento, Alessandria 2006; R. Schembra2, La seconda redazione dei centoni omerici: traduzione e commento, Alessandria 2007.

137

Whitby ha operato un confronto dell’episodio evangelico relativo al dubbio di Tommaso all’apparizione di