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Fotografie dei disegni degli antichi maestri di John Brampton Philpot: i primi acquisti di Milliet

«Les maîtres mes meilleurs amis»319.

Tra le fotografie raccolte da Milliet, soltanto pochi pezzi si possono ricondurre con una certa sicurezza al primo soggiorno fiorentino, come le quindici fotografie di disegni di antichi maestri realizzate da John Brampton Philpot, delle quali ne inseriamo alcuni esempi nelle tavole fuori testo320 [Tav. XXII-XXIII].

Tra queste vi è la fotografia di un disegno preparatorio di Andrea del Sarto per la scena del Viaggio dei Magi, negli affreschi del Chiostro dei Voti in Santissima Annunziata [Tav. XXIV]: è montata su un cartoncino col timbro a secco del fotografo inglese che pone il termine ante quem al 1870, anno in cui Philpot si associò al fotografo Jackson introducendo nel timbro e nel catalogo entrambi i cognomi321. Il termine post quem è dato dalla dicitura evidente sull’immagine fotografica (P 1869), che corrisponde al numero d’ordine del soggetto nel catalogo commerciale del 1865322. Oltre a ciò è la sorpresa per l’apprezzamento di Paul per questo ciclo a indurci a pensare che possa aver acquistato le fotografie contestualmente alla visita: Paul si era recato a visitare il Chiostro dei Voti nel settembre del 1866, seguendo i consigli di un conoscente, M. Prat323, di cui scrive: «Il avait bien raison de me les recommander; c’est beau et simple au-delà de toute expression. Qui n’a pas vu cela ne sait pas ce que c’est Andrea del Sarto. Ses fresques sont supérieurs à ses meilleurs tableaux»324. Soltanto due anni prima

319 Lettre de Paul Millie à sa soeur Louise, Florence octobre 1868, in Milliet 1915, p. 367.

320 Si tratta di disegni di antichi maestri conservati al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, riconducibili al primo catalogo edito nel 1865, grazie ai numeri presenti sulle fotografie stesse. Sono tutti disegni preparatori di Botticelli, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Andrea del Sarto. Oltre a queste vi è poi una fotografia con timbro a secco “Philpot & Jackson” di un disegno di Giovanni da Udine [Fig. 796]

321 Philpot 1870.

322 Philpot 1865. Una copia di questo catalogo è conservata presso il GDS degli Uffizi di Firenze.

323 Jules Prat, sociétaire de la Colonie et traducteur de Spinoza. Cfr. http://data.bnf.fr/13001700/j_-g__prat/ 30/03/2017.

dell’arrivo di Paul, era stato pubblicato un testo illustrato che celebrava i cicli di affreschi toscani, tra cui quelli della SS. Annunziata che aveva goduto di un ruolo di rilievo durante tutto il primo Ottocento; gli stessi affreschi di del Sarto erano stati restaurati nel 1857325 [Fig. 24].

Durante questo primo soggiorno fiorentino, Paul aveva deciso di dedicarsi allo studio delle opere attraverso il disegno, senza mettersi a dipingere, poiché gli avrebbe portato via troppo tempo326: è proprio uno di questi studi grafici che ritroviamo pubblicato tra le pagine della biografia; un croquis tratto dal Viaggio dei Magi da cui Milliet isola il personaggio rivolto verso lo spettatore, il ritratto dello scultore Jacopo Sansovino [Fig. 25]327.

Sempre del Viaggio dei Magi vi è una fotografia Alinari dell’intera scena, il cui numero che compare in negativo corrisponde al catalogo del 1873 nel formato extra328 [Tav. XXV]. Vi è inoltre, un gruppo di quattro fotografie di soggetti del chiostro dei Voti che Paul potrebbe aver acquistato durante il primo soggiorno o il secondo nel 1868 e si tratta di quattro albumine delle storie di San Filippo Neri affrescate sempre nel Chiostro dei Voti: San Filippo che risana un lebbroso, Punizione dei bestemmiatori, Natività della Vergine e la Morte di San Filippo e resurrezione di un fanciullo [Tav. XXVI]. In effetti, il timbro a secco presente sui cartoncini di supporto è quello impiegato da Alinari tra il 1863 e il 1870, anche se risulta un’incongruenza tra i numeri di negativo presenti

325 La basilica aveva vissuto una rinascita nei decenni successivi alla restaurazione, in linea con il rinvigorimento del clima religioso che si manifestò anche attraverso il moltiplicarsi delle credenze e delle feste religiose. Nel 1844 fu intrapreso un restauro generale degli interni dell’edificio e, appunto, nel 1857 quello delle opere sartesche. Cfr. Lombardi 2014, p. 217-232, per quanto riguarda la pubblicazione illustrata si veda Tesori degli affreschi 1864.

326 Scrive in proposito: «Pour faire une copie, je devrais renoncer à voir autre chose, je préfère pour cette fois faire des croquis. Ici les maitres dessinateurs dominent, je subis leur influence et j’en suis bien aise», cfr. Lettre de Paul à Louise, 9 août 1866, in Milliet 1915, p. 264. Il rapporto epistolare con la sorella Louise è interessante poiché ricco di descrizioni e considerazioni sull’arte che egli stesso definisce delle lezioni: è a lei che dichiara di rivolgere interiormente le sue riflessioni quando è al cospetto dei dipinti.

327 Milliet 1915, Pl. XXIV.

328 Alinari 1873, p. 79. Extra erano le stampe di 44x33 cm ed erano vendute montate su cartoncino per 5 Lire e senza per 4,50 Lire.

sull’immagine fotografica e quelli nel catalogo del 1865, poiché quest’ultimi corrispondono alla sezione Riproduzioni di stampe e non di originali329.

Comunque sia, il fatto che dell’intera collezione di fotografie di pittura appartenuta a Milliet, si possa ricondurre l’acquisto al 1866 di sole fotografie tratte dai disegni, non è casuale ma anzi è sintomo dell’offerta commerciale fiorentina, dove la disponibilità di riproduzioni dei disegni degli antichi maestri era notevolmente più ampia rispetto alle riproduzioni tratte dagli originali di dipinti e affreschi330.

La strada aperta dalla commissione del principe consorte Alberto I d’Inghilterra nel 1858, si configurò come un punto di non ritorno per la riproduzione sistematica delle collezioni d’arti grafiche in Europa: «Of many paintings no engraving or lithograph existed, and “in these instances the newly invented art of photography was resorted to”. […] With his encouragement, most of those in charge of both public and private collections either had their works photographed, or allowed them to be photographed by men he had commissioned for this purpose.»331

Tuttavia, la vicenda delle campagne fotografiche indette dal Principe da sola non basta a delineare lo sforzo che alcuni fotografi, e in particolare Philpot, dedicarono alla riproduzione dei disegni degli antichi maestri.

Il vero iniziatore della collezione grafica degli Uffizi era stato Leopoldo de’ Medici nel Seicento, avvalendosi della valente collaborazione di Filippo Baldinucci per reperire e ordinare la raccolta332. Nel primo Ottocento fu il conte Ramirez de Montalvo a curare la raccolta e a riorganizzarne l’inventariazione che proseguì poi per opera di Carlo Pini e Nerino Ferri: a quell’epoca l’attività del gabinetto fu intensa poiché segnata da una serie d’importanti acquisizioni, come il libro composto da duecentonovantuno incisioni di

329 Alinari 1865, pp. 30-41.

330 Nel catalogo generale dei Fratelli Alinari del 1865, ancora compariva in calce il repertorio di Disegni di Raffaello e di altri antichi maestri con ben 310 soggetti, mentre solo 70 dipinti degli Uffizi erano fotografati dagli originali. Cfr. Alinari 1865, pp. 78-106.

331 La monografia su Raffaello edita da Passavant fu uno dei principali in put per il principio della collezione dei disegni, la quale era stata iniziata sul finire del 1852, La corrispondenza relativa alla formazione della collezione fornisce una testimonianza dell’assistenza che il Principe aveva ricevuto da molti eminenti curatori e collezionisti, che lo misero al corrente delle opere che conoscevano e che lo aiutarono a rintracciare collezioni disperse sin dai tempi di Passavant. Cfr. Montagu 1995, p. 38, ma anche Peters 2011.

Jean Claude Richard abate di Saint-Non (vedute, antichità e pitture d’Italia) della pregevole collezione di stampe lasciate dal marchese Carlo Torrigiani, o ancor più la donazione del commendator Emilio Santarelli, che nel 1866 donò al Gabinetto 12.481 disegni originali 333.

Lo slancio nei confronti di questi materiali non fu solo collezionistico, ma comprese anche il loro ruolo come modelli visivi atti a soddisfare quel risveglio delle arti minori che si verificò a metà del secolo con il conseguente incremento delle botteghe artigiane fiorentine334. In particolare quelle degli intagliatori, tra cui molti artigiani senesi provenivano dall’Istituto di Belle Arti diretto da Luigi Mussini (dal 1851 al 1887), guardarono al Rinascimento con interesse che indusse a una consapevole ripresa dei motivi lineari quattrocenteschi, in contrasto con lo sfarzo neobarocco che si alimentava in Francia e in tutta e Europa335. Il mercato delle arti applicate era ormai internazionale, così che molti ebanisti, scalpellini, intagliatori, copisti si stabilirono a Firenze, anche intervenendo nelle fastose dimore di mecenati quali Frederic Stibbert o Anatoli Demidoff336.

Ma se nei fatti gli oggetti della manifattura toscana, come ad esempio il mobile neorinascimentale, rimasero merce per pochi colti amatori337, i modelli a cui erano ispirati e pertanto i materiali visivi che supportavano la progettazione di questi manufatti, come i disegni di ornato degli antichi maestri, ebbero una certa diffusione non solo sul mercato fotografico ma anche in quegli ambienti dell’istruzione dedicati all’insegnamento delle arti applicate: ne fu un esempio la collezione di fotografie di disegni di ornato (476 albumine), realizzata all’inizio degli anni Settanta dal conservatore del Gabinetto degli Uffizi Carlo Pini e venduta all’Accademia di Belle Arti

333 Ibidem.

334 Già nel Settecento a Firenze, si sviluppò altro canale attraverso cui si era alimentato l’interesse nei confronti dei disegni degli antichi maestri: quello dell’imitation drawings, pratica che era stata avviata in Inghilterra nel Seicento, poi esportata a Parigi con Crozat, poi a Venezia con gli Zanetti e di nuovo in Inghilterra con Pond; a Firenze venne rilanciata dall’Hugford con la nuovissima tecnica dell’acquatinta, cfr. Borea 2009, p. 445.

335 Gensini 2015, p. 34.

336 Ibidem.

337 Il decoro delle abitazioni del ceto medio borghese era quello pratico e alla moda, dove agli arredi ispirati dall’opera di Mussini e intrisi di un senso etico oltre che estetico, si preferivano arredi alla moda in stile Luigi XVI. Cfr. Gensini 2015, p. 35.

di Firenze nel 1876 e dedicata alle scuole di arti e mestieri, come specificava il titolo338. Un precedente, sempre in seno all’Accademia è l’acquisto di fotografie di disegni del fotografo francese Alphonse Bernoud che nel 1871 formarono il primo nucleo della Galleria di Fotografia dell’istituto, che ospitava riproduzioni fotografiche di opere d’arte a disposizione degli studenti come modello di studio339.

È dunque possibile ritenere che: la fervente attività fotografica che si alimentò nel Gabinetto fiorentino, dalla campagna Alinari sui disegni di Raffaello del 1855 passando per la produzione dedicata di Philpot, insieme a quella di Pini sui disegni di ornamento, si possa intendere come risposta dei fotografi, non solo al generale interesse per i documenti grafici modello virtuoso per lo studio dell’arte, ma anche alla vivacità intellettuale che in quegli anni animò il Gabinetto con acquisizioni, inventariazioni, ordinamento delle collezioni340. Gli stranieri residenti a Firenze incentivarono la produzione delle tante botteghe di intagliatori e mobilieri fiorentini, sollecitando l’impronta di uno stile definito locale, ma che la storiografia ha ritenuto influenzato dagli stessi committenti341.

L’operazione di Philpot fu, in effetti, considerata già all’epoca importante ed esaustiva, rispetto alla raccolta già nel 1865, come si legge in una lettera di Carlo Pini, contrario

338 Si trattava di una raccolta di 476 Ornamenti vari per servire a diverse arti riprodotti con la fotografia dai disegni originali e dalle stampe rare della R. Galleria di Firenze dei più notabili artefici dal XV al XVIII secolo. Opera dedicata alle scuole di arti e mestieri. Per un primo approccio alla vicenda di Carlo Pini come fotografo si veda Naldi 2015. Le arti applicate furono nell’Ottocento, passando per le Esposizione nazionali e universali, un trait d’union tra arte e industria, integrazione necessaria a sostegno dell’idea che l’arte fosse possibile solo grazie alla circolazione di denaro in una società economicamente stabile. Cfr. Picone Petrusa et al. 1988, p. 20.

339 Migliorini 1994, p. 47.

Oltre a ciò è opportuno ricordare che nella Prima appendice al catalogo generale dei Fratelli Alinari, edita nel 1876, una sezione specifica del repertorio era intitolata “Fotografie didattiche”: si tratta di 42 fotografie di disegni di teste, collezione «che raccomandiamo agli studiosi di disegno», i disegni erano lucidi tratti da quadri e affreschi del XV e XVI secolo, realizzati da Michele Marcucci per conto dell’Istituto Lucchese di Belle Arti. Cfr. Alinari 1876, pp. 123-124.

340 È bene ricordare anche che a Firenze, dagli anni Quaranta, aveva preso avvio una nuova considerazione per gli antichi maestri, sull’impulso e il contributo delle ricerche archivistiche attuate da studiosi stranieri come von Rumohr, Reumont e Gaye e in aggiunta a ciò la revisione cui era sottoposta l’opera vasariana. A questo clima favorevole verso gli antichi maestri, contribuirono anche i ritrovamenti di alcuni cicli di affreschi che, oltre ad arricchire il patrimonio del Granducato, portarono la città all’attenzione della cronaca europea: tra questi il rinvenimento del ritratto di Dante di Giotto nel palazzo del Bargello. Cfr. Levi 1985, pp. 92-93 e Barocchi 1985a, pp. 151-178.

all’eventualità di concedere un nuovo ingresso alla ditta Alinari nel Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi:

«E siccome queste riproduzioni (Alinari e Philpot, ndr) sono state dai fotografi medesimi poste in commercio, coì vien largamente provveduto all’interesse dell’arte ed al desiderio degli amatori. Perciò la nuova domanda degli Alinari palesa l’intenzione di fare, come suol dirsi, un ridosso a Philpot, poiché essi non farebbero altro che riprodurre le cose stesse fatte da lui»342.

In altre parole, il conservatore Pini nel rifiutare la richiesta dei fotografi adduce alla motivazione commerciale, della presenza già esauriente sul mercato dello specifico prodotto, questo tipo di atteggiamento è da tenere in considerazione proprio in virtù della natura dell’oggetto fotografico e del significato della riproduzione fotografica rispetto alla copia poiché viene da pensare che, a nessun copista sarebbe stato vietato di copiare la Madonna della Seggiola poiché ve ne erano già molte in circolazione. Certo qui sarebbe necessario fare un distinguo tra l’origine commerciale delle copie dal vero che erano oggetti singoli e realizzati talvolta per una committenza e la fotografia, che sottostava a ben altro sistema produttivo, ma nell’affermazione di Pini è comunque possibile cogliere un pensiero in funzione non solo della natura dell’oggetto fotografico ma del suo significato: la fotografia intesa come documentazione visiva di materiali preziosi, rari, spesso inarrivabili o comunque accessibili solo a determinate e ristrette categorie di persone, e messi a disposizione dei più attraverso il commercio. Un’operazione che creava l’offerta commerciale di un prodotto strumentale e non artistico che, almeno a parere di Pini, una volta soddisfatta, non necessitava di repliche. In effetti, l’opinione del conservatore fu accolta come riprova la risposta della direzione delle gallerie al Ministero della pubblica Istruzione:

«Questa commissione crede perciò non dover ora accordare nuovi permessi […] per la ragione che i desideri degli amatori e degli artisti sono stati soddisfatti , in secondo luogo perché accordando il permesso richiesto agli Alinari»343.

342 Per l’intera lettera di rimanda in Appendice a Pini, Carlo, Alla regia galleria, lettera ms., Firenze, 23 gennaio 1865, Filza 1865 A f. 19, ASGF, Firenze.

343 Direzione delle R.R. Gallerie, al Ministero della Pubblica Istruzione, Firenze 29 gennaio 1865, Filza 1865 A f. 19, ASGF, Firenze. T12

La direzione avallò le ragioni di Pini e con le stesse motivazioni negò il permesso anche al fotografo Enrico Andreotti qualche mese più tardi344.

La produzione di Philpot proseguiva dunque il lavoro di Alinari per i reali d’Inghilterra, cui si era aggiunta la committenza della zarina, andando a formare un corpus di quasi cinquemila soggetti fotografati e conquistando un posto sul mercato fotografico con caratteristiche di monopolio345.

Si è detto che l’approccio dei fotografi ai patrimoni grafici e pittorici, dopo un notevole ritardo, si concretizzò nel giro di pochi anni e a Firenze subì un’accelerazione abbastanza repentina. Un anno incisivo fu quindi senz’altro il 1865: Firenze divenne capitale, al Bargello fu inaugurato il primo museo nazionale di scultura, si festeggiò la settima ricorrenza della nascita di Dante, eletto a simbolo della Repubblica, furono pubblicati i cataloghi commerciali dei fotografi Philpot, Bernoud, Alinari e Brogi; morì Leopoldo Alinari346.

344 Direzione delle R.R. Gallerie, al Ministero della Pubblica Istruzione, lettera ms., Firenze, 27 marzo 1865, Filza 1865 A f. 29, ASGF, Firenze. T13

345 Nell’avvertenza che apriva il catalogo, Philpot ci tenne a precisare che i negativi dei disegni erano stati eseguiti in modo che fossero più vicine agli originali nelle dimensioni, potendo infine assicurare «che non solo le negative ma anche le positive riuscirono fedeli agli originali, e che sono prive di qualunque ritocco», cfr. Philpot 1865.

346 Il testamento di Leopoldo Alinari è stato pubblicato e commentato nel testo di Tomassini/ Pellegrini 2003.

Figura 24 Andrea del Sarto, Viaggio dei Magi, 1864

Figura 25 Léon Marotte, J. P. Milliet,

1.4 Riproduzioni fotografiche di stampe: una scelta sicura per il mercato della