2.2 I «Quadri celebri» degli Uffizi: la versione dei Fratelli Alinari (1860-1865)
2.2.2 Primo Corridore: le opere del Botticelli
Sono nove i dipinti del Primo Corridore scelti dai Fratelli Alinari470, su un totale di 64 esposti nel 1860471: sezione della galleria che iniziava con i quadri più antichi fino ad opere del Quattro e Cinquecento.
Facendo un confronto con l’illustrazione incisoria della galleria, si nota che: mentre il volume con le stampe curato da Ranalli per Batelli, apriva la carrellata di dipinti di questo spazio con il primo esposto, ovvero con la «mostruosa barbarie» di Andrea Rico da Candia472, la sezione Alinari riproduce invece tre dipinti del Botticelli: la Nascita di Venere , l’Adorazione dei Magi, e l’Incoronazione della Vergine, Il primo pervenne una in galleria nel 1815, il secondo vi si trovava già dal 1794; si hanno però dei dubbi sul perché i fotografi abbiano inserito l’Incoronazione che, secondo le fonti, pervenne agli Uffizi solo nel 1919, dopo esser stata collocata all’Accademia sin dal 1808 a causa della soppressione dei conventi 473 . Mentre la Primavera, che all’epoca si trovava
470 Tre opere del Botticelli: Nascita di Venere (1485), Incoronazione della vergine (1488-90) e Adorazione dei magi (1475 per Santa Maria Novella, 1863 A. M.). La Santa famiglia in tondo di Ghirlandaio (), la Deposizione di croce di Giottino (), La vergine col divin figlio e due angioli di Lippo Lippi (1465-66) (1863 A. M.), un tondo con la Vergine in adorazione di Lorenzo di Credi (1863 A. M.) (che al tempo faceva da pendant al dittico dei duchi di Piero della Francesca); Adorazione dei tre magi di Lorenzo Monaco (1421-22) e Andromeda liberata di Piero di Cosimo (1513 ca.).
471 Si prende come strumento guida il catalogo degli Uffizi edito nel 1860, anno in cui gli Alinari iniziano la campagna fotografica, e poiché a questo corrispondono le collocazioni delle opere nelle sale, cfr. Catalogue de la Galerie de Florence 1860.
L’edizione del 1863 testimonia infatti una modifica importante: nell’allestimento viene inserita una sala dedicata agli Antichi Maestri, dove verranno ad esempio spostate alcune opere del Primo Corridore che segnaleremo nell’elenco tratto dal catalogo Alinari con la sigla A.M. 1863, cfr. Catalogo della Galleria di Firenze 1863.
472 La tavola del Rico, descritta dal Fantozzi nella guida come “opera pregevole pel colorito” (cf. Fantozzi 1842, P. 74), è inserita dal Ranalli nella Storia della pittura dal suo risorgimento proprio come memento di quello che è stato prima della grande rinascita della pittura segnata da “una notevole vivezza di espressione”, compiuta a partire da Cimabue. Nelle notizie storico critiche riportate nel catalogo delle opere del Polo museale fiorentino, si legge: “Esempio tipico di `Madonna della Passione', iconografia di origine cretese di cui lo Schweinfurth credette inventore lo stesso Andrea da Candia, divenuta poi molto popolare. Come indicato invece dal Bettini (1933), questi ne fu solo perfezionatore e diffusore, visto che a Creta ne esistono esempi anteriori”, la tavola è indicata come conservata presso la Galleria dell’Accademia (numero di riferimento odierno N. Cat. 00191331), cfr. http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp .
473 La tavola infatti era stata realizzata per l’Arte degli Orafi e collocata nella cappella Sant’Alò nella controfacciata della Chiesa di San Marco, detta infatti anche Pala di San Marco. <http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp?nctn=00188566&value=1 > 1.5.2017.
all’Accademia di Belle Arti, comparirà in catalogo solo a partire dal 1873474 e si dovrà attendere quello del 1896 per trovarvi inserito un suo dettaglio475.
Botticelli, che ai nostri giorni si annovera tra i pittori fiorentini del Quattrocento il più conosciuto, non godeva della stessa fama a metà dell’Ottocento: un impulso alla sua riscoperta, si era verificato proprio in quel giro di anni, a partire dalla mostra del 1857 di Manchester, Art Treasures of United Kingdom, a cui era seguito l’ingresso nelle raccolte della National Gallery di Londra della tavola con Venere e Marte, da qui in poi il mito di Botticelli avrebbe mantenuto una posizione di rilievo fino ai nostri giorni476.
Come scrisse John Addington Symonds nel 1877: «nel secolo passato, e ai primi di questo, occuparsi di Botticelli sarebbe sembrata una pazzia […] la profezia del signor Ruskin, le tendenze della nostra miglior arte contemporanea che si riscontrano nei quadri del signor Burne-Jones, l’attenzione che vi ha richiamata di recente la nostra poesia alla moda, e più di ogni altra cosa la passione che proviamo per i problemi psicologici delicatamente equilibrati del Rinascimento di mezzo, hanno suscitato una specie di culto eroico per questo artista eccellente, per questo vero poeta»477.
Sosteneva poi Rosenthal nel 1897: «Così, a conclusione di un lungo, lunghissimo fenomeno evolutivo, abbiamo dimenticato Albano per celebrare il Botticelli»478. Così, al momento della consacrazione del Botticelli sul finire del secolo, la fotografia aveva già reso disponibile sul mercato quindici opere delle trentatre oggi attribuite e conservate a (cinque sono considerate della bottega, di quattro non è specificata la vicenda attributiva): tra queste, quindici erano già riferite dalle antiche fonti come di mano di
474 Alinari 1873, p. 69.
475 Alinari 1896, Parte II, p. 88. La Primavera ebbe maggior fortuna quando furono identificate tutte le figure da Adolph Gaspary, nel 1888, e poi definitivamente argomentate da Aby Warburg nel 1893. Cfr. Gaspary 1888; Warburg 2003 [ed. orig. 1893].
476 Giometti 2016, pp. 61-76.
Per un contributo recente sulla fortuna critica e visiva del pittore si rimanda al catalogo della mostra tenutasi a Londra: Evans et al. 2016.
477 Addington Symonds 1879, pp. 218-224, la citazione è riportata in Gasparotto 2006, p. 15. Sempre per la fortuna di Botticelli nel XIX secolo si veda Francini 2000, pp. 89-100.
Botticelli (Anonimo Gaddiano, Vasari, inventari medicei)479, mentre dieci lo furono entro gli anni Novanta dell’Ottocento (soprattutto grazie alla critica di Cavalcaselle, Morelli, Ulmann, Bode)480, e quattro furono attribuite o ne fu confermata l’attribuzione al pittore, solo nel primo Novecento da storici quali Berenson, Carlo Gamba (inseriamo nell’elenco in nota la data da cui compaiono nei cataloghi Alinari).481
Questa proposta di soggetti botticelliani nel primo catalogo generale e ancor più nel catalogo del 1873, si pone dunque come un esempio dell’operazione che la fotografia mette in atto nell’Ottocento, di diffondere i recuperi della storiografia e le riscoperte del gusto: a mano a mano che si espandono le campagne fotografiche, l’opera dell’artista avrà un posto sempre più preponderante sul mercato dell’immagine482.
In questa prima selezione gli Alinari saltando le opere medievali (vi erano infatti esposte, a seguito del Candia, le tavole di Giotto, Cimabue, Agnolo Gaddi ecc.) che erano state lì posizionate proprio a testimonianza di quel nuovo slancio che si era avuto nelle arti da Cimabue in avanti483, i fotografi, con un considerevole salto cronologico,
479 Tra le opere conservate agli Uffizi: la Fortezza (Alinari 1873), La scoperta del cadavere di Oloferne e Il ritorno di Giuditta (Alinari 1873), Adorazione dei magi (Alinari 1863), Pallade che doma il centauro, Nascita di Venere (Alinari 1863), Madonna del Magnificat (autografa secondo Cavalcaselle 1864, Alinari 1863 con il titolo Incoronazione della Vergine), Sant’Agostino nello studio, la Calunnia (Alinari 1863). All’Accademia: Primavera (1815 fino al 1919, poi Uffizi; Alinari 1873), Pala di San Barnaba (1808 fino al 1919, poi Uffizi; Alinari 1873), Pala di San Marco (1807 fino al 1919, poi Uffizi; Alinari 1873). L’Adorazione dei magi incompiuta che si trova in Soprintendenza; Sant’ Agostino nello studio di Ognissanti (Alinari 1876); Madonna con bambino e tre angeli di Pitti; Madonna con bambino e sei angeli coi simboli della passione della Galleria Corsini (Alinari 1881). Cfr. Le notizie sulla storia attribuzionistica dell’intera opera di Botticelli sono tratte da Mandel 1967.
480 Madonna con bambino conservata in San Marco, opera di bottega creduta del Lippi fino al 1893. Degli Uffizi: Madonna con bambino e gloria di serafini (attribuzione Bode 1893), Madonna del roseto (Ulmann 1893), Ritratto di uomo con medaglia (Morelli e Frizzoni 1888). Pitti: Madonna con bambino abbracciati da San Giovannino (Ulmann 1893), Ritratto di giovane (Venturi 1891), Ritratto di giovane donna (attribuzione sostenuta da Cavalcaselle, Ulmann e Bode, e negata dal Milanesi nel 1879; in catalogo Alinari 1873 con il nome di Simonetta come era d’uso identificarla dalla critica ottocentesca, alludendo a Simonetta Vespucci, donna amata da Giuliano de’ Medici). Della Galleria Corsini: Angelo annunziante e Vergine Annunziata (autografa secondo Ulmann 1893); Ritratto personaggio mediceo (Morelli 1873, Bode 1893). Madonna con bambino detta del mare e conservata dell’Accademia (Ulmann 1893).
481 Madonna con bambino e san Giovannino dell’Accademia; Sacra conversazione degli Uffizi (confermata da Gamba 1931; Alinari 1873). Presepe di San Maria Novella (Berenson 1932), Madonna della melagrana degli Uffizi (Horne 1908; Alinari 1873).
482 Solo nei cataloghi Alinari, per le opere botticelliane degli Uffizi, si passerà dalle 4 censite nel 1863 alle 10 nel 1896, Cfr. Alinari 1865, p. 44 e Alinari 1896, p. 88.
483 Aveva scritto il Ranalli in corrispondenza della incisione de La nostra donna col bambino di Andrea Rico da Candia: «Fu savio provvedimento che una Galleria destinata a rappresentare visibilmente, la
direzionano lo sguardo su opere del Quattrocento. A unica testimonianza della pittura del Trecento fiorentino riproducono la Deposizione di Croce di Giottino484: l’opera, datata solitamente tra il 1360 e il 1365, che proveniva dalla Chiesa di San Remigio e stilisticamente riprendeva la composizione del Compianto di Giotto della Cappella degli Scrovegni, era entrata agli Uffizi solo nel 1851485. Come si legge nella descrizione in calce alla traduzione incisoria nei volumi del Ranalli, la tavola, prima di pervenire nelle sale della galleria, essere ripulita ed esposta «tra le cose della prima età della pittura», si trovava nella sacrestia della chiesa dove «oscuro e sdimenticato giaceva»486.
Si può ben pensare che l’incisione e la fotografia Alinari fossero le prime riproduzioni di quest’opera, e che il fatto che fosse una novità nella collezione del museo (visibile da soli nove anni al momento delle riprese), possa aver influenzato la scelta dei fotografi di inserirla tra i quadri più celebri.
Dei ben cinquantotto dipinti che allestivano il Terzo Corridore, i Fratelli Alinari ne selezionano uno soltanto: l’Educazione di Achille di Pompeo Batoni, a riprova dello scarso interesse che al momento la fotografia dedicava alla pittura del Settecento. Stessa sorte per la Sala della Niobe di cui fotografano soltanto La caccia al cinghiale di Snyders487.
storia della pittura, cominciasse dalle opere di que’ greci bizantini, sformatori anziché conservatori dell’arte, perché meglio si potesse conoscere il principio della bella maniera introdotta da Cimabue, e poi resa gloriosa da Giotto e da’ suoi discepoli. […] L’autore è un tal Andrea Rico da Candia; che probabilmente sarà stato uno di que’ pittori chiamati in Firenze a lavorare nella Chiesa di S. Maria Novella. […] Egli è ancora da tener conto di questa tavola per essere conosciuto il nome dell’autore; dacché nella più parte di questo genere s’ignora. […] guardando questa tavola, che benissimo conservata si vede nel primo corridoio della nostra Galleria a man destra, e poi gli occhi rivolgendo ai contigui quadri di Cimabue e di Giotto, siamo forzati a considerare l’immenso obbligo che dobbiamo a questi nostri maestri, che da sì rozza e mostruosa barbarie seppono condurre a tanta eccellenza», cfr. Ranalli , volume 3 quadri I, s.p.
484 Si legge nelle notizie storiche del catalogo delle opere del polo museale fiorentino: «Il riferimento del dipinto a Giottino risale al Vasari nella vita dedicata a Stefano, dove il pittore è confuso con Maso di Banco. La storia critica del dipinto, legata alla chiarificazione della personalità artistica di Giottino, spesso confusa con quella del padre Stefano e di Maso anche dalla critica successiva, è stata ampiamente discussa. Un importante contributo alla chiarificazione delle tre personalità, spetta a Roberto Longhi che ha evidenziato il carattere nordico della pittura di Giottino.» (numero di riferimento N. Cat. 00284901), cfr. <http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp> 1.5.2017.
485 Caneva 1986, p. 46.
486 Ranalli, vol. 3 quadri I.