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T ABELLA 35: FREQUENZA DI COMPARSA DELL ’ OUTCOME IPERURICEMIA CONFRONTATA TRA I TRE GRUPPI DI TERAPIA CHIRURGICA ( OVVERO T0), MEDICA A BASE DI P EGVISOMANT ( OVVERO T1) E MEDICA A BASE DI SSA

Outcome ipertensione arteriosa

T ABELLA 35: FREQUENZA DI COMPARSA DELL ’ OUTCOME IPERURICEMIA CONFRONTATA TRA I TRE GRUPPI DI TERAPIA CHIRURGICA ( OVVERO T0), MEDICA A BASE DI P EGVISOMANT ( OVVERO T1) E MEDICA A BASE DI SSA

(OVVERO T2).

Gruppo di terapia Numero di outcome/numero di pazienti [noutcome/npazienti(%)]

T0 7/42 (16,66%)

T1 1/30 (3,33%)

T2 17/90 (18,88%)

Chiaramente occorre tener presente il modestissimo numero di eventi su cui questo dato è stato estrapolato, e si necessiterà di tempi di follow-up più lunghi con questo specifico tipo di trattamento affinchè un dato che oggi è ipotizzabile possa essere definito con maggior sicurezza.

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Considerazioni sugli outcome presi in esame finora

Prima di analizzare se e come i vari fattori di rischio cardiovascolare (che abbiamo finora considerato come outcome indipendenti) possano influenzare lo sviluppo di eventi cardiovascolari, si devono effettuare alcune considerazioni.

Riguardo all’ipertensione arteriosa si può innanzitutto notare come una frequenza di presentazione del 37,03% nel subset di pazienti seguiti per questo outcome sia perfettamente in linea con i risultati della maggior parte degli studi pubblicati in letteratura, che si attestano su un valore di circa il 33%14. Fattori in grado di influire sullo sviluppo di

questa condizione si son dimostrati essere l’età, il BMI e l’abitudine al fumo di sigaretta, in accordo con quanto dimostrato dagli studi eseguiti sulla popolazione generale non acromegalica119, 120; non si è invece messa in evidenza una correlazione con la positività per

questo disturbo all’anamnesi familiare, a differenza di quanto riportato in altri studi37.

Riguardo al ruolo della terapia, è emersa una tendenza lievemente maggiore allo sviluppo di quest’outcome nel gruppo di pazienti trattati con analoghi della somatostatina piuttosto che nel gruppo di pazienti trattati con terapia chirurgica; tra i due gruppi di terapia vi è inoltre una differenza nei tempi necessari allo sviluppo dell’alterazione, essendo la mediana del “tempo outcome ipertensione arteriosa” quasi doppia nel gruppo di terapia SSA (T2) rispetto al gruppo di terapia chirurgica (T0); questi due dati ci fanno affermare che i soggetti trattati con analoghi della somatostatina sviluppano ipertensione arteriosa in misura maggiore e in tempi più rapidi in confronto ai soggetti trattati con terapia chirurgica. Occorre tuttavia precisare come vi sia un ruolo della stessa attività di malattia nel determinare sia la comparsa dell’outcome, sia i tempi di comparsa: infatti il non controllo di malattia costituisce fattore di rischio per lo sviluppo dell’outcome, così come il tempo di non controllo di malattia è un fattore in grado di influenzare il tempo necessario al palesarsi dell’ipertensione arteriosa. Da questo deriva la difficoltà nell’inferire quanto della differenza tra i due gruppi di terapia per lo sviluppo di questo outcome sia da attribuire ad un ruolo diretto del farmaco e quanto al mancato controllo di malattia che nel gruppo di terapia T2 è, per quanto detto prima, maggiormente frequente.

80 Più complesso è il discorso riguardo all’outcome diabete mellito e prediabete: i dati riportati in letteratura sulla prevalenza di queste condizioni nella popolazione acromegalica sono piuttosto difformi, variando tra il 19 ed il 56%1, 14; una incidenza del 39,47% che questo studio

ha ritrovato in un follow-up di 20 anni (240 mesi), ed una prevalenza totale del 60,2% sono dunque in linea con i dati riportati in letteratura. Un fattore che si è dimostrato influire sullo sviluppo di queste alterazioni è l’età, dato in accordo con gli studi condotti sulla popolazione generale, mentre sorprendentemente non si è evidenziata una forte correlazione con il BMI e con la familiarità per diabete mellito. Riguardo al ruolo della terapia è emersa una maggior tendenza allo sviluppo di alterazioni della tolleranza glicidica fino al diabete per quei pazienti che venivano trattati con analoghi della somatostatina (T2) rispetto a quei pazienti che venivano trattati con chirurgia (T0); si è provato a vedere quanto questo dato fosse influenzabile dalla attività di malattia (che costituisce un chiaro fattore di rischio indipendente anche in un’analisi multivariata) ed in effetti si è ottenuto che il controllo di malattia riduce il rischio di sviluppare dette alterazioni. In un confronto a tre tra soggetti trattati con chirurgia (controllati per definizione), e controllati e non controllati tra i soggetti trattati con terapia a base di SSA, si è ottenuto esservi una più modesta differenza tra i primi due raggruppamenti (T0 e T2C), ed una differenza significativa rispetto al terzo raggruppamento (T2NC), ad indicare che sono i soggetti non controllati sotto terapia con SSA a sviluppare maggiormente le condizioni che consideriamo come outcome. Inoltre vi sarebbe una significativa differenza anche nei tempi necessari a sviluppare queste complicanze: infatti non soltanto i soggetti trattati con terapia medica svilupperebbero maggiormente alterazioni della tolleranza glicidica di tutti i livelli rispetto ai soggetti trattati con terapia chirurgica, ma le svilupperebbero nettamente prima; lo stesso discorso vale tuttavia per i soggetti non controllati rispetto ai soggetti controllati, indipendentemente dal tipo di terapia che si voglia prendere in considerazione. Dai risultati di questo studio pare dunque esservi per questo outcome una differenza tra i due gruppi di trattamento, con i soggetti trattati con analoghi della somatostatina che tendono a sviluppare prediabete e diabete maggiormente e più precocemente rispetto ai soggetti trattati chirurgicamente; questo pare essere riconducibile ad un diverso controllo di malattia ottenibile tra i due gruppi di terapia, con un controllo peggiore per il gruppo della terapia medica, tuttavia, dai dati dell’analisi multivariata emerge anche un ruolo della terapia indipendente dal controllo di malattia. I dati in letteratura su questo punto sono molto diversi, a volte addirittura contrastanti: infatti

81 l’impatto della terapia con SSA sull’omeostasi glucidica è complesso e (in parte) imprevedibile a causa della concomitante inibizione della secrezione di GH e di insulina, che hanno opposti effetti sul metabolismo glicidico121, 122. Da una parte vi sono studi che

sottolineano come vi sia un ruolo diretto della terapia con SSA nel favorire queste alterazioni (con gli analoghi che produrrebbero sia una riduzione della secrezione insulinica, sia una riduzione della sensibilità periferica all’azione di quest’ormone)107, 123; dall’altra vi sono studi

che affermano che la riduzione dei livelli di GH ed il miglioramento della sensibilità insulinica a cui porta la terapia con SSA è tale da compensare gli effetti che questi farmaci hanno sulla secrezione insulinica, riducendo in netto lo sviluppo delle alterazioni della tolleranza glicidica nei pazienti acromegalici trattati con questi schemi terapeutici36, 124.

Riguardo all’ipercolesterolemia, l’incidenza del 44,86% emersa da questo studio è sicuramente maggiore rispetto a quelle riportate dai lavori presenti in letteratura che considerano questo aspetto nel paziente acromegalico (lavori che riportano una prevalenza intorno al 20-30%)52, 125. Non si sono individuati elementi che potessero contribuire in

maniera significativa allo sviluppo di questo outcome, elementi la cui presenza fosse dunque considerabile come un fattore di rischio. Confrontando la comparsa delle alterazioni in questione tra i due gruppi di terapia, si sono osservate differenze lievi: i soggetti trattati con terapia medica a base di analoghi della somatostatina (T2) hanno una tendenza leggermente maggiore a sviluppare ipercolesterolemia rispetto ai soggetti trattati con terapia chirurgica (T0); non vi sarebbe invece differenza nei tempi necessari per lo sviluppo dell’outcome tra i due gruppi di terapia, ma vi sarebbe differenza in questi tempi sulla base dell’attività di malattia (con i soggetti non controllati che sviluppano ipercolesterolemia più precocemente rispetto ai soggetti controllati). Dunque il tipo di trattamento sarebbe in grado di influire sullo sviluppo dell’outcome, mentre il tempo di sviluppo dello stesso sarebbe piuttosto influenzato dal controllo della malattia acromegalica; appare evidente la difficoltà nel comprendere quanto della differenza trovata tra i due gruppi di terapia per lo sviluppo di questo outcome sia da attribuire ad un ruolo diretto del farmaco piuttosto che al mancato controllo di malattia che nel gruppo T2 è, per quanto detto prima, maggiormente frequente.

82 La trigliceridemia è una variabile continua, ovvero una di quelle variabili che si distribuisce nella popolazione secondo una funzione gaussiana: ne consegue che la prevalenza dell’ipertrigliceridemia nella popolazione generale sia funzione del cut-off considerato: se volessimo utilizzare come cut-off per definire un soggetto ipertrigliceridemico i 200 mg/dl (come fatto in questo studio), potremmo dire che questa condizione si ritrova in circa il 15% della popolazione generale statunitense adulta126 (i dati italiani, difficilmente reperibili e

derivanti da studi condotti su numeri molto più modesti, si attestano comunque su percentuali sostanzialmente analoghe127). Negli anni settanta un lavoro52 (poi riconfermato)

riportò dei livelli di trigliceridemia circa tre volte più alti nella popolazione acromegalica che nella popolazione generale. I risultati del nostro studio sembrano non confermare quanto finora riportato in letteratura: con una incidenza dell’11,72% ed una prevalenza dell’11%, parrebbe che i soggetti affetti da acromegalia abbiano una rappresentazione di questa alterazione biochimica sostanzialmente analoga a quella presente nella popolazione generale. Fattori in grado di influire sullo sviluppo di questa condizione si son dimostrati essere il BMI, il diabete mellito ed il prediabete, l’insufficienza renale, l’ipotiroidismo, in accordo con quanto dimostrato dagli studi eseguiti sulla popolazione generale128. Riguardo

al ruolo della terapia, è emersa una tendenza maggiore allo sviluppo di questo outcome nel gruppo di pazienti trattati con analoghi della somatostatina piuttosto che nel gruppo di pazienti trattati con terapia chirurgica; tra i due gruppi di terapia non vi sono però significative differenze nei tempi necessari allo sviluppo dell’alterazione. Il non controllo di malattia parrebbe in questo caso non influire in maniera significativa né sullo sviluppo dell’outcome, né sui tempi di sviluppo dello stesso. Parrebbe pertanto che la differenza di tendenza allo sviluppo di ipertrigliceridemia tra i pazienti acromegalici afferenti ai due diversi gruppi di trattamento sia da ricondurre al tipo di terapia in sé, piuttosto che all’abilità di questa di portare al controllo della malattia attiva.

Come riportato nella parte introduttiva, in letteratura sono repertabili pochissimi dati riguardanti la correlazione tra acromegalia ed iperuricemia, dati inoltre estrapolati da studi o molto datati59, o condotti su numeri di pazienti estremamente ridotti60: questi dati

riportano che i soggetti acromegalici hanno valori di uricemia paragonabili o solo lievemente maggiori rispetto a quelli della popolazione generale. Un recente studio129 condotto sulla

83 popolazione adulta italiana ha definito la prevalenza dell’iperuricemia asintomatica in un range variabile tra l’8,5 e l’11,9%. I risultati della nostra analisi dimostrano l’incidenza di questa alterazione essere del 15,43% in un follow-up ventennale, e la prevalenza del 21,7%; si tratta di percentuali ben più alte di quelle registrate nella popolazione generale, a sostegno di quei lavori che affermano che tra le molte alterazioni sistemiche che l’acromegalia è in grado di provocare vi sia anche l’iperuricemia. Fattore in grado di influire in maniera importante sullo sviluppo di questa condizione è risultato essere il BMI, in accordo con quanto dimostrato dagli studi eseguiti sulla popolazione generale; non si è invece osservato un ruolo per altre condizioni quali l’insufficienza renale, il diabete mellito e l’età, che sono noti come fattori di rischio per lo sviluppo di questa alterazione. Riguardo al ruolo della terapia, è emersa una tendenza lievemente maggiore al realizzarsi di quest’outcome nel gruppo di pazienti trattati con analoghi della somatostatina piuttosto che nel gruppo di pazienti trattati con terapia chirurgica; tra i due gruppi di terapia vi è inoltre una lieve differenza nei tempi necessari allo sviluppo dell’alterazione, parametro questo influenzato anche dall’attività di malattia. Se ne può concludere dicendo che la maggior tendenza della popolazione acromegalica allo sviluppo di iperuricemia rispetto alla popolazione generale sia influenzata in misura minima dal tipo di trattamento terapeutico a cui questi soggetti vengono sottoposti per la cura dell’acromegalia, con una tendenza lievemente maggiore allo sviluppo dell’outcome per i soggetti trattati con terapia medica a base di analoghi della somatostatina, tendenza forse comprensibile sulla base del minor controllo di malattia a cui questo tipo di terapia è solita portare.

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Outcome eventi cardiovascolari

Dopo aver valutato il ruolo della terapia dell’acromegalia nell’influenzare una serie di complicanze sistemiche che agiscono da fattori di rischio cardiovascolare, si va a vedere se vi sia un ruolo di questi fattori e della detta terapia nell’influenzare il realizzarsi degli stessi eventi cardiovascolari.

Il razionale di questo proposito è il seguente: dimostrata, come è appena stato fatto, una influenza più o meno significativa di alcune terapie nello sviluppo dei detti fattori di rischio, si vuole andare a vedere se questo si traduca o meno in un aumento del rischio cardiovascolare globale e/o del rischio cardiovascolare ischemico.

Per questo outcome sono stati seguiti 167 pazienti, le cui caratteristiche generali sono riportate in tabella 36. Infatti, dei 200 pazienti che rientrano nella coorte studiata, 17 avevano già avuto eventi alla diagnosi di acromegalia, e 16 pazienti non possedevano caratteristiche di follow-up tali da poter essere inseriti all’interno del subset analizzato; considerando un tempo di 300 mesi, eventi cardiovascolari (tenendo conto sia degli ischemici sia dei non ischemici) si sono realizzati in 21 soggetti dei 167 seguiti (12,57%); di questi gli eventi ischemici sono stati 11 (6,58%).

TABELLA 36:TABELLA DESCRITTIVA GENERALE PER GLI EVENTI CARDIOVASCOLARI.I VALORI SONO DA RIFERIRSI